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Autore: VoteSaxon    27/08/2014    3 recensioni
AU! Ian si arruola in seguito al matrimonio di Mickey, ma dopo aver lasciato l'esercito torna a Chicago per scoprire che Mickey ha abbandonato Svetlana ed il bambino e se n'è andato.
Decide di lasciare nuovamente la famiglia, nonostante il suo stato, e scappa a New York. Non sa, però, che anche Mickey si trova lì ed è entrato nel dipartimento di polizia.
Quando Ian smette di prendere di nuovo le sue medicine e finisce in un giro di droga, Mickey viene mandato a sistemare la situazione e vede Ian per la prima volta dopo anni.
[INTERROTTA FINO A DATA DA DEFINIRSI]
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Ian Gallagher, Mickey Milkovich, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Eccoci arrivati al secondo capitolo! 
Innanzi tutto volevo semplicemente dire che questa è la prima ff Gallavich che io abbia mai scritto e ho deciso che doveva essere una AU perchè io adoro le fanfiction di questo genere (luoghi e situazioni diverse, ma con gli stessi personaggi che continuano a ritrovarsi, nonostante tutto), dunque mi farebbe davvero tanto piacere sapere cosa ne pensate... Su su, accetto tutto anche le critiche (soprattutto quelle, perchè qualsiasi cosa possa migliorare questa fanfiction non può che essermi di aiuto!)

FF Ispirata da questo post su Tumblr
 Soundtrak capitolo 2: Corpse roads  





- Come sarebbe a dire che non è in questo ospedale? Lo abbiamo portato qui stanotte!- Mickey allargò le braccia esasperato, per poi lasciarle ricadere pesantemente lungo i fianchi.
- Senta, le ripeto che non c'è nessun Ian Gallagher qui, ora la prego di calmarsi- La donna dietro il bancone doveva essere una di quelle persone che sul lavoro perdono la pazienza molto facilmente, perchè aveva iniziato a premere con insistenza i tasti del computer e le vene del collo si stavano gonfiando, prendendo in qualche modo a pulsare con molta veemenza.
Mickey non voleva certo mettersi nei guai prendendo a pugni in faccia una dipendente del Mount Sinai Hospital, anche se la voglia di fiondarsi dietro il bancone e sfogarsi su quel gorilla che gli stava facendo perdere tempo da oltre venti minuti era a dir poco forte.
- Abbiamo fornito tutti i dati di cui eravamo in possesso al momento del ricovero, come può non risultare da quel dannato aggeggio?- Mickey puntò il computer con sguardo sprezzante.
Ricordava ancora alla perfezione quello che era accaduto la notte precedente.
Erano arrivati in ospedale stando dietro l'ambulanza, mentre Dan continuava a dire che non era necessario accertarsi delle condizioni del ferito e che probabilmente avrebbero fatto meglio a tornare in servizio, ma Mickey aveva insistito a raggiungere l'ospedale almeno per fornire le generalità e Dan non aveva aggiunto nient'altro, probabilmente in uno stato di confusione pari a quello del suo partner.
Erano rientrati in servizio subito dopo, ma Mickey si era ripromesso di tornare in ospedale il mattino seguente per sapere quali erano le condizioni di Ian e così aveva fatto, ma ora si era ritrovato a discutere con una mammifera di cento chili che in quanto a pazienza avrebbe potuto benissimo stringersi la mano con tutta la razza Milkovich.
- Magari c'è stato un errore oppure siamo ancora in attesa di una conferma. Le ripeto che io questa notte non ero in servizio, quindi ora faccia un bel respiro e si calmi perchè non me ne frega niente che lei è un poliziotto: se non si da una calmata la faccio sbattere fuori a calci-
Mickey batté con forza la mano sul bancone provocando la reazione di tutti i presenti, che si voltarono e lo fissarono sconcertati per qualche secondo senza dire una parola, per poi tornare a fare quello a cui si stavano dedicando in precedenza.
Si morse il labbro cercando di trovare almeno un briciolo di autocontrollo che gli impedisse di aprire tutte le porte dell'ospedale per cercare Ian.
-Senta- disse infine con un finto tono pacato -Se io tornassi domani mattina, saprebbe dirmi qualcosa in più?-
La donna lo guardò con aria rassegnata.
-Vedrò di risolvere la situazione, ma guai a lei se si azzarderà a dare spettacolo come ha fatto oggi-
Poi abbassò lo sguardo sullo schermo del computer e riprese a compilare i documenti dai quali Mickey l'aveva allontanata.
Mentre procedeva verso l'uscita aveva la sensazione che la colpa non fosse della poca efficienza dell'ospedale, ma nella sua mente balenò l'idea che potesse esserci dell'altro sotto, anche se non aveva la più pallida idea di cosa avrebbe potuto trattarsi.
Forse era solo una sensazione, forse no.
E se ne andò così, con l'idea di mettersi a fare, per una volta, il bravo Detective.

 


- Ok, la vuoi finire di prenderti tutte le coperte?- Dan se ne stava sul lato destro del letto a leggere un libro con degli occhialetti tremendi, che lo facevano sembrare ancora più vecchio di quanto già non fosse, secondo Mickey.
La luce fioca e giallastra emanata da una vecchia lampada rischiarava il suo volto, mettendo in luce qualche piccola, ma marcata, ruga.
Posò il mattone che stava leggendo sul comodino accanto a lui e incrociò le braccia ad un Mickey che se ne stava voltato dall'altra parte, impassibile e silenzioso sin da quando aveva messo piede in casa.
- Per una volta che mi fermo a dormire qui potresti semplicemente lasciar perdere con questa roba da checca isterica?-
- Sembra quasi che io ti stia obbligando a stare qui.
Puoi benissimo andartene, se vuoi- Dan si era fatto ancora più serio, irritato dal comportamento che Mickey stava dimostrando.
Era vero: Poteva benissimo andarsene come faceva sempre dopo soddisfacevano i loro bisogni più intimi, ma quella sera per qualche assurdo motivo non aveva trovato la forza di alzarsi dal letto.
- Comunque se qualcosa non va puoi dirmelo, lo sai.
Non sono soltanto qualcuno qualcuno che ti scopi e con cui lavori, sono di qualcosa di più e non puoi negarlo-
Su questo non si poteva discutere: Mickey e Dan erano qualcosa di più che colleghi e per Mickey Dan significava molto di più di un cazzo messo al posto giusto, nel momento giusto.
Il fatto che quella sera avesse deciso di restare, anche se solo in cerca della sua silenziosa compagnia, ne era la prova.
-Va tutto bene. Credimi-
L'ultima persona che si aspettava di vedere gli era quasi morta sotto gli occhi, nulla di che.
“che cazzo stai combinando, pidocchio?” 
Non riusciva a non essere preoccupato e soprattutto non riusciva a smettere di porsi domande su domande alle quali non poteva rispondere da solo.
Avrebbe potuto chiamare Mandy e chiederle se sapeva qualcosa, ma gli sembrava assurdo telefonarle dopo mesi solo per chiederle di Ian, visto che non l'aveva chiamata nemmeno per il matrimonio con quell'energumeno del quale non ricordava nemmeno il nome.
Devo lasciare perdere, davvero, non mi importa. 
Fino a poche ore prima aveva l'intenzione di ribaltare il mondo per scoprire cosa stava succedendo, ma ora iniziava seriamente a dubitare del fatto che fosse una buona idea.
Gli piaceva quello che aveva con Dan, anche se non lo avrebbe mai ammesso apertamente e Ian di sicuro se l'era cercata.
Si convinse che se Ian era sparito di nuovo allora non era destino e non valeva la pena perdere altro tempo con quel perdente.
Dan fece scoccare la lingua, scuotendo il capo.
- Non è che hai paura che ci soprano, vero? Perchè credo credo che stiamo facendo le cose in modo discreto e... -
- PER LA MISERIA DANIEL, STA ZITTO- Mickey si voltò finalmente dall'altra parte e i due si ritrovarono a guardarsi negli occhi, ognuno con le proprie domande.
Mickey sbuffò passandosi una mano tra i capelli, sentendosi in colpa per avere alzato così tanto la voce.
- Scusa è che, non è quello... Ho solo bisogno di riposare, va bene?-
Mickey non era cambiato da come era un tempo, non era mai cambiato, ma sapeva quanto perdere il controllo con le persone a cui teneva avesse potuto essere sconveniente.
Era sempre il solito vecchio Mickey, solo che aveva un po' più di autocontrollo e amor proprio.
Tornò nuovamente nella posizione in cui era prima: posizione che lo risparmiava dal vedere lo sguardo interrogativo di Dan.
- Allora centra quel tipo di ieri.- non era una domanda, ma una secca affermazione e inutile dire che aveva azzeccato in pieno.
Mickey si trattenne dal rispondere.
Non voleva più sentirne parlare.
- Mi sta bene se non vuoi parlarne, però nel caso tu voglia farlo, beh lo sai, insomma.-
Dan spense la luce e si tolse gli occhiali, riponendoli sul libro che aveva, almeno per quella sera, rinunciato a leggere.
Mickey si strinse tra le lenzuola, cercando di frenare l'impulso di spaccare tutto quello che si trovava nella stanza.
Non mi importa.
Ma sapeva con certezza che non era così.
Avrebbe solo fatto finta che non gli importasse, per il bene di tutti, per il suo bene.

 

Ian aprì gli occhi ma tutto quello che riusciva a vedere era il buio più totale.
Per un attimo gli sembrò di essere cieco, ma poi si abituò all'oscurità e si rese conto di essere in una stanza non troppo piccola, ma comunque un luogo che di certo non aveva mai visto prima.
Si tocco lo stomaco con la ferita ancora dolorante e piano piano i ricordo cominciarono a riaffiorare nella sua testa lasciando appena spazio per capire in che situazione si trovava.
Ricordava di aver ripreso conoscenza per poco tempo dopo l'operazione in ospedale, ma poi aveva riperso i sensi, fino ad'ora.
E poi ricordava una voce, quella voce, ma si convinse che si era trattato di un sogno e lasciò perdere.
Era troppo assurdo per dargli una possibilità e considerarlo come un qualcosa di proponibile.
La sua mente gli stava solo facendo dei brutti scherzi e oramai aveva imparato a non fidarsi di sé stesso e della propria lucidità che, di recente, si era dimostrata più pericolosa di quanto potesse immaginare.
Cercò di alzarsi in piedi, ma faceva ancora troppo male, perciò strisciò in direzione della porta che si trovava giusto ad un paio di metri da lui e provò ad aprirla, ma con scarso successo.
La sua testa sembrava scoppiare e non capiva se era per il dolore lancinante o per il fatto che era in astinenza da troppo.
Fece un secondo tentativo, ma fallì anche quello e quando ormai stava già per rinunciare e lasciarsi andare alla stanchezza che lo aveva pervaso, la porta si aprì ed entrarono 2 uomini che non aveva mai visto prima, ma la cui vista lo fece rabbrividire.


 

4 anni prima
Chicago, casa Gallagher.


- Lip ti prego non farlo- Lo sguardo di Debbie era glaciale, come se avesse messo da parte qualsiasi emozione per risparmiarsi dal crollare e dimostrare che non era una debole, che era forte e che se lo era lei allora dovevano esserlo tutti, per Ian.
Si tradì qualche secondo dopo, quando capì che Lip non avrebbe messo da parte il telefono e i suoi occhi diventarono improvvisamente lucidi.
-Ci abbiamo provato Debbie e non può più andare avanti così- A parlare era stata Fiona.
Aveva i capelli raccolti ed era bellissima come sempre, ma i suoi occhi erano stanchi e avevano smesso di lottare.
-Questa famiglia sta andando a puttane ed è solo colpa vostra!- Il gridò di Debbie arrivò come una freccia nel cuore di Fiona, che si alzò in piedi, puntando un dito contro la sorella.
Non si sbilanciò troppo, si limitò a guardarla e si rivolse a lei con un tono estremamente calmo, mentre Lip osservava la scena, impassibile.
- Questa famiglia era fottuta fin dall'inizio- Si voltò e fece per uscire dalla stanza, ma poi si girò bruscamente verso Lip come se lo stesse guardando con gli occhi di una sconosciuta in cerca di approvazione, ma la sconosciuta era lei, lo era diventata, come se tutto l'amore che aveva dato a quella famiglia fosse stato una strada a senso unico.
Uscì senza aggiungere altro e si rifugiò nella sua camera a piangere.

Lip scese al piano di sotto per poter telefonare in pace, senza che nessuno lo facesse sentire in colpa per quello che stava facendo e lasciò Debbie immobile, in piedi, che lo aveva seguito fino al corridoio, ma non aveva avuto il coraggio di scendere le scale.
“Perchè sembro essere l'unica a cui importi?” si chiese.
Non riusciva a credere che nessun'altro stesse pensando al bene della famiglia e ciò la faceva soffrire.
Dopo che Frank era morto le cose, invece che migliorare come tutti avevano previsto, non avevano fatto altro che peggiorare e lei sembrava l'unica che pareva sentirne il peso, ma non era così.

Il macigno stava opprimendo tutti i Gallagher, in un modo o nell'altro, ma ognuno combatteva come poteva, chi a mani nude, chi con la propria mente.
Una voce alle sue spalle la fece sussultare e la spinse a voltarsi di scatto.
- Lo porteranno via, vero? Lo stanno venendo a prendere?- Carl la guardò come se si aspettasse una risposta diversa dall'ovvio e Debbie non poté far altro che nascondere il viso tra le mani e lasciarsi andare ad un pianto che di liberatorio non aveva nulla.

  
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