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Autore: RescuemeGeorge    28/08/2014    0 recensioni
''Quelle labbra, più le guardavo, più ne avevo voglia di assaporarne nuovamente la loro morbidezza, e quel sorriso, cazzo, mandava a puttane il sistema nervoso di ogni essere su questa terra. Le volevo, o meglio, volevo lui''
Genere: Comico, Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: George Shelley, Jaymi Hensley, JJ Hamblett, Josh Cuthbert
Note: Cross-over, Lemon | Avvertimenti: Bondage
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12 febbraio, ritorno mio e Erica in Australia. Mi svegliai prestissimo e non avevo voglia di nessun contatto, volevo restare sola fra i mille pensieri che mi circondavano in quel momento. Una volta ritornata, tra me e George continuera' ad esserci qualcosa? Devo andare avanti, tanto la mia vita è ancora lunga. Ci saranno altre emozioni e storie. Camminavo sola per i corridoi, ma ogni minimo passo che facevo, ogni secondo che percorrevo mi ricordava lui e me insieme. Mi sentivo fottuta da un'emozione presa cosi', all'improvviso. Una vacanza-studio doveva essere, no innamoriamoci del primo ragazzo che passa per il tuo percorso, che poi ad essere sincera, non credevo fosse amore vero e proprio, e sinceramente quando si tratta di amore non ci capisco un'emerita minchia, cercavo di starci sempre fuori con i sentimenti, appunto per non star male, per non soffrire o sentirsi solo. Ecco cosa sentiro': un vuoto quasi impossibile da colmare, da riempire. Giravo per questi corridoi freddi a causa dei muri grigi. Era vecchio come istituto, ma non ci si poteva lamentare: ottima istruzione, ottimo insegnamento. Mi fermai accanto ad una finestra ampia di lunghezza e larghezza, poggiai una palla e guardai oltre i vetri, il cortile vuoto e pulito. Beh, erano le sei di mattina, e in giro, con me, c'erano i bidelli, segretari e professori. Portai una mano sul petto e strinsi la collana di George, l'unico ricordo che mi resterà, forse, oltre le foto fatte sul cellulare. Non volevo andare via, non volevo lasciare una parte di me qui, in questi corridoi, in quest'istituto, maledetto istituto. In quel momento, guardando un punto fisso, guardando quel celeste del cielo così limpido, mi vennero in mente momenti passati assieme ai ragazzi: Erica, Miri, George, Josh, il quasi litigio con la ex di George, la corsa sul motorino, la scopata con Erica, la prima volta a casa di George, con George, la festa a sorpresa fatta dai ragazzi per il mio compleanno. Mi scappo' una lacrima ero tra la felicita' e dolore, ecco cosa procurano la vera amicizia, emozioni incontrollate. Mi allontanai lentamente, indietreggiando quanto bastava per ritornare nel corridoio e camminare fino alla porta principale, un filo di vento mi avvolse, facendomi rabbrividire appena, mi strinsi poi nella felpa ricominciando a camminare volevo andare verso il capo di tennis perche' era la zona migliore per leggere, nessuno passava di lì, nessuno eccetto me, amavo starmene sola, ma dico proprio sola sola, dove nessuno passa è decisamente il mio genere di posto. Mi sedetti sull'erba soffice e di un certo verde abbastanza chiaro che riflesso dalla luce del sole sembrava come illuminarsi, cacciai il mio libro dalla borsa e con sé anche le cuffie con il mio cellulare, pero sinceramente sbagliavo a portarmi quell'aggeggio appresso quando leggevo, o leggo o ascolto musica, ma non mi importa, entrambe le cose mi davano una buona compagnia. Lessi per quasi un'ora e mi accorsi che fossero le sette e mezza, riposi il libro nella borsa e lasciai la musica nelle orecchie, mi alzai e mi ripuli', levando le erbacce in piu sui miei vestiti, ritornai al campus dopo minimo un quarto d'ora, tanto nessuno mi correva dietro quindi andai con passi lenti e a ritmo con la voce di Lana Del Rey. L'amavo, amavo la sua voce, musica e testi. Possibile che lei sia capace di capire il mio stato d'animo e i miei momenti di solitudine? Tutto fini grazie ad una chiamata in arrivo. La mia pace fu momentaneamente cessata grazie ad essa, presi il cellulare e guardai: Erica.
''Sì?'' Risposi irritata e con senza voglia, roteando gli occhi continuando a camminare, fermandomi all'entrata che portava alle classi. Diamine.
''Dove sei?'' ''Ho preparato la valigia, tranquilla. Voglio stare per conto mio, ci vediamo in classe'' attaccai prima che lei potesse dire qualcosa, ma non mi importava, gli arrivi e i ritorni mi rendevano cosi': solitaria, scontrosa e acida. Trattavo male tutti quelli che mi camminassero accanto o che mi stessero attorno. Mi accorsi di essere in ritardo, fottuta io e fottuti gli altri, mi diressi verso il corridoio dove la mia classe era situata e passai di fretta verso l'aula di canto, ma mi fermai di scatto, George era lì che cantava, la sua voce era alquanto graffiata, aveva pianto? Poggiai la spalla contro l'arcata della porta e restai lì ad ascoltare quella soave melodia che solo lui sapeva creare, quel suono angelico, poggiai una mano nuovamente sul petto quando provo' a fare l'acuto di 'i see fire' di Ed Sheeran e i miei occhi si illuminarono, si riempirono di lacrime, la mia pelle rabbrividi' al suo suono. Ero estremamente in ritardo, ma ci passai sopra, dovevo ascoltarlo, dovevo ascoltare la sua voce. Quando fini' mi allontanai per non essere vista, George era veramente riservato ed odiava se qualcuno lo fissava piu di cinque secondi. Mi allontanai per poi incominciare a camminare e andare verso la classe, bussai dopo arrivata e pregai a dio, sperando che la professoressa questa volta ci passasse su, senti' un 'avanti' ed avanzai, aprendo la porta e guardando a terra, ottimo passo.
''Mi scusi professoressa, per il ritardo ovviamente'' cercai di non ridere, cosi' mi morsi il labbro con vera e propria forza, tanto da lasciare il segno. ''Dato che oggi per lei sara' l'ultimo insegnamento e pomeriggio, puo' accomodarsi'' alzai lo sguardo verso lei irritata per la sua reazione. Era brava nel provocare e io stupida nel cadere nella sua trappola, strinsi mani e denti, quasi da far diventare le nocche bianche, quasi da sentir male i denti. ''Grazie, professoressa'' si poteva benissimamente percepire il mio stato tra incazzatura e omicidio dal mio tono di voce basso e le rivolsi un sorrisino per poi andare al mio posto, terzo grado fra tre, due, uno. ''Dove diavolo eri stamattina?'' Cosa vi avevo detto? ''Sai come sono fatta quando si tratta di partenze e di arrivi, quindi preferirei che la smettessi con questo terzo grado'' presi il quaderno dalla borsa e lo adagiai sul banco mentre la voce di Erica continuava a rimbombare nelle orecchie fino a quando non la fissai, si strinse nelle spalle zittendosi per poi abbassare il capo. ''Scusa, non volevo'' sbuffai e ritornai a guardare la lavagna, prendendo appunti. Non avevo mai trattato cosi' Erica, non se lo meritava, ma sapeva benissimo che in certi casi, come questi, doveva lasciarmi sola e di evitare domandine. La lezione fini', Erica ando' via prima di me, l'avevo trattata male ed è questo che meritavo, continuai a posare le cose nella borsa e usci' dalla classe e andare verso il mio armadietto; presi tutta la roba di lì, per fino le foto mie e di George alquanto imbarazzanti e mi sfuggi una risata che calmai subito quando due braccia avvolsero il mio corpo, sussultando quando anche il corpo elimino' ogni tipo di distanza, buttai all'indietro il mio capo, poggiandolo sul petto del ragazzo, sapendo gia' chi fosse, e sospirai. ''Che hai?'' Mi soffio' in un orecchio, facendomi mugolare e sorride beffardo, lo intravidi nello specchietto che avevo sullo sportello dell'armadietto e per provocarlo buttai il bacino all'indietro colpendo il suo bacino col proprio sedere, sussulto' e ridacchio', mi bacio una guancia e lo guardai ancora una volta dallo specchietto. ''Che hai?'' Domando' nuovamente, mi morsi l'interno guancia e feci un mezzo giro per guardarlo in viso e sbuffare. ''Perché dovete sempre chiedermi le stesse cose?'' ''Perché non so come stai? Perché forse non ti conosco del tutto?'' Poggiai una mano sul suo viso e baciarlo, solo per zittirlo e lui si allontano' ridendo. ''Piccolina, con me non funziona'' mi guardo' negli occhi levandomi il ciuffo davanti agli occhi e mi morsi il labbro ridendo e poggiando piu' volte la schiena contro l'armadietto. ''Mi mancherai, sai?'' ''Ricorda solo le cose belle, ricorda a quanto sei stata bene qui, con me e con gli altri, ricorda a quanti amici hai conosciuto, ricorda che ti amo tantissimo'' vidi che abbasso' velocemente il tono di voce e in ogni battito di ciglia i suoi occhi illuminarsi, lucidi a causa delle lacrime e lo ribaciai poggiando entrambe le mani sul suo viso, impedendogli di allontanarsi bloccandolo, sussurrando piu volte i ti amo sulle sue labbra, ricevendo poi i suoi quando ricambiava. Quel ragazzo era la mia fottuta vita, davvero la ragione per vivere. Unico fra milioni, raro fra miliardi di persone.  La perfezione e l'imperfezione. Il male e il bene. Era tutto cio' che faceva bene e male. Era sia una cosa, sia l'altra. Era l'esatto e il contrario. Ci sono tantissimi esempi per descriverlo e io riuscivo a farli tutti. Ci spostammo dai corridoi e ci dirigemmo verso il campo di tennis, nel tragitto mi disse che andava lì per scrivere, suonare, per stare solo quando i pensieri facevano comando nella sua mente lo torturavano, facendolo impazzire. Ci sedemmo e lui caccio' la sua chitarra dalla custodia per poi poggia sulle sue gambe, muovendo le corde per vedere se fossero apposto e comincia a fare qualche pezzo dolce e lento, lo guardai sorridendo. Ad un tratto incomincio a cantare guardandomi e non feci altro che fissarlo, era bellissimo in ogni cosa che faceva, come poteva riusciva? Mi scoppio' il cuore riducendosi i mille pezzi, la sua voce era qualcosa di stupendo, di bello, di immaginabile. Si fermo' per guardarmi e si gratto' il naso posando la chitarra sull'erba con cautela e si avvicino' a me, l'unica cosa che potetti fare è baciarlo dolcemente, prendendo fra le labbra le sue labbra. ''Come mai non c'è nessuno qui?'' Poggio' una mano sulla mia coscia, rivolgendomi ancora quello sguardo e mi sorrise. ''Credo non sia piu' utilizzabile'' si guardo' attorno come per controllare la zona e portare lo sguardo su me, avvicinandosi nuovamente, tenendo ancora la mano sulla coscia e muoverla di poco, sfregando il palmo sulla pelle, feci scendere la mano dalla sua guancia fino al suo collo e graffiarlo appena. Volevo un po' provocarlo e lui ci cadeva benissimo. Mi spinse contro l'erba soffice e si infilo' fra le mie gambe portando le mani sotto il mio vestitino. Le sue mani vagavano sul mio corpo, accarezzando ogni centimetro di pelle, ogni millimetro, mi toccava con decisione e voglia. Mi voleva, come sempre, e io volevo lui, come sempre. Continuavo a muovere in sintonia le mie labbra sulle sue, insinuando una mano fra i suoi capelli mossi e stringerli, amava quando qualcuno glieli stringeva in modo voglioso o possessivo, poteva semplicemente perdere il controllo, ma non solo con questo, anche con altre cose. Aveva l'adrenalina facile, quindi quando avevamo un rapporto soddisfaceva la propria voglia. Lasciai che le sue mani si posassero sui miei slip e li abbasso quando bastava per toccarmi. Inizio' con un tocco leggero per poi toccarmi con piu intensita, facendo uscire dalla mia bocca gemini forti, continuo' fino a farmi eccitare per bene, lubrificando la zona, smise di toccarmi quando si sentiva quasi esplodere nei pantaloni, mi poggiai sui gomiti e tirai di poco il busto all'in su', volevo guardare ogni sua mossa. Si sbottono' e abbasso' di poco il pantalone fino all'altezza delle gambe, facendo poi lo stesso col boxer, sfilo' dai pantaloni un preservativo che dopo poco mise sul suo membro ed entro' con una spinta in me, la mia reazione fu di mettere le mani sulle sue spalle e circondare il suo bacino con le gambe per favorire le sue spinte che man mano diventavano sempre piu veloci e decise, toccando ogni punto possibile facendomi letteralmente impazzire, passa da movimenti costanti a circolari, da spinte lente a veloci, per reggermi ad ogni spinta, spingevo le mie unghie nella sua carne e farle scivolare per tutta la lunghezza della sua schiena, il piacere continuava ad espandersi velocemente e non riuscivo piu' a trattenere nulla: né gridolini, né ansimi rumorosi e sonori, né gemiti. Ogni spinta diventava sempre piu incontrollata e George stava usando tutta l'adrenalina nel suo corpo contro me, con la forza delle sue spinte il mio respiro si fece sempre piu debole, volevo trattenermi, volevo imparare, ma l'unica cosa che feci è inarcare la schiena per il piacere, sentendo un miscuglio di sensazione nella pancia, un vortice di emozioni, facendo apparire diverse smorfie di piacere sul mio volto e mi lasciai andare, non sapevo in qual modo trattenermi e venni urlandoglielo, poggiando le mani sui bicipiti del ragazzo e stringerli fino a far entrare nuovamente le unghie nella sua pelle, dopo varie spinte sempre piu forti venne con dei gemiti sforzarti, strappando l'erba che aveva in pugno, ci guardammo e scoppiammo a ridere per poi ripulirci e aggiustarci. Ovunque andassimo, finivamo per fare l'amore, finivamo nel diventare una cosa in tutti i sensi. Andammo dai ragazzi e vidi Erica con le sue valigie e Josh con le mie, mi venne un colpo al cuore, tra qualche oretta saremmo ripartite per non so quanto in quella scatola volante. Guardai George come per aiuto ma lui mi sorrise e mimo' un ''tranquilla'' che mi tranquillizzo' sul serio.

Ci mettemmo un'ora ad arrivare all'aeroporto, facemmo il check-in e tutto il resto. Chiamarono il nostro volo e tutti ci accompagnarono al nostro volo, Erica scoppio' a piangere e Josh lo stesso, parlavano fra i baci. Vedevo lei annuire e guardare a terra mentre lui la guardava e sussurrava cose, George venne nella mia direzione e mi cinse le braccia attorno il mio corpo e mi guardava con malinconia. Il momento dell'addio era arrivato. ''Ricorda, che questo non è un addio, ma un arrivederci, perché so già che incontrerò nuovamente questi occhi e toccherò questa pelle. E so anche che non amerò nessuno come ho amato e amo te'' mi bacio con forza, bloccando il mio capo, impedendomi di fare movimenti né decisi né bruschi, mi baciava come se gia' gli mancassi, e lo sentivo. Sentivo ogni emozione che aveva in quel momento, era capace di trasmettere tutto, anche le cose del suo subconscio. ''Ti amo, George. Come non amerò nessuno, lo giuro'' lo strinsi di piu', finche potevo, e se avessi avuto piu forza, avrei reso in polvere le sue ossa. ''Ti amo anche io, e adesso vai. Ci rivedremo, te lo prometto'' lo baciai per un'ultima volta e salutai gli altri, presi Erica per mano e andammo verso il nostro varco e mi girai verso George e i ragazzi, e trovai George lì, fermo, immobile e impassibile, guardava nella mia direzione e mi fece un cuore con le mani, scoppiai in un sorriso piu' che ampio e gli mandai un bacio, per poi uscire dall'aeroporto e salire sull'aereo. Parti' poco dopo e vidi Erica piangere mentre stringeva la felpa di Josh che aveva addosso e guardava fuori, io poggiai la mano sulla collana di George e la strinsi. Ci saremmo rivisti, me lo sentivo, me lo sentivo per davvero. Abbracciai Erica e lei mi strinse con una forza immaginabile. ''Li rivedremmo, fidati piccolina. E ricorda solo le cose belle, ricorda quanto sei stato bene con lui e tutte le volte che vi siete uniti facendo l'amore. Li rivedremmo''


FINE
Spazio autrice.
Devo assolutamente dire che questo capitolo sia il PIU' lungo che io abbia mai scritto, e ringrazio tutte le persone che l'hanno letta.

Maria, xxwhoresjuss_
  
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