Capitolo 13
Ciò che resta di noi
“Non ci può
essere profonda delusione dove non c’è un amore profondo”.
Martin Luther
King
Città di Fürstenberg/Havel, 9 ottobre 1950
“La verità è che non hai mai creduto nel mio amore!” ribatté Nadine,
alzando il tono della voce senza nemmeno accorgersene. “Lascia che ti spieghi
meglio, amore …” continuò Werner inutilmente. “Quale amore?! …” lo interruppe
la donna ancora più arrabbiata “… è
finita!” e gli attaccò il telefono in faccia. Nadine era davvero su tutte le
furie. Si sentiva tradita da suo marito, ingannata, usata, trattata come una
bambolina immeritevole di conoscere la verità e farne ciò che riteneva più
giusto. Avrebbe sposato ugualmente Werner, pur sapendo di Kurt e non avrebbe
trascorso altri cinque anni tormentata dai sensi di colpa per la sua presunta
morte. Werner non aveva mai avuto fiducia nel suo amore, si disse Nadine con il
cuore a pezzi e non era mai entrato veramente, completamente in intimità con
lei, nascondendole la verità. Di quell’amore così grande che le riscaldava il
cuore, adesso, non restava altro che il freddo di un’amara delusione; il suo
castello di sogni era improvvisamente crollato riducendosi a un cumulo di
macerie; quell’invidiabile quadretto di famiglia perfetta si era ridotto in
tanti piccoli frammenti d’illusione e, pian piano, i ricordi felici della vita
trascorsa con il suo Werner scomparivano nella tristezza e nella rabbia. Nadine
non si sentiva più amata e in lei cominciava a riaffiorare quella lacerante e
pietrificante sensazione di solitudine. “Nadine!” la voce preoccupata di Kurt,
apparso nel corridoio, la scosse e la fece voltare. Il viso di Nadine era
bagnato di lacrime …
“E così il dottor Hofmann è tuo marito?” domandò Kurt, porgendole una
seconda volta la scatola dei fazzoletti. Nadine sussurrò un debole sì e,
asciugandosi di nuovo le lacrime, disse: “Scusami per lo sfogo ma è come se
stessi vivendo un incubo da cui non riesco a svegliarmi. Mai avrei pensato che
Werner potesse ingannarmi così e per tanti anni.” “Figurati, Nadine, ti capisco
…” ribatté Kurt “… Ma forse lui ha agito così per una sua insicurezza personale
e non per mancanza di fiducia verso di te. Vedrai che un suo chiarimento
sistemerà tutto.” E gli venne naturale darle una carezza sul viso. Nadine lo
guardò un po’ stupita e, in quegli occhi bagnati di lacrime, Kurt ritrovò la
ragazza di Ravensbrück.
La sua mente tornò indietro di dieci anni, alla rete di filo spinato, alle
emozioni che quella terribile situazione rendeva più grandi e i ricordi del suo
primo amore, dei momenti di tenerezza vissuti con Nadine vibrarono nel suo
cuore e lo scossero. Per un attimo, dimenticò la sua vita presente, Engel, la
piccola Brigit, il suo lavoro e ritornò nei panni del giovane fotografo ansioso
d’amore. Desiderò baciarla ma, proprio in quel momento, sull’uscio del salotto
apparve sua moglie. “Kurt, non dovresti essere già a lavoro a quest’ora?”
chiese Engel con voce cupa e, qualche istante dopo, era al posto di suo marito
a parlare con Nadine.
“In realtà, Kurt non ti
ha mai dimenticata.” Nadine non ribatté ma, sconvolta, continuò a fissare il
nulla. Ancora non aveva metabolizzato il fatto che Kurt fosse miracolosamente
sopravvissuto a Ravensbrück e che suo marito lo sapesse già da tempo che adesso
le stava per piombare addosso un’altra inaspettata verità pronta a confonderla.
“Prima che ci sposassimo …” continuò Engel, trattenendo le lacrime “… si mise
freneticamente alla tua ricerca. Si sentiva in colpa e non voleva fare questo
passo a tua insaputa, se tu fossi stata ancora viva. Mi lasciò sola con i
preparativi del matrimonio e sono certa che, se ti avesse trovata, avrebbe
mandato tutto all’aria.” Nadine non sapeva cosa dire e nemmeno cosa pensare. La
sua mente era annebbiata, impossibilitata nel mettere insieme un qualsiasi
ragionamento logico. Poi Engel si alzò dal divano e, volgendole bruscamente le
spalle, con tono deciso, affermò: “Non credere che per me sia facile dirti
queste cose, io sono una donna e per me è umiliante, ma è giusto che tu sappia
…” prese un bel respiro “… Spesso, quando stiamo in intimità, pronuncia il tuo
nome e non se ne rende neppure conto.” Nadine rimase pietrificata …
Tutto era finito. Il
suo matrimonio, l’amore di Nadine erano finiti. La sua vita era finita. Come
quando si perde una persona cara, Werner si era chiuso in un profondo silenzio.
Davanti ai suoi occhi velati di lacrime scorrevano rapidamente le immagini dei
momenti felici vissuti con la sua amata: il primo bacio sulle rive del lago, il
giorno del loro matrimonio, l’arrivo del piccolo Andrej e quei momenti della
loro vita quotidiana di coppia e di famiglia. Tutto era finito, distrutto,
svanito e la colpa era sua. “Papà!” la voce di Andrej lo scosse dai suoi
malinconici pensieri “Posso dormire con te stanotte?” domandò, stringendo a sé
il suo orsacchiotto. Werner tentò di nascondere il suo stato d’animo, sorrise e
aprì le braccia per accoglierlo. “Vieni, vieni, vieni da papà!” lo invitò e il
piccolo si tuffò felice nel lettone e nell’abbraccio di suo padre. “Dove è
andata la mamma? … Quando torna? … Mi manca.” Andrej era diventato
improvvisamente triste. “è andata
a trovare un vecchio amico … Torna presto … Non preoccuparti.” Con queste
parole, Werner provò a confortare anche se stesso ma inutilmente.
Perché ad un tratto è arrivato il maledetto freddo
che col suo ghiaccio ha coperto ciò che abbiamo fatto e detto
e col suo viaggio si è portato il nostro caldo.
Con te vivevo un sogno ma ora sono sveglio.
Gemelli
Diversi, Un attimo ancora