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Autore: Aimondev    29/08/2014    1 recensioni
L'umanità è a rischio estinzione.
Ogni giorno Zeus distrugge una polis Greca.
Ermes è stato assassinato.
Nelle forge di Efesto è in lavorazione un'armata di colossi più grandi di qualsiasi edificio umano.
Esseri mostruosi fuoriescono dalle loro spoglie mortali affermando che l'inizio di una nuova era è cominciato.
Il mondo è già stato sconvolto ma adesso Klearcos, l'assassino più abile di tutta la Grecia, sa per cosa combattere.
Genere: Avventura, Drammatico, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'L'alba degli eroi senza nome'
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Pandora aprì gli occhi nel momento stesso in cui i mostruosi cavalli alati atterrarono su una superficie marmorea.
Era così terrorizzata dalla sua precedente condizione da aver perso temporaneamente i sensi. L’aria rarefatta di quell’alta quota, mista allo spavento di aver raggiunto una tale altezza e ai continui sobbalzi della bestia che la trasportava, l’avevano rintronata.

La prigione di corde che la avvinghiava era  l’unico appiglio che la separasse da un volo mortale.
Si trovava ancora avviluppata a una specie di rete per pescatori, saldata su una delle cinghie che legavano la sella sul dorso dell’equino volante.

Dopo che l’ippogrifo toccò terra, il suo cavaliere, Deimos scese dalla sua groppa per avvicinarsi alla prigioniera. Slegò il laccio che teneva la rete avvinta al destriero, prese Pandora e, come se non avesse peso, la gettò a terra senza premure.
La ragazza, frastornata da quell’ultimo strattone, rigettò tutto il contenuto del suo stomaco sulla lucida piattaforma di marmo.

La vasta balconata su cui si trovavano faceva parte del settore privato del palazzo di Ares. Difatti la sua ubicazione era celata, e ogni lato della sua forma rettangolare era ombreggiato da un muro.

 Il gigante Gamacton, che aveva perso la sua cavalcatura durante la battaglia, si trovava sulla stessa bestia che cavalcava Kyros. Il poeta smontò da cavallo utilizzando una scaletta a pioli legata alla sua sella, poiché la bestia era troppo alta da consentirgli di farlo nel modo convenzionale.  Gamacton invece poteva permetterselo. Con un violento strattone balzò a terra, facendo sbilanciare la creatura che nitrì  per lo spavento.
Kyros che a causa di quella manovra avrebbe rischiato di cadere a terra lo guardò con aria torva. Poi si ricompose e si rivolse agli altri due compagni.

 “Un’ode voi o amici e antichi re. Abbiamo vinto!
È stato un grand’onore per me, sono contento!
La vostra abilità eguaglia di certo la vostra fama,
non per nulla da secoli la gente vi loda e v’ acclama.
Ahime mi spiace per la perdita del vostro parente.
Il ricordo del suo eroismo mi rimarrà per sempre in mente”

“Fa silenzio, saltimbanco…” Disse Deimos mentre slegava Pandora.
Enio l’Urlo rimase in silenzio, poi accortasi dell’arrivo di una presenza si mise sull’attenti.
La donna era la più diligente tra gli Innominati e la più solerte nel rispetto della gerarchia, anche perché non spiccicava una parola, quindi non faceva domande ma eseguiva soltanto.

Gli altri si rivolsero verso quella presenza senza concederle il rispetto che la sua autorità meritava.
Eris, la sacerdotessa di Ares e sua intermediaria, era in piedi davanti a loro. Non fece caso all’irriverenza degli altri sottoposti. In altri casi avrebbe distrutto chiunque avesse osato mancarle di rispetto anche solo con uno sguardo, ma sapeva bene quanto il suo padrone considerasse importanti quegli uomini.

Era tuttavia chiaramente contrariata dal trattamento aggressivo che Deimos stava riservando alla prigioniera. Ma nonostante questo, l’aver adempito la propria missione la frenò dal rimproverarlo. Inoltre, nonostante la propria carica privilegiata, non voleva provocare il sanguinario e imprevedibile Re del Terrore causando problemi ad Ares.

 “Non vedo Phobos tra voi  esordì la sacerdotessa.
“Ha fallito.” Commentò secco, suo fratello Deimos. “Non lo vedrai più.”
Liberò la ragazza dalla prigionia e con un calcio la fece rotolare verso Eris.

 A questo punto la sacerdotessa non poté più trattenersi.
Come osi!? Questa donna è di grande importanza per Ares!” 

“Allora riprenditela in fretta. Io non so che farmene! Ora voglio la mia ricompensa.”

La ricompensa. È vero. Gli Innominati non erano uomini qualunque: erano spietati mercenari che non paventavano la morte e non desideravano i valori che la vita poteva offrirgli. Ciò li rendeva indomabili persino per il dio della guerra, che per assoggettarli avrebbe dovuto accontentare le loro brame per le quali combattevano con tutto loro stessi.  Inoltre quelle tre nuove aggiunte avevano già conosciuto la morte, e grazie al dio della guerra l’avevano sconfitta.

La donna schioccò le dita, e dall’oscurità di un passaggio uscirono delle figure incappucciate, suoi servitori che afferrarono Pandora e la portarono dentro.

 “Troverai ciò che cerchi nella sala termale” Disse Eris. E rientrò nell’edificio.
Deimos con un ghigno seguì la sacerdotessa, ed Enio a sua volta.

Kyros rimase indietro e a quell’ultima frase rabbrividì.  Era venuto a sapere qual era il cocente desiderio per cui si crogiolava Deimos.

Se i testi degli antichi tomi ci narrano il vero
C’era una cosa, ricordo, che sollazzava il Re del Terrore:
nuotar nel sangue degli uomini e fagocitar cadaveri per intero.
Questo è il motivo che lo rese noto, il suo aberrante piacere.”

Pandora non ricordò molto di quanto aveva camminato e di quanti corridoi aveva percorso.  Gli interni del palazzo di Ares, che nessuno aveva mai veduto, parevano essere dei labirinti di lunghezza spropositata.  Due figure incappucciate la tenevano per le braccia trascinandola per tutto il tragitto, e davanti, a guidare il gruppo, c’era una donna che non aveva mai visto, la quale poco prima aveva impartito degli ordini agli Innominati.

Quale sarebbe stato il suo destino?
La sua vista era annebbiata e per sua fortuna non era abbastanza lucida da dare una risposta a quella domanda. Anche se poteva intuire che la morte sarebbe stata di gran lunga preferibile.

 Girato l’angolo, si ritrovò in una stanza più vasta. Al suo centro c’era un’unica porta, o meglio un portone di grande altezza e finemente decorato.

 “Siamo giunti”
Disse Eris.

La sacerdotessa si avvicinò a un pertugio a un angolo. Si protese in avanti con il volto, spalancando gli occhi, quasi come scrutasse qualcosa. Poi poggiò entrambe le mani su un ripiano e, dopo alcuni istanti, con un rombo cavernoso la porta incominciò ad aprirsi da sola.
Magia divina.

 “Dove…Dove mi portate?” Riuscì a dire la prigioniera. Ma nessuno rispose. Le figure incappucciate la trascinavano nell’oscurità di quell’apertura calandola per terra.
Eris rimase a guardarla anche mentre le due grandi ante della porta le si richiudevano davanti, lasciando Pandora nell’oscurità più totale.

Quando si risveglio la luce aveva invaso il luogo dentro cui si ritrovava. La vista di ciò che si ritrovò innanzi, la rintronò ancora di più. Erano come gli interni di una lussuosa villa: vaste stanze, raffinate colonne corinzie, e scalinate marmoree che portavano a un’ampia balconata. Tutto era illuminato dalla luce di un sole tiepido e piacevole. Non c’era nulla di terribile in quella visione.

Quasi arrivò a credere che fosse stato tutto un lungo sogno di un’altra vita. O forse era già morta e quelli erano i Campi Elisi?
Davanti a lei si gloriava il trionfo della natura. Le montagne granitiche giganteggiavano su una vallata, lussureggianti selve la ricoprivano accompagnati da torrenti e fiumiciattoli. Niente che l’uomo non avesse intaccato.

Spalancò le braccia, mentre il vento le carezzava i capelli e l’astro lucente le baciava la fronte. Le sue candide vesti le svolazzarono attorno, anch’esse coinvolte nella danza dell’aria.
Non ebbe alcuna preoccupazione, nessun timore. Per un attimo fu felice.
Solo un attimo.

“Ti piace questo posto?”
Avvertì una voce alle spalle che la distolse dal suo sogno.      

Si voltò di scatto. C’era un uomo poggiato su una delle colonne. Un ragazzo piacente dai folti capelli neri la stava fissando con penetranti occhi bruni. Attorno a lui poteva avvertire qualcosa di indefinibile. Un alone, un’aura dorata calda e benevola.

 Pandora lo guardò rapita e spaventata.

“Dove mi trovo?”

L’uomo le sorrise amabilmente mentre con cautela fece un paio di passi verso di lei.
“Sarai al sicuro qui, non temere. Nessuno ti troverà. Neppure l’Olimpo”

La donna era sempre più confusa. Da chi era stata catturata e perché?

Ma tu chi sei?” Gli chiese, senza rendersi conto che intanto l’uomo aveva già percorso la poca distanza che li separava e ora le si ritrovava a pochi centimetri.

L’uomo le carezzò la guancia con un dito.
Mi hanno chiamato con innumerevoli nomi nel corso dei secoli. Epiteti irriverenti e brutali e sanguinari e temibili…Ma tu non devi temere il mio nome. Sarò per te tutto ciò che ti separa dalla felicità che non hai mai potuto ottenere.”

 Sotto la tabarda e le eleganti stoffe di cui l’uomo era vestito Pandora vide un’armatura lucente e troppo perfetta per essere del mondo mortale. Ogni cosa le lasciò intendere che colui che aveva davanti non era un uomo.
Pandora arretrò spaventata. Aveva capito tutto.

“Non so cosa avete in mente tu e l’Olimpo, ma non mi lascerò ingannare. Il tuo nome è Ares e io lo so per certo. Non c’è niente di umano in te! Né il tuo aspetto, né il tuo odore né la tua presenza. Mi volevate? Ebbene sono vostra. Uccidetemi ora ma finitela con questa tortura!”

L’uomo si rattristò da quell’ultimo sfogo.
“Non voglio ucciderti, né torturarti.” Si avvicinò ancora a lei.

“Stammi lontano!” Gli urlò.  “Siete solo assassini e bugiardi. Non c’è niente di vero nelle vostre parole e se non avete intenzioni di uccidermi, lo farò io stessa”

 Pandora si voltò alle sue spalle, correndo verso la balconata che s’affacciava sull’infinità della natura. La disperazione non la fece esitare un solo istante. Nel momento in cui con un salto il suo piede si poggiò sulla ringhiera e l’altro verso il vuoto, il suo corpo sbalzò all’indietro, come trattenuto da un muro di forza.

La donna precipitò sul marmo bianco del balcone, ma non avvertì alcun dolore. Come se, nel momento in cui il suo corpo collise con violenza sul pavimento, quest’ultimo frenò di propria iniziativa la caduta adagiandola piano sulla superficie.

 Ares rimase a guardarla per nulla meravigliato. Sembrava aver previsto quell’istinto suicida e aveva fatto in modo che non avesse alcun esito.

Spero che ti troverai bene qui…” Commentò dispiaciuto. …Farò in modo di darti tutto ciò che necessiti. Questi sono i tuoi appartamenti, sentiti libera di andare dove vuoi.” Detto questo, le voltò le spalle e sparì dietro le colonne così come era comparso, mentre Pandora rimase accasciata a terra cercando di arginare la propria disperazione e il proprio pianto scavandosi il volto con le mani.  

Ares si trovava seduto sul suo scranno, da qualche parte nel suo immenso palazzo, avvolto dalle oscurità entro cui si sentiva ora a proprio agio. Il volto corrucciato e pieno di dolore. Con una mano si coprì il viso.

 “Ho visto come la guardavi! Che intenzioni hai con lei?

Gli gridò una voce femminile tra quelle ombre. Ares riconobbe subito il profumo e la musicalità della sua voce, anche quando era infuriata.
La bellissima Afrodite era in piedi davanti a lui. Nei suoi occhi meravigliosi scorreva la rabbia derivata dalla gelosia della loro nuova ospite.

 “Voglio soltanto che rimanga celata all’Olimpo. Voglio solo continuare a vivere sereno con te, mio amore. Evitare che questo mondo ci crolli addosso a causa della pazzia di Zeus.”
“C’è dell’altro tra voi. Lo sento.”

Ares si voltò verso il suo viso accaldato da quel furore e sostenne il suo sguardo. Si alzò in piedi e con le mani le cinse le gote.
“Ci sei solo tu! Mia regina, mia dea, mio amore, sei la mia vita e tutto ciò che è al di fuori di te vive solo per preservare la nostra unione.”

 Lo sguardo infervorato della dea della bellezza si fece più calmo e si addolcì a quelle parole. Le sue dita sottili e soavi si avvolsero ai polsi del dio.

“Ti credo, amore mio. E farò in modo di esserti complice per tutta l’eternità. Farò in modo che l’Olimpo non sappia mai del luogo in cui è nascosta quella ragazza.”
Ares le sorrise lasciandola andare dolcemente. La dea gli ricambiò il sorriso e soddisfatta gli diede le spalle allontanandosi.
Ma prima di raggiungere l’uscio esitò qualche istante.
Si voltò verso di lui.

La sua espressione era deformata nella smorfia più crudele e spietata che la dea avesse mai assunto. I suoi occhi erano pieni di odio e risaltavano dei riflessi di malvagità innaturale. Ares sussultò.

 “…Ma se oserai anche solo guardarla in quel modo, ella morirà”

 E i tratti della sua voce, fino a poco prima musicale e melodiosa, divennero oltremodo striduli e sinistri.

Parentesi anacronistiche 6:

Mostri 1

Cleobi e Bitone

I laboratori divini hanno sviluppato nuove sostanze in grado di demolire una parte del dna dell’individuo, per riconfigurarne i legami e le basi.

 Gli individui a cui è stato concesso questo privilegio sono stati selezionati e rapiti dalle divinità, e provengono da tutte le classi sociali. Il loro obiettivo è servire l’Olimpo e controllare il lavoro degli altri esseri umani.

L’oggetto che rilascia la sostanza è stato innescato all’interno dell’individuo e si attiva solo in caso di forte carica adrenalinica oppure con uno sforzo di volontà.

Nella sostanza sono presenti dei mutageni, in questo caso delle nano-macchine in grado di emettere potenti radiazioni atte a modificare il dna, prima di essere espulsi dall’organismo.

In questo modo è stato possibile progettare dei mostri geneticamente modificati usando il corpo umano come base.

Cleobi e Bitone, posti davanti alla morte, furono soggetti ad una forte spinta di adrenalina che portò all’attivazione dei mutageni.

I geni mutati si vanno a incastonare perfettamente con la parte coinvolta di dna evitando quindi di creare degli aborti aberranti ma conferendo unicamente qualità predominanti che non vadano in conflitto con quelle già possedute.

 Il modello usato da Cleobi e Bitone, oltre a conferire loro la forma di somari, era anche un inibitore di miostatina: cioè permetteva uno sviluppo muscolare ed una crescita spropositata rispetto al modello iniziale. Inoltre ogni errore genetico, malattia ereditaria o difetto fisico viene cancellato dalle radiazioni permettendo uno sviluppo consistente dei cinque sensi e un maggiore controllo della capacità muscolare e mentale.
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Miostatina inibita

http://www.who-sucks.com/people/monstrous-myostatin-misfortunes-a-collection-of-myostatin-deficiency-pictures

  
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