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Autore: Amaya Lee    30/08/2014    2 recensioni
Arashi si scrive con lo stesso simbolo di "tempesta".
Questa storia comincia con due ferite verdi, limpide ma impenetrabili, e una cappa nera che viaggia imperturbata nella neve.
Poi gocce di sangue, un ticchettio semplice, distinto, elementare, che scandisce ogni istante di un tempo che scade.
L'attesa di un cambiamento si tramuta nella speranza di sopravvivere, scendendo a patti con incubi radicati troppo in profondità, mentre paure ipnotiche e scomode sbocciano in passione dolorosa.
La creatura più fragile non può sciogliere le catene del suo destino, non può ribellarsi al compito per cui è stata scelta, e più si dimena, più le ombre la trascinano a fondo.
Chi ha pianificato tutto questo e impugna i fili del fato resta nell'ombra, nell'attesa che la tempesta si faccia domare. Una risata disumana si eleva dalle profondità del Lago, una risata che per secoli è rimasta sepolta nell'oblio, nell'attesa di essere udita.
L'ultima parola di questa storia è "vendetta", e deve ancora essere pronunciata.
{tratto dal testo}
[...] Si trattava della legge del più forte, una regola che nemmeno le preghiere avrebbero potuto spezzare.
Genere: Angst, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kanato Sakamaki, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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VI

First Nightmare

 





 

La paura è quella piccola camera oscura
in cui si sviluppano i negativi.

Michael Pritchard

 















Dapprima vedo solamente, ed in modo confuso, una stanza buia. Sembra giorno, ma il cielo è oscurato da una grave coltre di nubi nere, perciò non ne sono del tutto certa.
Lentamente, come quando l'obbiettivo di una macchina fotografica mette a fuoco, l'opacità si tramuta in chiarezza.
La mia visuale è molto bizzarra. È come se mi trovassi sdraiata, perché osservo tutto dal basso verso l'altro.

L'ambiente è signorile ed elegante. Sospetto di trovarmi nella tenuta Sakamaki, ma scaccio subito questa supposizione. Ho come il presentimento di essermi già trovata in questo luogo, ma non di recente.

Molto, molto tempo fa, io sono già stata qui...

All'improvviso, d'innanzi a me compare una figura alta e slanciata, avvolta da un mantello scuro. Dalla corporatura sembra un uomo, ma non riesco a vederne bene il volto, coperto da una coltre confusa, come un ricordo che fatica a tornare a galla.

Riesco però a distinguerne i capelli biondi, che sembrano quasi fili aurei, splendenti anche senza sole. L'uomo li porta lunghi fino alle spalle. Sono belli, tutto di lui è bello.

Ho paura di costui, anche se non riesco a capire chi sia, e nemmeno per quale ragione. So che non dovrei fidarmi di lui, lui è... ecco, ora ricordo, lui è un nobile. Questo spiega perché siamo circondati da tanto lusso.

Mio malgrado, non riesco a rammentare altro. È come se non fossi realmente connessa con me stessa, ma mi trovassi nei panni di un'altra persona. Una persona che ha timore dei nobili. E non solo: li disprezza profondamente.

Ti aspettavo.” Una voce maschile rimbomba nella mia mente come l'eco di uno sparo, violento e insostenibile. Vorrei prendermi la testa tra le mani, ma nulla di me mi appartiene davvero.
Rimango immobile.
Allora lo sconosciuto prende la mia mano, terribilmente pallida, e se la porta al viso, come se la baciasse. Non avverto però alcun contatto, né le sue dita, né le sue labbra.
Sono semplicemente una spettatrice della scena. Non posso agire, non posso cambiare i fatti: come se tutto fosse già stato deciso.
“E non vedevo l'ora...” Continua la stessa voce, sebbene stavolta suoni più roca e profonda.
Un attimo dopo, lo sconosciuto si è spostato. Il suo volto è a poche decine di centimetri dal mio, e il suo corpo incombe su di me. Io non posso muovermi, ogni parte di lui mi blocca.

La paura si insinua nelle mie viscere, la sento reale e palpabile, tanto che potrei toccarla se solo avessi la facoltà di allungare un braccio.

Ti ho notata subito...” Una roca risata rimbomba tra le pareti della mia mente, e mi viene voglia di urlare.
“So che mi hai notato anche tu” prosegue, prima di sogghignare.

Io, o meglio, il corpo che mi ospita cerca di divincolarsi, ma l'uomo è troppo forte. Inumanamente forte. Mi tiene sotto il suo controllo senza il minimo sforzo.

Tu non sai quanto ho atteso...” Rafforza la presa, e il dolore mi stringe lo stomaco, accompagnato dal terrore. So che nessuno verrà ad aiutarmi. “...il momento in cui ti avrei assaggiata.”
Subito dopo, nell'attimo in cui l'uomo spalanca la bocca, alle mille sensazioni che artigliano il mio cuore si aggiunge una tenebrosa, orrida sorpresa.

Un paio di canini bianchi e marmorei si protendono verso di me, stagliandosi contro il buio cupo e profondo della trachea.

Sento delle urla, ma non appartengono a me, bensì a questa gola, questa gola che è stata violata e lacerata senza esitazione o clemenza.
Nero. Un doloroso, bruciante nero cala sui miei occhi, trascinandomi nell'agonia.

 

Mi svegliai di soprassalto, tirandomi immediatamente a sedere. Forse urlai, ma la pioggia battente e il temporale burrascoso che infuriavano al di là delle finestre e del balcone coprirono senz'altro il rumore.

La notte aveva avvolto il cielo ed ogni altra cosa, ma non avrei saputo dire che ore fossero.
Ansimai ripetutamente, prendendomi finalmente la testa fra le mani, constatando di essere tornata nel mio corpo. Era una gioia incontenibile poter finalmente usare le mie mani, poter muovere a mio piacimento le dita, ogni singola falange.
L'incubo era impresso a fuoco nella mia memoria, vivido e ardente.
Un'immagine in particolare. Le zanne.

Chiusi gli occhi, e una goccia di sudore prese a percorrere la mia tempia, arrivando allo zigomo. Rivissi con orrore il momento in cui, poche ore prima, quel ragazzo aveva riso proprio di fronte a me, mostrando i canini bianchissimi e aguzzi. Erano troppo simili a quelli dell'uomo nel mio sogno.

I vampiri non esistono.

No, queste parole suonavano false persino nei miei pensieri.
Ogni volta che tentavo di riacquistare questa certezza, mi ricordavo di quelle zanne, del loro fascino, della loro mortalità, e un brivido mi percorrevo.

Non era facile arrivare all'improvviso a credere ai vampiri. Perché ci credevo, ormai.

Loro erano reali, e si confondevano con noi esseri umani. Creature più forti, più potenti, e più crudeli dell'uomo.

Io avevo invaso la loro casa, loro avevano invaso la mia vita e i miei incubi. Feci scivolare le mani sul mio collo, setacciando ogni singolo centimetro di pelle, alla ricerca di qualcosa di preciso. Qualcosa che non trovai.
Incredula, mi sfilai velocemente la maglietta, mentre scendevo dal letto, lasciando alle mie spalle una montagna caotica di lenzuola.
Nulla illuminava la stanza, ad eccezione di un debole spicchio di luna. Armeggiai con la sagoma di un candelabro sul mio comodino, e ci trovai accanto una scatolina di fiammiferi. Ne ruppi sei per la troppa foga, ma il settimo sprigionò una fievolissima scintilla, che si trasformò in una piccola fiammella.

Accese le tre candele, come per effetto di un incantesimo, una serie di lampade brillarono nella stanza, gettando una luce diffusa e gradevole su essa.

Uno specchio rifletté l'immagine di una ragazza che non avevo mai visto prima, dalla testa ai piedi. I capelli neri, spettinati, erano i miei. Il verde di quegli occhi mi era familiare, ma questi riflettevano una preoccupazione ed un'angoscia che non mi era mai appartenuta. Anche i lineamenti assomigliavano ai miei, ma in quel momento mi parvero più scarni che mai, e la carnagione eccessivamente pallida, come quella di un malato.

Una mano smunta reggeva un candelabro, tre fiammelle divampavano alle estremità. Quella figura sembrava quasi il mio fantasma.

La mia concentrazione, però, non cadde sul miserabile spettro in carne ed ossa di me stessa. Ispezionai con lo sguardo la carne del mio petto, dalle quali sporgeva una serie di ossa, e del mio ventre, e poggiai il candelabro sul cassettone per osservare anche le braccia.

Non c'erano segni di morsi.
Quasi mi stupii, perché quel sogno mi era parso talmente vivido che avrei giurato di riportarne i segni. Scossi la testa, rendendomi conto dell'assurdità delle mie preoccupazioni

In secondo luogo, però, mi meravigliai che nessuno dei miei “ospiti” fosse venuto ad azzannarmi durante il sonno. Ne fui estremamente sollevata. Forse non nutrivano poi molto interesse per me.

Sposa sacrificale. Cosa significava?
Non intendevo scoprirlo.

Mi spogliai anche dei pantaloni con cui avevo dormito, gli stessi con cui ero arrivata alla villa. Avevo pochi ricordi, confusi, dopo l'incontro con il ragazzo con le occhiaie. Non avevo avuto il coraggio di cambiarmi, prima di distendermi sul materasso, completamente sfinita e troppo spossata.

Forse il sonno sarebbe riuscito a calmarmi, forse dopo avrei riacquistato lucidità. Non aveva funzionato, ma non potevo farci niente.

Mentre cercavo nella borsa da viaggio qualcosa da indossare, voltavo istintivamente il capo a guardarmi intorno. Vista la mia condizione in quel momento, non avrei affatto gradito la comparsa improvvisa di uno di quei pazzi.

Vampiri.

Dovevo ancora abituarmi al termine.

Scostai alcuni vestiti estivi inseriti in superficie, che avevo deciso all'ultimo minuto di portare per le giornate più calde, pur essendo una persona freddolosa. Essendo agli sgoccioli dell'autunno, il guardaroba che avevo con me era per lo più invernale, e ringraziai il cielo per questo.

Mi infilai in un caldo maglione di lana color lampone, che copriva abbastanza bene il collo, e avvolgeva le mie mani fino alle dita. Forse avevo esagerato con le taglie, alle quali non prestavo mai molta attenzione durante le spese stagionali, ma in quella situazione mi tornò utile.

Non ero certa che un capo di abbigliamento ingombrante avrebbe fermato quei ragazzi dai loro scopi, ma era sempre meglio di una canottiera scollata, che fondamentalmente era un cartello luminoso urlante “MORDERE QUI”.

Una volta vestita, il che mi mise un po' più a mio agio, cercai di capire che ore fossero. Il mio cellulare era scomparso, e tutto ciò che avevo era un piccolo orologio dorato, che fungeva da soprammobile, bene in vista sulla mensola sopra al camino di pietra.

Purtroppo, le lancette erano immobili.

Anche se ero certa che fosse ormai notte, non avevo la concezione del tempo. Per quanto avevo dormito? Qualche ora? Un giorno intero?
Nessuno era venuto a svegliarmi o a disturbarmi, perciò non potevo essere stata addormentata per molto tempo.

Era necessario mettere ordine alle idee e agire in modo logico, ma la paura, supportata dall'incubo, bussava incessantemente alle porte della mia mente.

Ero bloccata in quella casa, in compagnia di sei vampiri.

Naturalmente si sarebbero aspettati una mia fuga improvvisata, del tutto guidata dall'impulso.

Erano più veloci e più forti di me. Se agivo in modo prevedibile, mi avrebbero fermata subito. Forse mi avrebbero fatto del male. Nella peggiore delle ipotesi, mi avrebbero uccisa.

Ero un bersaglio, un bersaglio debole. L'unica arma che avevo era la sorpresa. L'unico modo per scappare era farlo come non se lo sarebbero aspettati.
Riflettere su ogni minimo dettaglio era essenziale, la mia sola possibilità.

Erano più veloci e più forti, ma io sarei stata più furba.

Una volta spostati tutti i miei abiti nell'armadio e negli svariati cassetti, sistemai i bagagli vuoti in un angolo della stanza, uno sopra l'altro. Impilai i libri sulle mensole, ma non ci stavano tutti, così ne impilai alcuni sopra al camino. Feci sparire l'orologio non funzionante.

Per fare il mio letto ci misi più del previsto, data la quantità esagerata di lenzuola.
Non mi definivo una persona ordinata, tuttavia, la chiave con cui avevo bloccato la porta della camera era da qualche parte in mezzo a quel caos.

Quando finalmente riuscii a trovarla, immersa sotto strati di piumone, qualcos'altro catturò completamente la mia attenzione.

Più precisamente, un suono. Il rintocco rimbombante di un campanile.

No, non di un campanile, mi corressi, bensì di un grande orologio.

Contai sottovoce, com'ero solita fare fin da bambina. Dieci rintocchi precisi.

Subito dopo, una serie di rapidi, secchi colpi provenienti dalla porta mi costrinse a trattenere il fiato. 























Buonasera, eccomi qua come al solito :)
Non vedevo veramente l'ora di aggiornare! Spero che il capitolo sia stato di vostro gradimento, se è così vi sarei molto grata se lasciaste una recensione, anche molto breve. non fa male a nessuno, no? inoltre ringrazio di cuore Alyx Evans UnaScuotitriceDiParole per aver recensito i capitoli precedenti, ho apprezzato molto ♥ ah, naturalmente anche tutti voi meravigliosi lettori silenziosi.
Beh, ci vediamo al prossimo aggiornamento, che avverrà molto presto!
Hasta pronto, 

Nico-chan

  
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