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Autore: Ita rb    31/08/2014    4 recensioni
Nei bassifondi della città, si vocifera che la malavita abbia approdato in un campo molto ostico: gli scontri clandestini. Un giro di scommesse sta dilagando da un lato all’altro del Paese, attirando quanti più stranieri possibile in quella che sembra una speranza avida, ma la Pantera non ha intenzione di chinare il capo e, arrancando nel sangue, si aggrappa al titolo di campione della fantomatica Cage per sbaragliare i suoi avversari e guadagnarsi da vivere; eppure, la routine sembra spezzarsi con l’arrivo di una Tigre dalle unghie affilate e la parlantina schietta.
[AoKaga | AkaKuro | ImaHana]
[Partecipa all’iniziativa : “Fan fiction interattiva” – maggiori info nelle note del prologo]
Rating, pairing e personaggi presenti possono cambiare nel corso della storia.
Genere: Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Daiki Aomine, Makoto Hanamiya, Seijuro Akashi, Taiga Kagami, Tetsuya Kuroko
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Note: Al momento, la prima sfida fra Kagami e Aomine si è conclusa con un pareggio; ma chissà cosa accadrà nella prossima! Nel frattempo, il capitolo in questione sembrerà un po’ placido rispetto al precedente e in realtà è proprio a questo che serve: a stemperare la tensione. Alcune risposte verranno svelate, altre semplicemente accennate e i quesiti, forse, raddoppieranno (?) – perlomeno è quello l’intento!
Ringrazio chi ha recensito tempestivamente rinserrando la decisione di scrivere un’AoKaga *cofcof* e quindi annuncio che, probabilmente, in futuro si noterà più interazione fra i due – anche se al momento, a rigor di trama, deve esserci un incipit per improntare tutto il resto e quindi l’OTP verrà lievemente posposta çUç
Grazie a Nahash, Lupus_in_fabula (che tra l’altro mi ha anche segnalato l’errore di dislessia sul nomignolo di Aomine!) e Yoko no Koori (che è una persona dotata di superpoteri e legge nelle menti del prossimo [??] D: stima!) ~
Spero che anche questo capitolo possa piacervi, che gradirete l’ingresso di altri personaggi nella trama e che il progetto continui a fornirmi nuovi spunti per questa storia che, lo ammetto, mi diverte davvero molto nella sua stesura.

Maggiori info sul progetto della fan fiction interattiva sono nel prologo!


Da quando la Pantera era finita al tappeto assieme alla Tigre, la folla non aveva fatto altro che darsi alle scommesse minori sotto la nonchalance con la quale il capo del locale li aveva esortati ad andare avanti; ma quel caos sotterraneo non poteva di certo passare inosservato alle orecchie di Satsuki che, seduta sulla sedia di metallo che si trovava in una stanzetta attigua, aveva atteso il ritorno del campione con l’espressione più agitata del mondo e le nocche ben strette sulle ginocchia tese.
Ad averle fatto intendere l’esito distorto di quella sfida, di certo non era stato solo il clamore, bensì anche l’eco delle parole che il capo del locale aveva imposto con il megafono fra le quattro mura gremite di gente; allora, quando il barman fece il suo ingresso oltre la soglia con addosso il corpo svenuto del giovane, la ragazza saettò in piedi e sgranò le palpebre di rimando senza riuscire a trattenere un’esclamazione preoccupata:
«Aomine-kun!»
«È tutto sottocontrollo, Momoi, non allarmarti più del dovuto», soffiò il tipo, lasciando che la bestia scivolasse giù dalla sua spalla sinistra per essere messa a sedere mollemente sulla stessa sedia che fino a quel momento era stata occupata da Satsuki. «È solo svenuto, ma non ha perso…»
«Sai che m’importa della vittoria o della sconfitta», scattò lei, legandosi i capelli alla svelta per lasciarli cadere in una morbida coda improvvisata. «Come ha fatto a svenire?» Domandò agitata all’indirizzo del barman, mentre l’eco del nuovo combattimento le arrivava alle orecchie attraverso la porta schiusa e il corrucciare perpetuo della fronte di Daiki sembrava farle intendere che tutto quel baccano sapeva ledere le sue funzioni neuronali.
«Devo occuparmi del suo avversario. Torno subito, okay?» Soffiò il moro, inclinando appena il capo da un lato prima di filare via con una certa fretta.
«Ehi!» Lo chiamò alla svelta, irritata, mentre aggrottava le sopracciglia nel voltarsi verso di lui. «Ti ho chiesto come ha fatto a svenire, vuoi rispondere?»
«Si è pestato a sangue con un senza nome che la folla ha rinominato Tigre, perciò sono crollati tutti e due senza nemmeno rendersene conto», spiegò nel fare spallucce, lievemente contrito per essere stato fermato dalla ragazza nel bel mezzo del suo incarico non ancora concluso. «Posso andare?»
«Sì, vai», soffiò l’interpellata, storcendo di poco le labbra per il tono sarcastico con il quale le si era rivolto; allorché, sentendo la porta cigolare appena, tornò a concentrarsi sulla Pantera e, dopo aver recuperato del ghiaccio secco dalla cima del tavolo, si spronò a cercare su di lui i punti in cui era stato colpito con più energia del solito.
«Ah, che cazzo!» Sbottò il combattente, digrignando i denti nel sentire il gelo improvviso che, posato sulla sua testa, cercava di evitargli un grosso bernoccolo – il quale, puntualmente, aveva già preso a comparire in un alone giallognolo. «Satsuki, mi fai male!»
«Io?» Chiese indignata, battendo le palpebre un paio di volte e tornando a premere il ghiaccio secco come se nulla fosse, magari con più veemenza. «Ti sei fatto mettere al tappeto da uno straniero e sono io quella che ti fa del male, Aomine-kun?»
«L’ho sottovalutato», borbottò a denti stretti, soppesando un’idea che prima d’ora non gli era mai capitato di dover affrontare. «Ma non ho intenzione di perdere con quel tipo…»
«E dire che ti davano per svenuto,» soffiò con un leggero sorriso rassicurato «guarda quante energie hai in corpo!»
«Certo che ero svenuto, credi che non avrei vinto se fossi stato vigile?» Schioccò la lingua per mostrarsi sdegnato agli occhi dell’altra che, dal canto suo, prese semplicemente a tamponargli il sangue dalle nocche escoriate. «E adesso dimmi dov’è,» aggiunse spicciolo, puntando gli occhi scuri sull’amica «devo spaccargli la faccia: non può credere davvero di passarla liscia dopo avermi dato una testata come quella.»
«Il capo ha detto che il vostro prossimo incontro sarà domani, perciò vedi di riposare fino a quel momento e non fare idiozie», volle ricordargli in un mormorio serio, affinché potesse essere ascoltata; ma nonostante lo sbuffo di Aomine, quello che maggiormente mandò in fumo le sue buone intenzioni fu l’arrivo del barman.
«Ecco qui la Tigre!» Esordì tranquillo, aprendo la porta per poi lasciare in terra il corpo dello straniero.
«Levami quel coglione di torno, altrimenti gli spacco la faccia…» ringhiò la Pantera, fissando il rosso senza ben curarsi di colui che l’aveva condotto lì, contro la parete attigua all’ingresso – doveva dare ascolto a Satsuki, dopotutto, ne valeva delle sue entrate!
«Come siamo irritati, Pantera», ghignò il moro, sistemandosi gli occhiali sulla punta del naso con un vago cinismo, mentre si spronava a incrociare le braccia per osservarlo con superiorità. «Il business richiede tempo e costanza, perciò vedi di seppellire l’ascia di guerra», continuò in un soffio, alzando le spalle come se avesse a che fare con un’ovvietà; nonostante ciò, il campione non pareva essere del suo stesso avviso:
«Al diavolo il business.» La dimostrazione lampante che le preoccupazioni di Momoi erano fondate, dunque, erano le sue parole seccate che, dopo essere capitolate fuori dalle sue labbra sporche di saliva e sangue, sembrarono diventare ancora più taglienti – come il suo sguardo, forse.
«Aomine-kun!» Fece lei, tentando di fermarlo per un braccio quando, con somma sorpresa, quello si alzò dalla sedia di metallo per avvicinarsi all’ingresso della stanzetta.
Era troppo forte per lei, nonché sordo alle sue parole, perciò non riuscì a fare altro che andargli dietro con il rischio di cadere in terra a causa della sua furia omicida – e in fondo, neppure Shoichi riuscì a proibirgli dall’avvicinarsi allo straniero per afferrarlo all’altezza della canottiera sudata in un magro tentativo di riscuoterlo.
«Ehi, Tigre del cazzo, perché non ti svegli?» Ringhiò infastidito, tenendo i denti stretti quasi fosse realmente una belva assetata di sangue e vendetta. «Se ti svegli, stronzo, ci facciamo due chiacchiere prima di domani!» Continuò, restringendo lo sguardo con stizza, mentre le palpebre troppo rilassate del tipo sembravano non calcolarlo di striscio – anzi, magari riuscivano addirittura a irritarlo per quello stesso motivo.
«Fuori di qui non sono il responsabile della tua condotta, Aomine,» disse s’un tratto il barman «ma fintanto che ti trovi nella Cage, però, mi dispiace dirtelo: devi tenerti a freno se non sei sul ring.» Shoichi lo fissò dritto in volto, posando una mano sul suo polso e attingendo a chissà quale assurda calma interiore per sorridere con un lieve accenno di cinismo al suo indirizzo.
«Allora fammi salire di nuovo su quel cazzo di ring», sbottò l’interpellato, abbandonando la presa per far scivolare ancora una volta lo straniero contro il muro.
«È svenuto, non puoi combattere con un avversario privo di sensi…» sbuffò il suo interlocutore «… sarebbe troppo imbarazzante.» Facendo spallucce, l’occhiata che gli rivolse nell’abbandonare il suo polso sembrò eloquente; allorché neppure la Pantera ebbe da ridire e arricciando il naso mosse qualche passo barcollante nella direzione della sedia di metallo sulla quale era stato portato poco prima.
«Va bene, ho capito.»
«Momoi, controllalo», l’avvisò il barman, posando il palmo della mano sul montante della porta.
«Non ho bisogno della balia», schioccò acidamente Aomine, guardando altrove e irritando la suddetta fino a farle arrossire le guance con indignazione – dopotutto, benché quel tipaccio continuasse a trattarla in quel modo odioso, erano pur sempre amici d’infanzia e lei non si comportava a quel modo per fargli da balia, come voleva far intendere lui, bensì per stargli accanto.
«E vedi di non fargli fare qualche idiozia.» Dopo quell’ultimo avvertimento, Shoichi non attese neppure la risposta della ragazza e si sbrigò a uscire di lì, facendo in modo che la sua affermazione risuonasse più turpe del previsto e al solo indirizzo di Aomine che, d’altro canto, continuava a fissare altrove con le braccia incrociate al petto.
«Certo.»
 
La prima cosa che vide quando le palpebre decisero di alzarsi, spronate dal riverbero del sole mattutino e dal fracasso che avevano percepito le orecchie, fu la bocca dischiusa e dalle labbra rosate che, a distanza di sicurezza, sembrava pressoché includere la sua intera visuale – labbra di donna, o per lo meno così si disse prima di strabuzzare gli occhi con evidente perplessità, tirandosi a sedere sul divano con un leggero grugnito per il nervo che, dietro la schiena, sembrava essersi teso malamente.
«Ma che diavolo…» borbottò, venendo subito interrotto dalla voce squillante della ragazza che, tornando in piedi con spalle ritte, si rivolse a qualcun’altro:
«Aomine-kun, si è svegliato!»
«Finalmente,» sbottò con un leggero disappunto «pensavo che avrebbe messo le radici su quel divano.»
Non era di certo uno dei migliori risvegli immaginabili, quello, ma neppure troppo male considerati gli standard a cui era abituato nell’ultimo periodo – e di certo, il solo fatto che avesse riposato su dei cuscini di pelle era un lusso.
«Dove sono?» Domandò in un primo momento, non comprendendo subito chi fosse il proprietario della voce di poco prima; allorché, vedendolo spuntare dal corridoio con fare scocciato, ricollegò immediatamente la sua espressione truce all’avversario con il quale si era scontrato quella notte e quasi impallidì – in fondo, chiunque si sarebbe chiesto come fosse possibile alloggiare sul comodo-non-proprio-comodo divano del campione in carica della Cage. «Tu!»
«Yo!» Ironizzò con un’alzata di spalle, muovendosi verso il tavolino vicino e lasciandogli il tempo per mettersi composto contro lo schienale di pelle. «Satsuki ha insistito per tenerti d’occhio fino a stasera e non ho potuto rifiutarmi di averti tra le palle per qualche ora, tutto qui.»
«Qualche ora?» Echeggiò spaesato, aggrottando le sopracciglia con fare poco sicuro. «Cosa significa tutto questo, si può sapere?»
«Il capo della Cage ha deciso di posporre il vostro incontro alla sessione successiva», spiegò brevemente la ragazza, tirandosi su le maniche della felpa verdina e prendendo posizione s’una sedia vicina a quella cui si trovava la Pantera.
«In pratica, come immaginavo, non hai saputo resistere sul ring e sei svenuto», borbottò a mezza bocca Aomine, sorseggiando il caffè che si era servito in cucina pochi minuti prima.
«Aomine-kun, devo forse ricordarti che siete stati in due a perdere i sensi?» Soffiò la ragazza, lanciandogli un’occhiata eloquente che fece ghignare di soddisfazione la Tigre.
«Sei svenuto? Mi fa piacere…» disse, incrociando le braccia al petto con nonchalance. «Quanti ti hanno messo al tappeto fino a oggi?»
«Non mi hai messo al tappeto, senza nome, perciò vedi di rigare dritto – altrimenti, Satsuki, capo o chicchessia, non arriverai a stasera sulle tue gambe», lo minacciò, arricciando le labbra dopo aver ingurgitato qualche sorso della bevanda nera come la pece e priva di zucchero.
«Ti tengo d’occhio», fece Momoi, sollevando un sopracciglio nella direzione dell’amico per rendere più calzante il suo ammonimento. «Hai sentito Imayoshi-kun, no? Il capo ha detto che vi vuole in forze per il secondo round.»
«L’ultimo», sentenziò a denti stretti l’interpellato, prima di alzarsi in piedi con aria decisa e fissare il suo rivale con stizza, sollevando addirittura il mento in una dichiarazione di sfida. «Non ci saranno altre alternative per uno straniero come te.»
«Ah, a proposito…» intervenne Momoi «… da dove vieni?» Voleva un po’ disgregare quella tensione eccessiva e quella era l’unica idea decente che le era venuta.
«Non sono uno straniero», disse semplicemente, non comprendendo come quella parola potesse calzare per qualcuno che, dopotutto, era di origini giapponesi tanto quanto i suoi interlocutori e quelli che frequentavano la bettola di scommesse clandestine.
«Non ti abbiamo mai visto alla Cage, per questo sei definito straniero», spiegò alla svelta la ragazza, facendo rifornimento di un po’ d’empatia che aveva nel suo bagaglio. «Ad ogni modo, come sei venuto a conoscenza di quel posto?»
«Ne ho sentito parlare in strada, tutto qui.»
«Sei di poche parole, vedo», soffiò Aomine, limitandosi a terminare il caffè per lasciare poi la tazza vuota sul tavolo. «Non importa, in fondo, perché non sono qui per chiacchierare con qualcuno che perderà…» Fece spallucce, imboccando la strada del corridoio, mentre l’altra scuoteva il capo con fare esasperato.
«Non farci caso, è sempre stato un arrogante presuntuoso…» mormorò a mezza bocca, sentendosi rimbeccare dal corridoio dal diretto interessato:
«Per questo mi stai dietro da quand’eravamo piccoli, giusto?»
L’ironia, forse, era una di quelle armi che Satsuki avrebbe preferito non avere contro di sé; eppure, da quando Aomine era entrato a far parte del giro di scommesse clandestine, ormai era diventata una routine.
«Va ad allenarsi», disse spicciola all’indirizzo dell’ospite che, d’altro canto, poté soltanto restarsene lì con un’espressione a metà fra l’irritato e l’assonnato. «Se vuoi fare qualcosa di costruttivo, magari potresti evitare di sforzare troppo le gambe, però…» consigliò, vedendolo improvvisamente corrucciare la fronte.
«Come?»
«Mentre tornavamo qui, ho chiesto ad Aomine-kun qualche informazione aggiuntiva sul combattimento…» soffiò, posando un gomito sul tavolo per poi prendere a sorreggersi il mento «… di conseguenza so di come ha forzato sulle tue gambe per metterti al tappeto.»
«Ah, quello!» Si riscosse, battendo le palpebre un paio di volte per poi scuotere il capo. «Non è nulla, davvero.»
«Non mi sto preoccupando, sia chiaro», volle precisare subito, arricciando di poco le labbra. «So che Aomine-kun è una vera bestia sul ring, perciò non eccedere, altrimenti potresti farti male – e questa volta per davvero!»
«So badare a me stesso.»
«Non ne dubito, visto che sei riuscito a far svenire addirittura il campione in carica, ma è stato un esordio eccessivo: avresti fatto bene a cominciare con i pesci piccoli, ma vista la tua energia, magari, anche il Condor sarebbe andato bene per te.» Puntellò di poco un dito sulla guancia, tenendo il ritmo dei suoi pensieri. «So di per certo che Aomine-kun vincerà questa sfida, però mi dispiacerebbe averti prestato soccorso per poi farti tornare a casa zoppicante, ecco.»
«Di questo non devi preoccuparti», borbottò con un accenno di cinismo, lasciando che l’altra capisse da quell’uscita ciò che più le andasse a genio.
«Dunque, hai intenzione di allenarti anche tu?» Fece sommessamente, crucciandosi di rimando a causa dell’atteggiamento ostile e testardo di quell’individuo. «Non ti fa male la gamba?»
«Affatto, sto benissimo.» Scosse la testa, alzandosi in piedi e percependo il nervo della stessa cedere un po’; eppure, la convinzione di farcela, lo tenne ritto nonostante tutto, facendo ticchettare sul tavolo le unghie lustre della ragazza.
«Come preferisci…» disse «… ma sappi che l’attrezzatura di Aomine-kun è off-limits: dovrai cercare un modo diverso per tenerti in forma fino a sera, se è quella la tua intenzione.»
«Nessun problema, non ho bisogno di attrezzatura professionale o di uno spazio ristretto in cui allenarmi.» Si sgranchì le braccia, facendo scrocchiare appena le vertebre, mentre l’altra sorrideva appena.
«Anche Aomine-kun ragionava così un tempo», disse, incuriosendolo per un istante senza poi arrivare al dunque. «Beh, allora buon lavoro!» Si sollevò dalla sedia a sua volta, incamminandosi verso il corridoio con fare serio, cercando di tenere sotto controllo anche gli sforzi dell’amico che, dal canto suo, aveva già iniziato a sollevare un po’ di pesi per allenare i bicipiti.
 
Akashi Seijuro aveva sempre avuto un occhio di riguardo per i buoni profitti, anche se, a dirla tutta, si trattava pur sempre di una dote innata. Non aveva mai parlato con nessuno delle sue origini, meno che mai con qualcuno di tanto irrilevante come il famigerato barman che aveva preso ad accamparsi alla Cage per incrementare le proprie entrate con qualche pinta di birra; eppure si vedeva lontano un miglio che nascondeva qualcosa d’importante dietro quel fare snob e assorto.
Gli occhi aguzzi, perennemente attenti, sapevano scrutare tanto bene nel monitor in bianco e nero che illustrava le vicende del locale quanto nelle sue scartoffie private – e sguazzava nel denaro, su questo non c’era alcun dubbio, perché le percentuali sulle scommesse e sulle consumazioni erano proprio lì che convergevano.
Il capo che nessuno aveva mai visto – eccetto il campione e la sua manager, ovviamente – era conosciuto solo da chi aveva stretti rapporti con lui per la questione monetaria e se la vetta non riusciva a essere scalata da nessuno che non fosse Aomine Daiki, allora nessuno aveva il diritto di sapere chi fosse realmente; ma quell’apparizione fugace che aveva fatto al termine dell’epocale incontro con lo straniero aveva gettato un po’ troppa luce sul mistero che l’avvolgeva e se si fosse trattenuto oltre, forse sarebbero addirittura riuscito a identificarlo – forse, non era neppure detto in realtà, perché anche nella fantomatica vita vera erano ben pochi quelli che conoscevano il suo nome per intero e a maggior ragione nei bassifondi!
«Qualche informazione sulla Tigre?» Domandò appena, con garbo, mentre sfogliava distrattamente un quotidiano sulle pagine dedicate alla borsa.
«Non molte.» Scrollando le spalle, il ragazzo dall’altro capo della scrivania non poté far altro che ammettere la realtà dei fatti: non si sapeva quasi nulla su quell’individuo, benché si fosse già fatto un nome all’interno della Cage.
«Non molte…» soffiò di rimando «… cosa significa?»
«Parlando con il tipo che ha scommesso una fortuna su di lui, quello che l’ha presentato alla Cage, si è scoperto ben poco: dice di venire dalla strada, di aver trascorso qualche anno in America, ma non si sa effettivamente nulla su di lui – né perché sia tornato in Giappone, né perché sia venuto al locale per sfidare la Pantera.» Sputò tutto quanto con velocità, senza ingarbugliarsi, lasciando che il suo sguardo si puntasse diretto su quello interessato dell’altro che, sollevato dalle linee strette e ripiene di numeri, gli aveva già dedicato la sua massima attenzione con la domanda di poco prima.
«Ma ha chiesto di lui insistentemente, per lo meno che io sappia...» soffiò, facendo storcere di poco le labbra del suo informatore – dopotutto era strano averne uno quando le proprie capacità di analisi andavano ben oltre la semplice indagine a occhio nudo.
«Esatto, ma per studiarlo», confermò in un sospirò dispiaciuto. «Non l’aveva mai visto prima, su questo non c’è alcun dubbio, e dunque si è spinto fin qui per provare a tentare la fortuna.»
«Quando l’essere umano sfida se stesso per tentare la fortuna è un male…» disse, accennando un piccolo ghigno «… non sa bene dove questa guarderà.» Chiuse il quotidiano, allora, tornando a fissare le immagini dello scontro precedente che, registrate sulla videocassetta, presero a scorrere velocemente quando l’indice pallido del capo si posò sul play. «Ad ogni modo, la sfida di questa sera è certa: la Tigre non durerà a lungo sul ring.»
«E il guadagno sarà maggiore», concluse al posto dell’altro, sapendo bene che la sua entrata in scena non fosse stata dettata da altro che interesse personale.
«Arguto come sempre», mormorò, vedendo svenire tutti e due i combattenti per poi fermare ancora una volta il nastro e riavvolgerlo su se stesso con un nuovo click. «Non ti sfugge niente, Tetsuya.»

 
つづ

L’identità del capo è stata svelata, ma non tutti sanno i retroscena del suo interessamento alle scommesse clandestine! Kagami ha un segreto nel suo passato o a portarlo alla Cage è stato solo un semplice spirito di competizione? Qual è il vero ruolo di Satsuki? Tutto questo e altro ancora, nel prossimo capitolo (?)
xoxo
   
 
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