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Autore: Molly182    31/08/2014    1 recensioni
«Perché non mi hai mai detto che il tuo vero nome è Thomas?»
«Perché non me l'hai mai chiesto…»
«Spiegami perché avrei mai dovuto chiederti se quello fosse il tuo vero nome?»
«Perché pensavo che mi avessi riconosciuto»
«È piuttosto difficile vedere chi ho davanti, sai?», mi disse mentre stava riempendo due tazze di caffè caldo. «Soprattutto se il locale ha luci basse e quello che mi sta davanti ha un maledetto cappello che gli copre metà volto»
«Hai ragione», le dissi ridendo e appoggiando il cappello sul ripiano.
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Tom DeLonge
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Chapter ten.
That everything you do is super fucking cute and I can’t stand it
 
Come avevo fatto a innamorarmi così profondamente di una persona con cui ero entrata così poco in contatto?
Non riuscivo a spiegarmelo. E non riuscivo a spiegarmi come diavolo fosse entrato nella mia vita. Un semplice bacio, una semplice notte insieme, tutto questo era così assurdo.
Credevo che sarebbe stato più facile cercare di non pensare a lui, ma era così difficile. Ogni volta che qualcuno varcava la soglia del bar o che si sedeva su quello sgabello, il suo sgabello, cercavo di non pensare che quello fosse il suo posto, cercavo di non dar retta a quello che il mio corpo mi voleva dire. Soffocavo ogni mio sentimento sotto l’ordine del mio cervello. Sembrava così facile fingere quello che non provavo.
Distrattamente entrai nel cortile del residence e non mi resi conto che un ragazzo era seduto sul bordo della fontana finché non parlò.
«Ehi!», disse alzandosi in piedi e di conseguenza sollevai gli occhi fino a trovare quelli del ragazzo, che erano notevolmente più in alto dei miei.
«Tom, che ci fai qui?»
«Vuoi che me ne vada?», domandò nervoso. «Perché è stato facile entrare e…»
«No, resta», mi affrettai a dire spostando lo sguardo su un sacchetto di carta posto all’ombra dei suoi piedi. «Cosa c’è lì dentro?»
«Gelato!»
«Gelato?»
«Il migliore», disse fiero tirando fuori due confezioni della Ben & Jerry’s. «Caramel Chew Chew e Chocolate Fudge Brownie, sono andato sul classico, non sapevo che gusti ti piacessero».
«Hai fatto bene!», dichiarai. «Vieni su prima che si sciolgono completamente?».
«Forse hanno bisogno di stare un po’ nel congelatore», disse seguendomi verso il mio appartamento. «Tutto bene il lavoro?»
«Alla grande!», risposi inserendo le chiavi nella serratura. «Per questo mese mi hanno spostato il turno del pomeriggio».
«Fantastico!», rispose estasiato. «Allora dobbiamo festeggiare con questo gelato!».
«Mi sembra un po’ esagerato festeggiare per così poco, non credi?», domandai posando la borsa sul tavolo e rimanendo in mezzo alla stanza, fissando il ragazzo che si era già seduto. «Tom, perché sei qui?»
«Nulla, pura visita di piacere»
«È da una settimana che non ti fai vedere…».
«Avevo da fare…», disse alzandosi dal suo posto e mettendo le due confezioni nel freezer. «Mi dispiace»
«Senti, non dire che ti dispiace!», mi affrettai a dire cercando di rimanere calma. Non dovevo lasciare trapelare nessuna emozione. «Non stiamo insieme, non so neanche cosa siamo noi, amici? Conoscenti?», dissi. «Fai quello che vuoi, ma non scusarti per queste cose, non mi devi dare nessuna spiegazione».
«Potremmo frequentarci…»
«Non sarebbe corretto»
«Tanto il danno è già fatto», disse alzando le spalle. «Non c’è più nulla di cui preoccuparsi»
«Che cosa vuoi dire con questo?»
«Che io e Jennifer ci siamo lasciati»
«Ed è per questo il gelato?»
«Anche…», ammise prendendo le due confezioni dal congelatore. «Più che altro era una scusa per passare del tempo con te».
«Sei un idiota!»
«Sai che novità!», disse mentre cercava dei cucchiai in tutti i cassetti della cucina. «Non sei la prima persona che me lo dice»
«Beh, allora dovresti iniziare a farti qualche domanda», affermai e indicai in seguito un cassetto. «Sono lì»
«Quindi accetti la mia proposta di pace?», disse mostrandomi due cucchiai e porgendoli verso di me.
«E poi cosa accadrà?»
«Lo sa solo l’universo come andrà a finire», sospirai, arrendendomi che sarebbe stata una partita persa.
«Quindi… vuoi parlarne di quello che è accaduto?», tentai.
«Che ne dici di andare in spiaggia?»
«In spiaggia?»
«Sai… il mare, la sabbia… la puoi vedere anche da casa tua», scherzò.
«So cos’è una spiaggia, solo che non ci sono ancora andata».
«Stai scherzando?», mi domandò sembrando realmente sconvolto. «Da quanto tempo sei a San Diego? Tre? Quattro mesi? E ancora non sei andata alla spiaggia? Dobbiamo rimediare!»
«E il gelato?»
«Se ha resistito finora, non può certo fargli del male se resta nel congelatore», disse prendendo le chiavi della sua macchina e aprendo la porta. «Beh? Aspetti che ti trascini giù?», chiese ridendo nonostante cercava di mantenere un’espressione autoritaria.
E come per magia sembrava essere tornato un ragazzo. Non dimostrava più trentadue anni, ma sembrava uno della mia età con i suoi jeans strappati sulle ginocchia, la maglietta leggera e il solito cappellino.
 
«Eccoci qui!», annunciò camminando a piedi scalzi sulla sabbia calda. Nonostante fosse Ottobre, faceva decisamente ancora caldo. Il clima di San Diego non lasciava spazio neanche a una goccia di pioggia o di umidità. C’era perennemente il sole ed era fantastico. «Non è rilassante?», chiese continuando a passeggiare con le scarpe in mano. Lo seguii vicino alla riva. «Dovresti toglierle quelle», mi consiglio indicando le Converse nere che erano ancora sui miei piedi. «Dico sul serio, non sai cosa ti perdi… voi del Maryland non avete l’oceano?».
«Certo che lo abbiamo solo che non mi fa impazzire».
«Allora perché sei venuta a San Diego se non ti piace il mare?», domando sedendosi sulla sabbia, non troppo lontano dall’acqua.
«È complicato da spiegare…»
«Provaci»
«Non oggi…»
«Perché non vuoi mai parlare di te?», domandò tutto di un colpo qualche istante dopo. «Non ti fidi di me?»
«Non capiresti…»
«Cosa c’è da capire Cassie? Potrà sembrare incredibile ma sono capace di stare zitto e ascoltare».
«Tom, non oggi…», e fu così che il discorso cadde in un profondo silenzio infranto soltanto dalle onde. Il cielo stava cambiando colore, tra poco il sole sarebbe tramontato e il cielo si sarebbe colorato di rosso. Adoravo quello spettacolo.
«Senti, posso proporti una cosa?», mi chiese interrompendo la calma. Iniziavo a credere che realmente non era in grado di restare zitto.
«Del tipo?»
«Ti andrebbe una cena insieme una sera di queste?», disse. «Non sei obbligata, solo che ho sistemato casa e Skye, la moglie di Mark, sai il ragazzo che mi è venuto a prendermi qualche tempo fa… beh, mi ha aiutato e per ringraziarli volevo preparare qualcosa, una cosa un po’ intima, nulla di eccessivo, e mi farebbe piacere se venissi anche tu…».
«Cucinerai davvero tu?»
«Dovrei riuscirci»
«Probabilmente moriremo avvelenati, ma va bene, mi farebbe piacere», dissi sorridendo. «Grazie per l’invito»
«Figurati, e poi così potrai fare compagnia a Skye che non dovrà subirsi i nostri soliti discorsi sul nuovo disco».
«A volte mi dimentico che sei una rockstar».
«A volte me ne dimentico anche io», disse guardando davanti a se. Il sole stava calando immergendosi dentro l’acqua. «Quando ero un ragazzino, venivo sulla spiaggia con mia sorella e il mio fratello e nostra madre ci raccontava del raggio verde».
«Raggio verde?»
«Si tratta di un fenomeno piuttosto raro», iniziò a spiegare non distogliendo gli occhi dal sole. «Più che altro è un effetto ottico. Accade quando il sole tramonta, però si può vedere solo quando il cielo è molto limpido», dichiarò. «Nostra madre diceva sempre che quando sarei riuscito a vedere finalmente il raggio verde sull’orizzonte, tutto sarebbe andato per il verso giusto ma inizio a pensare che fosse solo una scusa che si era inventata per tenerci occupati a non pensare a nostro padre che se ne era andato via di casa».
«Mi dispiace»
«Ormai è passato tanto tempo e sono rimasto in buoni rapporti con lui, in verità penso che sia stato un bene che si siano separati: meno problemi, meno discussioni…».
«Anche i miei sono separati»
«Ormai lo fanno tutti, la frase “Stay together for the kids” non serve più a molto».
«È una bella frase»
«È il titolo di una nostra canzone»
«Forse dovrei ascoltare qualcosa in più di vostro».
«Sarebbe ora», rispose ridendo, risollevando il morale di quella conversazione. Chiuse gli occhi e si sdraiò cercando di assaporare gli ultimi raggi sulla sua pelle prima che scomparissero. La luce rossa si rifletteva sui suoi capelli castani facendoli sembrare dorati con qualche sfumatura arancione.
Quello che avevo davanti non era il classico principe azzurro dai capelli biondi e gli occhi azzurri. No, lui era l’opposto. Era meglio. I suoi vestiti scuri e i suoi modi di fare erano così semplici e riuscivano a metterti a proprio agio in qualunque situazione.
Fu in quell’istante che capii che quel ragazzo effettivamente mi piaceva non soltanto perché era bello, ma perché riusciva a rendere unici e memorabili dei momenti così semplici.
«Mi stai fissando?», domando voltando il suo volto verso di me e aprendo un occhio.
«No, pensavo…»
«E a cosa?», chiese girandosi su un fianco e non distogliendo gli occhi dai miei.
«Un po’ a tutto, a questi primi mesi in una città totalmente nuova, al lavoro, alla casa, a come pian piano mi sto facendo dei nuovi amici e a te che stai iniziando a stravolgermi la vita».
«Spero in modo positivo»
«Non lo so ancora… non so come giudicare la faccenda».
«Allora non pensarci»
«Ma…»
«Sarà tutto più semplice», mi rassicurò ritornando a sedersi . «Posso chiederti un altro favore?».
«Dipende…»
«Non muoverti!», mi ordinò e non feci in tempo a rielaborare le sue parole che mi ritrovai a baciarlo. La sua mano, appoggiata alla mia testa, mi spingeva verso di lui e le sue labbra sembravano perfettamente incastrate con le mie. Non riuscivo a spiegarmi come ogni volta inebriava le mie capacità di reagire facendomi sentire inerme di fronte a lui.
«Perché ti ostini a fare così?», gli domandai allontanandomi dalle sue labbra ubriache.
«Perché non riesco a percepire i segnali che mi mandi!», disse. «Tu piaci a me ed io piaccio a te, Jennifer non è più un problema, perché non la finiamo con questa farsa e iniziamo a comportarci come si deve?».
«Perché ti sei appena lasciato!», dichiarai. «Si sta facendo tardi, è meglio se torno a casa», dissi alzandomi dalla sabbia e cercando di scrollarmela dai jeans. «Ci vediamo Thomas», pronunciai quelle parole prima di dargli le spalle e avviarmi verso la strada.
«Cassi, dove stai andando?», domandò seguendomi cercando di infilarsi le scarpe mentre camminava.
«A casa!»
«È lontano da dove abiti, ci impiegherai più di mezz’ora a piedi».
«Una passeggiata schiarisce le idee, dovresti farne più spesso anche te».
«Magari più tardi, ora però aspettami», disse raggiungendomi con uno scatto. «Sei piccola, ma cammini veloce», dichiarò afferrandomi per il polso. «Cassie, non fare cazzate e ascoltami. Magari vorrai essere lasciata in pace, ma fuori è diventato buio e le strade non sempre sono sicure, fatti dare un passaggio e poi puoi mandarmi tranquillamente all’inferno, va bene?», mi disse guardandomi attentamente negli occhi. Era davvero la verità? Lo avrei fatto scomparire dalla mia vita? Ci sarei davvero riuscita?
«Va bene»
 
Quando Thomas parcheggiò davanti al residence mi trovai davanti a un bivio. Dovevo scegliere e il tempo stava scadendo. Non sarei stata in grado di continuare questa commedia. Lui mi piaceva e lo sapeva, eccome se lo sapeva. Questo gli permetteva di giocare con me quanto volesse, lasciandomi ogni volta senza fiato e con la voglia di picchiarmi perché ero stata così stupida da farlo avvicinare ancora a me, ma infondo mi piacevano tutte quelle attenzioni. Mi piaceva averlo attorno. Mi piaceva il suo sorriso. Mi piacevano i suoi modi di fare. Mi piaceva lui.
«Grazie per il passaggio obbligato»
«Quindi ora sei libera, buonanotte Cassie», disse spegnendo il motore della macchina.
«Hai detto che diventerà più semplice…»
«È un modo carino per dirmi che possiamo ancora passare del tempo insieme?».
«Diciamo di si»
«Promettimi che la smetterai di scappare»
«Io non scappo…»
«Scappi. Ogni volta. Via da me»
«Scusa…»
«Ci vediamo sabato allora?», disse cercando di cambiare discorso. «Per quella cena a base di veleno…»
«Certo»
«Ti passo a prendere alle sette e mezza, buonanotte».
«Notte», dissi scendendo dalla macchina e aspettando che partisse. Osservai la strada vuota credendo che da un momento all’altro sarebbe tornato a tormentarmi con i suoi soliti giochini e mi sentii stupida a fissare la sua macchina che si allontanava.


N/A: Ehilà! Scusate se sono stata molto assente e non ho aggiornato la FF, ma sono stata un po' impegnata. Chiedo umilmente perdono e spero che questo capitolo vi possa piacere.
Ci vediamo a quello successivo.
Lasciate molte recensioni e fatemi sapere se la storia vi piace :)
Un bacio!
-Molly
   
 
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