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Autore: Mary P_Stark    01/09/2014    4 recensioni
Autumn Hamilton, Guardiano dell'Aria e fratello ribelle del clan guidato dal serioso Winter, vive ormai stabilmente da tempo a Tulsa, la patria dei Tornado. A guida di un gruppo di Cacciatori di Tornado, studia il sistema di poterli governare, controllare, esaminare senza pericolo. La sua vita procede apparentemente liscia come l'olio, lontana dagli affetti che tanto l'avevano ferito anni addietro, anche se l'incontro recente con Summer ha lasciato strascichi nel suo animo. Possibile che il suo odio per Winter sia stato inutile, vano? Autumn non lo crede, ma il tarlo del sospetto è ormai presente dentro di lui, e sarà Melody ad aiutarlo, in principio in modo del tutto inconsapevole, a venire a capo di questo mistero. E, al tempo stesso, a riportarlo a una vita vera, una vita che vale la pena di essere vissuta. Ma ombre oscure sono in agguato, e per Autumn e Melody non sarà così semplice scoprire la nuova via per la felicità, così come per gli altri gemelli Hamilton. -QUARTA PARTE DELLA SAGA "THE POWER OF THE FOUR" - Riferimenti alla storia presenti nei racconti precedenti.
Genere: Romantico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Sovrannaturale
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Power of the Four'
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4.
 
 


 
 
D’accordo, se lei aveva pensato di essere strana, c’era chi la batteva alla grande.

Persino suo zio Robin, che era considerato la pecora nera della famiglia, appariva come un impettito damerino, al confronto della stramba squadra messa in piedi da Autumn.

Lì, nel salotto del suo coinquilino, chi spaparanzato sul divano, chi seduto a terra e in compagnia di miriadi di fogli, chi in piedi accanto alla finestra, il loro sembrava più un centro di recupero, che un gruppo di scienziati.

Anche Autumn era stato costretto a dar ragione allo sguardo scettico, e vagamente ironico, che Melody gli aveva lanciato, quando li aveva visti tutti assieme nel salotto di casa.

“Sono strani, lo so, ma sono dei geni da paura” si era limitato a dire lui, scrollando  le spalle come se nulla fosse, prima di avanzare con birre e salatini per tutti.

Lei aveva nicchiato, ghignando, e si era fatta avanti assieme a lui con un vassoio enorme e pieno di fette di pizza.

Quando Autumn l’aveva presentata al gruppo, Wyatt ci aveva provato dopo neppure un nanosecondo, ma Robin lo aveva rimesso immediatamente al suo posto, sottolineando che la nipote non si toccava neppure con un dito.

Questo aveva fatto scatenare le risate di tutti e, ben presto, il fatto di essere l’unica ragazza del gruppo era passato in secondo piano.

Nel sentirli parlare, Melody si era ricreduta alla svelta sulla sua prima opinione, e ora studiava interessata alcune carte barometriche assieme a Lucas.

A parte la capigliatura rasta, e le maglie di tre taglie più grandi, era il più normale tra il gruppo di strambi ragazzi entrati in casa di Autumn.

Jordie e Nelson facevano coppia fissa, e rappresentavano un punto di domanda grosso come un condominio, per Mel.

Quando li aveva visti entrare assieme, e scambiarsi occhiate cariche di fuoco, ci era quasi rimasta male.

Perché due montagne di muscoli, due bellocci da far paura, stavano assieme?

Metà delle donne dell’Oklahoma stavano sicuramente piangendo adirate, ne era più che sicura.

Nel complesso, però, erano la normalità fatta a persona… se non si faceva caso alla loro pelle, quasi del tutto ricoperta di tatuaggi.

In compenso, erano dei mostri dell’elettronica, e sapevano far funzionare i loro portatili al massimo delle loro potenzialità.

Ma quello che la sconvolgeva di più era Wyatt.

A parte il fatto che ci aveva provato con lei dopo un breve scambio di sguardi, Wyatt era un autentico Stephen Hawking della meccanica.

Robin rappresentava un po’ il loro padre putativo, e Autumn era il fratello maggiore di quella strana squadra di scombinati.

Lei, a quel punto, chi poteva essere? La sorellina minore? Forse.

A ogni buon conto, quello strano ammasso di testosterone e neuroni a 24 carati, le piaceva.

“Direi che, stando a tutti i dati in nostro possesso, ci possiamo aspettare le prime tempeste sul fare degli inizi di marzo, molto prima del solito. Solo tre settimane da adesso, quattro al massimo. Gli spostamenti del niņo sono regolari, e la corrente termoalina non ha subito sconvolgimenti sostanziali, negli ultimi sei mesi. C’è stata una correzione di circa zero punto sette gradi Celsius, ma nulla che abbia guastato la circolazione delle acque provenienti dal Golfo del Messico.”

Poggiando uno dei plichi che teneva in mano, Lucas proseguì dicendo: “Stando ai rapporti che ci arrivano dal NOAA, le correnti suboceaniche del Pacifico sono regolari, e lo strato di ghiaccio del Circolo Polare Artico ha subito un calo del tre percento scarso.”

“Di questo passo, se niente cambia, ci ritroveremo bombardati dal solito ciclo di tempeste, ma niente di anomalo, secondo me” intervenne Jordie, gli occhi fissi sulle carte barometriche che aveva in mano.

“Melody?” le domandò a quel punto Autumn, desiderando farla partecipare di quella discussione.

“Non ho notato niente di anomalo, in effetti, a parte una discreta depressione sulla Siberia. Non so quanto potrà inficiare, ma dovremmo tenerla sott’occhio” sintetizzò lei, puntando il dito sulla cartina che teneva sulle ginocchia.

In quel momento, era seduta sul tappeto di fronte al camino, le gambe intrecciate e i capelli nivei stretti nell’onnipresente fazzoletto colorato.

Quella sera, era azzurro cielo.

Robin sorrise, e Autumn annuì soddisfatto. La ragazza era in gamba, se era riuscita a vedere quel particolare al primo colpo.

Quest’ultimo aveva preferito non parlarne per scoprire chi l’avrebbe notata, e fu favorevolmente colpito dal fatto che fosse stata proprio lei, una neofita del mestiere, a scorgere quell’anomalia.

Era competente, e molto.

“La ragazza ha fiuto. Neppure l’ho vista” le sorrise Nelson, levando una mano per battere il cinque con lei, che accettò di buon grado l’ovazione.

“Molto bene, direi che è più o meno tutto, per stasera. Domani, Wyatt, voglio che mi porti quei circuiti che ti sei candidamente dimenticato a casa” disse Autumn, levandosi in piedi per sgranchirsi le gambe. “Ho intenzione di lavorare al radar doppler per le prossime due settimane, perciò ti voglio sveglio e allerta. Niente nottatacce in giro per night, mi raccomando.”

“Mi tarpi le ali, capo!” sbottò il giovane con un sogghigno, ammiccando all’indirizzo di Melody, che nicchiò con fare falsamente altezzoso.

Nelson ridacchiò, mentre Jordie allungò un pugno all’indirizzo della ragazza, a cui lei batté contro il proprio.

“So benissimo di che ali stai parlando e credimi, se stanno anche un po’ ferme, non gli farà male” brontolò Autumn, assestandogli un’occhiataccia degna di un padre accigliato quanto frustrato.

Wyatt sghignazzò ma annuì, gli fece un saluto militare prima di alzarsi per raccogliere le sue cose, e fu pronto a prendere il volo per altri lidi.

Melody si chiese se sarebbe andato direttamente a casa, o se avrebbe fatto un salto in città, in barba alle raccomandazioni del suo capo.

Uno dopo l’altro, uscirono infine dalla casa di Autumn, lasciando che, pian piano, tornasse la normalità in quelle quattro mura.

Robin fu l’ultimo ad andarsene e, con un bacio alla nipote e una stretta di mano al padrone di casa, si diresse verso la sua jeep, partendo con un lieve stridio di gomme.

L’improvviso silenzio che venne a circondarli, lasciò vagamente interdetta Melody che, sorridendo ad Autumn, asserì: “Fa strano tutta questa pace, dopo il casino di prima.”

“In effetti…”

Passando accanto allo stereo, l’uomo pigiò un bottone, e nel salotto si diffuse come un gorgoglio d’acqua il suono ancestrale e puro di un’arpa celtica, accompagnata magistralmente da un violino irlandese.

La ragazza si guardò intorno alla ricerca delle casse e, trovandole in punti strategici della stanza, commentò ammirata: “Un impianto a regola d’arte.”

“Mi piace ascoltare la musica nel migliore dei modi. Se guardi attentamente, c’è anche in bagno. Ho un impianto a diffusione domotica, di conseguenza puoi azionare l’impianto stereo da qualsiasi punto della casa” le spiegò Autumn, raccogliendo piattini e bicchieri poco alla volta.

I suoi movimenti erano tranquilli e sereni, niente affatto affrettati.

“Lascia, faccio io” intervenne Melody, raggiungendolo.

“Sei stanca. Perché non vai a letto?” replicò lui, dandole un colpetto paterno sulla testa.

Lei mise immediatamente il broncio e borbottò: “Non trattarmi come una bambina!”

Autumn allora si fermò, la osservò nel suo completo jeans e maglietta dei Backstreet Boys e, ancora una volta, si stupì nel notare quanto fosse attraente.

Pareva che, qualsiasi cosa indossasse, facesse risaltare ogni cosa, in lei.

Cos’aveva di così diverso da tutte le altre donne? Cosa?

Preferendo non indagare oltre, le mise il vassoio in mano e la accontentò senza dire una parola.

Riempì la superficie d’acciaio con quello che trovò sul tavolino dopodiché, con un elegante inchino, le disse: “Prego, può andare.”

Melody allora levò il nasino alla francese verso l’alto e, con una camminata che avrebbe fatto invidia a Naomi Campbell, si diresse verso la cucina.

L’uomo la osservò senza distogliere mai lo sguardo e, dopo essersi sincerato di aver imparato a memoria ogni minimo particolare del suo fondoschiena spettacolare, brontolò e le diede la buonanotte.

Era molto meglio fare una bella doccia. Gelata.

Quella convivenza forzata si stava già rivelando più difficile del previsto, ed erano solo al primo giorno!

A quanto pareva, aveva trovato l’unica donna sulla faccia della terra capace di mettere in discussione le sue regole di condotta.

Dannato Robin! Gliel’avrebbe fatta pagare!

 
∞∞∞
 
La canna dell’acqua era pronta, il sapone pure, ora restava una sola cosa da fare.

Catturare Storm.

Lui e il bagno infrasettimanale non andavano esattamente d’accordo, ma non gli avrebbe permesso di girare per casa meno che pulito e profumato.

Il fatto che, dopo quattro anni, quel benedetto lupo non avesse ancora compreso bene le regole del convivere civile, rimaneva un mistero.

Ora si trovava nei pressi della quercia muschiata del giardino, apparentemente indeciso se scappare, o giocare con il padrone ad acchiapparella.

“Ogni settimana… non è possibile, Storm,… ogni settimana è la solita storia. Hai il pelo lungo, maledetto lupastro, e tu hai la pessima abitudine di ruzzolarti in terra più volte di quante vadano bene per mettere piede in casa” brontolò Autumn, fissandolo con riprovazione.

Storm gli abbaiò contro e Mrs Erikson, nel passare lungo il marciapiede con il suo carrello della spesa, sorrise spontaneamente e si fermò accanto alla staccionata.

Tutta giuliva, ammirò quello splendido esemplare di uomo, prima di passare a quello di lupo per chiosare: “Siamo alle solite, Autumn?”

“A quanto pare, sì, AnnMarie. Non ne vuole sapere” sospirò l’uomo, intrecciando le forti braccia sul torace, coperto da una maglia di cotone blu.

Sorridendo benevola, la donna fissò con curiosità il vicino di casa.

Non aveva mai fatto mistero di non comprendere come, un così aitante esemplare di maschio, vivesse perennemente solo… e con un lupo a fargli da compagno.

Ma forse, almeno stando alle sue ultime informazioni, quest’anomalia era finalmente stata corretta.

“Ho notato che c’è una ragazza che circola per casa, da qualche giorno a questa parte. Ti sei finalmente accasato, caro?”

Non avevo dubbi che l’avessi notata, pensò divertito Autumn, studiando di straforo la figura sottile e minuta della vicina.

Era difficile non notare Melody, specialmente quando si metteva in testa di pulire le grondaie di casa, in barba ai suoi dinieghi.

La ricordava ancora, appesa su quella scala, con sacco, guanti e imprecazioni a corollario.

Le risate che si era fatto, erano state direttamente proporzionali alle occhiate curiose dei vicini.

Uno di questi, evidentemente, era andato a informare la già informatissima Mrs Erikson.

Avrebbe notato anche la presenza di un criceto, se era per quello, ma avere notizie fresche piaceva anche ad AnnMarie, anche quando non era lei a raccoglierle.

Era un asso, nel farsi gli affaracci altrui.

“Un’amica a cui sto prestando una parte del mio tetto. Mi aiuta con il lavoro” si limitò a dire lui, continuando a fissare accigliato il suo lupo, che ora stava saltellando accanto alla quercia, quasi sfidandolo a raggiungerlo.

AnnMarie rise di fronte a quell’aperta presa in giro e, tornando a riprendere la sua passeggiata, dichiarò con leggerezza: “Beh, se vuoi mandare la tua amica a casa mia, le offrirò volentieri un tè e dei pasticcini. A presto, caro.”

“Alla prossima, AnnMarie” la salutò lui, sapendo benissimo i motivi di quell’invito.

Non era una rarità vedere una donna in casa sua, …era un evento biblico.

Certo, aveva aiutato alcune sue amiche, tempo addietro, ma erano stati casi così singolari che nessuno aveva posto domande.

Nessuno si scandalizza quando un uomo aiuta una donna perseguitata dall’ex marito, o da un fidanzato geloso. Se ne compiace e basta.

Qui, invece, la faccenda era decisamente diversa, ed AnnMarie se n’era accorta subito, accidenti a lei e al suo occhio fino!

Avrebbe dovuto sapere che non sarebbe stata zitta a lungo.

Beh, Melody non era certo una ragazza a cui si potevano mettere i piedi in testa e, anche se fosse andata una volta o due dall’anziana signora, non sarebbe successo nulla.

Aveva abbastanza lingua sciolta per tenerle testa.

Inoltre, nessuno dei due era interessato all’altro, quindi non c’era niente da nascondere.

Sei sicuro?,  lo accusò una vocina scettica nella sua mente.

Lui la scacciò con rabbia, tornando a prestare attenzione solo a Storm.

“A noi due, lupastro.”

Il lupo abbaiò, e Autumn iniziò ad avvicinarsi con sguardo determinato.

All’interno della casa, in quel mentre, Melody si bloccò un istante per osservare la scena dalla finestra.

Lo straccio in una mano e lo spray antistatico nell’altra, si appoggiò al muro e sogghignò, divertita dalle pose di uomo e animale.

Un sorriso spontaneo le salì al volto, nel vedere con quanta determinazione Autumn stesse prendendo quella che, in apparenza, avrebbe dovuto essere una semplice toeletta al cane.

Che dovesse aspettarsi qualcosa di diverso? Divertente?

Mel si sistemò meglio, in attesa di sviluppi succosi, ma il telefono scelse quel momento per interrompere il suo interludio.

Visto che Autumn era evidentemente impegnato, si decise ad accettare la chiamata e, tranquilla, sollevò il cordless per rispondere.

“Casa Hamilton. Chi parla?”

“Ah… sono Spring. Tu chi sei?”

“Oh, sei una delle sorelle di Autumn! Ciao! Io sono Melody, una sua amica” esclamò allegra lei, lanciando un’occhiata alla bellezza bionda presente in una delle fotografie appese ai muri.

“E… lui dov’è?” chiese Spring, ancora piuttosto frastornata.

Da quando Autumn aveva delle amiche… soprattutto in casa sua?

“Al momento, è impegnato a cercare di acchiappare Storm. Deve fargli il bagno e…”

Si interruppe di colpo per scoppiare a ridere, quando l’uomo scivolò su una pozzanghera – formatasi a causa della canna dell’acqua rimasta aperta.

Cercando di contenersi per dare una spiegazione alla sua interlocutrice, esalò: “Temo che ora sia più che impossibilitato a venire per risponderti. Direi che è zuppo e sporco di fango da capo a piedi, e il suo lupo gli sta saltando attorno prendendolo bellamente in giro.”

“Che è successo?” gracchiò l’altra, sempre più sconcertata da quella strana telefonata.

“E’ scivolato in una pozzanghera, e ora sembra un uruk-kai  appena uscito dal suo guscio.”

Poi, rendendosi conto di non avergli fatto esattamente un complimento, scoppiò nuovamente a ridere.

“Oddio, che ho detto!”

Spring a quel punto rise con lei, contagiata dalla sua allegria, e disse: “Non importa. Se non ti spiace, parlerò un po’ con te, allora.”

“Nessun problema e, prima che tu me lo chieda, non sono la ragazza di tuo fratello e non ci vado a letto. Mi ha offerto un tetto sotto cui stare, visto che mia madre mi ha temporaneamente sbattuta fuori casa, e io lo aiuto con i Cacciatori di Tornado perché voglio fare una tesina sul tema.”

La gemella di Autumn rimase vagamente sconvolta da tanta sincerità – e lei che pensava di non avere peli sulla lingua! – e, ancora un po’ stordita, assentì dicendo: “Okay. Mi saresti andata bene anche se andavi a letto con lui, comunque.”

“Buono a sapersi” dichiarò Melody, continuando a osservare Autumn alle prese con Storm.

Ora, anche il lupo era bagnato fradicio e coperto di sapone, ma il padrone non era migliorato, quanto a fango e sporcizia. Anzi, era peggiorato, e di molto.

“Come procedono le cose, fuori?”

“Direi che siamo sul due a uno per il lupo. Storm è davvero furbo” dichiarò Mel, ridacchiando. “Mi sa tanto che gli preparerò i salviettoni per il secondo round.”

“Sei carina.”

“Pratica. Quando arriverà sulla porta di casa, sarà incavolato come una biscia, e sicuramente non metterà mai piede dentro così conciato. Fargli trovare il necessario per non vederlo girare nudo per casa, è la soluzione migliore per evitare casini.”

Spring a quel punto scoppiò a ridere di gusto e, asciugandosi una lacrima d’ilarità, esalò: “No, in effetti vedere il suo sedere in bella mostra, potrebbe sconvolgere chiunque.”

“Per l’amor di Dio, potrebbe anche essere un’esperienza interessante, ma preferisco evitare inutili – per quanto succulenti – spettacoli hot” replicò serafica Melody, sorridendo suo malgrado all’idea di vedere nudo il suo padrone di casa.

Sarebbe stata un’esperienza senz’altro degna di nota.

“Oh, cielo, Melody… giuro che mi stai facendo morire dal ridere. Sono contenta che tu passi un po’ di tempo con mio fratello. Ha bisogno di avere intorno una persona solare come te” sentenziò la donna, ridendo sommessamente.

“Ben lieta di essere d’aiuto con le mie battutacce di spirito. Immagino che non possa chiedere a te perché non parla mai di suo fratello, vero?”

“E’ un argomento tabù, in famiglia, inoltre non ho la minima idea del perché non si parlino” sospirò Spring, impotente.

“Fa niente. Vedrò di evitare l’argomento ‘Winter’ che, peraltro, dalle foto mi è parso davvero un bell’uomo” dichiarò Melody, pacifica, facendo spallucce.

“L’ho sempre detto che Win conquista sempre e comunque. L’hai visto su internet, immagino, perché non penso che Autumn abbia una sua foto in casa. L’ultima volta che sono stata lì, non ne ho viste.”

“No, infatti. Ci siete tu e Summer, Malcolm, la piccola Sunshine e Max. Niente Winter, né Erin.”

La spontaneità di Melody l’aveva ormai conquistata e, con rinnovata fiducia, Spring disse: “E’ bello che ci sia qualcuno lì con lui, … anche se sei solo un’aiutante nel suo pazzo secondo mestiere.”

“Stai dando della pazza anche a me. Sono contenta” ridacchiò Mel.

“Siamo in tanti a essere pazzi, in famiglia. Considerati in buona compagnia.”

“Se conoscessi mio zio, il livello di pazzia a cui sei abituata salirebbe di grado” le fece notare la ragazza, facendo ridere a crepapelle la sua uditrice.

Melody fu soddisfatta; Spring le era piaciuta fin da quando le colleghe di Autumn le avevano parlato di lei ma, per telefono, era ancora meglio.

Le dava soddisfazione non sbagliarsi sulla gente.

Quando riuscì finalmente a contenersi, Spring disse: “Volevo solo sapere come stava ma, avendo parlato con te, sono già soddisfatta così.”

“Devo farti richiamare?”

“Saprà lui se chiamarmi o meno. Ha un sesto senso, per queste cose.”

“Okay.”

Poi, ironica, aggiunse: “Devo aspettarmi anche la chiamata di tua sorella, entro sera?”

“Poco ma sicuro. Sparlerò subito di te con lei, questo è certo.”

Fu il turno di Melody di ridere apertamente e, nel salutare Spring, disse: “Mi ha fatto davvero piacere parlare con te.”

“Altrettanto, cara. A presto!”

Quando ebbe messo a posto il cordless, tornò a curiosare fuori, ma di Autumn non vide alcuna traccia.

Tre secondi dopo comprese perché.

Spalancò la porta con sguardo arcigno, coperto di fango da capo a piedi e Melody, ghignando al suo indirizzo, corse a prendergli l’accappatoio e le infradito.

L’uomo, furibondo, sgattaiolò nel contempo nella piccola lavanderia, che si trovava accanto alla porta d’ingresso.

Quando Melody tornò nel salone, avvertì chiare le sue imprecazioni sbraitate a gran voce, oltre al fruscio di abiti gettati di malagrazia a terra.

Non sapendo bene che fare, disse a mezza voce: “Ho il tuo accappatoio. Sei presentabile?”

“Ah, grazie. Sì, non sono nudo, se è quello che intendevi” borbottò lui.

Mel allora si fece avanti e, per poco, non strillò di paura.

Un attimo dopo si diede dell’idiota e, stralunata, fissò la superba rappresentazione di un drago, che Autumn aveva sulla parte alta della schiena.

Era talmente reale che, in un primo istante, lo aveva creduto vero.

Piegato leggermente in avanti, impegnato a togliersi la T-shirt imbrattata, l’uomo offrì uno spettacolo di muscoli guizzanti alla giovane che, deglutendo a fatica, gracchiò: “Cacchio, che bel tatuaggio…”

Lui si volse, la guardò con un mezzo sorriso e, nel gettare la maglietta nella cesta dei panni sporchi, indugiò un attimo sul suo viso arrossato dall’imbarazzo.

Roco, mormorò: “Mai visto uno, forse?”

“Sì, certo, ma cavoli… questo è meraviglioso. E’ così reale che, per un attimo, ho pensato che un drago ti fosse saltato sulla schiena!”

Esplose a ridere un attimo dopo averlo detto e Autumn, suo malgrado, rise con lei e accettò l’accappatoio che la giovane gli offrì.

“Beh, se ti interessa, ti do il nome di quello che me l’ha fatto” le propose, iniziando a slacciarsi i jeans.

Melody batté in ritirata alla svelta e, restando fuori dalla stanza, replicò: “Non posso, sono allergica.”

“Peccato, ti avrei visto bene con un tatuaggio su una spalla… o magari alla base della schiena, come si fanno molte ragazze.”

Lei lo avrebbe davvero desiderato molto, se non fosse stato per quel piccolo problema di allergia che aveva.

“Posso farmi solo quelli all’henné.”

“Un vero peccato davvero. Ti avrei stretto la mano per consolarti, e intanto mi sarei goduto la vista del tuo fondoschiena punzecchiato dall’ago del tatuatore” ironizzò lui, uscendo in accappatoio dalla stanzetta, e ghignando ironico per dare leggerezza al suo dire.

“Fanne uno tu, lì in basso, così sarò io a consolarti” replicò lei, scrollando le spalle con altrettanta leggerezza.

“Non tentarmi, ragazza. Potrei davvero decidere di farlo, e solo per vedere se avresti il coraggio di rimanere lì a guardare” la sfidò Autumn, avvicinandosi a lei e guardandola dall’alto al basso con malizia.

La giovane ribatté al suo sguardo senza colpo ferire e l’uomo, suo malgrado, rimase sorpreso dalla sua totale mancanza di paura o tensione.

Aveva pensato che, di fronte a una proposta così diretta, si sarebbe tirata indietro, invece lo sfidava apertamente così come aveva appena fatto lui.

Non era una ragazza da sottovalutare.

A quel punto le sorrise gentilmente e, datole un buffetto sul naso, la oltrepassò dicendo: “Scusa lo scherzo. Non volevo metterti in imbarazzo.”

“Abbiamo scherzato in due, il che lo rende divertente” dichiarò Melody, riprendendo in mano straccio e spray antistatico. “Ah, ha chiamato tua sorella Spring, e abbiamo parlato un po’. Entro sera arriverà anche la chiamata di Summer, tra l’altro.”

“E tu come… oh, Sandra e le altre, vero?”

“Già. Se aspettassi te, saprei che hai origini irlandesi solo in punto di morte” ironizzò lei, spruzzando lo spray sul tavolino.

Autumn la fissò per un attimo senza dire niente, dopodiché esplose in una grassa risata e si allontanò per andarsene in bagno a farsi una doccia.

Avere Melody in giro per casa era una cosa dannatamente strana… ma anche dannatamente piacevole.

E al diavolo se le sue sorelle avevano scoperto la sua presenza lì. Che pensassero quello che volevano.

Non gli dispiaceva affatto avere una coinquilina come lei.

 
∞∞∞
 
Si era divertita a parlare con Summer – era esplosiva come le foto facevano immaginare – e, nonostante le occhiatacce di Autumn, aveva sparlato finché lui non le aveva strappato di mano il telefono.

A quel punto, però, la gemella l’aveva pregato – urlato, per la precisione – di ridarle il cordless e Autumn, non più padrone della situazione, si era rifugiato in cucina a bersi una birra.

Erano passate ore, da quella telefonata.

E adesso se ne stava sdraiata nella sua stanza, osservando insonnolita la sveglia sul comodino.

Sconcertata, fissò i numeri a cristalli liquidi come se non credesse ai suoi occhi.

Erano le due e trentacinque.

Non era ancora riuscita ad addormentarsi, nonostante avesse sgobbato tutto il giorno, e lavorato con Autumn al computer sulle stratimetrie delle tempeste.

Storcendo la bocca a cuore, si levò silenziosamente da letto per andarsi a prendere un po’ di latte freddo, sperando con tutto il cuore che la aiutasse a chetarsi.

Non era mai una bella cosa, quando perdeva il sonno a quel modo, ma poteva dare tranquillamente la colpa a tutta quella situazione nuova, e così inaspettata per lei.

Abitava a casa di Autumn da più di una settimana e, a parte la prima notte di digiuno totale da sonno, tutto era migliorato in fretta.

Molto semplicemente, quella notte poteva non aver digerito qualcosa, e le braccia di Morfeo stentavano ad avvolgerla nel loro calore.

Chissà.

Non si sentiva appesantita, ma tutto poteva essere.

Passò dinanzi alla porta chiusa della stanza di Autumn, chiedendosi se almeno lui stesse dormendo ma, non appena raggiunse il salotto, fu costretta a fermarsi, allibita.

Lui se ne stava là, nel bel mezzo del salone, in ginocchio e a torso nudo, i pugni poggiati sulle cosce, abbracciate da pantaloni di seta nera.

Aveva rimosso il tappeto che ricopriva gran parte del pavimento del salone e, a sorpresa, Melody scorse un intaglio meticoloso e raffinato sul parquet chiaro.

Un pentacolo contornato da fregi celtici, se il suo occhio non la ingannava.

La penombra della stanza poteva anche averla fuorviata – l’unica luce presente era fornita da due grosse candele bianche, poggiate ai due lati dell’uomo – ma non le sembrava possibile.

Osservò quella schiena imponente dalla pelle bronzea, quel drago così magistralmente eseguito da parere vivo, e tremò.

“Non riesci a dormire, Melody?” le domandò a sorpresa lui, facendola trasalire per la sorpresa.

Pensava di essere stata silenziosa, ma Autumn si era ugualmente accorto di lei!

Levatosi in piedi, si volse verso di lei senza peraltro uscire dal pentacolo e la giovane, nel notare i fregi dorati dipinti sul suo torace, esalò: “Cosa… cosa sono?”

Lui reclinò il viso a scrutare quei simboli di morte e rinascita e, con un leggero sospiro, mormorò: “Rappresentano la vita e la morte. Onoravo la memoria di una mia congiunta che è trapassata.”

Pur se ancora sconvolta, lei annuì debolmente e, rammentando di colpo la scheda di Winter, sussurrò: “Ricordavi Erin, vero?”

Lui si accigliò, distolse lo sguardo e tornò a inginocchiarsi senza offrirle alcuna risposta, dandole così la conferma di aver fatto centro.

Per qualche motivo, era un argomento che non intendeva affrontare, ma non le dava l’impressione che fosse a causa di Winter che, a quanto pareva, lui mal sopportava.

No, c’era un legame diverso, tra lui ed Erin, ed era questo il motivo di quello strano rito notturno.

Entrò silenziosamente in cucina per prendere un bicchiere di latte e, nel tornare in camera, le sembrò di scorgere una lacrima sul viso dell’uomo.

Non chiese nulla – sapeva che non le avrebbe risposto – e, così come era giunta, così tornò in silenzio in camera, senza però cancellare dalla sua mente il profondo turbamento scorto sul viso dell’uomo.






  
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