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Autore: Eynieth    02/09/2014    0 recensioni
Finora ignoravo cosa fosse il terrore: ormai lo so. E' come se una mano di ghiaccio si posasse sul cuore. [Oscar Wilde]
E' proprio questo l'effetto che fa Amy Lee, figlia di Iroth, dio della guerra. Al suo passaggio tocca i cuori delle persone e lascia solo terrore. Un terrore che lei stessa condivide per sè stessa nel profondo dell'anima, un terrore che neanche lei ammette a sè stessa. Perchè quello in cui vive è un inverno perenne. Un inverno che dura due secoli. Un inverno che forse non si scioglierà mai.
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Amy Lee alzò il viso appena sentì rumore di passi. Rizzò la schiena e si mise in ascolto. I passi si fermarono davanti alla porta e per un po' non si sentì più nulla. La semin pensò che, chiunque fosse, si era fermato a parlare con qualcuno, anche se la porta spessa non lasciava passare nessuna parola. Poi sentì ancora il rumore dei passi. Non poteva che essere l'uomo corvino. Appena la porta si aprì con un cigolio, la stanza fu invasa dalla luce. La ragazza dovette chiudere gli occhi, accecata dalla luce improvvisa. Il corvino rise chiudendosi la porta alle spalle.

-Penso di poter capire i soldati. Non che prima non li capissi, ma adesso...- disse avvicinandosi lentamente. Amy Lee tenne gli occhi chiusi. L'uomo rise. -Pensi che tenendo gli occhi chiusi mi terrai a distanza?- chiese rimanendo immobile alle sue spalle. La ragazza aprì gli occhi. -Cosa vuoi da me?- chiese stringendo le mani a pungo.

L'uomo le si fece davanti e posò le sue mani su quelle della ragazza chinandosi verso di lei. -Non lo so... tu cosa sei disposta a darmi...?- chiese appena malizioso. La semin lo guardo negli occhi e gli sputò in faccia. Il corvino si allontanò di scatto e poi, sorridendo appena, si passò una mano sul viso. -Inutile dire che non me lo aspettavo. D'altronde è anche vero che piaci tanto anche per questo. La donna indomabile. Ti sei mai chiesta quanti uomini hai ucciso?-

La ragazza girò il viso di lato. Non ci aveva mai voluto pensare. Aveva ucciso troppe persone, troppe da contare, troppe da pensare, e ogni vita le pesavano sulla coscienza. Ogni notte, quando chiudeva gli occhi per dormire, un esercito di soldati senza volto le si faceva avanti, la tormentava con urla di dolore, rabbia. Voci che la maledivano, voci che la pregavano, di risparmiarli o di ucciderli, suppliche, dolore, vita o morte. Sentì le mani ruvide dell'uomo prenderle il viso e giraglielo. Si ritrovò a guardare due profondi occhi color del ghiaccio, freddi e distaccati. -Ci hai pensato, vero? Hai pensato a come Colleen, la vecchia draghessa, abbia vissuto fino ad oggi solo per ucciderti, o ferirti? Ci hai pensato?- chiese premendo una mano sulla ferita sul braccio. -E hai pensato quanti altri ce ne sono che ti vogliono vedere morta? I figli dei figli di quelli che hai ucciso, martoriato. Tutti avevano una famiglia, una moglie, dei figli da cui tornare. Tu chi avevi? Tu perchè uccidevi?- chiese stringendo sempre di più la mano. Presto, sul vestito candido si allargò una macchia scarlatta. Amy Lee non disse nulla continuando a guardarlo negli occhi. -Perchè lo facevi? Ti piaceva vero? Ammettilo. Lo facevi solo per sentirti bene. Solo impugnare una spada e sentirti ricoperta dal sangue di altri ti faceva stare bene. Dillo. So che è così.-

-Tu non sai nulla di me.-

-No, io so poco di te. Ma quello che so è giusto. Tu sei come me. Tu ami il sangue, ami sentire il peso della spada tra le mani, ami la morte e il dolore. Tu ami la guerra.-

-Io non amo.-

-Ti senti completa solo coperta di sangue. Dillo. Dillo che è vero. Dillo che la guerra ti piace. Dillo che in questi secoli senza di essa ti sei rammollita, dillo che non sei più la stessa. Dillo che non ti piaci, che ti disprezzi, dillo che non riesci più a guardarti allo specchio. Dillo che non sei più il Mostro temuto dai sette regni di Diemdiart Parscenie. Dillo che ti manca.- disse l'uomo ignorando la sua affermazione.

Amy Lee si morse il labbro. Combatteva per la pace. La guerra non faceva più parte della sua vita. Viveva per la pace. Combatteva per la pace e un futuro migliore. Lei non era più il Mostro. Era cambiata. Però l'uomo aveva ragione. Le mancava impugnare la sua leykos, le mancava sentire tutti i muscoli dolerle, le mancava vivere in accampamento, le mancava tutto. Ed era anche vero che era cambiata. A Son avevano ragione, con i secoli si era rammollita. Ma questo non doveva escludere la pace. Era stata una sua decisione, probabilmente, se solo avesse chiesto, le avrebbero assegnato anche delle missioni. Ma forse, più semplicemente, non voleva. Non voleva rischiare di fare figuracce, rischiare di perdere o sbagliare, perchè, era vero che si allenava, ma non era nulla che aveva a che fare con l'allenamento di Son. Non ci si poteva girare attorno. Si era rammollita. Ma non lo avrebbe mai ammesso, non davanti a uno sconosciuto.

-Cosa vuoi da me?- chiese appoggiandosi allo schienale della sedia.

L'uomo sorrise trionfante. La semin non aveva detto nulla, non aveva fatto trasparire nulla. O almeno era quello che pensava. A quanto pare, il corvino, era riuscito a ottenere quello che voleva. -Unisciti a me. Combatteremo assieme per la guerra. Fianco a fianco. Sarai la mia regina. Il mio braccio destro. Con te vinceremo.-

Amy Lee lo guardò spaesata. Aveva intuito cosa le avrebbe chiesto, ma non ci aveva dato peso. Lei non lo avrebbe mai fatto! Sarebbe stato come buttare via il suo ultimo secolo di vita. Tutti i suoi sforzi, le sue energie, buttante al vento. -No! Mai!- esclamò muovendosi sulla sedia.

L'uomo si allontanò ridendo. -Questo lo vedremo...- disse continuando a ridere e uscendo dalla stanza. Spense la luce e lasciò la stanza.

La semin rimase al buio, da sola con la sua coscienza, i suoi ricordi, i suoi dubbi. Chiuse gli occhi e tornò a quando aveva deciso di abbandonare la guerra per dedicarsi alla pace.

 

Iroth aveva deciso di mettersi dalla parte degli umani, e Amy Lee l'aveva seguito senza obiezzioni. Aveva fatto quello che faceva in ogni battaglia, aveva ucciso senza ripensamenti, senza coscienza ne volontà, aveva solo fatto quello che le usciva meglio. Togliere la vita. Allora era considerata il Mostro bianco, tutti la temevano, anche in battaglia, che fosse di uno o dell'altro schieramento, la evitavano, attorno a lei si formava un cerchio di vuoto, nessuno osava avvicinarsi alla spietata semin. Almeno, all'inizio, poi, tutto diventava confuso e vago, non c'erano più soldati, non c'erano più uomini, né draghi, né semin, né elfi, né muse o sirene. Non c'erano mostri e non c'erano dei. Dopo si era solo corpi fatti di adrenalina e carne, corpi con l'istinto di sopravvivenza. Dopo non esisteva lo spazio, il tempo, dopo non esisteva nulla. Il tempo si dilatava all'infinito, e solo il rosso del crepuscolo annunciava la fine di un altro giorno. La fine e l'inizio. La fine per quelli che aspettavano la dea della morte nella terra degli spiriti e l'inizio per chi era sopravvissuto. E, come in ogni battaglia, i vincitori esultano, i vinti si nascondono. E, come era logico, gli umani vinsero quella battaglia molto prima del crepuscolo. Nell'accampamento c'erano uomini ubriachi, uomini che ballavano davanti ai fuochi, uomini che dormivano, uomini che facevano offerte, uomini che rimanevano con le mogli. Uomini felici. Uomini vivi. Ma la felicità non era un tratto tipico di Amy Lee e, dopo aver “festeggiato” con i generali e il re degli uomini, decise di abbandonare quella baldoria che non riusciva a contagiarla.

Vicino al luogo della battaglia si trovava uno bosco che confinava esattamente con ogni accampamento, e la ragazza decise di fare una passeggiata notturna in quel paesaggio solitario e pieno di ombre, che nella mente della semin, prendevano la forma dei soldati che aveva ucciso quel giorno, e il giorno prima, e il giorno primo ancora. Ogni minimo rumore la metteva in allerta su un possibile attacco, era già stata colpita di spalle una volta, non ci teneva a ripetere l'esperienza. Ogni ombra le ricordava una morte, ogni albero era una persona. Ogni ricordo camminava con tentacoli di fumo e nebbia e le si trascinava dietro, appesantendola ogni giorno di più, rendendo il suo cammino sempre più difficile. Amy Lee non riusciva più a “vivere” così. Non riusciva più. Per quanto a Son era stata abituata a non dormire, non riusciva più a negarsi il sonno, non riusciva più a tenere gli occhi aperti, ogni giorno si faceva più difficile, ogni giorno era più stanca, ogni duello più lungo, leykos diventava sempre più pesante. Ogni giorno alla sua schiena si attaccavano come edere, ricordi, sogni, visioni, uomini, soldati, morti, e le risucchiavano quel poco di vita che aveva, quel poco di colore che la rappresentava. Ogni giorno si faceva più lungo, dilatato all'infinito. E lei non ci riusciva più. Era istinto di sopravvivenza, uccidere per non essere ucciso, ma anche sopravvivere. Non basta uccidere gli altri per rimanere in vita, serve anche stare bene, e la semin non stava bene da molto tempo.

A un certo punto, la ragazza sentì un sussurro portato dal vento, una voce dolce e melodiosa, quasi da oltretomba, cantava un inno agli dei. Amy Lee si guardò attorno posando una mano sullo stiletto dalla pietra verde. Tutto quello, adesso che lo guardava meglio, le ricordava uno dei sogni. Stesso luogo, stesse ombre, stessa voce. Silenziosamente seguì la voce e si ritrovò in una radura. Inginocchiata al centro si trovava una ragazza di spalle dai capelli rossi che pregava cantando. La ragazza non si accorse della presenza della semin, e la ragazza rimase nascosta nell'ombra, indecisa su cosa fare. In un duello senza magia era sicura di averle la meglio ma, anche se la ragazza era di spalle, Amy Lee poteva intuire che non fosse una semin e, con lei, aveva solo un piccolo pugnale praticamente inutile. C'era dunque da pensare che la ragazza fosse in grado di difendersi in altro modo. Rimase per un po' a osservare quella ragazza pregare cercando di elaborare un piano per attaccarla, in caso di bisogno, che la tenesse lontano dalla magia. Ma non ne ebbe bisogno. Dal bosco arrivò un gran vociare, qualcosa che doveva ricordare una canzone riecheggiò tra gli alberi fino ad arrivare alla radura e, poco dopo, comparve un'altra figura. Alta, slanciata, magra, capelli scarlatti, ondeggiava sul prato illuminato dalla luna. Amy Lee osservò il nuovo arrivato con gli occhi sbarrati. Iroth? Cosa ci poteva fare il dio, ubriaco, in quella radura? Cosa lo aveva portato lì? Forse l'aveva seguita? Ma allora perchè non comparirle di spalle e farle prendere uno spavento. La ragazza si sbilanciò per poterlo vedere meglio e ruppe un ramoscello. Per quanto ubriaco era, il dio si girò verso il rumore, la semin fece appena in tempo ad acquattarsi tra la vegetazione, ma sentì comunque un pugnale fendere l'aria, si buttò di lato appena in tempo e il pugnale si conficcò nella corteccia dell'albero ma, appena la ragazza tentò di rialzarsi si trovò una spada puntata alla gola. Solo che, quando gli occhi si abituarono al buio,davanti a se, la semin non vide il dio, bensì una ragazza piccola, che superava a malapena il metro e mezzo, con dei lunghi capelli neri che si muovevano con il vento.

Amy Lee non fece in tempo a fare nulla, ma sarebbe sicuramente riuscita a liberarsi, che delle braccia presero la ragazzina e gliela tolsero di dosso e nel campo visivo della semin entrò il dio. -Sei in debito di un favore. Ti ho salvato la vita...- disse Iroth. Ma adesso che la ragazza poteva guardarlo meglio e con l'aiuto della luce della luna, Amy Lee capì che quello che aveva davanti non era il dio, bensì un altro uomo, uguale identico al padre tranne che per gli occhi color ametista. L'uomo le allungò una mano, ma la semin sbuffò e la allontanò da se con una smorfia. -Non ti devo nulla. Sarei riuscita a liberarmi da sola.- disse spingendolo di lato per tornare nella foresta. Ma all'improvviso davanti ai suoi occhi comparve una ragazza eterea che sembrava fatta di fumo. Amy Le, presa alla sprovvista, saltò all'indietro portando una mano alla cintura. Non ne aveva mai visto uno nella sua vera forma, ma quello doveva essere un nefanis, uno spirito, un fantasma. Di solito nelle battaglie ce ne erano molto pochi e raramente riuscivano ad assumere la loro vera forma. Di solito entravano nella mente delle creature che avevano di fronte a se e si trasformavano nella loro più grande paura, o nella persona che avevano perso. O molto più semplicemente, non partecipavano alla guerra.

 

Amy Lee aprì gli occhi ritrovandosi ancora al buio. Ma qualcosa era cambiato. Non era più da sola.

-So che sei qui...- sussurrò all'oscurità. Nel buio risuonò una risata.

-Ma che orecchio...- sussurrò avvicinandosi.

-Come ti chiami?- chiese la ragazza.

-Voris...- sussurrò all'orecchio della semin.

Amy Lee prese un profondo respiro. Aveva visto come era Reo in quella cella. Aveva visto come lo trattavano e qualcosa in fondo alla pancia, lì dove da giorni si rimescolavano quelli che dovevano essere i suoi sentimenti, sapeva che non era giusto. Il drago non meritava tutto quello. Non dopo quello che aveva fatto per lei.

-Voris... tu hai rapito tutti i presidi... ma vuoi solo me.. vero...?-

-Vero. Gli altri non mi interessano.-

Amy Lee si morse il labbro. -Ti propongo un patto. Tu lasci liberi gli altri, Reo, Evelyn e Lerisse, in questo preciso istante, senza fargli altro male e mi prometti che li lascerai stare. E io...- la ragazza chiuse gli occhi e prese un grande respiro. -E io... io sarò tua. Sarò tutto quello che vorrai...-

Voris rimase in silenzio per un tempo che sembrò infinito, poi accese una luce e si chinò fino ad arrivare all'altezza degli occhi della ragazza. -Tutto quello che vorrò?- chiese sorridendo.

Amy Lee lo guardò negli occhi riuscendo a vedere tutto quello che l'uomo voleva da lei. Ma, anche se non ne aveva mai avuto bisogno, Reo le aveva salvato la vita, e lei era in debito. E adesso il drago aveva bisogno del suo aiuto. La semin saldava tutti i debiti. -Tutto.-

L'uomo rise e prese un pugnale dalla sua cintura, con un movimento rapido fece un taglio sul palmo della mano della ragazza e se ne fece uno sulla sua. Poi prese la mano della semin e gliela strinse. -Promettilo.-

Amy Lee chiuse gli occhi. -Io, Amy Lee, figlia di Iroth, giuro davanti agli dei e alla Dimora Celeste, che rimarrò fedele sempre e solo a Voris. Sarò tutto quello che desidera. Finchè Nèsme non ci separi.-

-Io, Voris, figlio di Idril, giuro davanti agli dei e alla Dimora Celeste, che manterrò fede alla promessa fatta a Amy Lee e lascerò andare i suoi compagni sani e salvi.-

L'uomo, appena finito di parlare, lasciò la mano della semin e la baciò. Con urgenza, dolore, rabbia. La ragazza chiuse gli occhi e lo lasciò fare. E l'unica cosa che riuscì a pensare, era che le labbra di Voris non erano minimamente paragonabili a quelle di Reo. Niente del semin che aveva davanti poteva essere paragonato al drago. Niente e nessuno. Ma un giuramento fatto agli dei e alla Dimora Celeste, si deve mantenere.

Finchè Nèsme non ci separi...

 

 

 

Angolo Autrice:

Allora... mi è venuto in mente che forse tenere a mente così tanti nomi di dei, può risultare un pochino difficile, così ho deciso che a ogni capitolo, alla fine, aggiungerò anche la “scheda” di un dio.

Oggi direi di cominciare con il nostro amatissimo Iroth!

Nome: Iroth

Classe: E' il dio della guerra. Spargitore di sangue. Tutte le battaglie a cui partecipa vengono vinte.

Aspetto fisico: Iroth ha un aspetto molto bello esteriormente, è alto, la pelle bronzea da statua, le spalle larghe, i pettorali scolpiti e un fisico perfetto.

Ha corti capelli rosso cremisi, come quelli della madre, Idril, che tiene spettinati e al vento. Il rosso dei suoi capelli ricorda molto il sangue delle sue vittime.

Gli occhi sono di un bellissimo verde chiaro. Lunghe ciglia cremisi gli incorniciano i grandi occhi indagatori, una leggenda dice che Iroth, guardandoti negli occhi possa capire tutte le tue paure e i tuoi timori, così da usarli contro di te.

Il suo bellissimo corpo scolpito è pieno di cicatrici fatte in battaglia.

Storia&Carattere: Iroth non ha mai avuto molto tempo, ne molta voglia, da dedicare alle donne e all’amore, il solo veder scorrere del sangue lo riempie della gioia che nessuna donna gli potrebbe donare.

Iroth, poi, è il dio della guerra, non è proprio nella sua natura comprendere sentimenti tanto belli e dolci e leali come l’amore, o l’amicizia, più semplicemente. Naturalmente, quando ne ha voglia, esistono sempre i rapporti occasionali con le sacerdotesse del suo tempio.

Le sacerdotesse vengono da tutto Diemdiart Parscenie, ma per entrare nel tempio devono superare un addestramento molto simile a quello dei semin, infatti le sacerdotesse sono dei guerrieri spietati e devoti al dio della guerra.

Ma naturalmente Iroth non sceglie le donne con cui passare del tempo a caso, se le sceglie vuol dire che sono anche belle, intelligenti, forti e in grado di distinguersi dalla massa, se no non avrebbero neppure la possibilità di entrare nel letto del dio.

Iroth è un dio puro, figlio di Idril e di Elros. Dal padre non ha preso niente, è tutto sua madre. Iroth non ha mai stimato il padre, ne ha sempre avuta una bassa considerazione, non ha mai visto in Elros un esempio da seguire, ha sempre pensato che il padre fosse troppo calmo, educato, troppo diplomatico.

Quando non ci sono guerre, molto raramente, Iroth va ad insegnare a Son ai semin. A Son insegna strategie militari e insegna anche a maneggiare i vari tipi di armi.

I vari figli di Iroth sono molto conosciuti, soprattutto la sua prediletta, Amy Lee, nata dall’unione del dio Iroth e della sacerdotessa del suo tempio, Gil. La ragazza venne affidata subito alle cure del padre, con cui sviluppò un legame molto solido.

Quando la figlia decise di fare la Prova della Fonte l'appoggio, ma quando, superato l'”esame”, non le venne assegnato nessun posto nella cerchia degli dei, convinse la figlia a partecipare alle guerre e alle battaglie.

Per parecchi secoli Iroth e la figlia si divertirono nella Dimora Celeste, finchè la semin decise di dedicarsi alla pace.

 

(La “scheda” l'ho scritta assieme a un'altra mia amica, ci tengo a precisarlo.)

   
 
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