Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: _Aras_    03/09/2014    4 recensioni
I sentimenti che uniscono Allie e Thomas hanno cominciato a farsi sentire proprio mentre erano ai lati opposti dell'Europa e ora che sono di nuovo vicini devono scoprire se possono creare una relazione duratura.
I sentimenti di Dafne e Michael sono nati improvvisamente quand'erano insieme, ma il loro tempo era limitato e, ora che sono ai lati opposti dell'Europa, devono tentare di andare avanti e dimenticarsi.
I sentimenti di Alice invece sono bloccati, nascosti sotto una cortina di timidezza e paura che le impedisce di essere felice. Riuscirà a uscirne, con l'aiuto di un'amica?
Dal capitolo 5:
«Com’è andata la tua sessione di studio?»
«Abbastanza producente, anche se ogni tanto tendevo a distrarmi» rivelò, avvicinandosi appena a lei.
«Forse dovresti prendere del… come si chiama quella cosa che aiuta ad aumentare la concentrazione?»
«Fosforo?» ipotizzò Thomas. «Non credo sarebbe utile nel mio caso.»
«No?» lo stuzzicò lei, sorridendo.
Lui scosse la testa. «Avrei bisogno di qualcosa di più… umano» disse, mentre le posava una mano sul collo con un tocco delicato. Allie abbassò appena gli occhi, osservando la misera distanza che li separava e avvertendo il calore della sua pelle irradiarsi in lei.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
cap 3

Dov’erano rimasti?

«Ciao, Allie. Se ti venissi a prendere tra dieci minuti, saresti pronta?» domandò.

La ragazza trattenne il respiro, certa che forse uno scherzo. Mancavano più di quaranta minuti alle sette e lei non era minimamente pronta. «No» rispose. «Cos’è successo?»

«Beh…» Thomas tentennò, non volendo rivelare il proprio errore. Poi pensò che la verità era comunque la migliore delle alternativa. «Ho guardato gli orari sbagliati, il film inizia alle sette e non alle sette e mezza» rivelò.

Lo sentì sospirare, prima di parlare. «Mi dispiace» si scusò. «Anzi, sai cosa?» riprese. «Prenditi tutto il tempo che ti serve, m’inventerò qualcosa.»

[…]

Thomas la stava aspettando seduto sul divano.

Bolle di felicità

A story of everyday life




Capitolo 3

Allie capì di aver scelto l’abbigliamento adatto: Thomas indossava dei jeans scuri e una camicia bianca che sembrava risplendere sulla sua pelle abbronzata. Non aveva mai capito come potesse avere sempre un colorito tanto sano anche d’inverno. Si alzò non appena la vide arrivare e Allie si beò del sorriso che vide spuntare sul suo volto.

«Valeva la pena aspettare» commentò, osservandola. «Sei bellissima.»

«Grazie.» Allie lo guardò, senza riuscire a celare la felicità che l’aveva improvvisamente avvolta. «Stai molto bene anche tu, ti posso addirittura perdonare il fatto di avermi messo fretta.»

In realtà aveva impiegato meno tempo del previsto per finire di prepararsi, ma non sarebbero comunque riusciti a raggiungere il cinema in tempo.

«Cosa prevede la serata?» domandò, mentre si dirigeva in cucina per lasciare una nota ai genitori, dove spiegava di essere uscita e di non essere certa dell’ora in cui sarebbe tornata.

«È una sorpresa» le ricordò Thomas, aprendole la porta di casa.

«Non è saltata anche quella?» chiese, curiosa.

«In realtà è l’unica cosa che è rimasta» confessò, aspettando che chiudesse a chiave. Le aprì lo sportello dell’auto, un’azione che non aveva mai compiuto in vita sua per nessuno, se non per sua madre quando era incinta di Dafne. Allie sorrise, accomodandosi e sistemandosi il vestito. Considerò che, nonostante tutto, sembrava essere in grado di salvare la situazione.

In fondo a lei non interessava affatto il film, aveva accettato solo perché era stato lui a proporlo.

Thomas si allacciò la cintura e mise in modo, posò un braccio dietro al suo schienale per fare la retromarcia e, prima di inserire la prima, si fermò un attimo a guardarla, finché lei non gli intimò scherzosamente di muoversi, per non bloccare il traffico.

Allie non tentò nemmeno di capire dove la stesse portando: doveva essere una sorpresa e, ora che non poteva fare nulla per cambiarla, voleva davvero stupirsi. Così si mise ad armeggiare con la radio, consapevole che la cosa lo faceva innervosire. Si fermò su una stazione che trasmetteva una canzone dei One Republic: quel gruppo le piaceva, sebbene non riuscisse a ricordarsi i nomi delle loro canzoni. Riconobbe la melodia e cominciò a canticchiarla, accompagnata dalla risata di Thomas. Di certo non era per il suo tono, Allie sapeva di avere un’ottima voce.

Lately, I’ve been, I’ve been losing sleep

Dreaming about the things that we could be

But baby, I’ve been, I’ve been praying hard,

Said, no more counting dollars

We’ll be, we’ll be, counting stars

«Che c’è di divertente?» domandò, fermandosi.

Lui scosse la testa, incitandola a continuare e smettendo di ridere, sebbene fosse chiaro che c’era qualcosa che lo divertiva in quella situazione.

«Dai, dimmelo!» insisté lei. Lui continuò a negare, poi tolse una mano dal volante per prendere qualcosa dallo scomparto al suo fianco. Le porse un pezzo di stoffa nera e Allie l’afferrò, rigirandoselo tra le mani.

«Che cos’è?» domandò, sollevandolo per studiarlo.

«Una benda» rispose lui. «Indossala, per favore.»

Allie lo guardò, scioccata. Stava scherzando? Voleva farle una sorpresa, okay, ma non era necessario arrivare a quel punto. «Perché mai?»

«Perché non voglio farti vedere dove andiamo finché non siamo arrivati» spiegò.

«E chi mi assicura che non ti approfitterai della mia momentanea cecità?» chiese, in tono di sfida.

«Fidati di me» disse semplicemente. «Fa parte della sorpresa.»

Sbuffando, Allie lo accontentò, attenta a non rovinare i capelli. Thomas ne fu soddisfatto: se lei avesse visto dove si fossero fermati, di certo non ne sarebbe stata entusiasta. La vera sorpresa, dopotutto, non era visibile da una prima occhiata.

Thomas fermò l’auto dopo pochi minuti e l’aiutò a scendere, sostenendola con un braccio intorno alla vita per guidarla e non farla cadere. L’aiutò a salire un paio di gradini e la fece entrare nell’ascensore, sorridendo divertito al suo sussulto quando cominciarono a salire.

«C’è molto silenzio qui» commentò Allie, riferendosi non soltanto all’ascensore ma anche agli attimi precedenti. In effetti l’appartamento del suo amico si trovava in una zona abbastanza fuori città, c’era poco traffico e non avevano incontrato nessuno nell’androne del palazzo. Anche l’illuminazione stradale iniziava a farsi più rada del solito, ma questa caratteristiche poteva avere anche un lato positivo.

Le porte dell’ascensore si aprirono e Thomas le fece fare solo pochi passi, prima di aprire la porta dell’abitazione. La richiuse dentro di sé e, accese le luci, le slegò la benda. Quando aprì gli occhi, Allie si ritrovò la vista occupata da un fiore: un tulipano rosa, di un colore caldo e accogliente che esaltava quella forma particolare. Alzò lo sguardo, incontrando quello incerto di Thomas.

«Un fiore al primo appuntamento?» domandò, notandolo vacillare.

«Troppo presto? Mi avevano avvertito che non si fa, ma mi sembrava un’idea carina» si scusò guardando in basso.

«Non è troppo presto» lo rassicurò. «È un bel gesto, grazie.»

Strinse a sé quel fiore; pensava realmente ciò che aveva detto. È vero che solitamente non avrebbe gradito un simile regalo al primo appuntamento, ma la loro situazione non era ordinaria e dopotutto non si trattava di un mazzo di rose rosse, solo di un semplice tulipano.

Thomas tirò un sospiro di sollievo vedendo spuntare un sorriso sul suo volto: aveva scelto di lasciare quel piccolo dono all’appartamento, un po’ perché portarlo al cinema sarebbe stato scomodo, un po’ perché temeva una reazione peggiore e voleva evitarla in pubblico.

«Dove siamo?» domandò poi Allie, guardandosi intorno. Si trovavano in un corridoio stretto che portava a una stanza ancora al buio.

«Vieni» disse lui, porgendole una mano. Quando sentì Allie stringere la sua, s’incamminò verso la stanza e accese la luce. Era un salotto arredato in modo semplice e moderno: un divano rosso con un tavolino basso davanti e un grande televisore corredato di registratore e lettore dvd appeso al muro di fronte.

Thomas la invitò ad accomodarsi mentre si spostava in una stanza vicina, quella che sembrava essere la cucina. Allie si sedette, cercando di ascoltare cosa stesse succedendo. Sentì un ronzio simile a quello di un forno microonde in funzione e un noto scoppiettio. Popcorn? pensò, confusa.

Dopo poco Thomas tornò con una vaschetta di popcorn e due bottiglie di birra tra le mani.

«Ho pensato che potremmo concederci queste, dato che non c’è nessuno che ci controlla» spiegò, posando tutto sul tavolo.

«Hai rubato la pellicola per caso?» chiese Allie. Non poteva avere davvero il film che avrebbero dovuto vedere al cinema.

«No, ho pensato di andare sul sicuro. Non avevi detto che questo è il miglior film degli ultimi dieci anni e che dovevo assolutamente vederlo?» domandò lui, avviando il dvd e sedendosi accanto a lei.

Sullo schermo comparve la sigla de Il discorso del re.

Allie batté le mani in un istante di gioia, provocando una risata da parte di Thomas. Era contenta, non tanto per la scelta del film che adorava, ma perché questo dimostrava che lui l’aveva ascoltata davvero.

«Non te ne pentirai!» gli assicurò, infilando la mano nella vaschetta in equilibrio sulle loro gambe.

| { |

Thomas, che non era appassionato di film storici e preferiva di gran lunga guardarsi Il signore degli anelli, ogni tanto sembrava perdersi. Non capiva cosa stesse succedendo, quale personaggio interpretasse quell’attore, che anno fosse. Allora Allie gli spiegava tutto con gentilezza, con una voce interessata che permetteva di capire quanto le piacessero certi argomenti. Aveva imparato a conoscerla grazie alle loro lunghe telefonate, ma ora che ce l’aveva davanti era tutto diverso. Vedeva i suoi occhi brillare mentre ripercorreva la storia del re, mentre combatteva con se stessa: era troppo entusiasmata per raccontare tutto con calma e le parole si accavallavano in discorsi contorti. Aveva dovuto fare uno sforzo enorme per non scoppiare a ridere alla vista di quel dibattitto interiore. Gli era andata bene, dopotutto: lei era così impegnata a guardare il film che non si sarebbe nemmeno accorta del suo sguardo insistente. Era anche per quello che si distraeva tanto: invece di prestare attenzione agli attori, si ritrovava a osservare lei.

«Che c’è?» domandò Allie, voltandosi per guardarlo in faccia.

Lui aggrottò la fronte, confuso. Forse stava osservando con meno intensità di quanto immaginasse il film.

«Mi stai fissando» disse Allie. Avrebbe giurato di averlo visto arrossire, anche se in modo molto lieve.

«Ehm…» temporeggiò lui. «Preferisci che guardi la regina?» chiese, cercando di salvarsi.

«Che significa?»

«Beh, lei è una bella donna, ma stavo pensando che tu sei più carina» inventò, anche se a un’attenta analisi quelle parole si sarebbero rivelate vere.

Lei sbuffò, dandogli un pugno sulla spalla e mormorando un «idiota!» prima di tornare alla tv.

Thomas decise di provare a seguire il film e, cercando di agire con nonchalance, passò un bracciò intorno alle spalle della ragazza, appoggiandosi allo schienale del divano e sfiorandola appena. Si sentiva come un quindicenne alle prese con il primo appuntamento al cinema, un insieme di occhiate nascoste e tocchi improvvisati.

La sentì fremere al contatto, ma non commentò.

Non l’avrebbe mai ammesso, ma quel film iniziava a piacergli. Al di là del soggetto storico, la relazione tra il re e sua moglie era ammirevole. Era una storia molto romantica che in fondo lo attraeva: lei aveva scelto di sposarlo non per il suo ruolo, dopotutto era il figlio minore e non sarebbe dovuto diventare sovrano, piuttosto per la sua dolcezza nei suoi confronti. Il suo supporto nei lunghi anni spesi cercando di vincere la balbuzie, il fatto che nonostante questo per lei era l’unico uomo, ma anche il rapporto con le due figlie. Tutto aveva un’aria domestica e veritiera, anche se le loro vite dovevano essere alquanto pubbliche all’epoca.

Thomas apprezzava la naturalezza con cui veniva rappresentato il loro amore e sperava un giorno di raggiungere quel sentimento. Aveva avuto varie relazioni, più o meno serie, ma nessuna sembrava essere quella giusta. Anche mentre le frequentava, sapeva che mancava qualcosa: nessuna l’aveva fatto sentire a casa, nessuna era stata in grado di rendere così naturale la loro relazione. Si era sempre sentito quasi in dovere di uscire con loro, spinto dal desiderio o da un impegno: non aveva mai passato una serata semplicemente steso sul divano con loro senza far nulla, aveva sempre dovuto trovare qualcosa che riempisse il loro tempo.

Forse stava aspirando a troppo, forse le parole insistenti di sua madre gli avevano dato alla testa o forse stava solo esagerando il momento, ma sentiva che in futuro avrebbe potuto avere tutto ciò con Allie.

«A che pensi?» gli domandò la ragazza, notando il suo sguardo perso.

Lui le sorrise. «È un bel film» affermò, senza mentire.

«Lo so» concordò lei, sistemandosi meglio sul divano.

Il braccio di Thomas era ormai finito proprio sulle sue spalle, senza più il sostegno dello schienale, ma lei non sembrò curarsene.

Anche se non lo dava a vedere, nemmeno Allie stava seguendo così attentamente il film. Lo adorava e lo conosceva quasi a memoria, ma in quel momento si sentiva circondata dal calore e dal profumo di Thomas e non riusciva a concentrarsi. Sentiva il suo sguardo addosso ma non aveva il coraggio di incontrarlo, così continuava a guardare davanti a sé, beandosi di quelle attenzioni.

Ogni tanto, però, non resisteva e gli lanciava un’occhiata mentre un sorriso si formava sulle sue labbra, consapevole che si sarebbe scontrata con il suo sguardo. Allora prendeva un sorso di birra e immergeva la mano tra i popcorn, ringraziando la sua incapacità di consultare gli orari delle programmazioni cinematografiche.

| { |


«Ora sei tu che mi stai fissando» disse Thomas. Ed era vero. Il film era finito e Allie aveva volto lo sguardo verso di lui, curiosa di sapere qual era il responso.

«Beh?» domandò. «Che ne pensi?» Non si era resa conto subito di quanto erano vicini: lui la stava ancora abbracciando, i loro fianchi erano attaccati e le loro teste non poi così lontane.

«Mi è piaciuto» affermò, indugiando con gli occhi sulle sue labbra. Avrebbe voluto baciarla, ma sapeva che sarebbe stato davvero esageratamente presto. Forse a fine serata, prima di tornare a casa.

«Certo che ti è piaciuto, io ho ottimo gusto» gli ricordò, allontanandosi quasi impercettibilmente.

«Quindi devo ritenermi affascinante, dato che ti piaccio anche solo un po’» considerò lui. Stava scherzando e Allie non faticò a capirlo, non quando il tono della sua voce era così ironico. Thomas si era alzato e le stava porgendo la mano per aiutarla a sollevarsi, pronto a condurla in cucina, dove aveva apparecchiato il tavolo.

Non aveva previsto un grande menu: aveva preferito non andare al ristorante per avere maggior privacy, ma credendo di riuscire ad andare al cinema non aveva nemmeno il tempo di cucinare. Anche se la situazione era cambiata, non si riteneva un gran cuoco e aveva deciso di non avvicinarsi ai fornelli: aveva preparato dei piatti freddi che potessero essere pronti in qualsiasi momento.

Dopo che Allie si fu seduta, sistemò in tavola del riso alla cantonese, degli affettati e della frutta. Lei non si mostrò stupita da quella scelta, sebbene la trovasse singolare, e cominciò a servirsi mentre lo interrogava sulla provenienza di quei piatti. Si era messo a cucinare, se pur per poco tempo e con piatti semplici, o aveva ordinato tutto da casa?

Thomas non aveva fatto altro che passare al supermercato a ritirare gli affettati e sistemare la frutta, il riso l’aveva ordinato al suo ristorante cinese di fiducia. Scelse di dire la verità che, anche se non era lusinghiera, non era poi così tremenda.

«Non volevo rischiare di avvelenarti» disse, «non sono stato io a cucinare.»

«Non sei capace?» domandò allora lei, curiosa.

Lui scosse il capo e si sorprese di vederla ridere. «Nemmeno io» confessò. «Oddio, so buttare un piatto di pasta e cucinare una bistecca, ma nient’altro.»

«A me piace la pasta» commentò con un’alzata di spalle, versandole da bere.

«E quindi?» Allie finse di non capire dove volesse arrivare, ma si era resa conto che stava cominciando ad abbondare di allusioni a ciò che c’era tra loro. «Chi ha detto che cucinerò per te?»

«Come fai a sapere che non lo farai?» replicò lui.

«Al massimo dovrei fare come te: lasciare che se ne occupino gli altri per non rischiare di farti star male» ponderò, scherzando.

«Sono pronto a correre il rischio» le assicurò con un sorriso, scivolando con lo sguardo sul tulipano che era stato posato sulla tavola, accanto a lei.

«Poi non ti lamentare se starai male» lo avvertì.

«Conosco alcuni dottori, non sarà un problema farmi curare» rispose, riferendosi chiaramente ai suoi studi di medicina.

«Come va con gli esami?» domandò allora Allie. «Non ne hai uno tra poco?» Durante le loro telefonate le aveva raccontato di cosa l’avesse spinto a fare quella scelta, delle difficoltà degli anni passati e di quelle presenti, degli esami sempre troppo corposi e dell’imminente scadenza di alcuni di loro.

«La prossima settimana» disse. «Sono un po’ indietro a dire il vero ed è colpa tua.»

«Come sarebbe a dire colpa mia?»

«Non riesco a concentrarmi» ammise, osservando la sua reazione. «Ho sempre la testa da un’altra parte.»

Allie rise a quella risposta: un po’ le dispiaceva essergli d’intralcio, ma le faceva anche piacere sapere che pensava a lei. «Allora dovrò starti lontana per un po’.»

«Non è necessario» la fermò. «In questo modo posso mettermi alla prova.»

«Non vorrai propormi di ripassare anatomia con te, spero.» Allie mise le mani avanti, augurandosi che non stesse per fare quella squallida battuta che aveva sempre odiato.

«Mi dispiace deluderti, ma l’esame è di farmacologia» concluse, notando che Allie aveva smesso di mangiare da un pezzo.

«Pronta per la seconda parte della serata?» chiese mentre si alzava. Lei annuì, seguendo il suo esempio e accodandosi a lui quando si diresse verso la porta dell’appartamento.

«Andiamo via?» s’incuriosì.

«Non ancora» rispose, salendo le scale che portavano al tetto. Quel pomeriggio, quand’era venuto a controllare che tutto fosse al suo posto, aveva sistemato una trapunta e un paio di cuscini vicino alla porta, così ora non dovette fare altro che sistemare un momento prima di invitare Allie a stendersi con lui.

Erano le undici passate e il cielo era illuminato solo dalle stelle. C’era qualche lampione qua e là, ma non sufficienti a impedire la visuale. Non aveva mai amato molto rimanere fermo a guardare il cielo, nemmeno quando andava al mare, ma aveva pensato che era un posto come un altro per parlare e certo a lei non sarebbe dispiaciuto.

«Tu invece cos’hai intenzione di fare adesso?» domandò, guardandola.

«Non ne ho idea. I miei vorrebbero che m’iscrivessi a medicina, ma ormai è tardi e non fa per me. Credo che mi prenderò un anno sabbatico: cercherò un lavoretto e magari scoprirò cosa fare poi.»

«Credo che al Blue Secret cerchino una cameriera» la informò, non del tutto disinteressato.

«Come fai a saperlo?» lo interrogò.

«È il bar più vicino all’università, spesso mi fermo a mangiare lì con i miei amici» spiegò.

«Quindi avrei sicuramente un cliente che mi farà laute mance» scherzò.

«E io che pensavo che mi avresti fatto lo sconto!» rise Thomas. «Prova ad andare a vedere» continuò poi, più serio. «Sarebbe carino.»

«Cosa?»

«Beh, avrei una scusa per tormentarti e vederti di più» rivelò.

| { |

Già da un po’ avevano smesso di parlare ed erano rimasti semplicemente sdraiati in silenzio, a guardare il cielo e a pensare al rapporto inaspettato che stava nascendo tra di loro. Il fruscio degli alberi, mossi da un lieve venticello, li cullava in una calma quasi irreale per la città in cui si trovavano. Di tanto in tanto sentivano passare un auto e qualche risata giungeva dalle case vicine, ma nulla sembrava poter interrompere quello stato di quiete.

Allie si rese conto di essere più stanca di quanto si aspettasse, nonostante avesse preso parte del pomeriggio proprio per riposarsi. Le corse pazze di quella mattina l’avevano sfinita e ora sentiva che gli occhi lottavano per restare aperti. L’agitazione se n’era andata da un bel pezzo, da quando aveva incrociato gli occhi di Thomas nel salotto di casa sua, lasciandola però spossata. Rotolò sul fianco in modo da trovare una posizione più comoda e da poter guardare Thomas in faccia.

«Spero che tu non ti offenda se per caso mi capitasse di addormentarmi» sospirò, riuscendo appena a scorgere i suoi occhi nel buio che li circondava.

Lui ridacchiò prima di risponderle. «Sono così noioso?»

«No, ma oggi non ho avuto un attimo di pace» si lamentò, prima di passarsi una mano sulla fronte.

«Cosa ti ha tenuto così impegnata?» domandò allora, curioso.

«Le solite cose: spesa, bollette da pagare, lavatrici da riempire e poi svuotare, rapimenti in garage…»

Thomas rise a quella frecciatina, prima di toccarsi la punta del naso. «Sta per piovere?» chiese, sentendo un’altra goccia posarsi sulla sua guancia.

«Credo di sì» concordò Allie, mentre sentiva che le sue braccia cominciavano a bagnarsi.

«È meglio rientrare» disse Thomas, alzandosi e dirigendosi verso la porta del tetto per accendere la luce. In fretta, perché la pioggerella si faceva sempre più fitta, appallottolarono la trapunta e raccattarono i cuscini, prima di ritornare all’asciutto. Scesero le scale, diretti all’appartamento, mentre Allie cercava di dare una forma ai suoi capelli che, a causa dell’acqua, avevano perso la piega che si era tanto sudata.

Thomas entrò in bagno e tornò con un asciugamano, che le porse mentre posava la coperta su un angolo del divano. Allie cominciò a tamponarsi i capelli, guardandolo sistemare la stanza. Si era bagnato anche lui, ma questo non sembrava infastidirlo. Aveva passato una mano tra i capelli per spingerli indietro e ora avevano assunto una piega assurda che gli conferiva un’aria quasi infantile.

Si avvicinò e, fermatolo, cercò di sistemarli, rendendosi conto però che non sembravano propensi a seguire le sue direttive. Sbuffò, abbassando lo sguardo per incontrare il suo.

«Arrenditi, non ci riuscirai mai» le disse lui, con sicurezza.

«Sono troppo stanca per prenderla come una sfida» confessò, dopo averlo studiato per un attimo.

«Vuoi che ti porti a casa?» domandò allora Thomas, sfiorandole il collo con una carezza. Allie abbassò gli occhi verso la sua mano, incerta.

Era effettivamente sfinita ma non era sicura di volerlo lasciare; inoltre, lui avrebbe potuto interpretare male il suo desiderio, sebbene credesse che ormai la conoscesse abbastanza per non farlo. Così si limitò a guardarlo, senza parlare.

«Ti porto a casa» ripeté, questa volta con convinzione. Spense la luce della cucina – sarebbe tornato a sistemarla il giorno dopo – e l’accompagnò alla porta, posandole una mano sulla schiena.

Il tragitto in auto fu accompagnato solo dalle canzoni che trasmettevano alla radio, ma questo silenzio non era pesante, né imbarazzato. Si trovavano in uno stato di calma, una tranquillità che non necessitava di parole. Solo quando erano ormai arrivati a casa di Allie e Thomas stava per parcheggiare la macchina, sembrarono risvegliarsi da quel torpore.

«So che dovrei aspettare i tre giorni canonici, o perlomeno che tu rientri in casa così da potermi rifiutare senza vedere la mia faccia disperata, ma sono stato davvero bene con te stasera. Mi piacerebbe replicare» disse, guardandola sorridere alle sue parole.

«Saresti davvero disperato?» chiese lei.

«Immensamente» dichiarò.

«Allora suppongo di dover accettare» concordò Allie, ridendo. Si fece seria, però, notando lo sguardo di Thomas. La stava fissando e quasi la metteva a disagio. «Che c’è?» domandò, mentre lo vedeva tentennare. «Thomas?» lo chiamò ancora.

«Posso baciarti?» chiese lui, incontrando i suoi occhi. Allie sbatté le palpebre, sorpresa. Non per la richiesta, sapeva che quel momento sarebbe arrivato, anche se non credeva sarebbe stato quel giorno. Ciò che la stupiva era che lui le stesse chiedendo il permesso: aveva immaginato che l’avrebbe semplicemente baciata, senza tante esitazioni.

Non pensò nemmeno alla risposta, si avvicinò lentamente a lui, ricambiando lo sguardo. Anche se non aveva detto nulla, Thomas aveva capito. Lui non si mosse lentamente, anzi: in un attimo Allie si ritrovò le sua mani attorno al viso e le sue labbra sulle sue. Fu un piccolo bacio, dolce, a stampo. Niente di erotico o lascivo, ma sufficiente per chiudere nel migliore dei modi quella serata. Per un attimo Allie non sentì altro che lui intorno a sé: le sue mani, il suo profumo, la sua bocca. I respiri caldi che s’infransero l’uno contro l’altro quando si separarono sembravano testimoni di un’unione più profonda di quel semplice bacio.

«Ora vado» mormorò Allie, passandosi quasi inconsapevolmente la lingua sulle labbra.

Lui annuì, sussurrandole un saluto. «Buonanotte.»

«Notte» ripeté lei, chiudendo la portiera dell’auto.

Thomas la guardò rientrare, prima di lasciarsi andare contro il poggiatesta con un sospiro.

Cosa gli aveva fatto quella ragazza?

La canzone dei One Republic citata è “Counting Stars”. Thomas ride perché, nel pezzo del brano riportato, cantano “we’ll be, we’ll be, counting stars” e lui ha previsto di terminare la serata sotto le stelle, una coincidenza che trova curiosa.

Detto questo, voglio ringraziare coloro che hanno inserito questa storia nelle seguite e coloro che l’hanno recensita, ma anche chi la sta leggendo silenziosamente.

Spero abbiate apprezzato questo capitolo e, se vi va, scrivetemi la vostra opinione.

Vi ricordo il gruppo facebook dove potrete trovare spoiler della storia: Il diario di Aras

Intanto, vi lascio qualche riga, nella speranza di incuriosirvi un po’.

Nel giro di qualche secondo, la porta si spalancò. Ora aveva davanti a sé un ragazzo poco più grande di lei, con i lineamenti simili a quelli di Alice.
«Ciao, posso aiutarti?» le domandò, appoggiandosi allo stipite.
Allie gli sorrise. «Sto cercando Alice» lo informò.
«Posso chiederti chi sei?» domandò, un po’ confuso. Lei non comprese subito quell’espressione, ma gli rispose comunque. «Mi chiamo Allie, sono una sua amica.» Beh, era solo una mezza bugia. Non erano propriamente amiche, ma forse in futuro avrebbero potuto esserlo.
Lui aggrottò la fronte, come se quella frase non l’avesse convinto, ma la invitò comunque a entrare, mentre si presentava e chiamava la sorella, che doveva essere al piano di sopra. Si chiamava Nicholas ed era il fratello di Alice, come Allie aveva supposto.

Il prossimo capitolo arriverà tra una settimana, mercoledì 10 settembre.

Buona giornata :)


   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: _Aras_