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Autore: _Aras_    27/08/2014    8 recensioni
I sentimenti che uniscono Allie e Thomas hanno cominciato a farsi sentire proprio mentre erano ai lati opposti dell'Europa e ora che sono di nuovo vicini devono scoprire se possono creare una relazione duratura.
I sentimenti di Dafne e Michael sono nati improvvisamente quand'erano insieme, ma il loro tempo era limitato e, ora che sono ai lati opposti dell'Europa, devono tentare di andare avanti e dimenticarsi.
I sentimenti di Alice invece sono bloccati, nascosti sotto una cortina di timidezza e paura che le impedisce di essere felice. Riuscirà a uscirne, con l'aiuto di un'amica?
Dal capitolo 5:
«Com’è andata la tua sessione di studio?»
«Abbastanza producente, anche se ogni tanto tendevo a distrarmi» rivelò, avvicinandosi appena a lei.
«Forse dovresti prendere del… come si chiama quella cosa che aiuta ad aumentare la concentrazione?»
«Fosforo?» ipotizzò Thomas. «Non credo sarebbe utile nel mio caso.»
«No?» lo stuzzicò lei, sorridendo.
Lui scosse la testa. «Avrei bisogno di qualcosa di più… umano» disse, mentre le posava una mano sul collo con un tocco delicato. Allie abbassò appena gli occhi, osservando la misera distanza che li separava e avvertendo il calore della sua pelle irradiarsi in lei.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
Capitoli:
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Bolle di felicità

A story of everyday life







Capitolo 2

Mancava meno di mezza giornata all’appuntamento con Thomas e Allie era piena di impegni e commissioni. Di questo passo, sarebbe arrivata distrutta alla serata. I suoi genitori erano entrambi di turno e quindi, come al solito, toccava a lei pagare le bollette e fare la spesa. Aveva passato più di un’ora in fila per completare la prima parte del suo compito e ora, alle undici passate e con il portafoglio decisamente più leggero, stava entrando nel supermercato. Gemette quando notò le code sulle due sole casse aperte e sperò che si liberassero prima che giungesse il suo turno. Prese un carrello e cominciò a percorrere la prima corsia, quella dedicata al banco frutta, consultando attentamente la lista per non dover tornare indietro in continuazione.

Infilò un guanto usa e getta e afferrò una mela, controllando che non avesse ammaccature. Nonostante fosse circondata dal cibo, l’idea di mangiare non l’attirava per niente. Iniziava già ad avere un po’ d’ansia, quella sensazione inspiegabile che non l’abbandonava nemmeno quando si ripeteva che tutto sarebbe andato bene e che non c’era motivo di preoccuparsi. Sentiva una morsa allo stomaco da quando si era svegliata quella mattina e la consapevolezza che avrebbe dovuto fare tutto di fretta per ricavare il tempo necessario a prepararsi non l’aiutava. Cercò di concentrarsi sulla canzone che trasmettevano alla radio e sulla sua respirazione, mentre riempiva il carrello e spuntava la lista con una penna. Stava voltando l’angolo, la testa bassa impegnata a scorrere i nomi dei prodotti, e non si accorse che c’era qualcuno che si avvicinava nella direzione opposta. Ci fu un fragore metallico quando i due carrelli si scontrarono e Allie trattenne il respiro mentre andava a sbattere contro il manico in ferro.

Rialzò subito il capo, scusandosi per la sua distrazione, e guardò la ragazza che aveva davanti. Stupita, si rese conto di conoscerla.

«Alice» la salutò con un sorriso. «Come stai?»

Alice era stata una sua compagna di classe fino a un paio di mesi prima, quando il liceo era finito. Allie aveva sempre creduto che fosse carina sotto quell’aspetto trasandato che si era cucita addosso, ma la sua timidezza le aveva impedito di scoprire se le sue supposizioni fossero vere. Da che la conosceva, aveva sempre portato degli occhiali pesanti che, sebbene fossero tornati di moda, nascondevano i suoi occhi di un bel verde scuro. I capelli erano sempre raccolti in una coda di cavallo, gonfia a causa della massa riccia che racchiudeva, e l’assenza di trucco la faceva passare inosservata, quasi fosse invisibile, tra tutte le altre ragazze perfettamente curate. Era forse un po’ in carne, ma non grassa. Ciò che più di tutto la rendeva invisibile, e talvolta la faceva sembrare addirittura indisponente, era l’espressione apatica del suo viso. Allie poteva contare sulle dita di una mano le volte che l’aveva vista sorridere ed era un peccato, perché aveva un sorriso meraviglioso e dei denti perfetti.

«Bene, grazie» rispose lei, con gentilezza ma senza entusiasmo. Quasi scordò di ricambiare la domanda, cosa che poteva anche non interessarla ma che era simbolo di cortesia. «Tu?» chiese infine, notando che Allie rimaneva lì a fissarla.

«Magnificamente. Finalmente le vacanze, eh? Io sono appena tornata, tu vai da qualche parte?»

Allie era curiosa, lo era sempre stata, e forse quest’incapacità di farsi i fatti suoi poteva essere un difetto, ma nulla l’avrebbe fermata dall’interessarsi a chi la circondava. Inoltre, senza rendersene conto, ora che aveva incontrato Alice non pensava più all’ansia che l’aveva attanagliata fino a un attimo prima. Quella agitata, ora, sembrava Alice. Subito non ci aveva fatto caso, ma ora che la osservava meglio si rese conto che non sembrava poi così felice di vederla e, se in un primo momento ne fu delusa, poi si sentì confusa. Non erano mai state grandissime amiche, perlopiù conoscenti che avevano condiviso cinque anni della loro vita, ma non credeva che ci potesse essere quell’indifferenza tra loro. Alice sembrava non sapere cosa risponderle.

«Io…» temporeggiò, vagando con lo sguardò in cerca di un appiglio. «Non sono andata da nessuna parte per ora» mormorò infine, con il basso tono dolce che ricordava Allie ma anche con una punta di imbarazzo.

«Ti ho offesa in qualche modo?» domandò Allie, con la sua tipica schiettezza. Non capiva perché la ragazza si comportasse a quel modo: era sempre stata timida e riservata, ma non la ricordava così.

Alice fu colpita da quelle parole e la osservò dubbiosa, incerta su come rispondere. Cosa intendeva dire Allie e perché pensava che si sentisse offesa? Doveva essere colpa sua e della sua solita insicurezza, che la rendeva incapace di sostenere una conversazione senza apparire sciocca e scialba. «No» rispose infine, scuotendo il capo ma senza guardarla negli occhi. Gli occhi di Allie erano grandi e limpidi, la osservavano diretti, la mettevano in soggezione a causa della certezza che trasmettevano.

«Scusami, è che sei…» replicò allora Allie, cercando le parole giuste per non offenderla, «non sembri molto contenta di vedermi. Ma se non c’è problema, ti va di prendere un caffè quando abbiamo finito qui?» propose, dimenticando la montagna di cose che aveva da fare, affascinata da quella vicenda. Voleva scoprire perché Alice fosse così riservata, perché si fosse chiusa così in se stessa e, poiché dentro di sé aveva da sempre una vocazione da crocerossina, aiutarla a superare quel momento.

Era una decisione improvvisa, dettata più che altro dalla curiosità e dalla necessità di una distrazione, ma Allie la stava già prendendo sul serio e non avrebbe mollato facilmente la presa.

«Mi dispiace, non posso» rifiutò subito, quasi senza pensarci, come se fosse una reazione istintiva. E lo era: Alice non si trovava a suo agio a stare a lungo fuori casa con persone che non conosceva bene e, negli ultimi tempi, la situazione era peggiorata.

«Nemmeno cinque minuti?» insisté Allie.

«No, davvero, scusa» rifiutò ancora, cercando una scusa per andarsene. Perché Allie si era intestardita tanto? Non erano mai state amiche, non erano mai uscite insieme e di certo Allie non si era mai interessata a lei nei cinque anni precedenti, non in quel modo.

«Beh, almeno dammi il tuo numero di cellulare, così ci mettiamo d’accordo per un’altra volta» propose allora. A quest’idea, Alice non sapeva proprio come opporsi senza sembrare scortese e, per liberarsene in fretta, compose il suo numero sul telefono della ragazza. Non pensò nemmeno di digitarlo sbagliato, in modo da impedirle un futuro contatto: per quanto le avrebbe fatto comodo quella strategia – dopotutto non desiderava essere disturbata, stava tanto bene da sola nella sua stanza – non aveva la capacità di concepire un gesto tanto meschino.

Biascicando un saluto riuscì quindi a sorpassarla in fretta e tirò un sospiro di sollievo, mentre si sbrigava per non fare altri incontri.

Allie rimase lì per un altro momento, confusa ma soddisfatta di ciò che aveva ottenuto. Quando sentì la radiocronista informare gli ascoltatori dell’ora, però, si rese conto del tempo che era passato, del fatto che doveva finire di fare la spesa e altre mille cose e poi, quella sera, andare a un appuntamento.

Allie scese dall’auto e si avviò verso la casa di Dafne. Quella mattina l’aveva avvertita che aveva intenzione di andare a trovarla, aveva bisogno di aiuto per prepararsi a quella serata e, se per l’abbigliamento sarebbe stato più comodo un incontro a casa sua, per la preparazione psicologica poteva andar bene qualsiasi luogo. Ora era meno agitata di quella mattina, si sentiva più sicura di sé e non ne poteva più di aspettare: era l’attesa a ucciderla.

Non aveva considerato, però, che andando da Dafne aveva la possibilità di incontrare Thomas. Lui passava sempre molto tempo fuori casa, in giro con gli amici o all’università a studiare, era raro trovarlo a casa di pomeriggio. Anche in quel momento stava uscendo: quando Allie sollevò la mano per bussare alla porta d’ingresso se lo ritrovò davanti e per un soffio non si scontrarono.

«Ciao» si salutarono, quasi in contemporanea, e quasi allo stesso tempo sorrisero.

«Dove…» Allie stava per chiedergli dove stesse andando, ma lui la zittì, posandole un dito sulle labbra. La prese per mano e la condusse silenziosamente nel garage, richiudendo la porta dietro di sé. Erano stretti in quella stanza che conteneva fin troppe cose: un auto – la seconda non c’era solo perché il padre era andato a lavoro – e quattro biciclette, senza contare il divano vecchio che i coniugi non volevano buttare.

«Che succede?» domandò allora, mentre lui si sporgeva per accendere la luce.

«Mia madre era in cucina, non volevo che ci sentisse» spiegò.

Allie sorrise, riconoscendo la comicità della situazione. «Ti rendi conto che non siamo nemmeno mai usciti e ci stiamo nascondendo dalla nostra prima fan?» chiese, ridendo.

Lui si appoggiò all’auto con la schiena, ammettendo la verità della sua affermazione. «Non voglio che si metta in mezzo, non ora» insisté. «Pronta per stasera? O stai avendo dei ripensamenti?» Thomas sembrava sicuro di sé ma nel suo animo non lo era poi così tanto: temeva davvero che Allie potesse tirarsi indietro.

«E tu sei pronto con l’appuntamento a sorpresa?» replicò lei, senza rispondere alla sua domanda. Notò il suo disappunto, sebbene si fosse affrettato a rassicurarla sulla sua organizzazione perfetta.

«Hai qualche richiesta?» domandò allora, curiosa di carpire qualche dettaglio in più.

«Cosa intendi dire?» Non aveva capito il significato di quelle parole, era certo che non fosse ciò a cui la sua mente era corsa.

«Come devo vestirmi? Siamo all’aperto o al chiuso?» specificò Allie.

Thomas non voleva svelarle nulla: aveva già un po’ paura che ciò che aveva preparato non le sarebbe piaciuto, vedere una sua espressione dubbiosa ora non l’avrebbe aiutato. E poi, non c’era davvero bisogno di nulla di particolare. «Sarai perfetta in ogni caso» rispose con un sorriso.

Allie sbuffò, vedendo andare in fumo le sue possibilità di conoscere qualche dettaglio. Inoltre, quella frase non era affatto rassicurante per una ragazza: non c’era un abbigliamento che andasse bene in ogni caso e lei non poteva passare ore davanti allo specchio, indecisa, poiché lui non le dava nessuna indicazione.

«Non è vero, dai!» insisté. «Devo vestirmi elegante, casual» elencò, fissandolo, «…sexy?» provò infine, sperando in una reazione migliore.

Il sorriso sul suo volto si allargò e Thomas dovette distogliere lo sguardo per un attimo, sospirando. Lo stava già mettendo alla prova.

«Sarai perfetta in ogni caso» ripeté con convinzione. «Potresti venire anche in pigiama, non mi lamenterei.» Sperò che non lo prendesse alla lettera: era certo che sarebbe stata adorabile anche in pigiama, sì, ma vederla con un bel vestito non gli sarebbe dispiaciuto.

«Sei odioso» lo rimproverò lei, senza riuscire a non sentirsi comunque gratificata da quelle parole.

«È meglio che vada ora» mormorò lui, guardando l’orologio. «Passo a prenderti alle sette» le ricordò, prima di posarle un bacio tra i capelli e uscire.

Allie lo osservò allontanarsi e lo vide quando, dopo pochi metri, si voltò e incrociò il suo sguardo con un sorriso. Sospirando, uscì anche lei dal garage e andò a bussare alla porta d’ingresso. Sperava che Dafne fosse più informata di lei.

Martha le aprì e la fece entrare, sorridente. «Cerchi Dafne?» chiese, osservandole il volto.

«Sì, grazie» rispose Allie, aggrottando la fronte davanti a quello sguardo inquisitore.

«È per un ragazzo, vero?» le domandò la donna, lasciandola basita. Come poteva saperlo? Li aveva visti per caso?

«Ehm…» temporeggiò, lanciando un’occhiata alle scale alla ricerca della sua amica. «Io…» Prese un profondo sospiro, non sapendo cosa risponderle.

«Oh, tranquilla, cara! Non ne farò parola con nessuno» le promise, strizzandole un occhio. «È solo che ho riconosciuto il tuo sguardo» spiegò. «Spero che lui ne valga la pena» le augurò, implicando che lei aveva un candidato perfetto e sicuramente migliore del ragazzo a cui doveva pensare Allie. Chissà cosa avrebbe fatto se avesse saputo di chi si trattava!

«Lo spero anch’io» ribatté Allie, trattenendo una risata. «È di sopra?» chiese, alzando lo sguardo. La donna annuì e la salutò, rientrando in cucina, dove sembrava stesse cuocendo qualcosa di buono.

Allie salì le scale e bussò alla prima porta a destra; fu accolta da un “avanti!” gridato con disperazione. Entrò nella stanza e si fermò sulla soglia, sbigottita. Tutti i vestiti erano sparpagliati sul letto, qualcuno addirittura a terra, senza parlare delle scarpe, gettate alla rinfusa sul pavimento.

«Che diavolo è successo qui?» chiese, senza fiato. Dafne aveva disfatto la valigia la mattina precedente, ne era certa perché l’aveva vista.

La sua amica alzò lo sguardo sconsolata, prima di lasciarsi ricadere tra le coperte. «Volevo riordinare l’armadio dato che ieri ho buttato tutto a caso, ma ho scoperto di avere più indumenti di quanto ricordavo.»

«Ma stai bene?» domandò allora, insicura. Non capiva se era solo stanca o se quell’espressione nascondesse uno stato depressivo.

«Sì, sì, sto bene» sbuffò. «Michael è a Rodi e io sono qui, me ne sto facendo una ragione. Sono solo un po’ irritabile oggi, deve arrivarmi il ciclo» disse, stringendosi al cuscino.

Con un sospiro di sollievo, Allie si accomodò accanto a lei. «Rimanda lo stress a domani, ora ho bisogno di te» la pregò. «Sai qualcosa di quello che ha organizzato Thomas per stasera?»

Dafne scosse la testa. «Ho provato a indagare, immaginavo che me l’avresti chiesto, ma non ha voluto dirmi niente» rispose.

«Ma non mi ha neanche detto come devo vestirmi!» piagnucolò Allie, sconsolata.

«Onestamente, non credo che gli importi molto come ti vesti. Potresti anche andarci nuda, per lui non farà differenza» considerò.

Allie le scoccò un’occhiataccia. «Spero che, in caso decidessi di seguire il tuo consiglio e mi presentassi nuda, abbia una reazione diversa da quella che ha quando mi vede con tanto di sciarpa e cappotto» commentò, rubandole il cuscino che stringeva tra le braccia e lanciandoglielo addosso. Dafne scoppiò a ridere, prima di riprenderselo e posarlo al suo posto.

«Come ti senti?» chiese, curiosa. «Ansia? Perché lui l’ho visto alquanto agitato oggi» rivelò.

«Un po’, ma mi sta passando. Sai come sono, odio aspettare» rispose, ricordandosi all’improvviso dell’incontro di quella mattina. «Sai chi ho incontrato questa mattina? Alice Turner» raccontò.

«Non l’ho più vista da quando è finita la scuola» rifletté Dafne. «Come sta?»

«Neanche io. In realtà, credo che non l’abbiamo mai vista molto all’infuori della scuola neanche prima» meditò Allie. «Non avevo mai notato quanto fosse incredibilmente timida, alla fine è quasi scappata via.»

«Addirittura?» Anche Dafne era sorpresa da quel comportamento.

Tristemente, si rese conto che avevano sempre ignorato quella ragazza tanto dolce e tanto riservata che avevano conosciuto il primo giorno di liceo. Era così introversa che difficilmente veniva notata e, tranne per qualche parola ogni tanto e le uscite di classe, non l’avevano mai coinvolta nelle loro vite. Si sentiva quasi in colpa, soprattutto ascoltando il dettagliato resoconto che Allie le stava facendo del loro incontro. Non aveva mai pensato che lei potesse essere così sola come appariva. Magari non lo era nemmeno, dopotutto la conoscevano appena e non sapevano nulla della sua vita privata, ma il comportamento che aveva tenuto non prometteva nulla di entusiasmante. Fu grata di sentire che Allie aveva il suo numero di cellulare e che programmava di incontrarla, si ripromise di seguire il suo esempio.

«Riuscirai ad aiutarla, ne sono sicura» disse Dafne. «Dopotutto, ci sei riuscita anche con me.»

Allie le sorrise e le strinse la mano, ricordando la ragazzina timida che era stata.

Dafne aveva portato l’apparecchio per i denti sin da quando aveva sette anni, ma solo con la pubertà se n’era sentita imbarazzata. A causa delle risate dei suoi compagni di scuola, si era chiusa in se stessa e aveva cominciato a sorridere sempre meno, per non far vedere la ferraglia che aveva in bocca. Quando si erano presentati anche i brufoli, si era sentita ancora più a disagio, tanto da farsi la frangetta per coprire la fronte e tenere sempre la testa bassa, in modo da nascondere il volto. Tutte le altre ragazze erano nelle stesse condizioni, ma a lei sembravano delle modelle in confronto al riflesso che il suo specchio le presentava ogni mattina. Si sentiva bruttina e inadatta e solo grazie all’aiuto di Allie, che l’aveva pressata per uscire a prendere un gelato e si era accampata a casa sua per risollevarle il morale, aveva superato quel brutto periodo.

«Lei è messa peggio» commentò poi. Dafne fece spallucce, come a dire che non era rilevante. Avrebbe voluto avere la sua stessa sicurezza, ma sapeva che avrebbe tentato finché non avesse vinto.

Allie si avvolse in un asciugamano e uscì dalla doccia, tamponandosi i capelli con un altro panno. Aveva deciso di rimandare le pulizie di casa al giorno dopo e di passare il pomeriggio a rilassarsi, conscia che troppo nervosismo non le avrebbe fatto godere la serata. Aveva fatto un lungo bagno e aveva finalmente deciso come vestirsi. Aveva già preparato tutto sul suo letto: un abito lungo a fantasia floreale, in modo da poter mettere dei sandali bassi e apparire comunque slanciata, con una giacca leggera che lo faceva apparire meno elegante di quando non fosse in realtà. In questo modo si sentiva abbastanza sicura per ogni evenienza e, in casi estremi, avrebbe comunque potuto rimproverare Thomas per aver generalizzato troppo.

Si asciugò con cura i capelli, mettendoci più tempo del solito per assicurarsi che non le scappasse nessuna ciocca, e cominciò ad arricciarli.

Non voleva dar l’impressione di aver impiegato troppa cura alla sua preparazione per quell’appuntamento, ma nemmeno sembrare disinteressata.

Arrivata al punto più arduo, quello dei capelli proprio dietro la testa che faticava ad acconciare, dovette desistere a causa dello squillo del telefono. Posò il ferro sul ripiano in marmo e corse in camera. Era Thomas.

«Pronto?» rispose subito. Perché l’aveva chiamata? Era tutto saltato? Cambio di programma?

«Ciao, Allie. Se ti venissi a prendere tra dieci minuti, saresti pronta?» domandò.

La ragazza trattenne il respiro, certa che forse uno scherzo. Mancavano più di quaranta minuti alle sette e lei non era minimamente pronta. «No» rispose. «Cos’è successo?»

«Beh…» Thomas tentennò, non volendo rivelare il proprio errore. Poi pensò che la verità era comunque la migliore alternativa. «Ho guardato gli orari sbagliati, il film inizia alle sette e non alle sette e mezza» rivelò.

«Quindi immagino di non avere molta scelta» mormorò, irritata. Che razza di errore era quello? Anche un bambino sapeva consultare gli orari del cinema!

Lo sentì sospirare, prima di parlare. «Mi dispiace» si scusò. «Anzi, sai cosa?» riprese. «Prenditi tutto il tempo che ti serve, m’inventerò qualcosa.»

«Sicuro?» chiese, dandosi un’occhiata allo specchio. I capelli erano fatti a metà e le avrebbero richiesto almeno altri dieci minuti, senza contare che almeno un filo di trucco se lo voleva mettere.

«Sì, sì, certo. Io sono già in auto, posso aspettare lì da te?» domandò, pregando che gli concedesse almeno quello.

«Sì, certo. I miei non sono ancora tornati» lo rassicurò, prima di chiudere la chiamata e correre in bagno. Afferrò il ferro e iniziò ad arrotolarci i capelli, nella speranza che venissero bene.

Era una fortuna che i suoi genitori avessero un orario tanto improponibile: se fossero stati a casa, suo padre avrebbe assolutamente voluto sapere con chi avesse appuntamento, senza contare che una volta visto Thomas, sua madre avrebbe chiamato Martha all’istante. Così era tutto più tranquillo.

Aveva appena terminato di farsi i capelli quando suonò il campanello. Scese le scale velocemente, ricordandosi solo quando fu davanti alla porta di essere in accappatoio. Con un sospiro, si decise ad aprire ugualmente. Lo scorse con la coda dell’occhio, perché mentre la porta si spalancava lei era già voltata e stava tornando di sopra. «Aspettami in salotto» lo avvertì, prima di richiudersi in bagno per applicare un po’ di trucco sul viso. Non l’aveva nemmeno salutato nel tentativo di non farsi vedere in faccia. Non che lui non l’avesse mai vista struccata, la conosceva da sempre; tuttavia, non voleva fargli notare la differenza immediata.

Aveva messo solo un po’ di matita e mascara, un ombretto quasi invisibile e un rossetto chiaro. Un trucco naturale, ma che valorizzava comunque i suoi lineamenti. Si infilò gli abiti e preparò una piccola pochette e poi, con un’ultima occhiata allo specchio, uscì dalla sua stanza.

Thomas la stava aspettando seduto sul divano.









Buongiorno!
Voglio ringraziare coloro che hanno inserito questa storia nelle seguite e coloro che l’hanno recensita, ma anche chi la sta leggendo silenziosamente.

Spero abbiate apprezzato questo capitolo e, se vi va, scrivetemi la vostra opinione.

Intanto, vi lascio qualche riga, nella speranza di incuriosirvi un po’.

Anche se non lo dava a vedere, nemmeno Allie stava seguendo così attentamente il film. Lo adorava e lo conosceva quasi a memoria, ma in quel momento si sentiva circondata dal calore e dal profumo di Thomas e non riusciva a concentrarsi. Sentiva il suo sguardo addosso ma non aveva il coraggio di incontrarlo, così continuava a guardare davanti a sé, beandosi di quelle attenzioni.
Ogni tanto, però, non resisteva e gli lanciava un’occhiata mentre un sorriso si formava sulle sue labbra, consapevole che si sarebbe scontrata con il suo sguardo.

   
 
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