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Autore: RandomWriter    03/09/2014    5 recensioni
Si era trasferita con il corpo, ma la sua mente tornava sempre là. Cambiare aria le avrebbe fatto bene, era quello che sentiva ripetere da mesi. E forse avevano ragione. Perchè anche se il dolore a volte tornava, Erin poteva far finta che fosse tutto un sogno, dove lei non esisteva più. Le bastava essere qualcun altro.
"In her shoes" è la storia dai toni rosa e vivaci, che però cela una vena di mistero dietro il passato dei suoi personaggi. Ognuno di essi ha una caratterizzazione compiuta, un suo ruolo ben definito all'interno dell storia che si svilupperà nel corso di numerosi capitoli. Lascio a voi la l'incarico di trovare la pazienza per leggerli. Nel caso decidiate di inoltrarvi in questa attività, non mi rimane che augurarvi: BUONA LETTURA
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'In her shoes'
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RIASSUNTO DELLA PUNTATA PRECEDENTE:
 
Durante l’allenamento in vista del torneo di basket, Erin cerca di convincere Castiel a partecipare al concerto organizzato dal liceo. Con l’occasione, lei gli racconta un episodio del suo passato e gli confessa di considerarlo il suo migliore amico. Nel pomeriggio dello stesso giorno, la ragazza ha appuntamento al museo con Nathaniel e Violet, allo scopo di far ricredere quest’ultima sulla sua relazione con il biondo. Vengono interrotti da Lysandre che, davanti a tutti, viene mollato dalla sua ragazza: Emma. Erin accorre per consolarlo ma finiscono per parlare del concerto e dei motivi che frenano Castiel dal tentare l’impresa. Lysandre racconta poi all’amica la sua triste storia familiare, segnata dall’assenza di genitori che né lui né la sorella hanno mai conosciuto. Ai due si ricongiungono Nathaniel e Violet e i quattro concludono insieme la giornata. Tornando a casa, l’artista ritratta la propria opinione sul delegato e sulla sua relazione con l’amica, suscitando sollievo e gioia in Erin. Rimasta sola con Nathaniel, la ragazza si offre di prestare gli appunti ad Ambra, senza però che la bionda venga a sapere che sia proprio la sua nemica giurata a mostrarsi solidale verso di lei.



 
 
CAPITOLO 24:
INDOVINA CHI VIENE A CENA?
 

Ravenclaw11: ahahah mi fai morire XD
Hydra_Silently: invece tu mi fai vivere

 
“non vedo l’ora che arrivi il concerto” commentava Trevor tenendo le braccia incrociate dietro alla testa.
“tzè, figuriamoci. Sarà una suonata melensa di musica classica organizzata da quelli del club di musica” lo smontò Kim calciando un sassolino, finito sotto il suo piede.
“probabile” commentò Dajan. Il ragazzo buttò l’occhio sull’insegna luminosa della farmacia. Era il 25 novembre, il giorno prima della recita del club di teatro.
Erano passate quasi due settimane dalla clamorosa espulsione di Ambra e nel frattempo la vita del liceo non aveva subito altri violenti scossoni. Gli unici eventi di rilievo erano stati la conferma dell’ammissione del suo club al campionato nazionale di basket e il concerto del liceo. Tuttavia, mentre il primo evento era atteso con una certa trepidazione dall’intera scuola, il secondo era passato decisamente in sordina. Dopo l’entusiasmo iniziale, derivato dalla novità, molti avevano concluso che si trattasse di una noiosa esibizione di musica classica da parte degli studenti del relativo club e per questo avevano finito per snobbare l’iniziativa. Di fatto quindi erano pochi quei ragazzi che condividevano l’entusiasmo di Trevor. 
 “voi non c’eravate quando hanno organizzato l’ultimo concerto” esordì Dajan.
“ne hanno già organizzato uno in passato?” si stupì Kim.
“ah-ah” confermò Dajan, sorprendendo anche Trevor “solo che in quell’occasione ci furono dei problemi di organizzazione, tipo gente sbronza, strumenti della scuola scomparsi… un casino insomma. Mi ha sbalordito infatti che la vecchia abbia autorizzato l’evento”
“probabilmente quest’anno staranno molto più attenti” meditò Kim.
“comunque in quell’occasione le esibizioni erano aperte solo al club d musica. Quest’anno da quello che ho capito sarà diverso” li informò il cestista.
“peccato però che nessuno degli altri studenti si sia ancora fatto avanti” proseguì Kim.
beh, allora speriamo che ci sia qualcuno che suona un po’ di rock da qualche parte” sperò Trevor, ignorando che quella persona era seduta dietro di lui in classe e aveva un look che testimoniava un vivo interesse per quel genere di musica.
“parlando di rock” esordì Kim ricollegandosi per l’appunto ai gusti musicali di Castiel “sono proprio curiosa di vedere Black ed Erin sul palco domani”
“oh, ci sarà da divertirsi. Ieri dopo le prove ho incrociato Kimberly e mi ha detto Castiel era stato un disastro. Chissà cosa hanno combinato oggi lui ed Erin” ridacchiò Trevor guardando il sole che stava ormai colorando il cielo dei toni dell’arancio.
“in ogni caso tutta la squadra sarà lì a far loro da supporto” dichiarò Dajan.
“dì piuttosto che siete pronti a prenderli per il culo, soprattutto Castiel” lo smentì  Kim divertita.
Dajan e Trevor sorrisero furbescamente, pregustandosi la scena che si sarebbe presentata davanti ai loro occhi quando il compagno di squadra avrebbe fatto il suo ingresso in scena.
 
Una volta entrati nel negozio di articoli sportivi, Trevor presentò agli amici il commesso nonché vecchio amico: Dake. Da buon venditore, il ragazzo li accolse con un sorriso smagliante, soffermandosi per un istante sull’unica ragazza del trio:
“è da un po’ che non ci si vede Trev” lo salutò. Quest’ultimo passò a presentargli i suoi amici e il motivo che li aveva portati da lui. Dajan era alla ricerca di una maglia termica con cui fare jogging durante il periodo invernale.
“capito. Seguimi” lo invitò Dake, facendogli un cenno mentre Kim, anziché seguire i tre, cominciò a guardarsi attorno. Adorava quel genere di negozi. Per una sportiva come lei, ogni dispositivo tecnologico aveva un suo fascino e ogni capo sportivo era più attraente di un vestito da gran sera.
Calamitò la sua attenzione una fascia nera, confezionata all’interno di un involucro con raffigurato un cuore. Sulla parte anteriore lesse che si trattava di un cardiofrequenzimetro.
“ne ho venduti un sacco di quelli” le annunciò Dake, appoggiandosi sul bancone. Kim si stupì, chiedendosi da dove fosse spuntato. Spostò lo sguardo verso i camerini davanti ai quali sostava Trevor e immaginò che all’interno ci fosse Dajan.
“i tuoi amici sono ancora lì tranquilla” la rassicurò il commesso con un sorriso malizioso.
“non avevo dubbi” replicò secca Kim “quindi come funziona esattamente?”
Dake le si avvicinò, più di quanto fosse necessario, e spiegò:
“questo va messo al petto” illustrò indicando il proprio torace piatto e proporzionato “e poi, grazie alla tecnologia bluetooth, comunica i dati relativi al battito al tuo smartphone”
Kim quasi non lo ascoltò, troppo a disagio per tutta quella vicinanza e abbassò il capo; voltò la confezione dall’altro lato e finse di leggere con interesse le istruzioni riportate sul retro, anche se il suo tentativo risultò alquanto ridicolo poiché erano riportate solo in cinese.
“se vuoi posso sempre mostrarti come si usa. Per esempio adesso. Sarebbe interessante sentire quanto forte batte il tuo cuore” le sussurrò il biondo ammiccando.
“prendo questa” li interruppe Dajan, appoggiando in malo modo il nuovo acquisto sul bancone.
“oh, hai già fatto?” chiese Dake con un misto di delusione e sorpresa, scivolando via dalla ragazza.
Kim ripose il cardiofrequenzimetro e si voltò verso i due amici: Trevor sembrava divertito mentre Dajan di cattivo umore.
“tu Kim devi prendere qualcosa?” le chiese il primo.
“no, sono a posto così”
“ok, allora andiamo” tagliò corto Dajan leggermente seccato.
“beh, voi due andate pure, io resto ancora un po’ qui. Ci vediamo domani” li salutò Trevor dopo che Dake aveva passato al cestista il suo acquisto.
Guardando Kim e Dajan uscire all’esterno e passare di fronte alla vetrina, Dake chiese:
“allora? Era quel tizio che volevi far arrabbiare?”
“arrabbiare? No beh, volevo solo fare un esperimento” precisò Trevor giocherellando con una delle palline antistress in vendita.
“ed è servito?”
“ah-ah. Ha confermato la mia ipotesi” attestò Trevor sibillino, sorridendo malizioso.
 
Dajan camminava spedito per strada, come se fosse solo. Da quando erano usciti dal negozio, non aveva scambiato mezza parola con la sua compagna di squadra che per questo si sentiva terribilmente a disagio. Eppure durante i loro allenamenti del sabato le sembrava che tra di loro ci fosse una certa intesa; quei pesanti silenzi non li avevano mai divisi. Odiò Trevor per averla abbandonata così su due piedi, proprio quando, per un motivo a lei ignoto, l’umore di Dajan era peggiorato.
Dopo cinque minuti buoni senza parlare, Dajan aprì bocca:
“senti Kim, per caso hai da fare? Devi tornare a casa?”
Incapace di celare la propria perplessità, la ragazza balbettò:
“n-no no, ho tempo”
Dajan rilassò i muscoli del viso, illuminandolo con uno di quei sorrisi bianchissimi che lo contraddistinguevano e che ogni volta la facevano sciogliere come un gelato al sole d’agosto.
“ottimo. C’è un’altra cosa che dovrei prendere ma ad essere sincero lì alla Pentathlon non mi ispirava di comprarla” le confidò.
“di che si tratta?”
“un cronometro. Una velocista come te saprà sicuramente consigliarmi al meglio”
Lusingata da quella fiducia, Kim annuì e passò a delineare le qualità indispensabili che caratterizzavano un buon dispositivo mentre il ragazzo la ascoltava con interesse.
 
“allora  come sono andate le prove oggi?” si incuriosì Nathaniel.
Lui e la sua ragazza avevano preso l’autobus assieme ma questa volta l’aveva accompagnata fino a casa.
“beh, dopo il disastro di ieri, oggi sono state un successo incredibile! Non so cosa sia preso a Castiel ma… aspetta, ti racconto dall’inizio. Appena siamo entrati in teatro, Lysandre subito ci ha fatto una ramanzina sulla nostra performance di ieri. A quel punto Castiel si è innervosito, sai come è fatto no? E ha cominciato a blaterale qualcosa sul fatto che Lys non poteva lamentarsi, che in fondo siamo noi che facciamo un favore a lui e bla bla bla… allora Lys gli si è avvicinato e gli ha sussurrato qualcosa. Non ho idea di cosa gli abbia detto ma da lì, stranamente, Castial ha cominciato ad impegnarsi! Vedessi che convinto! Kimberly si è quasi commossa” rise Erin.
“quindi domani farete una rappresentazione coi fiocchi?” dedusse fiducioso Nathaniel.
“per forza. Non ho nessuna intenzione di rendermi ridicola” dichiarò la sua ragazza “già con i vestiti da contadina non sarò un bello spettacolo”
Il biondo sorrise e le portò una mano sui fianchi, avvicinandola a sé. I due si fermarono a pochi passi dal portone d’ingresso:
“tu non sei un bello spettacolo? Saresti irresistibile anche vestita da tartaruga ninja”
Erin rise e il ragazzo silenziò quella dolce risata con un bacio. Stavano insieme da due settimane e tra di loro la sintonia aumentava di giorno in giorno. Le passò una mano tra i capelli sorreggendole la testa che la ragazza aveva reclinato di lato per accogliere quelle labbra.
“ERIN!”
La ragazza sbarrò gli occhi riconoscendo quella voce sin troppo familiare. Familiare in modo imbarazzante. Si staccò bruscamente da Nathaniel e guardò oltre la spalla di quest’ultimo.
Un uomo dal fisico ben piantato la fissava con stupore mentre una donna, dietro di lui, lo tirava furtivamente per la manica.
“PAPÀ!” esclamò Erin sconvolta, arrossendo vistosamente. Una reazione analogia contagiò Nathaniel “voi che ci fate qui?” li accusò basita.
Spostò lo sguardo verso sua madre che, inutilmente, aveva tentato di evitare quell’imbarazzante incontro.
“siamo venuti a trovarti no? Ci hai detto di questa recita e poi è da più di un mese che non ci vediamo! Anzi sono quasi due” calcolò sbrigativamente il padre avvicinandosi. I due ragazzi nel frattempo avevano aumentato la distanza tra i loro corpi e il biondo cercava di recuperare l’autocontrollo che lo contraddistingueva.
“potevate avvertire” li biasimò la ragazza.
“volevamo farti una sorpresa tesoro” si scusò la madre, sistemandosi gli occhiali sul naso. Nathaniel rimase sorpreso dal suono dolce e paziente della sua voce, che strideva accanto alla figura minacciosa del marito.
“direi che ci siete riusciti” commentò Erin ancora perplessa. Dentro di sé in realtà, fremeva dal desiderio di abbracciarli ma la presenza del suo ragazzo la tratteneva dal dimostrarsi troppo affettuosa.
“beh sei tu che hai fatto la sorpresa a noi” obiettò la madre, con un sorriso amichevole rivolto al ragazzo della figlia. Erin tornò a voltarsi verso quest’ultimo e lo guardò teneramente. Intrecciò la sua mano con quella di lui e lo presentò:
“lui è Nathaniel. Il mio ragazzo”
“si era capito” sentenziò secco il padre, stritolando la mano che il povero ragazzo aveva ben pensato di porgergli. Fortunatamente per lui, ben diversa fu l’accoglienza della madre di Erin che era tutta un sorriso.
“molto piacere Nathaniel” gli aveva detto.
Dopo aver recuperato un po’ di coraggio, il biondo riuscì ad articolare qualche frase:
“quanto vi fermerete a Morristown?”
“che c’è ragazzino, la cosa ti crea problemi?” lo sfidò l’uomo mentre Erin e sua madre lo richiamarono in coro:
“PAPÀ!”
“PETER!”
Peter sbuffò mentre Nathaniel, senza scomporsi, sorrise conciliante:
“era solo per sapere. Mi sarebbe piaciuto farvi fare una visita della città”
Erin sogghignò orgogliosa. Il suo Nathaniel, dall’aspetto così educato e misurato, sapeva come relazionarsi con chiunque, anche con un padre geloso e possessivo. Con un’eleganza e diplomazia da fare invidia ad un politico, usciva brillantemente a testa alta da ogni discussione o provocazione. Studiando l’espressione dei genitori, la ragazza colse che anch’essi ne erano rimasti piacevolmente impressionati, anche se suo padre faceva l’impossibile per non darlo a vedere.
“mi farebbe molto piacere Nathaniel” lo ringraziò la madre di Erin “ma noi ripartiamo dopodomani, il giorno dopo la recita… ho dei pazienti che mi aspettano… però che ne diresti di salire con noi? Vorrei tanto conoscerti prima di andare via”
 
Una volta all’interno dell’appartamento, Erin intercettò la zia e, una volta isolata dal resto dei presenti, le sussurrò offesa:
“potevi almeno avvertirmi che sarebbero arrivati!”
“volevano farti una sorpresa e poi ben ti sta!” replicò Pam, annuendo convinta “sono due settimane che voglio conoscere Nathaniel e tu trovi sempre fuori scuse”
Erin sbuffò e tornò in salotto mentre Pam apriva un pacco di biscotti da servire agli ospiti.
Trovò il suo ragazzo seduto sul divano mentre l’altro uomo di casa lo squadrava da capo a piedi.
“dunque lei signora di cosa si occupa?” chiese educatamente Nathaniel mentre la ragazza trovava posto accanto a lui.
“io?” chiese la madre di Erin, deliziata da quei modi così garbati “ma chiamami Amanda ti prego!” lo esortò, gesticolando animatamente “sono una psicologa mentre questo scorbutico di mio marito è un insegnante di nuoto”
Nathaniel annuì e fece un commento positivo sull’atteggiamento paziente della donna, che testimoniava la sua attitudine ad ascoltare le persone mentre Erin annunciava con orgoglio:
“Nathaniel invece è il segretario delegato del nostro liceo”
Amanda annuì ammirata, guardando la cognata che almeno sul piano teorico conosceva perfettamente il fidanzato della nipote.
“e una volta finito il liceo quali sono le tue prospettive ragazzo?” gli chiese Peter adottando un tono fin troppo ostile.
“papà! Lo stai mettendo in imbarazzo!” protestò Erin offesa per quei modi indelicati.
Il biondo però le accarezzò una mano per rassicurarla e senza scomporsi replicò:
“per la verità non ho ancora deciso”
“non mi sembra una buona risposta” commentò acido il genitore.
“è la più sincera che posso darle in questo momento”
Le tre donne della stanza trattennero delle risatine di fronte a quel ragazzo che, con educazione e intelligenza, teneva testa al colosso genitoriale davanti a lui. Sconfitto dalla diplomazia di Nathaniel, Peter borbottò qualcosa e si alzò per uscire sul terrazzo a fumare una sigaretta.
“è solo geloso di sua figlia. Sai sei il suo primo ragazzo e quindi non ha molta familiarità con questo genere di situazioni” lo giustificò Amanda.
Nathaniel sorrise comprensivo e rivolse un’occhiata complice ad Erin.
Finita di fumare la sigaretta, Peter si riunì al quartetto e, incredibilmente, sembrava aver mutato la sua opinione sul ragazzo.
Gli chiese con interesse quali mansioni gli spettassero al liceo e arrivò addirittura a complimentarsi per l’eccellente rendimento scolastico. Le donne rimasero disorientate da quell’imprevedibile inversione di rotta, ma si limitarono ad ascoltare deliziate la conversazione tra i due uomini.
Dopo una mezz’oretta, Nathaniel tolse il disturbo, non prima di aver promesso alla famiglia della sua ragazza di rivederli alla recita il giorno successivo.
“avresti dovuto essere gentile con lui sin dall’inizio” sbuffò Erin incrociando le braccia al petto e sprofondando sul divano.
“non sei contenta di vedere il tuo vecchio?” cambiò discorso Peter, con un sorriso fin troppo largo. Ora che Nathaniel aveva lasciato l’appartamento, era libero di sfogare tutto il suo affetto paterno.  Non vedeva l’ora di abbracciare la figlia e averla trovata avvinghiata al corpo del biondo non era stata una bella scena per il suo cuore geloso. Si avventò su di lei, facendole il solletico e nonostante le proteste di Erin, ci mise un po’ a smettere.
“eddai papà! Non ho cinque anni!” protestò ancora ridendo.
 
Mentre Pam preparava la cena, Erin e sua madre si ritagliarono un momento per loro. Erin le mostrò la sua stanza e le foto dei suoi amici. Poi si sedettero sul letto e Amanda, con un tono serio e al contempo un po’ apprensivo, cominciò:
“tesoro, Nathaniel mi piace molto. È davvero un bravo ragazzo…e poi è così bello”
Erin arrossì e la madre proseguì:
“però c’è un discorso che non abbiamo mai fatto e credo che ora-”
“mamma!” la interruppe Erin avvampando. È vero, non avevano mai fatto quel discorso ma di questo la ragazza non se ne era mai lamentata.
“Erin è importante” ribadì la psicologa “ogni giorno nel mio studio arrivano genitori disperati perché temono che i loro figli abbiano rapporti non protetti e-”
“sono vergine” tagliò corto Erin.
“e vedi di restarlo!” urlò suo padre, passando davanti alla porta aperta della stanza.
Erin gli lanciò un’occhiataccia, sentendosi al contempo imbarazzata e arrabbiata. Peter entrò in bagno e la figlia, rivolta alla madre, proseguì:
“io e Nathaniel ne abbiamo già parlato, tranquilla. Stiamo insieme da sole due settimane. È presto per me… e lui ha detto che aspetterà quando sarò pronta… però questa cosa riguarda solo noi due, non sono una bambina, so quali precauzioni prendere, quindi non preoccuparti d’accordo? Questo discorso è più imbarazzante per me che per te”
Amanda sospirò lievemente e, con un sorriso rassegnato, passò a chiederle dell’imminente recita.
 
“Peter, posso parlarti?” chiese Pam rivolgendosi al fratello che era appena entrato in cucina.
Il tono serio e pesante lo insospettì:
“certo, di che si tratta?”
La sorella sospirò, finì di pelare l’ultima patata e si voltò verso l’uomo:
“si tratta della presenza di Erin qui, a Morristown. Non potrò restare ancora a lungo in questo appartamento. Devo trasferirmi”
“che cosa? E perché?” sbottò Peter sorpreso.
“il punto non è il perché, il punto è che devo farlo… e visto che andrò a stare in un appartamento più piccolo non c’è spazio anche per lei”
“più piccolo? Già è un buco questo Pam!” obiettò il fratello sconcertato “in che guaio ti sei cacciata questa volta? Ti servono dei soldi?”
“non voglio i tuoi soldi Peter! Mi hai aiutato anche troppo in passato” si irritò Pam.
“sono tuo fratello, ovvio che ti aiuto e continuerò a farlo. Dimmi solo quanto ti serve” continuò lui imperterrito.
“PETER!” lo rimproverò Pam esasperata. Temeva che il loro discorso avrebbe preso quella piega, ma d’altro canto non poteva non avvertirlo. Quando Erin si era trasferita da lei, Pam non aveva voluto un soldo dal fratello, sentendosi fin troppo in debito verso di lui per i prestiti che le aveva fatto in passato e che ancora lei non aveva restituito. Preferiva che Erin tornasse con loro in città, piuttosto che chiedergli altri soldi. Del resto la nipote sembrava essersi ripresa e, anche trasferendosi, sarebbe comunque riuscita a vedere il suo ragazzo tutti i weekend. In altre parole, Pam era determinata a risollevare la sua situazione senza chiedere l’appoggio del fratello.
“zia, c’è Jason” annunciò Erin facendo capolino in cucina. Percepì della tensione nell’aria ma una volta tanto, sedò la propria curiosità e non fece domande.
“arrivo” replicò la donna, togliendosi sbrigativamente il grembiule. Invitò la nipote a continuare a preparare la cena e uscì sul pianerottolo.
“ehi Pam, scusa se ti disturbo… ho visto solo ora che avevi ospiti” la salutò il giovane.
“figurati, tu non disturbi mai. È mio fratello con sua moglie” lo rassicurò sorridendo. Era incredibile come nell’arco dei venti passi che l’avevano portata a trovarselo di fronte, il suo animo si fosse già rasserenato. Jason, con quell’aria da eterno ragazzo, la faceva sentire più leggera e le permetteva di dimenticare i suoi problemi. Lasciare quell’appartamento le sarebbe costato molto perché non avrebbe più potuto dormire con la consapevolezza che dall’altra parte della parete c’era l’uomo che lei aveva scoperto di amare.
“ah quindi i genitori di Erin… proprio per lei sono qui…. non ricordo più a che ora avevi detto per la recita”
“lo spettacolo inizierà alle otto quindi direi che potremo partire da qua verso le sette e un quarto”
“perfetto, allora andiamo con la mia macchina” propose Jason.
“sono io che ti ho invitato, quindi lascia che usi la mia” protestò educatamente Pam.
“e tu lasciami fare il cavaliere, una volta tanto” patteggiò divertito Jason ma lei anziché assecondare quell’allegria, lo guardò con dolcezza:
“ma tu sei sempre un cavaliere”
Jason arrossì e stava per aggiungere qualcosa quando sentì un’inquietante presenza sulla soglia dell’appartamento di Pam. Alzò lo sguardo e vide la testa di un uomo che lo stava letteralmente fulminando con gli occhi. Questi ultimi erano ridotti a due fessure e le sopracciglia erano aggrottate, rendendo quel volto particolarmente inquietante e minaccioso. Intercettando lo sguardo e l’esitazione del suo interlocutore, Pam si voltò e appena realizzò la presenza dell’intruso, sbottò, sollevando gli occhi al cielo:
“e che diamine Peter! Non sono più una ragazzina!”
Il fratello tornò a cuccia, borbottando frasi incomprensibili mentre Jason era ancora perplesso:
“quindi è lui tuo fratello?”
“sì. Scusalo sai, ma è sempre stato molto protettivo con me. Con le sue figlie è anche peggio”
 
Durante la cena, con enorme sollievo di Erin, non fu Nathaniel l’argomento di conversazione, bensì Jason.
“da quando lo conosci?” interrogò Peter.
“da quando sono arrivata” borbottò Pam, guardandolo in cagnesco. Non sopportava quel terzo grado ed erano passati parecchi anni da quando ne aveva subito uno.
“che lavoro fa?”
“veterinario”
“ha animali in casa?”
“no”
“fuma?”
“cosa c’entra? Anche tu fumi!”
protestò Pam.
“allora fuma” concluse Peter, soddisfatto di aver trovato un difetto.
“in realtà non l’ho mai visto fumare” lo difese la donna “Amanda, come hai potuto sposare questo elemento!” sbottò esasperata rivolgendosi alla cognata che, come era solita fare, sorrise senza prendere posizioni.
 
Dopo cena, Pam invitò i due ospiti a prendere il suo letto, mentre lei avrebbe dormito sul divano. Le dimensioni ridotte del mobile però suscitarono le proteste di Amanda che non poteva permettere alla cognata di riposare su una simile scomodità. Quando allora Pam suggerì di trasferirsi per la notte dal vicino Jason, toccò a Peter rifiutare la proposta: l’hotel che avevano prenotato venne così confermato come soluzione per la notte.
 
Mentre sua moglie stava indossando la vestaglia di seta, Peter guardava fuori dalla finestra il panorama notturno di Morristown.
“davvero non capisco come Pam faccia a vivere qui, in mezzo a tutto questo caos” borbottò.
“a me sembra una bella città. Se solo ci fermassimo di più, avrei accettato volentieri l’invito di Nathaniel…  a proposito” disse, calamitando l’attenzione del marito “si può sapere perché poi ti sei fatto più gentile? Che c’è, il fumo ti fa rischiarato le idee?” scherzò.
Peter si mise seduto sul letto e rispose:
“ho riflettuto cara. Quel ragazzo è davvero in gamba, educato, diplomatico… però non è adatto ad Erin e lei se ne accorgerà” annunciò trionfante “non sarà lui a portare via il cuore della mia bambina ed è per questo che poi mi sono rabbonito. Non è una minaccia”
Di fronte a quel tono così solenne e sicuro, Amanda ridacchiò, spalmandosi la crema alle mandorle sulle braccia.
“trovo commovente il tuo ottimismo caro, ma dovresti cominciare ad accettare l’idea che la nostra Erin stia crescendo e io mi auguro che tra di loro le cose funzionino. Sono molto simili perché anche lei quando vuole sa essere diplomatica e riflessiva. Era sempre lei quella che spegneva l’impulsività di sua sorella”
“lo so è per questo che il suo ragazzo ideale dovrà avere un temperamento più impetuoso del suo. Per Erin ci vuole un uomo più… impulsivo ma che lei, con la sua dolcezza, sappia come prendere. Insieme a Nathaniel risultano una coppia un po’noiosa”
Amanda scoppiò a ridere e commentò:
“non ti facevo così esperto di questioni di cuore. Io però ci rimarrei molto male a perdere un genero come Nathaniel. Riconoscilo che è il principe azzurro delle fiabe”
“lo so… e per fortuna che non conoscerà mai Sophia”
“e che c’entra Sophia adesso?”
“c’entra perché seguendo il mio ragionamento, se è vero che Nathaniel non è adatto ad Erin, sarebbe perfetto per quel terremoto di sua sorella”
Per la terza volta nell’arco di pochi minuti, la moglie scoppiò a ridere, questa volta più fragorosamente delle altre.
“Sophia? La nostra Sophia? Oddio tesoro, lei li ha sempre odiati quel genere di personaggi. Sin da quando era bambina e le leggevo le fiabe, si arrabbiava ogni volta che la principessa veniva salvata dal principe. Protestava dicendo che se era per lei, avrebbe affrontato da sola il drago, altro che principi azzurri”
Rievocando quel dolce ricordo, dapprima i genitori risero insieme, poi però le loro risate si affievolirono e una patina di nostalgia velò i loro occhi:
“vorrei tanto sentire la sua voce adesso. Mi manca così tanto Pete” sussurrò.
Il marito le si avvicinò e le cinse le spalle, baciandole i capelli.
“lo so tesoro, lo so”
Rimasero in silenzio, abbracciati nella penombra della stanza per qualche minuto finché Amanda si staccò:
“comunque tesoro, tu le nostre figlie non le conosci quanto le conosco io e poi…” chiarì guardandolo negli occhi “ti ricordo che la psicologa sono io”
 
Anche Erin quella sera pensava a lei: Sophia. L’aver riabbracciato i suoi genitori aveva reso automatico il collegamento alla sorella. Eppure sia sua madre che suo padre sembravano più sereni rispetto a quando li aveva salutati due mesi prima. Forse stavano cominciando ad abituarsi a quella situazione. Quanto a lei, non passava giorno che non pensasse, almeno per un istante alla gemella.
“se non fosse stato per quell’incidente ora lei non…”
Bloccò subito quella frase che si era formulata nella sua testa. Quello che era stato era stato. Compiangere il passato non le sarebbe stato di alcun confronto. Si portò la coperta fino a sotto il naso e cercò di pensare ad altro.
 
L’indomani, come tutti i mercoledì, Erin si unì al suo gruppo di amici per pranzo. Si era accordata con Nathaniel per pranzare con lui tutti i giorni eccetto il mercoledì e il giovedì, così da non trascurare le sue amicizie. Del resto anche il biondo aveva legato con alcuni suoi compagni di classe per cui quell’accordo venne accettato di buon grado da entrambe le parti.
“e così Nathaniel ha conosciuto i genitori di Irina” commentò divertito Armin guardando Castiel che, come al solito, era di pessimo umore. A nulla erano valse le sue proteste, gli amici continuavano a trascinarlo in mensa contro la sua volontà.
“sarei curiosa di conoscerli anche io” affermò Iris.
“beh, verranno stasera” annunciò Erin cercando di tagliare una fetta di bistecca dura come il marmo “ma parliamo d’altro va... Castiel!” lo chiamò puntandogli il dito contro “ho rispettato il patto di non parlare del concerto per una settimana e ora finalmente posso tornare a farlo. Ci hai pensato?”
Il rosso sollevò gli occhi al cielo e replicò scocciato:
“per l’ennesima volta, sì e la risposta è sempre la stessa!” Erin mise il broncio mentre l’amico si rivolgeva alla ragazza seduta accanto a lui  “Violet mi passi il ketchup?”
Mentre distribuiva il liquido rosso sulla pietanza, s’intromise Rosalya.
“tanto per cominciare, dovremo pensare ad un nome per la band”
“ohi! Ho detto che non suonerò!” protestò Castiel, offeso dalla scarsa considerazione che aveva sortito la sua decisione.
“e allora? Ho solo detto di pensare ad un nome per la vostra band. Quello dell’anno scorso faceva pena”
“ehi!” replicò risentito Alexy che era stato proprio lui a proporlo.
“potreste chiamarvi i Musicisti per casoipotizzò Erin
“ho tre aggettivi per descrivere la tua proposta: banale, idiota, ridicola” tagliò corto il chitarrista.
Erin lo fulminò con lo sguardo, allora tentò Armin:
“i Trez
“e questa da dove l’hai tirata fuori?” gli chiese il fratello, mal celando un certo scetticismo.
“è il nome di una popolazione guerriera del videogiogi-“
Gli amici non lo lasciarono finire la frase e lo ignorarono deliberatamente.
“magari qualcosa che richiami la poesia” suggerì Lysandre “ad esempio, i poeti della musica
“oppure il duo solitariosuggerì Iris.
“se fosse i vermi solitari? Sarebbe buffo” propose Alexy ridendo.
“chiamatevi Tenia solium!” esclamò Erin,
“e che roba è?” sbottò Rosalya.
“un verme parassita intestinale”
Castiel stava perdendo la pazienza. Un altro po’ e i presenti avrebbero potuto vedere la vena che gli pulsava in fronte dall’irritazione. Anche se sapeva che i suoi amici stavano solo scherzando, sentire tutti quei nomi assurdi peggiorava il suo umore. Per lui la band era una cosa seria mentre loro si stavano divertendo a prenderlo in giro.
“comunque, se continua così, il concerto sarà un flop” commentò Alexy cambiando argomento.
“a che ti riferisci?” indagò Rosalya sorpresa.
“per ora l’evento non ha riscosso grande successo. Si esibiranno gli studenti del club di musica più un altro gruppo di seconda. Hanno proposto di fare un karaoke ma chi vuoi che sia così idiota da esibirsi davanti a tutta la scuola?” spiegò Erin che aveva ricevuto le informazioni da Nathaniel “per evitare gli episodi di quattro anni fa, questa volta bisogna pagare un biglietto di ingresso di cinque dollari: questo è un sistema adottato dalla scuola non solo di rientrare delle spese, ma anche per tenere sott’occhio il numero di partecipanti… e per ora sono davvero pochi” concluse la ragazza del segretario.
“beh, nessuno di noi qui mi pare abbia dato la sua adesione” osservò per l’appunto Iris, ricevendo segni di conferma dagli amici.
“ovvio, io ci andrei solo se questo testone qui si decidesse!” comunicò Erin esasperata, puntando il dito contro il rosso.
Irritato da quell’insistenza, Castiel fece per liberare il suo posto, ma Alexy lo bloccò per il braccio.
“ok, ok, chiudiamo qui il discorso. Ma tu resta Cas” lo esortò “allora? Pronti per stasera?” chiese rivolgendosi ai quattro attori.
“faremo un figurone!” promise Erin ottimista, aprendo le spalle in un atteggiamento fiero e combattivo.
“vi conviene” puntualizzò Lysandre, lanciando un’occhiata minacciosa al suo amico dai capelli rossi.
 
Erin era pronta. Erano ormai le sei e da lì a un paio d’ore sarebbe cominciata la recita. Le altre attività pomeridiane erano concluse da un pezzo e solo gli studenti del club di teatro erano presenti all’interno dell’edificio.
Riprese in mano il copione e ripetè più volte le battute. In quel momento le sembrava di ricordarle alla perfezione ma temeva che l’ansia del palcoscenico l’avrebbe tradita. Mentre lei cercava di impegnarsi e dare credibilità al proprio personaggio, Lysandre assillava Castiel con mille raccomandazioni:
“scandisci bene le parole e se proprio dimentichi le battute, aspetta il suggerimento di Rosa. E per l’amor del cielo: non improvvisare!”
Castielo sollevò le spalle, incurante di quelle raccomandazioni, incrementando così il nervosismo dell’amico. Quest’ultimo allora si voltò e chiamò la controparte del ragazzo nella commedia:
“Erin! Devo dirti una cosa che mi ha riferito Cast-“ il rosso gli tappò prontamente la bocca e, vedendo l’amica soggiungere incuriosita, la cacciò in malo modo:
“devi sempre ficcare il naso dappertutto tu? Sloggia!”
“è stato Lys a chiamarmi” obiettò la futura contadina, incrociando le braccia al petto.
“e adesso sono io a cacciarti. Su, sciò, sciò… torna nella stalla, tesorola sfottè il futuro finto marito.
Dopo avergli risposto con un gestaccio, la ragazza allontanò di pessimo umore e tornò a ripassare la parte.
 
Pam ricontrollò per l’ennesima volta la sua figura allo specchio. Jason sarebbe arrivato entro pochi minuti e lei non era mai stata tanto insicura sul suo look. Temeva che l’abito che aveva addosso fosse troppo corto e provocante. Analizzò quello che aveva provato fino a poco prima e che ora giaceva sul letto e considerò che era fin troppo coprente e austero.
Il campanello suonò e accorse trafelata ad aprire.
“lo so, non dire nulla, sono in ritardo!” annunciò trovandosi di fronte Jason.
“veramente volevo farti i complimenti per il vestito” ammise il ragazzo ridacchiando.
“ti piace davvero?”
“beh a te starebbe bene di tutto” la lusingò arrossendo timidamente.
Anche le guance di Pam si imporporano a sua volta, facendo sentire entrambi alla stregua di ragazzini inesperti. Avevano quasi sessant’anni in due eppure non riuscivano mai a spingersi oltre dei complimenti misurati e gentilezze educate.
“meglio andare, così ci becchiamo i posti migliori” la esortò il ragazzo.
Pam annuì e dopo aver recuperato le chiavi di casa, uscì dall’appartamento.
 
Erin era in piedi dietro al pesante tendone.
“nervosa?” la stuzzicò Rosalya che indossava un bellissimo abito da nobildonna.
Oltre il pesante tendaggio si sentivano le voci del pubblico in sala che crescevano sempre di più. Quel locale era uno dei più grandi del liceo e il numero di posti a sedere molto nutrito considerato anche se si trattava di una scuola.
“si vede tanto?” scherzò Erin.
“non preoccuparti. Andrai benissimo” la tranquillizzò Rosalya, stampandole un bacio sulla guancia.
“ehi, fidanzatine, che ne dite se cominciamo?” le richiamò Castiel, appoggiato contro un pilastro.
Le due ragazze si spostarono dal palco e tornarono dietro le quinte con il resto della compagnia.
Per quanto cercasse di controllare la tensione respirando normalmente, Erin si sentiva un fascio di nervi.
“come la prendi seriamente” la canzonò Castiel.
“cuciti la bocca” lo zittì.
L’amico sogghignò divertito e osservò:
“pensala così Erin. Male che vada, la figura di merda la faremo in due”
Quell’espressione beffarda e al contempo rassicurante, allentò un po’ della tensione nella ragazza che sorrise complice.
“ragazzi siamo tutti pronti?” disse Kimberly ricevendo cenni d’assenso “e sia… si va in scena!”
 
 
 
 
NOTE DELL’AUTRICE
Questa volta sarò breve: tanto per cominciare, spero che il capitolo vi sia piaciuto. Visto che si parla di teatro, è doveroso da parte mia ringraziare ancora una volta _nuvola rossa 95_ per un disegno che ha realizzato tratto da una scena del capitolo 22 ^^). Mi sono sentita onorata nel ritrovarlo nella mia posta di EFP quindi non potevo non pubblicarlo nella parte a cui si riferisce :)
 
Non vi farò domande specifiche sul capitolo perché nelle recensioni mi piace che siate voi a dirmi se e cosa vi ha colpito di più… e poi devo dirvelo, ultimamente è sempre più un piacere leggere le vostre recensioni perché sono ricche di commenti e osservazioni ^^).
 
Bene, davvero oggi non ho tanto da dirvi, sarà perché in questo periodo sto esaurendo la mia vena creativa nel prendermi avanti con questa never ending story… ho scritto un po’ di capitoli ma mi riserbo di pubblicarli ogni 5/6 giorni. Davvero è tutto ^^) Alla prossima!
 
 
 
 
 
 
  
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