Nono capitolo –
Mi sei mancata
14 Ottobre 2001
“Fiocco rosa o fiocco giallo?” Mia alzò entrambe le
sopracciglia, e poi allungò il suo ditino verso il primo fiocco: quello
rosa. Era domenica, e come ogni domenica dovevano
andare a pranzo dai nonni. Le bambine adoravano andare a casa di Esme e Carlisle, perché
sapevano con certezza che avrebbero rimediato sempre un regalino: dei dolcetti,
oppure dei soldi.
“Vieni qui.” Mia si voltò, lasciando che Bella
pettinasse i suoi capelli riccioluti. Ormai non si lamentava più,
perché ogni volta che si guardava allo specchio, adorava la nuova
pettinatura che le aveva fatto zia Bella.
Intanto Emma era al piano
inferiore, che arrabbiata finiva i suoi compiti di Matematica.
“Ecco
fatto. Sei
bellissima.” Diede un buffetto dolce ai capelli di Mia, mentre lei con
ammirazione si guardava allo specchio da diverse angolazioni.
“Sei proprio bava.”
“Grazie tesoro.
Adesso andiamo ad aiutare Emma con i compiti.”
“E quando andiamo a
prazzo dai
nonni?”
“Fra qualche
ora.”
“E quando tonna zio
Edward?”
Edward. Giusto.
Quell’Edward che
era partito la settimana scorsa per l’Italia.
“Oggi. Viene direttamente dai nonni, tesoro.”
“E Mary e Ronnad?”
“Sì, zio Jake e zia Leah porteranno anche
loro. Sei contenta?”
“Sìì! Percché sono piccoli piccoli e… un po’ vissidi.”
“Mia, non sono
viscidi!”
“Ma
hanno la pelle così… vissida.” Fece la sua solita smorfia con la bocca,
quando le cose non le andavano a genio.
“Tu hai
finito?” Intanto erano scese giù: Mia si era catapultata sul suo
tappeto dei giochi, mentre Emma era china con la schiena sul suo quaderno.
“Odio le
sottrazioni. Le odio.”
E sì, in
Matematica era proprio tale e quale ad Alice.
“Il bello deve
ancora arrivare, tesoro: divisioni, moltiplicazione, lettere al posto dei
numeri…”
“Grazie,
zia Bella. Sei
sempre d’aiuto.” Soffocò una risata, mentre si riempiva una
tazza di caffè.
La settimana appena
finita era stata una delle migliori: stando da sola con le bambine era riuscita
ad instaurare un rapporto fantastico con loro, nel
giro di pochi giorni. Era riuscita a capirle e a viziarle in tutti i modi
possibili, e le adorava da morire. La mancanza di Edward si sentiva, ma loro
erano diventate complici. Passavano da pigiama party che duravano ore a gite
nei vari parchi di New York. Un giorno le aveva anche portare al MoMa, e persino quel cuore di
ghiaccio di Rosalie Hale si era innamorata di loro.
“Quando torna
Angela?” Ed avevano anche formato un quartetto
perfetto, insieme ad Angela. Si era ripresa da poco, doveva fare ancora molte
sedute di fisioterapia, ma non si era mai tirata indietro quando Bella la
invitava a cena a casa loro.
“Sìììì. Angea quando viene?”
“Presto. Un giorno cacceremo zio Edward e così Angela dormirà qui
con noi.”
“Lo mandiamo da
James e Laurent.” Disse Emma, trovando una
soluzione per tutto. Bella questa volta rise sul serio, immaginandosi Edward a
dormire sotto lo stesso tetto del suo migliore amico e del fidanzato di quest’ultimo.
Non glielo avrebbe mai perdonato, e per questo aveva in mente di spedircelo il prima possibile.
“Pecché ridi?”
“Niente,
tesoro.” Bella scosse la testa, togliendosi quelle immagini dalla mente.
“Insomma, vogliamo finirli questi compiti?”
Emma alzò gli
occhi al cielo, infelice che la sua piccola pausa fosse già finita. “Odio la Matematica. Io. La.
Odio.” E detto questo, buttò di peso la testa sul tavolo di legno,
sbuffando sonoramente.
“NONNAAAAA NONNAAAAA NONNAAAAA”
Mia si catapultò immediatamente fra le braccia di Esme,
aspettando che quest’ultima la prendesse in braccio per abbracciarla
forte.
“Tesoro, tu non mi
saluti?” Emma la guardò dall’alto verso il basso, e
lentamente si avvicinò a lei per stamparle un bacio sulla guancia.
“C’è qualcosa che non va?”
“Zia
Bella mi obbliga a fare Matematica. Io odio la Matematica.” Esme
scosse la testa, sorridendo.
“Devi fare i tuoi
compiti, tesoro. Tutti gli abbiamo fatti.”
“Non
Matematica.
Nessuno può obbligarmi a fare Matematica.”
Sbuffò sonoramente, dirigendosi a testa bassa verso l’ingresso
della casa.
Intanto Bella cercava i
chiudere quella maledetta macchina, che in una settimana le aveva dato non
pochi problemi.
Era una
responsabilità troppo grande guidare una macchina del genere,
soprattutto se il proprietario era un geloso egocentrico come Edward Cullen.
Dopo pochi minuti
seguì le sue nipotine all’interno della casa, trovando già
Jacob e Leah seduti su uno dei tre divani di
quell’enorme sala. Mentre i gemelli erano nei passeggini, proprio accanto
ai loro genitori.
“Non so se stai
peggio tu o io.” Esordì Leah, mentre
Bella si sedeva accanto a lei. La sua amica aveva occhiaie pronunciate, ed il suo colorito non era dei migliori.
“Ci siamo
divertite, queste settimana.”
“Oh, anche noi. Non
puoi capire invece quanto si sia divertito Jacob, che ha deciso di tenere il
Pub aperto. E che quindi rientrava ogni sera ad orari
improbabili, svegliandoli entrambi.”
Bella cercò di non
ridere, ma proprio le fu impossibile quando vide la faccia triste da cane
bastonato di Jacob.
“Il
bello deve ancora arrivare. Tipo quando giocherete a nascondino, e ne troverai uno
dentro la lavatrice, mentre l’altra invece di cercarla, prova ad
accenderla.” Leah
allargò gli occhi, stupita.
“Non dirmi che
l’hanno fatto veramente.”
“Già. Mia
è entrata nella lavatrice, ed Emma quando l’ha trovata invece di
andare a fare tana, ha praticamente premuto il bottone
d’accensione.”
“E…?”
“Era da un
po’ che io ed Angela non le sentivamo, e lei era
andata al piano inferiore. Fermate per un pelo.”
“Ringrazia che non
lo sappia Edward. Te lo avrebbe rinfacciato per il resto della tua vita.”
“Peccato che Edward ora lo sa.”
Sobbalzarono entrambe, e si voltarono contemporaneamente.
Edward Cullen era proprio dietro di loro: e mentre la faccia di Leah era quasi colpevole per qualcosa che non aveva fatto,
quella di Bella era quasi… stupita
e felice allo stesso tempo.
“Sei
tornato.” Fu l’unica cosa che riuscì a sussurrare,
beccandosi una gomitata dalla sua amica.
“Qualche ora fa. Mi
ha accompagnato James qui.”
“Oh.”
Brava, Bella. Continua così. Sei la regina delle
conversazioni.
“Insomma, chi era
dentro la lavat-”
“Il pranzo è
pronto!” E in quel momento Esme Cullen fu santificata da Isabella Swan.
Per il resto della sua vita.
Quella tavolata era
qualcosa di invivibile: Emma e Mia non facevano altro
che punzecchiarsi, iniziando anche a tirarsi piccoli pezzetti di pane. I
gemelli avevano capito che era l’ora di mangiare, e quindi avevano iniziato
a piangere allo stesso tempo. Jacob cercava di aiutare Leah
con entrambi i piccoli, Esme provava a calmare le sue
nipotine, mentre Edward e Carlisle discutevano di
lavoro e politica. Un vero e proprio inferno per Bella, che decise di
abbandonare tutte quelle persone ed iniziare a portare
i piatti in cucina.
La cucina dei signori Cullen era super attrezzata, con un forno di ultima
generazione dotato di touch screen,
due lavastoviglie, ed un lavandino enorme. Insomma,
nulla a che vedere con la loro
cucina.
Aprì l’acqua
calda ed iniziò a lavare i primi piatti, quando
due mani forti le afferrarono entrambi i fianchi.
“Buh.”
“Divertente.”
Cercò di continuare quello che stava facendo, ma era impossibile
concentrarsi con il profumo di Edward a pochi centimetri da lei.
Devi solo lavare i piatti, Bella.
Lavare. I. Piatti.
“Ti serve una
mano?” Domandò, senza staccare le mani da
lei. Anzi, avvicinandosi ancora di più da far aderire le loro guance.
“No. Puoi tornare
di là.”
“Sto meglio
qui.”
Non sapeva come
interpretare quelle parole. A dirla tutta, non sapeva proprio come interpretare
tutti i gesti di Edward nell’ultimo periodo.
“Puoi aiutare tua
madre con Emma e Mia. Oppure dare un po’ di supporto morale a Jacob. O
tornare a chiacchierare con tuo padre. Ma qui non ho
bisogno d’aiuto, Edward.”
“Capito.” Si
staccò di qualche centimetro, giusto per dare lo spazio necessario a
Bella di voltarsi.
Ora, erano uno di fronte
all’altra. E la prima cosa che notò Bella, fu che la porta della
cucina che lei aveva lasciato aperta, ora era chiusa.
“Perché hai
chiuso la por-”
“Mi sei mancata.” Fu tutto quello
che uscì dalla bocca di Edward, prima di zittirla con quella di Bella.
Una mano restò
sempre issata sul suo fianco, mentre l’altra arrivò dietro il suo
collo, massaggiandole delicatamente la nuca.
Entrambi approfondirono
il bacio, intrecciando le loro lingue. Si staccarono dopo quale
secondo, entrambi bisognosi di aria, con le bocce arrossate e gli occhi
stravolti.
“No. Così
non va bene.” Disse Bella, in un sussurro.
“Cosa?”
“Non
può andare avanti così. Non ci vediamo da una settimana, Edward. Non puoi tornare e
fare… questo.” Con la
mano libera indicò loro due, intendendo
ciò che era appena successo.
“Dopo quello che è successo la scorsa notte, non posso fare
questo?” Edward ripeté il suo stesso identico gesto, alzando
entrambe le sopracciglia.
Che cos’era successo, la
scorsa notte?
Più di una settimana prima, dopo che i gemelli erano nati, Edward
l’aveva baciata per la prima volta. E una seconda. Poi una terza, e
così via.
Si erano scambiati effusioni per tutta la notte, senza mai andare
oltre.
Si erano scambiati parole dolci e di
conforto, dopo tutto quello che avevano passato.
Si erano svegliati insieme, avevano fatto colazione e subito
dopo Edward era partito per il suo congresso.
Ed ora che non si vedevano da una
settimana, la sua spiegazione era stata quella: un altro bacio attaccata al lavandino
della cucina.
“Il problema
è che non so ancora cosa sia successo l’altra notte,
Edward.”
“Come?”
“Bells, mi riscaldi i biberon?” Erano ancora
attaccati, quando Jacob entrò in cucina con due biberon pieni di latte
in mano. “Okay. Va bene.” Jake deglutì, cercando di trovare un senso a tutto quello aveva appena visto. “Ti
lascio i biberon sul tavolo. Io non ho visto niente.”
Silenziosamente come era entrato, uscì,
lasciandoli di nuovo soli. E ancora attaccati.
“Fantastico. Ci mancava solo questa.” Sussurrò
Bella, sbattendo la testa sul petto di Edward, esasperata.
“Tì. E poi io ho parura del buio.
No. Non potto andale in
camera di tia
Bella. No.” Sentirono la voce di Mia, mentre chiacchierava amabilmente
con sua nonna.
“E perché
non puoi andare in camera di Bella, tesoro?”
“Pecché tio Edward domme con lei. L’altra notte dommiva
con lei.”
“Ora si che siamo
fottuti.” Sussurrò Edward, scuotendo la testa e appoggiandola
sopra quella di Bella.