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Autore: SilverSoul    04/09/2014    3 recensioni
La vita di Maka, chiusa in un appartamento in unica compagnia dei suoi amati libri, sta per cambiare.
Riuscirà il mondo reale ad essere all'altezza di un mondo di carta, dove le alte aspettative, i grandi amori e i sogni nel cassetto sono a portata di mano?
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maka Albarn, Soul Eater Evans, Un po' tutti | Coppie: Soul/Maka
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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4) La nascita dei Maka-chop
 
<< ….I thank you aalllll… But it’s been no bed of rooses, no pleasure cruuuise… >>

Il bagno in casa di Tom era pieno di vapore. Davanti allo specchio, una spazzola in mano, sopracciglia corrugate, il nostro albino preferito si stava esibendo nella sua più brillante imitazione di Freddy Mercury, per la gioia dei flaconi e degli spazzolini appoggiati sul rubinetto di fronte a lui.

<< I consider it a challenge before the whole human race and i ain’t gonna looooooseeee >>

Soul accennò un paio di passi, fece una piroetta su se stesso, sempre tenendo la spazzola a livello delle labbra e mimando le parole che uscivano a tutto volume dalla radiolina sulla mensola.

<< And we mean to go ooon and ooon and ooon and oooon >>

Il coretto lo abbozzò strisciando la mano a destra e a sinistra a tempo degli “ooon” sul vetro, per eliminare la condensa. Occhi lucidi, guance e naso arrossati e i capelli ancora umidi che iniziavano a ricrescergli,  lunghi abbastanza da entrargli negli occhi ma ancora troppo corti per rientrare nei suoi standard da cool: Soul si guardò allo specchio, concentrato come non mai, l’adrenalina che scorreva in corpo, caricandolo per il grande pezzo centrale.

L’albino inspirò a pieni polmoni, portando la mano destra, libera dalla spazzola,  verso il soffitto, ed esplose:

<< Weee are the championsssss, my frieeeendss…and weee’ll keep on fighting, till the eeend…. >>

Il ragazzo ondeggiò a tempo di musica, fece un paio di passi verso il rubinetto e riprese: << Weee are the chaaampions, weeeee are the chaaampions, nooo time for looooosers, cause wee are >>

<< Soul, tutto okay lì dentro? E’ un’ora che sei in bagno! Io vado, a dopo! >> La voce di Tom gli giunse ovattata da sotto la porta.
Soul, colto in fallo proprio durante l’inchino finale, sobbalzò, scivolando sul pavimento umido e portandosi dietro le cianfrusaglie che affollavano il ripiano del lavandino, al quale aveva tentato di aggrapparsi.

“Questo non è per niente figo” pensò l’albino, scattando in piedi mentre si affrettava a rassicurare Tom e a risistemare lo scempio che aveva combinato, massaggiandosi la chiappa che aveva attutito la sua caduta.

Quello era proprio un grande giorno, per il ragazzo.

Dopo settimane che sgobbava, aveva finalmente messo da parte un decoroso gruzzolo di quattrini che gli avrebbe permesso di prendere in affitto un “piccolo e delizioso appartamento”, per dirla con le parole usate da  Blair, la formosa amministratrice del “Condominio Shibusen”, mentre gli si strusciava addosso.

Ammaliato com’era da quella specie di neko cosplayer, il sangue aveva smesso di arrivare al cervello, concentrandosi nelle parti sbagliate, e aveva firmato il contratto per l’affitto a scatola chiusa, senza neanche vedere l’appartamento, preoccupato solo di non sgocciolare sangue dal naso su quel pezzo di carta e pregando tutti gli dei affinché la donna non si accorgesse dell’imbarazzante rigonfiamento che fino a un momento prima non esisteva.

Era tornato a casa pallido, in preda ad una abbondante epistassi, ma felice come non si sentiva da tempo.

Tanto che aveva insistito per cucinare lui quella sera e un Tom molto riluttante l’aveva lasciato fare.
Ovviamente, Soul era riuscito a bruciare il curry, la pentola e un paio di presine nel tempo record di mezz’ora ed erano stati costretti ad ordinare cinese d’asporto.

Soul grugnì sdegnato al ricordo del puzzo di bruciato che aveva infestato la casa per le successive  48 ore, ma oggi era il grande giorno e nulla sarebbe andato storto: avrebbe preso possesso dell’appartamento e sarebbe stato a indipendente da tutto e da tutti.

“Oggi mi sento proprio un dio” L’albino ghignò maliziosamente mentre si preparava per uscire.
“Oggi devo fare solo una consegna per Tom, e al posto della guardia ai marmocchi devo portare le mie cose nel mio nuovo antro” Ricapitolò il ragazzo, ormai per strada, contando sulle dita le cose da fare.
La testa era altrove, ma ormai i piedi avevano memorizzato il percorso per arrivare al negozio del cugino.

“Oh sì, sarà una grande giornata” Mani incrociate sulla nuca, sguardo perso nel cielo afoso di Death City, Soul continuò a camminare, i denti da squalo che facevano capolino tra le labbra incurvate nel primo vero sorriso da quando era in quella sconosciuta città.
 

***
 

<< Perché devo andarci io? Se è una cliente speciale, perché non ci vai tu? >>

L’albino storse il naso alle raccomandazioni del cugino sul comportarsi bene e sul non essere arrogante e invadente e bla bla bla.

“Che noia”. Gli sembrava di essere tornato bambino, quando i suoi genitori davano una delle tante feste a casa Evans per non si sa quale scopo benefico e prima dell’evento lo asfissiavano per ore su quello che doveva o non doveva fare.

<< Be’, cuginetto, si dà il caso che il tuo lavoro sia fare il fattorino. Ora, so quanto ti disturba la cosa, ma per avere uno stipendio devi, be’, come si dice nel gergo di noi comuni mortali, lavorare. E il tuo lavoro consiste nel far felice i clienti: o meglio, nel tuo caso, fare quello che devi senza farli incazzare troppo >>

Tom fissò l’albino negli occhi per alcuni interminabili secondi, poi entrambi scoppiarono a ridere, dandosi il cinque.

<< Comunque, tornando a noi >> riprese Tom, << sii “carino e coccoloso” stavolta, fammelo come favore personale.E’ una persona interessante, ma molto strana. Sei sicuro di saperci arrivare? >>

<< Pff, ormai conosco questo squallido posto come le mie tasche >> Soul fece l’occhiolino al cugino, prima di prendere la borsa della spesa e uscire dal negozio.

Si diresse verso un complesso di palazzoni dall’aria molto costosa, nel centro città: i grattacieli svettavano nel cielo, dominando la città, mentre le vetrate riflettevano la luce del sole.
Il ghigno insanguinato dell’astro, dapprima accennato, divenne più marcato quando il suo occhio andò a posarsi sulla chioma albina del giovane, come ridendo di una sua personale battuta.

Intanto Soul era arrivato: superò senza problemi il portiere, intento com’era a cercare di districare il lungo naso da uno strambo cappello a cilindro bianco, mentre blaterava qualcosa su una leggenda iniziata nel dodicesimo secolo e una certa spada sacra.

Il ragazzo salì in ascensore e premette il bottone del dodicesimo piano, per poi appoggiarsi alla parete cercando di sistemarsi alla meno peggio i suoi ciuffi ribelli, la borsa della spesa poggiata a terra.

Dliiiiin Dloooon.

Era arrivato: le porte dorate si spalancarono e si ritrovò di fronte ad un corridoio lungo, stretto e leggermente curvo verso destra. Era decorato con tappezzeria alle pareti dalla stampa discutibile, nero su giallo, e la moquette di un orribile color verde malva.

“Questo posto fa concorrenza ad un ospedale… allegro quanto l’obitorio” Sempre più riluttante, Soul avanzò, strascicando i piedi e gettando occhiate alle porte, cercando l’appartamento giusto.

“15 nooo… 18 nooo..come è possibile il 18? E guarda qui, poi c’è il 21…” Si bloccò davanti al numero 22.
“Evidentemente chi ha numerato le porte era ubriaco”.

Il ragazzo scosse le spalle, come a scrollarsi di dosso il briciolo di interesse che aveva fatto breccia nella sua mente indolente.

Un respiro profondo, un’ultima passata di mano sui capelli, e suonò il campanello.

Passarono i minuti e, be’, niente, passarono i minuti. Perché per ben dieci minuti restò impalato, sempre più perplesso, a fissare lo spioncino della porta, da dove era certo che qualcuno lo stesse osservando – d’altronde, vedeva il riflesso verde dell’iride attraverso la lente.

All’improvviso si riscosse dallo stupore e batté un pugno sulla porta, il volto congelato in una maschera di cattiveria:

<< Dannazione, vuoi aprire o no? >>
 


-----------Maka pov------------
 
“Oh.Mio.Dio. Chi diavolo è questo?”

Una Maka in preda ad una crisi di panico rimase a fissare per dieci minuti buoni lo sconosciuto che aveva suonato il suo campanello.
Capelli bianchi come la neve, occhi rossi come il fuoco, giubbotto di pelle nera aderente, orecchini e stivali da bikers.

“Cosa vuole, chi è, perché bussa da me? Oh madre, ora cosa faccio? E se ha cattive intenz”

<< Dannazione, vuoi aprire o no? >> Una voce roca per il furia, ma calda e suadente si infranse contro il suo orecchio, e Maka si ritrovò paralizzata: quella specie di caramello “vocale” la colpì come un pugno nello stomaco e, senza accorgersi delle sue azioni, senza pensare,  tolse il catenaccio e spalancò la porta, ammaliata.

Il ragazzo intanto aveva abbassato lo sguardo e chiuso gli occhi, massaggiandosi la radice del naso con la punta delle dita, come se fosse concentrato.

Maka inclinò la testa da un lato, osservandolo meglio.

Era bello. Bello non nel senso convenzionale del termine, ma aveva quel fascino che lo rendeva piacente agli occhi. Quella posizione poi, il capo basso e il busto incurvato, metteva in risalto il suo fisico asciutto e la larghezza delle spalle.

<< Cioè, volevo dire… Ciao, sono qui per conto di Tom, con la spesa che hai ordin >> Le parole erano strascicate, come se le stesse masticando per dare loro quell’intonazione gentile, per cacciarle fuori a forza.

“Tipico di chi è abituato a parlare in modo brusco”, riflettè la ragazza. “Umm, personaggio particolare… forse potrei inserirlo nel libro, una bella infanzia difficile alle spalle ed è perfetto”.

Intanto, sul finire della frase, il ragazzo aveva aperto gli occhi e l’aveva guardata, bloccandosi all’istante.

Due fanali rossi:  Maka ne rimase abbagliata… Due fanali vermigli, spenti e indolenti, che passarono dal suo viso al suo corpo, in un attimo, squadrandola: all'improvviso i suoi occhi risplendettero, una scintilla vivace andò a risvegliare la brace sepolta in quei pozzi, permettendo alle fiamme di divampare prepotentemente, facendoli ardere.
Sul viso del ragazzo si disegnò pigramente un ghigno malizioso.

La stessa malizia che risuonò evidente anche nelle parole che le rivolse: << Originale modo di accogliere chi bussa alla tua porta. E, dimmi, è usanza comune in questa città? Perché se è così potrei sbagliare spesso campanello >>

Una  Maka distratta dal movimento sinuoso delle labbra piene del ragazzo e dal suo tono seducente ritornò in sé quando afferrò il significato di ciò che gli stava dicendo, abbassando lo sguardo su di sé.

Arrossì.
Divenne furiosa.
Ammiccò. Ripescò un libro dal mobile vicino e lo scagliò in direzione dell’albino.
Chiuse la porta. Si accasciò per terra.

Tutto questo nel tempo record di tre secondi.

In intimo. Aveva aperto la porta in intimo.
 

***
 

Si dà il caso che quella mattinata era stata tra le più afose degli ultimi anni. La casa sembrava un forno, e  anche spalancando tutte le finestre nell’appartamento di Maka non girava neanche un soffio d’aria.

Quando si era svegliata, la ragazza era talmente fradicia di sudore che se si fosse coperta anche un centimetro quadrato di pelle avrebbe vomitato, lo sapeva.

Per questo aveva deciso di rimanere in quello che per lei era il pigiama e, che si è già detto, per noi comuni mortali è la biancheria intima.

“Tanto”, aveva pensato, “non viene nessuno”.

Si era scordata che il giorno prima si era accordata con Tom per ricevere quelle quattro cose che servivano a riempirle il frigo.
E così, eccoci davanti alla più grande figuraccia che Maka Albarn avesse mai fatto.
 

***
 

Come aveva potuto essere così stupida? Maka scattò in piedi, corse in camera e acchiappò la prima maglietta che gli passava sotto mano, indossandola. Perché abitava sempre nel suo mondo, perché non aveva mai la testa sulle spalle? Lei si vantava di essere intelligente, ma poi cadeva su quelle piccole cose. Stare sempre chiusa in casa non le faceva bene, proprio no.

“Umh, aspetta un attimo” riflettè la ragazza. “Fino a prova contraria questa E’ casa mia. Potrei andare anche in giro nuda, se volessi. E’ stata colpa sua, di quello lì, se ho fatto una pessima figura.”

Ma neanche Maka credeva ai suoi pensieri. Molto spesso è utile nascondersi dietro una falsità, pur di non incolpare sé stessi ed essere costretti a farsi un esame di coscienza.
Ritornò alla porta, sospirando, pronta a scusarsi con quello che –ormai lo aveva capito- doveva essere il nuovo fattorino di Tom: la spalancò, e trovò l’albino comodamente appoggiato alla parete, che l’aspettava con le braccia conserte, un accenno di sorriso sul volto.

<< Oooh, molto meglio! >> disse Soul  gentilmente, accennando col capo alla sua maglietta. Si staccò dalla parete e avanzò verso di lei, sempre sorridendo.

Maka quasi si sentì rincuorata. Quasi. Perché il sorriso del ragazzo era sfumato in un ghigno sarcastico.

<< D’altronde, non è che faccia poi molto differenza, senzatette, ho visto tavole da surf più sexy di te. Mio Dio, mi avevano detto che eri strana, ma non pensavo poi così tanto! Comunque questo è tuo >>
Il ragazzo rise, restituendogli il libro che aveva lanciato e la borsa della spesa.

<< Pessima mira, tra parentesi… “Orgoglio e pregiudizio” eh? Lettura leggera, mi ricordo che ce l’avevano dato da leggere a scuola ma… >> Soul continuò a cianciare.

La bionda impiegò un attimo a riprendersi da quel fiume di parole. Accettò la borsa della spesa, che appoggiò sulla soglia di casa, soppesando poi il libro, senza ascoltare il ragazzo.

Fissava il tomo intensamente, con sguardo interrogativo, come se dovesse prendere la decisione più importante della sua vita: ad un certo punto scosse la testa, e lo sguardo si affilò, posandosi su Soul.

La ragazza sorrise dolcemente, prima di prendere il capolavoro della Austen e colpire con tutte le sue forze l’albino in testa: il ragazzo crollò a terra, svenuto, senza un lamento.

A passo leggero, Maka si avvicinò per studiare attentamente la  voragine rettangolare che ora decorava la nuca di Soul e dalla quale cominciò a sgorgare una fontanella di sangue.
Ghignò, mentre si rialzava e tornava verso casa, i piedi scalzi che affondavano nella moquette.
Lanciò un’ultima occhiata al cadavere da sopra la sua spalla.

<< Lettura leggera, eh? >>

 Una volta di nuovo in casa, guardò il testo che ancora stringeva fra le dita come se lo vedesse per la prima volta.

“Non avevo mai considerato i libri come delle armi non convenzionali” rifletté la ragazza, mentre con noncuranza ripuliva il dorso del suo nuovo migliore amico dai ciuffetti di capelli argentei e dai residui di pelle e sangue dell’albino, il sorriso che ancora gli aleggiava sul viso.

“Quel colpo, dovrei brevettarlo.”

Maka si spostò in cucina, aprendo gli stipetti e il frigo per mettere in ordine il cibo, completamente indifferente alla sorte di Soul che, a due passi dalla soglia di casa sua, giocava da solo a fare il morto.

“Lo chiamerò Maka-chop”
 
 
 
 

To be continued...  
  
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