Anime & Manga > Kuroshitsuji/Black Butler
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Autore: zannarossa    04/09/2014    2 recensioni
Sento lui trattenere il respiro, fissando il tizio elegante. Non si muove, non arretra o si stringe a me come invece sto facendo io. Chissà come fa ad avere ancora curiosità e fiducia nel mondo…
Io non mi fido, ho visto troppe cose brutte.
Quasi mi prende un colpo quando in un attimo lo vedo rispondere alla mano tesa verso di noi e si alza in piedi alla pioggia.
...Ha sempre avuto l’abitudine di decidere tutto da solo.
Una piccola fan fiction dedicata ai protagonisti del Noah's Ark Circus, che mi hanno preso il cuore, nei loro primi momenti alla Renbon Workhouse. Con la speranza di farli aprezzare come li ho amati io.
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Beast, Joker, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Corro. Corro a perdifiato lungo il vicolo buio e stretto che ci ha fatto da casa fino a che posso ricordare. Strano, non mi è mai parso così ripido, penso, le nuvolette di condensa del mio respiro che si mescolano alla nebbia malsana e fredda salita dai canalini di scolo.
Fa molto freddo, l’umidità mi si appiccica alla pelle nuda degli avambracci lasciandomi una sensazione di unto. Ma non ho tempo per questo: sento che sta per succedere qualcosa di orribile. Mi precipito in discesa, verso il fondo della strada, attenta a non scivolare sulla pendenza insolita delle mattonelle, illuminate appena dagli sparuti lampioni pubblici mezzi rotti.
Finalmente li vedo: sono una macchia scura appena distinguibile in tutto quel buio: è il ragazzino, per terra, e gli altri (non vedo bene le facce, ma so che sono loro) che lo circondano, a fissarlo quasi immobili.
“Ehi, tutto bene?” la mia voce risuona indecisa, flebile nell’aria sospesa.
”Ehi, che succede?”ritento, dopo una risposta che non arriva. Il sudore mi si sta gelando sulla fronte. Il ragazzino si muove appena, rantolando debolmente, la testa sostenuta dalla sorellona.  “Big… s…Sis” sussurra quasi gemendo “sto… sto male, Big Sis… perdonami!” 
Oddio, sangue. Sangue che gli cola dalla bocca, dagli occhi, gocciola sul mento, impiastriccia le mani candide della sorellona. Sollevo disperata gli occhi su di lei: che possiamo fare? Chi possiamo chiamare? Chi ci darà mai una mano, a degli orfani storpi? Mi sta guardando, gli occhi mi fissano rabbiosi. Che le prende?
“Hai portato da mangiare?” domanda, la voce acuta porta con sé sfumature di biasimo.
“Ma cosa dici, sorellona?! Ti sembra questo il momento? Lui” indico il piccoletto “sanguina, non vedi!? Che facciamo…”  Sospendo la richiesta perché non ho più parole. Il ragazzo sta morendo, non posso aiutarlo, e la sorellona continua a fissarmi nel buio, le solitamente dolci, enormi iridi cioccolato da bambina stanno diventando incandescenti.
 
 Ho paura.

“Sta morendo di fame. E la colpa è solo tua perché non hai portato da mangiare.” Mi fa notare seccamente. “Ma io!” le ribatto stizzita. Come farei anche solo a rubare qualcosa senza una gamba!? Me la guardo per supportare la mia critica. Rimango di sasso. La stampella è sparita, i piedi (due) poggiano sul piastrellato. Mi tocco le cosce, incredula.Com’è possibile?! Un brivido gelido mi attraversa la schiena, sudore freddo scende dalle tempie. Io… li ho presi in giro tutto il tempo? Ma… Sgomenta, seguo con lo sguardo la sorellona che si alza e cammina lentamente verso di me:
 “Sei un’ ingrata bugiarda . Tutti abbiamo fatto sacrifici per te, e tu fingevi di non avere una gamba per startene in panciolle.”
“Ma… sorellona! Sai che non è così! Io…io… non ce l’ho davvero una gamba!” urlo, ma mi sento ridicola. Come lo spiego il fatto che adesso resto in piedi senza stampelle?
Lei continua ad avanzare, inesorabile. Più si avvicina, più mi sento terrorizzata.
“Ammettiamo che tu fossi storpia sul serio,” ringhia “potevi vendere il tuo corpo per avere dei soldi. Tanto sei così bella, no?!”  Il mio cuore si è spezzato. E’ questo quello che provi, sorellona? Sei invidiosa di me? Tutto sembra inclinarsi improvvisamente in una strana angolazione, come un espediente di un bravo regista dell’orrore. Forse è la paura, ma improvvisamente avverto una scarica di adrenalina  che mi rende determinata. E’ rancore che provi? Ma non ho tempo per queste cose. Devo salvare il ragazzo, ha bisogno del mio aiuto.
Impalata sul posto, sbircio nella direzione del corpo pallido per terra. Mi sta fissando con occhi vitrei: “Sono morto, Big Sis. Uno in meno da sfamare. Meglio, no?” Candido, senza alcuna inflessione nella voce. Mi si gela il sangue. Devo scappare, ma qualcuno mi abbraccia da dietro prima che possa muovermi.
Riconosco subito la sua voce.
“Così, ti mancava una gamba, eh?” sussurra sul mio orecchio, con un tono basso e vibrante che mi tocca l’anima.
 
No, non puoi farmi questo anche tu. Tu devi credermi! E’ da che ti conosco che non ho un arto, e tu lo sai!
 
“Io…” sento la mia voce singhiozzante che tenta di trovare una scusa convincente. Una lacrima mi scende sulla guancia bagnando le sue labbra, tanto è vicino.
“Beh,” interrompe calmo” ma adesso ne hai due. Se vuoi, si può rimediare.” In una frazione di secondo vedo lo scintillio della lama di un coltello che cala su di me…
 
“NOOO!” Urlo di soprassalto, trovandomi seduta sul letto. Dove sono? Che ci faccio, qui? Non è il vicolo. E’ una stanza con una finestra, una porta chiusa e un sacco di materassi.
Facce che dormono tranquille. La luce della luna coperta entra fioca dalle tende grezze accostate, proiettando sulla parete frontale le ombre oscillanti dei rami spogli scossi dal vento. Sento il rumore della pioggia che batte sulle tegole. Nel posto affianco al mio, la piccoletta sospira beata nel sonno.
“Ehi, che ti succede?” sussurra la sorellona. Si è alzata in fretta e messa uno scialletto per venire a vedere. Con i piedi nudi avrà freddo. Ho ancora il fiatone, e in un attimo ho come la sensazione che tutta l’angoscia mi si stia sciogliendo dentro.
“E’ tutta colpa mia, sorellona! Tutta colpa mia!” singhiozzo rammaricata. Rimane sorpresa dall’impeto con cui l’abbraccio attirandola a me e affondo la testa tra le sue braccia aperte, calde. “E’ colpa mia se il ragazzino è morto! E poi non ti ho mai detto bugie! Io…”
Aspetta…Quella che sto muovendo sotto le coperte non è una cosa completa. È sempre uguale, quel moncone di arto che ho da sempre. Dai miei occhi atterriti esce un’altra lacrima. Non capisco più niente.
La sorellona si china su di me, sussurrando concitata: “Calmati! Che stai dicendo? Il piccolo è sano e salvo nella stanza dei ragazzi!”
Mi alzo veloce, precipitandomi verso la porta. Barcollando, mi appresso all’uscio aperto di fianco al nostro, e sbircio dentro. Non sopporterei di assistere alla scena di prima… ma lo vedo lì, beato nel mondo dei sogni, a sorridere sereno.
Ritorno a letto con un sospiro, e sento la sorellona accarezzarmi piano i capelli. “Forse ho capito. Abbiamo tutti mangiato troppo, stasera, non ne siamo abituati. Non avrai digerito e per questo hai fatto brutti sogni. Ma devi stare tranquilla, okay? Qui sei al sicuro. Tutti lo siamo!!”
Com’è dolce!
“Ti voglio bene, sorellona!” singhiozzo. “Sì, lo so. Anch’io te ne voglio. Adesso dormi serena.”
Sento che è sincera.
“Buonanotte!”, dice tornando a letto. “Buonanotte…” sussurro piano, prima di sistemarmi di nuovo, in cerca di riparo sotto le coltri ruvide.
Non vedo l’ora sia mattina, per accertarmi che sia tutto a posto.
  
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