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Autore: TheGreyJon    04/09/2014    1 recensioni
"Unitevi a noi, fratelli e sorelle. Unitevi a noi nell’oscurità dove resistiamo vigili. Unitivi a noi poiché compiamo il dovere che non può essere rinnegato. E semmai doveste morire, sappiate che il vostro sacrificio non sarà dimenticato. E che un giorno, noi ci uniremo a voi..."
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta, Non-con
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CAPITOLO 3: Castra Ponere
 
Non ricordo molto bene cosa accadde in quelle poche ore successive. Io, Duncan e Dogmeat strisciammo nel tunnel e ci ritrovammo oltre i confini delle mura di cinta, ma gli uomini di Howe erano ovunque e in grandi forze. In qualche modo riuscimmo ad aggirare le loro linee e a recuperare dei cavalli; dopo di ché cavalcammo fino all’alba per poi cavalcare ancora, concentrati solo sul mettere quante più leghe possibili tra noi e i soldati di Amaranthine.
  Quando finalmente ci fermammo, le stelle già sorridevano al mondo dalla loro volta celeste e noi potemmo finalmente riposare le membra stanche. Con un grugnito mi sedetti davanti al fuoco, mentre Duncan preparava rapidamente qualcosa da mangiare. Ma né i polpacci e le cosce indurite, né i crampi allo stomaco, né il sonno che pesava sulle mie palpebre contavano molto per me in quel momento. Io in testa avevo la vendetta e nient’altro. Quella era stata la mia ultima promessa ad un uomo morente, e intendevo mantenerla. Ad ogni costo.
  “Stai bene…?” Chiese Duncan allungandomi una scodella fumante di spezzatino.
  Non parlai, limitandomi ad un vago grugnito di assenso come risposta, afferrando la ciotola e immergendovi dentro un cucchiaio di legno. L’uomo mi si avvicinò e mi si sedette accanto.
  “So che in questo momento ti senti perso, ma…” cominciò lui con tono calmo.
  “Già, chissà come mai mi sento perso…” lo interruppi con un sguardo acido. “Sarà che nel giro di una notte tutta la mia vita è stata stravolta, magari. Forse perché ho perso entrambi i genitori per colpa di un uomo che aveva giurato di essere amico e alleato della nostra famiglia per la vita. Non lo so, vedi tu…”
  Duncan sospirò abbassando lo sguardo. Probabilmente non si era aspettato niente di meno cinico, ma ne fu comunque rattristato.
  “Bene, allora. Ti lascio ai tuoi pensieri.”
  Consumai la mia cena rapidamente, dividendola con Dogmeat, senza aggiungere un’altra parola. Quando ebbi terminato, mi distesi e chiusi gli occhi cercando di dormire, mentre il mio segugio si acciambellava ai piedi del mio giaciglio.
  Non so perché in quel momento ce l’avessi tanto con Duncan. Raccontavo a me stesso che era per la storia della promessa estorta a mio padre in punto di morte, ma nel profondo intuivo che non era questo il reale motivo. Era un Custode, e loro devono fare tutto ciò che è necessario per fermare un Flagello. E poi sapevo che non si poteva parlare di un vero e proprio ricatto, ero sicuro che non ci avrebbe lasciati lì a morire anche in caso di un rifiuto… Quindi immagino volessi solamente scaricare la mia rabbia su qualcuno.
  Finalmente mi addormentai, piombando in un sonno agitato. Ebbi molti sogni, eppure, in un certo senso, erano tutti lo stesso incubo. In uno vidi i miei genitori morire, in un altro Iona venire stuprata e sgozzata, oppure Oren e Oriana venire brutalmente e barbaramente massacrati senza la minima pietà, ma in tutte queste occasioni io assistevo alla scena impotente, completamente immobile. Alla fine, guardandomi le mani le vedevo sporche di sangue. Quella notte sognai la mia colpa.
  Quando mi svegliai, di cattivo umore e con la mente annebbiata e confusa, il Custode era già in piedi. Aveva spento il focolare e stava preparando i cavalli per la partenza.
  “Avrai fame…” disse sentendomi alzare. Non percepii emozioni particolari nella sua voce, niente rabbia, niente imbarazzo, quasi come se la sera precedente non gli avessi risposto così male.  “Ti ho lasciato un po’ dello spezzatino di ieri.”
  Mangiai in silenzio e rapidamente, conscio che lo sforzo che mi attendeva era troppo per sopportarlo a pancia vuota. Quando ebbi terminato, ripartimmo.
   Fu un’altra lunga giornata di viaggio. Avevamo rallentato il passo, sicuri di essere abbastanza distanti da essere ormai fuori pericolo, ma ci ritrovammo costretti ad evitare le vie principali, allungandoci notevolmente la strada. Duncan provò ad intavolare qualche conversazione, a cercare di entrare in contatto, ma le mie risposte erano sempre fredde e distaccate, spesso evasive, recidendo ogni germoglio di discorso alla radice. Alla fine, l’uomo rinunciò a ogni tentativo di entrare in confidenza, limitandosi a rompere il silenzio tra noi solo per comunicazioni di servizio. Per quanto mi riguarda, invece, approfittai delle molte ore di cammino che mi attendevano per meditare. Nella mia testa iniziarono a formarsi piani per vendicarmi. Prima cercavo di capire quali dei nostri vassalli ci sarebbe rimasto leale, poi iniziai a chiedermi se magari, degli altri signori feudali che avrei trovato ad Ostagar, qualcuno sarebbe stato disposto ad aiutarmi, ed, infine, mi limitai semplicemente ad immaginarmi la morte di Lord Howe. Lo vedevo spirare in molti modi diversi, sempre più cruenti, ma in tutte le versioni ero io a dargli il colpo di grazia, e al mio fianco c’era mio fratello. Sapevo che erano solo fantasie, ma, Custode Grigio o no, non volevo rinunciare alla mia vendetta
  Finalmente ci accampammo nuovamente e allestimmo il campo. Avevamo trovato un posticino riparato, poco lontano da un villaggio, perfetto per effettuare alcuni acquisti senza dare troppo nell’occhio: era lì che avevamo comprato la cena di quella sera. Così, mentre ero intento a girare un trancio di carne sullo spiedo, notai Duncan che mi fissava, seduto su un ceppo d’albero di fronte a me.
  “Che c’è?” Chiesi con un po’ più di freddezza di quella che avrei voluto usare.
  “Devi superarla” rispose con tono solenne. Notando, poi, il mio sguardo interrogativo, aggiunse: “La tua vendetta. Devi superarla. Il Flagello è più importante.”
  Gli scoccai uno sguardo irritato. Ma cos’era a darmi fastidio veramente? Che mi stesse rimproverando, o che avesse capito perfettamente quello che stavo meditando?
  “Arle Howe deve morire” dissi io, come se si trattasse di una legge della natura che non era possibile aggirare.
  “E morirà. Ne parleremo con il Re” rispose lui pacatamente. Scossi il capo.
  “No… devo esserci quando accadrà. L’ho giurato a mio padre.”
  “Sei un Custode…”
  Eccolo il bando della matassa! Ero un Custode. In quanto tale non potevo permettere alla mia vita precedente di annebbiare il mio giudizio e di distrarmi dal mio dovere.
  “Non mi pare di avere avuto molta voce in capitolo, o sbaglio?”
Duncan rimase in silenzio per un po’, grattandosi la barba. Poi, con un sospiro, sollevò lo sguardo su di me, uno sguardo paterno, carico di comprensione. Mi mandò in bestia.
  “Velor, so come devi sent…”
  “NON…!” scattai io improvvisamente, alzandomi in piedi e stringendo i pugni. In quel momento, Dogmeat, che se ne era rimasto accucciato in disparte ai margini del campo, sollevò curioso la testa con un piccolo guaito. Cercando di controllarmi, ripresi: “Non… non osare dire che sai quello che provo! Non provarci nemmeno!”
  Sapevo di sbagliarmi, sapevo che lui mi capiva, lo percepivo dallo sguardo, dal modo in cui mi guardava.  Capiva anche troppo ciò che stavo passando. Era un uomo che stava solo cercando di aiutarmi, di farmi voltare pagina, ma la cosa sconcertante non era tanto che lo stessi trattando male. La cosa sconcertante era che io sapevo della bontà delle sue intenzioni, eppure continuavo ad agire come un bambino isterico.
  Il suo sguardo cambiò. Divenne severo, stoico, quasi arrabbiato.
  “Tu sei un Custode… come lo sono io. Tutti noi, in un modo o nell’altro, siamo stati strappati dalle nostre vite e siamo stati catapultati in questo mondo. A noi, però, è stata data l’occasione di fare parte di qualcosa di più grande, di cambiare il mondo. Velor, ti ho salvato… non credi che debba esserci una ragione di vita più importante della vendetta?”
  Mi sentii sempre di più crescere la rabbia. Una parte di me sapeva che aveva ragione, che dovevo dargli retta, fare ciò che diceva, ma… non la volevo ascoltare. La mia vecchia vita era conclusa. Era sciocco e futile pensare il contrario. Prima l’avessi accettato, prima ne avrei giovato. Anche se non avessi dovuto unirmi a Duncan nella sua missione, la mia vita non sarebbe potuta tornare ad essere la stessa, mai più. Ciò che quell’uomo stava facendo, anche se non me ne rendevo conto, era offrirmene una nuova, una dove sarei stato a casa, dove avrei potuto trovare la gioia in quello che facevo. Ma non volevo capirlo.
  Alla fine lo dissi, e non rimpiansi mai tanto di aver pronunciato delle parole:
  “Beh, non te l’ho chiesto io. Non farmi credere che io sia in debito con te o cose del genere…”
  Duncan abbassò lo sguardo deluso e io mi vergognai profondamente.
 
1
 
  Mi risvegliò il canto degli uccelli. Aprii gli occhi, ma l’improvvisa luce del mattino sfuocò l’immagine dell’accampamento davanti a me. Mi misi a sedere, portandomi una mando davanti al volto per schermarmi dal sole. Duncan era dall’altra parte del campo, a scrutare l’orizzonte, mentre il mio cane ancora dormiva. Aveva un’aria pensierosa e, mi parve, triste. Con un sospiro mi alzai in piedi. Recuperai giubba, cotta di maglia e mantello, calzai gli stivali e mi appesi la spada alla cinta; lo scudo di Altura Perenne era assicurato alla sella del mio cavallo.
  Mangiai rapidamente qualche avanzo della sera precedente e, mentre Duncan continuava a fissare il cielo davanti a sé, mi tornò in mente la discussione della notte precedente. Avevo avuto tutta la notte per rifletterci su. Ero stato molto duro con lui, me ne rendevo conto. In parte la colpa era stata del mio orgoglio, il quale raramente mi consentiva di fare passi indietro, ed in parte, beh, della situazione generale. In una notte avevo visto più morte e distruzione che in tutta la mia vita, e per lo più si era trattato di gente a cui tenevo davvero. In una singola infame notte ero stato costretto a crescere, a diventare l’uomo che in 19 anni non ero ancora riuscito ad essere. Me ne rendevo conto solo ora, ma sentivo di dover cambiare. Mi rendevo conto che avevo ancora della strada da fare prima di riuscirci, ma consideravo questa consapevolezza un ottimo inizio. Come prima cosa, dunque, avrei dovuto cambiare il mio atteggiamento e comportarmi come l’adulto che sostenevo di essere.
  Quando ripartimmo, il viaggio proseguì con il medesimo silenzio del giorno prima. Non sapevo esattamente cosa dire per cercare di riappacificarmi, se essere diretti, oppure no. Alla fine decisi che era meglio evitare preamboli e giri di parole. Aggiustando la mia postura sulla sella, dissi: “Duncan…” l’uomo si girò verso di me, con uno sguardo quasi sorpreso sul volto, dal momento che, fino a quel momento ero sempre stato in silenzio, a meno di non essere esplicitamente interpellato. “Io… credo di dovervi delle scuse.” Lo giudicai un buon inizio, dopotutto avevo deciso di non prepararmi nessun “canovaccio” mentale; avevo pensato che, semplicemente, dirgli la verità fosse la strategia migliore. “Mi sono comportato da idiota con voi in questi giorni e… so che non lo meritavate affatto.” Un po’ imbarazzato, raddrizzai la schiena e cercai di apparire più cavalleresco e meno infantile. Duncan non fece commenti, ma credetti di intravedere un mezzo sorriso sotto i suoi baffoni.
  “Vedete” proseguii io. “Non vi ho mai ringraziato come si deve per avermi salvato la vita, e questo non è accettabile. Non credo che, passaggio segreto o no, sarei riuscito a scamparla da solo. Dunque, sappiate che ho apprezzato molto quello che avete fatto per me. Siete una brava persona, Duncan. Spero che riusciremo a porre fino a questo Flagello insieme.”
  Il sorriso dell’uomo si fece decisamente più largo. Non rispose, non disse nulla, si limitò ad un cenno del capo. Bene, mi dissi. Immagino che non ci fosse nient’altro da aggiungere.
 
2
 
  Nei giorni successivi ebbi modo di conoscere meglio il mio nuovo compagno. Duncan era una persona estremamente cordiale e gentile, molto spesso discreta e silenziosa, ma capace di grande empatia. Tuttavia sapeva essere anche molto severo e pretendeva il rispetto che meritava. Era un uomo saggio, che rifletteva sempre molto attentamente prima di parlare.
  Una delle cose che più mi colpì di lui era la volontà ferrea e la sua austerità. Ogni mattina si svegliava sempre prima di me. Non importava quanto mi sforzassi di precederlo, quando mi alzavo lui era già in piedi, a volte a pulire le sue armi, a volte a meditare, a volte scrutare con aria pensosa mappe geografiche e documenti, con le folte ciglia che si inarcavano severe. Al mio ennesimo tentativo fallito di essere il primo a destarsi, gli domandai esasperato a che ora si svegliasse. Con una risata, mi rispose che superata una certa età non si ha più bisogno di molto sonno e che anche poche ore di riposo possono essere più che sufficienti. In ogni caso, mi invitò, se proprio ci tenevo, a continuare a provare: sosteneva che si trattasse di un buon esercizio di autocontrollo.
  Mentre viaggiavamo, chiesi molto dei Custodi e lui mi rivelò di buon grado diversi retroscena interessanti sulla loro storia e il loro compito. Mi spiegò cosa fossero esattamente i prole oscura e gli Arcidemoni, almeno la versione che la Chiesa promulgava. Soprattutto mi raccontò di conoscere di persona il Re. “È un ragazzo giusto” mi disse quando gli chiesi di approfondire. “Ma non credo si renda conto della minaccia che questa invasione potrebbe rappresentare.”
  Scoprii che Duncan gli era molto affezionato ed incredibilmente leale, per quanto dovette riconoscere che… beh, non fosse il più saggio e posato dei monarchi. L’amministrazione della nazione era ricaduta quasi interamente sulla Regina Anora, mentre per quanto riguardava la conduzione della guerra, Re Cailan aveva in testa ancora le leggende che aveva udito da bambino e non era in grado di coglierne appieno la gravità. Fortunatamente poteva affidarsi a Loghain Mac Tir, il più grande generale che il Ferelden avesse mai avuto, nonché uno dei più grandi eroi di guerra di sempre. In ogni caso, Duncan non considerava il Re uno sprovveduto, né uno stupido, come alcuni ritenevano. “È giovane e idealista, ma è anche molto intelligente: imparerà.”
  Speravo davvero che Duncan avesse ragione. In ogni caso, sapere di combattere sotto il comando di Teyrn Loghain, era una sensazione piuttosto rassicurante ed… emozionante.
 
3
 
  “Ecco… quella è Ostagar.” Annunciò una mattina, indicando un gruppo di torri che si stagliavano chiaramente all’orizzonte. Si trattava di una delle più antiche rovine dell’impero Tevinter, che, come molte altre, venne abbandonata per molti secoli. Si trattava della costruzione più poderosa di tutta la nazione, eretta tra due colline in una sorta di “imbuto”, a difesa dalle invasioni dei barbari Chasind, che abitavano le selve subito a sud. Le mura e molti dei ponti che ne collegavano le varie aree erano ancora per lo più intatti. Tra le torri che si erano preservate meglio, la più imponente era quella di Ishal, dotata di un fuoco di segnalazione visibile in un raggio di parecchi chilometri.
  Nonostante l’apparente vicinanza, impiegammo quasi l’intera mattinata per raggiungerne il perimetro, arrivando a mezzogiorno. Notai che la porta del versante Ovest doveva essere stata da tempo rimossa, e che l’attuale guarnigione l’aveva rimpiazzata con una rudimentale barricata di legno. Le mura, però, erano in solida pietra, per quanto da questo lato fossero certamente meno alte che dal versante Sud. Sui camminamenti, cerano alcune squadre di arcieri, mentre a guardia dell’ingresso vi era un manipolo di soldati di fanteria. A differenza di molte nazioni, il Ferelden, non disponeva di una cavalleria particolarmente avanzata, ed il nerbo dell’esercito restava la fanteria pesante, invece piuttosto efficiente.
  “Alt!” Esordì il capitano del presidio avvicinandosi. “Chi siete e perché siete qui?”
  “Sono il Comandante dei Custodi, Duncan.”
L’uomo chinò il capo in segno di rispetto.
  “Bentornato, mio signore” poi, rivolto ad un ragazzetto che piantonava l’ingresso, disse: “Vai, informa il Re che Duncan è qui.”
  Correndo veloce, il bambino superò la barricata tramite una porta di servizio.
  “Mio Signore, il Re ha chiesto di voi. Lasciate i cavalli alle stalle e andate ad incontrarlo.”
  Con un perentorio scatto del braccio, poi, diede ordine che venissero aperte le porte e noi potemmo passare. Seguendo un sentiero di acciottolato, giungemmo alla periferia dell’accampamento, dove erano state allestite alcune tende di minore importanza, tra cui i depositi di vettovaglie e rifornimenti. Le stalle erano situate poco lontano. Consegnammo ai garzoni i nostri cavalli, recuperando prima i nostri effetti personali, per poi dirigersi verso il ponte. Questo si allungava tra l’ingresso Ovest e il corpo centrale, passando sopra le Selve Korcari. Era largo quasi sei metri, di spesso granito, con il pavimento lastricato di pietre squadrate tagliate di dimensioni diverse.
  Mentre ci apprestavamo a percorrerlo, ci venne incontro un piccolo corteo di persone. In testa, camminava un uomo alto, dai lunghi capelli biondi ed il volto sorridente: il Re. Indossava una splendida armatura placcata in oro e portava legata dietro la schiena una poderosa spada a due mani. Era seguito da una decina di cavalieri, tutti in armatura pesante e con vistosi elmi a bocca di rana.
  “Duncan!” Esordì il ragazzo, allungando il braccio verso il Custode.
  “Re Cailan!” Rispose gioviale, stringendo il polso del Re in segno di amicizia.
  Io, non volendo interrompere, mi precipitai a piegare il ginocchio e a rimanere atterra con il capo chino in rispettoso silenzio.
  “Temevo ti saresti perso la battaglia!” Proseguì Re Cailan.
  “Non se potevo evitarlo.”
  “Quindi cavalcherò in battaglia assieme al possente Duncan e ai Custodi Grigi, dopotutto… Glorioso!”
Sul volto dell’uomo era dipinta un’espressione di estasi, mentre teneva lo sguardo alto colmo di ammirazione. Solo in quel momento notò il giovane ragazzo inginocchiato davanti a lui. “Oh… e questa deve essere la nuova recluta di cui avevo sentito parlare…”
  “Vostra Maestà, lasciate che vi presenti come si deve…”
  Con un gesto vago della mano, il Re tagliò la conversazione: “Sono sicuro che non sia necessario essere così formali. Alzatevi, amico mio!”
  Sollevai lo sguardo da terra e mi rimisi in piedi. Devo ammettere che trovarmi al cospetto del Re fu un’esperienza davvero entusiasmante… e in quel momento l’emozione non mi consentì di pronunciare che poche impacciate parole: “Vostra Grazia… voi mi onorate…”
  “Avete un volto familiare” disse con espressione pensierosa. “È possibile che ci siamo già incontrati?”
  “Forse…” suggerii io. “Mi confondete con mio padre. Bryce Cousland, Mio Signore…”
Il volto  del monarca si illuminò, comprendendo dunque di essere stato tratto in inganno dalla mia somiglianza con mio padre.
  “Ah, capisco. Fergus è già arrivato e mi ha assicurato che dovrebbero presto giungere altre truppe assieme al Lord vostro padre, dico bene…?”
  In quel momento sentii davvero mancarmi il fiato. Quella terribile notte mi ripiombò addosso come un getto di acqua gelida. Anche Duncan sembrò notare il mio disagio, tanto che prese la parola al posto mio.
  “Vostra Grazia, Lord Cousland è morto.”
  Re Cailan apparve incredulo.
  “Come sarebbe morto…?!”
  “Un tradimento ad opera di Lord Howe. Egli ha atteso che le difese del castello si abbassassero per poi prenderne il controllo indisturbato. Sperava di riuscire ad uccidere tutti per poi raccontarvi una storia qualsiasi…”
  Notai quanto la notizia l’avesse scosso. Sembrava disgustato e incapace di credere a ciò che sentiva.
  “Non capisco… non capisco come pensasse di farla franca! Non preoccupatevi, giovane Cousland, terminata questa battaglia porterò il mio esercito a Nord e riconquisteremo assieme Altura Perenne.”
  “Avete la mia gratitudine, Vostra Grazia, ma vorrei, se non vi spiace, parlare con Fergus.”
Non che fossi particolarmente ansioso di dargli la notizia, ma rivederlo, rivederlo sano e salvo… era quanto di meglio potessi desiderare. Il pensiero, però, di Oren impiccato in quel modo… la barbarità della sua morte… ancora non riusciva a darmi pace!
  “Temo…” rispose Cailan. “Che non sia possibile. Al momento sta guidando una banda di esploratori nelle selve. Non potrai rivederlo se non a battaglia conclusa. Sono terribilmente dispiaciuto.”
  Il silenzio calò tra di noi. Capivo ciò che il Re aveva fatto per me e sapevo di non poter pretendere altro. Ciò che era certo, però, era che dovevo sopravvivere a questa battaglia e affidare Vendetta Grigia a mio fratello, ora legittimo signore di Altura Perenne, in modo che potesse presto vendicarci tutti. Poi, avrei voltato le spalle a ciò che ero e mi sarei dedicato interamente ai miei nuovi doveri, conscio che la giustizia avrebbe comunque raggiunto Arle Howe.
  A rompere il silenzio fu Duncan, il quale era ansioso di discutere di altre faccende: “Mio signore… avete considerato la possibilità che ci sia un Arcidemone alla testa dell’orda?”
  Il re si limitò a minimizzare la questione con un gesto di sufficienza della mano.
  “Non credo neppure che si tratti di un vero flagello! Sì, sul campo ci sono parecchi prole oscura, ma non c’è stato alcun segno di draghi nelle selve…”
  “Deluso…? Vostra Maestà?” Domandò Duncan con quella che mi parve di riconoscere come una nota di rimprovero.
  “Ah… io volevo una battaglia come nelle leggende! Un Re che cavalca con i Custodi Grigi per uccidere un dio corrotto… Ma suppongo che dovrò accontentarmi di questa semplice schermaglia. Comunque, sarà meglio che ritorni alla mia tenda, prima che Loghain invii una squadra di soccorso!”
  L’ultima battuta venne accompagnata da un largo sorriso da parte di Duncan, che decise di non insistere ulteriormente sull’argomento. Con un ultimo inchino, ci separammo e noi due ci avviammo verso il cuore dell’accampamento.
  “Sembrava molto sicuro di vincere…” commentai sovrappensiero. Ad essere del tutto sincero mi aveva lasciato un po’ perplesso tutta questa fiducia nella vittoria… per non parlare della sua delusione nel non poter affrontare un Arcidemone. Oh, Creatore! Si parlava di un drago, nessun uomo ragionevole dovrebbe essere ansioso di incontrarne uno. Se non altro, il generale Loghain era un uomo che sapeva bene ciò che faceva. Con lui al comando, mi sentivo decisamente più tranquillo,  dopotutto aveva condotto il Ferelden alla vittoria contro Orlais.
  “Hanno vinto alcune battaglie…” concesse lui. “Tuttavia…” Duncan era chiaramente anche più scettico di me sull’esito della battaglia. “L’orda continua a crescere e, ormai, ci sono superiori di numero. Credo che ci sia davvero un Arcidemone, ma non posso chiedere al Re di agire in base a delle semplici sensazioni, non ti pare?”
  “Perché no? Sembra tenervi molto in considerazione…”
  “Non abbastanza da aspettare rinforzi da Orlais. È convinto che basti la nostra leggenda a tenerlo in vita. Comunque, ora abbiamo alcune faccende di cui preoccuparci, non ultima la tua Unione…”
  Capii che probabilmente si riferiva ad una sorta di cerimonia che ufficializzava il mio ingresso tra i Custodi. Con tutta probabilità, si sarebbe trattato di una cosa lunga e solenne, non esattamente una festa. “Certo” risposi. “Ma non si potrebbe mangiare qualcosa prima? Sto morendo di fame…”
  L’uomo rise sotto i baffi e mi accordò il permesso. Poi, indicando le tende militari che avevamo raggiunto, disse: “Sentiti libero di esplorare l’accampamento, solo evita di lasciarlo. Almeno per ora. Quando sarai pronto, cerca Alistair, uno dei nostri custodi. Sarà lui ad accompagnare te e le altre reclute durante il rituale dell’unione. Ora io devo andare, ci rivedremo questa sera.”
 
4
 
  Il campo era il più grande che avessi mai visto. Ogni tanto, quando mio padre era costretto a scendere in battaglia per fermare incursioni di barbari o banditi, ero solito andare con lui e non ero nuovo alla vita militare. Sapevo riconoscere le tende degli ufficiali, dei nobili, degli attendenti e della comune soldataglia, ma mai avevo visto qualcosa del genere. Fino ad oggi mio padre non era mai stato costretto a chiamare a raccolta i propri vessilli, conseguentemente gli accampamenti che avevo visito raramente ospitavano più che un migliaio di soldati. Qui… ce ne saranno stati almeno diecimila, ad occhio e croce. E non c’erano solo militari, ma anche personale addetto ai rifornimenti e alle salmerie, scudieri, mercanti e, naturalmente, prostitute.
  Passeggiando per il campo era facile imbattersi in ogni genere di uomini, tutti impegnati in qualche faccenda. Chi puliva le proprie armi o quelle del proprio signore, chi andava di fretta a sbrigare qualche commissione, chi si occupava di un cavallo e chi osservava carte e mappe. Passavo inosservato ai più, ma alcuni cavalieri, più esperti delle faccende politiche, ogni tanto riconoscevano l’emblema rappresentato sulla mia spilla o sul mio mantello e chinavano leggermente il capo o sussurravano rispettosamente un ossequioso “mio signore”. Riconobbi i vessilli sulle tende di molti nobili diversi, provenienti da ogni angolo del Ferelden, e mi tornò alla mente quando da bambino Fratello Aldous  mi insegnava per interi pomeriggi la storia, l’araldica e i membri delle varie nobili case.
  Continuando ad aggirarmi per il campo, mi imbattei in un gruppo di cavalieri intenti in preghiera davanti ad una sacerdotessa.
  Ero sempre stato educato a pregare il Creatore fin da bambino. I miei tutori stessi erano uomini religiosi e mia madre in particolare aveva premuto perché mi applicassi molto alla preghiera. Dunque sapevo tutto quello che un buon fedele doveva conoscere e, anche se forse non sempre ero particolarmente devoto nel presenziare alle funzioni, avevo una certa fede. Non davo particolare importanza alle questioni più “formali” e liturgiche, ritenendole superflue, dal momento che era risaputo che il Creatore ci aveva da tempo abbandonato, preferendo dimostrare la mia fede nella vita di tutti i giorni. Tuttavia, Egli era rimasto in omertoso silenzio di fronte al terribile sacrilegio compiuto da Lord Howe… dovevo dunque pregare e ringraziare un Dio sordo ad ogni nostro bisogno e parola? Che senso poteva avere lodare una simile divinità? A queste domande, mentre osservavo la sacerdotessa pronunciare la sua benedizione, non seppi dare alcuna risposta, ma alla fine mi inginocchiai con gli altri cavalieri ed iniziai a ripetere mentalmente le preghiere e litanie che avevo imparato, anche se, francamente, più per abitudine che per reale bisogno. Quando la breve cerimonia fu conclusa, mi alzai e feci per andarmene, quando notai le insegne sullo scudo di uno dei cavalieri: una scogliera rossa sormontata da una torre, simbolo di Redcliffe. La cosa attirò la mia attenzione, poiché avevo sentito dire da alcuni soldati che le forze di Arle Eamon erano in ritardo, eppure quel cavaliere indossava la sua livrea. L’uomo non era certo più un giovane rampollo, poco ma sicuro, eppure conservava ancora una certa stazza. I corti capelli rossi erano tormentati da un’incipiente calvizie e la barba era tenuta corta e curata.
  Incuriosito dalla sua presenza, mi avvicinai per domandargli delucidazioni: “Chiedo venia, ser. Non ho potuto far a meno di notare le vostre insegne e domandarmi perché un singolo di cavaliere proveniente da Redcliff si trovi ad Ostagar…”
  L’uomo sembrò sorpreso, ma rispose ugualmente:
  “Il mio nome è Ser Jory e, sì, vengo da Redcliff, tuttavia non combatterò al fianco del mio signore, in quanto nuova recluta dell’Ordine dei Custodi.”
  Dunque… lui sarebbe stato un confratello. Ne fui sorpreso, data l’età avanzata, sicuramente superiore ai quaranta. Quell’uomo non mi dava l’impressione di essere un combattente particolarmente abile, così domandai come fosse stato reclutato. Mi raccontò molto di lui, che era stato notato da Duncan dopo aver vinto un torneo e che da poco si era sposato con una donna che ora lo attendeva ad Altura Perenne. A quel punto confessai al cavaliere di venire io stesso da quelle terre e di essere parte dalle famiglia Cousland.
  “Un… un Cousland… Mio Signore, mi onorate!”
  Fin dalla più tenera età ero stato abituato ad essere trattato così, a pretendere rispetto da chiunque altro, poiché la nostra casata era seconda solo a quella reale. Eppure, ora, senza più una casa, un castello, un esercito o anche solo una famiglia… quel titolo mi pareva davvero effimero.
  “Non c’è bisogno che mi chiamate in questo modo, cavaliere. Ormai sono un Custode. A proposito, avete conosciuto altre reclute?”
  L’uomo mi disse che, da quel che sapeva, l’unica altra persona ad essere stata reclutata era un uomo di Denerim, un certo Daveth. Quando gli domandai se sapessi indicarmi dove fosse, si limitò a rispondermi che a quanto pareva era solito bazzicare in maniera un po’ troppo furtiva la tenda del quartiermastro, che molto spesso si era lamentato dell’improvvisa sparizione di questo o quell’articolo in vendita, senza che mai nessun colpevole fosse stato scovato.
  Non fu difficile trovarlo. Quando lo vidi, si stava intrattenendo in una conversazione con una donna, una graziosa fanciulla bionda vestita di cotta di maglia. Era un uomo alto e atletico, con lunghi e arricciati capelli neri. La barba era più lunga della mia e più scura. Indossava vesti leggere, un po’ malandate che gli conferivano più l’aspetto di un ladruncolo che di un Custode. Parlandoci, però, mi rivelò informazioni piuttosto interessanti. Egli sosteneva, infatti, di aver casualmente sentito due Custodi parlare di mandare le reclute nelle selve per il rituale dell’unione. La notizia era buona, pensai, poiché avrei avuto qualche chance di imbattermi in mio fratello, anche se ancora non avevo idea di cosa gli avrei detto esattamente. In ogni caso ancora non sapevo esattamente quanto pericolose fossero quelle foreste, brulicanti di barbari, cannibali e ora anche di prole oscura, come Daveth mi istruì subito con preoccupazione.
  Finalmente mi congedai, e decisi di cercare Alistair, poiché il pomeriggio, ormai, era arrivato. Chiesi informazioni ad una guardia di pattuglia nel campo, che mi indicò un piccolo fortilizio a Ovest, un antico tempio, a quanto si raccontava. Secondo quanto riferì, il Custode doveva consegnare dei messaggi al Circolo dei Magi. Con passo sicuro, raggiunsi il luogo indicatomi e lì, individuai effettivamente l’uomo. Era un ragazzo di uno, forse due anni più vecchio di me, di altezza media, ma di costituzione robusta. I capelli erano di un castano chiaro, forse biondi, terminanti in un lungo ciuffo. Gli occhi erano obliqui ed espressivi, di un piacevole color nocciola. Il naso era leggermente aquilino, ma non risultava né brutto, né sgraziato. Trovai, anzi, che quest’ultimo gli desse carattere. Devo ammettere, quindi, che nel complesso risultava un ragazzo abbastanza di bell’aspetto. Stava discutendo con un mago, il quale sembrava particolarmente infastidito dall’argomento di conversazione.
  “I Custodi Grigi non hanno già chiesto abbastanza dal circolo?” Si lamentava lui.
  Alistair, invece, mi parve decisamente più sulla difensiva.
  “Mi è stato solo chiesto di consegnare un messaggio da parte delle Reverenda Madre… Lei desidera parlarvi.”
L’interlocutore non sembrò affatto soddisfatto della risposta, aggiungendo con una certa arroganza nella voce:
  “Beh, i problemi di Sua Reverenza non mi riguardano. Io sono impegnato ad aiutare i Custodi –su ordine del Re, potrei aggiungere!”
  “Volete che mi faccia dare un invito scritto…?” Rispose con un sorriso beffardo.
  “Ditele che non intendo essere infastidito in questo modo!”
Ad un passo dall’esasperazione, il Custode assunse un’espressione di finta confusione.
  “Io infastidisco voi, consegnando un messaggio? Questo sì che è strano, non trovate anche voi?”
Il mago scoccò al ragazzo un’occhiata velenosa.
  “La vostra arroganza non vi rende onore!”
  “Oh, ma davvero!? E io che credevo che stessimo andando d’amore e d’accordo… Sapete, stavo persino pensando di chiamare uno dei miei figli come voi… quello brontolone.”
  L’ultima battuta in particolare mi strappò una risatina, mentre mi godevo tranquillamente lo spettacolo da una certa distanza. Il mago non mancò di notarlo e riservò a me uno sguardo del tutto simile a quello che aveva scoccato ad Alistair solo un attimo prima.
  “Basta…” lo interruppe, allora. “Parlerò con quella donna se proprio devo. Toglietevi dalla mia strada, stolto!”
  Detto questo, lo superò senza degnarlo di un ulteriore sguardo e si avviò verso l’uscita. Nel farlo provò anche ad assestarmi una spallata sprezzante, ma, dal momento che ero alto due spanne più di lui e decisamente più massiccio, con davvero scarso successo. Se ne andò borbottando e massaggiandosi il braccio dolorante.
  In quel momento, Alistair si voltò verso di me e parve notarmi. Forse un po’ imbarazzato per la scenata alla quale avevo assistito, mi si avvicinò e disse: “Sapete… una cosa positiva del flagello è come riesca ad unire le persone.”
  In quel momento cercai di decifrare con chi avessi a che fare. Oltre alla cotta di maglia steccata e alla spada lunga che portava al fianco, notai che al suo braccio era assicurato uno scudo con l’effige dei Templari, cosa che mi incuriosì alquanto. Quell’uomo era, o era stato, dunque uno di loro? Questo avrebbe spiegato l’atteggiamento indisponente di quel mago, ma la cosa mi sembrò strana, non avevo mai sentito di templari che avessero lasciato l’ordine, neppure per unirsi ai Custodi. In ogni caso, per ora, decisi che quel ragazzo mi stava simpatico, così risposi: “Già, capisco quello che intendente!” Dopo tutto ne avevo appeno avuto un esempio…
  “È come una festa: dovremmo tenerci per mano e fare un girotondo. Questo darebbe ai Prole Oscura qualcosa sui cui riflettere. Comunque, voi non siete un altro mago, spero.”
  Inarcai un sopracciglio e mi battei una mano sull’elsa della spada. “Non avete notato… la mia lama, il mio scudo, la mia armatura … è ovvio che sono un mago, no?”
  Il ragazzo si fece una risata: probabilmente avevo trovato un linguaggio comune. Poi, mi squadrò un po’ meglio e aggiunse:
 “Uhm… forse ho capito chi siete. Dovete essere la nuova recluta di Duncan…”
 “Velor…” gli suggerii io.
  “Sì, quello era il nome che avevo sentito! Chiedo scusa se non vi ho riconosciuto subito. Io sono Alistair e, in quanto membro più giovane dell’Ordine, vi accompagnerò durante l’Unione…”
  La cosa mi lasciò un po’ perplesso. Perché avremmo dovuto prepararci per l’unione? Non era sufficiente dirci cosa fare e basta. Se si fosse trattato di una cerimonia formale, sarebbe bastato ricevere qualche semplice istruzione su come comportarci, ma nulla di più. Invece, questo Custode doveva accompagnarci… che ci fosse qualcosa di effettivamente pericoloso? E nel caso, che senso aveva mandare qualcuno con noi, se era una sorta di test quello che avremmo dovuto superare?
  “Non è possibile prepararsi da soli?”
Subito Alistair scosse il capo.
  “Anche io ho pensato la stessa cosa quando è toccato a me, ma vi assicuro che è necessario. In ogni caso, dovremmo presto raggiungere la tenda di Duncan. Muoviamoci.”
  Mentre attraversavamo l’accampamento, cercai di saperne di più sul rituale che ci attendeva, ma Alistair fu costretto a negarmi ogni risposta, limitandosi a dire che ci sarebbe stato detto tutto a tempo debito. Per quanto non capissi il motivo di tanta segretezza, mi dissi che non era poi così grave, dopotutto avrei presto scoperto tutto quello che c’era da sapere.


NOTA DELL'AUTORE:
Ecco un altro capitolo. Devo ammettere che la parte su Ostagar, per quanto molto divertente in gioco, è stata un po' noiosetta da descrivere. Non saprei dire perchè, ma ho trovato molto più stimolante l'origine e il viaggio con Duncan. In ogni caso, spero che vi sia piaciuta, anche se, devo ammetterlo, è una sezione un po' lenta.

Ora inizierà per me un lavoro molto difficile: cercare di rendere giustizia ai molti personaggi che popolano questo vasto universo. Devo dire che il buon vecchio Duncan, essendo comunque uno dei miei preferiti, mi ha lasciato soddisfatto, ma spero di essere in grado di fare un lavoro quanto meno equivalente anche per i vari comprimari. Mi piacerebbe che la loro figura rimanesse fedele a quella del gioco, riuscendo, però, a renderli miei. Non è un impresa facile, lo so, lavorare sui caratteri è sempre dura. Oh, beh, incrociamo le dita, allora :)
  
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