La
conquista di Tibur
confermò tutte le paure latine. La tensione, da Alba Longa
sino ai territori degli Equi e dei Volsi, era palpabile, e sarebbe
bastata una
minima provocazione a scatenare una guerra. I consoli del
A
sistemare la situazione ci pensò Manio Minucio Treno,
divenuto pontefice
massimo al posto di Aulo. Organizzò un incontro con i vari
capi delle città latine,
ed in particolare dopo aver parlato con il re di Alba Longa Olimpio
Gracco
seppe giungere a compromessi. Roma, essendo reduce da ben due guerre,
doveva
ancora aspettare per poter fare la prima mossa, così Olimpio
decise di
approfittarne, e chiese all'Urbe un contributo annuo alla Lega Latina
per
provare che la sua fiducia fosse ben riposta. Con l'approvazione dei
due
consoli (Gallio Fulcinio Flaviano e Vibio Falerio Abito) Treno
suggellò tale
promessa con il sangue, si dice.
Il
578 fu per Roma un anno drammatico. Poco tempo dopo l'elezione dei
consoli, un
terremoto sconvolse i territori della Lega Latina settentrionale e
della
repubblica, devastando in particolare Roma e Tusculum.
Le vittime furono numerose, "molte migliaia",
come scritto negli annales, sia tra
i
romani che tra i latini. Molti edifici crollarono, e il palazzo del
senato
collassò su sé stesso proprio mentre vi era una
seduta. Il console Tarquinio
Prisco rimase ucciso e il suo collega Vopisco Fulvio Fugino gravemente
ferito.
Scoppiarono anche numerosi incendi, andando ad incrementare il numero
delle
vittime.
Anche
in altre città della repubblica ci furono danni, i
più gravi dei quali a
Vergata, molto vicina all'epicentro, ma Roma era messa molto peggio. Al
posto
di Prisco venne fatto suffectum Titinio
Lucio, il quale non perse tempo a coordinare la ripresa: gli incendi
vennero
domati in fretta, e le macerie degli edifici vennero usate per ergere
molte
pire funerarie sulle quali bruciare le vittime (i palazzi erano fatti
interamente di legno al tempo). Il giovane figlio di Prisco, Spurio
Tarquinio,
venne affidato temporaneamente al vecchio generale Iuniano, e il
console fu
seppellito con tutti gli onori.
La
distruzione era stata pressoché totale, per cui si dovette
ricostruire il tutto
da zero. Questa volta per gli edifici vennero impiegati, oltre al
legno, anche
pietra e calce naturale, ottenuta mescolando la sabbia delle rive del
Tevere
alla sua acqua. L'erario quasi si svuotò a causa di questo.
Un aiuto
fondamentale venne da Careiae,
ancora
alleata di Roma, che inviò numerosi aiuti all'Urbe nel
momento del bisogno.
Facendo ciò la città si guadagnò lo
status di socius perpetuus (alleato
perpetuo) di Roma.
Il
577 venne usato per riprendersi dalla tragedia, e i consoli Flavio
Carvilio
Victricio e Tiberio Edinio Geniale fecero effettuare un censimento
(censori
Arrunte Papinio Protacio e Sesto Stazio Frumenzio) per stabilire la
popolazione
post-terremoto. Da quasi ottantamila abitanti la popolazione era
diminuita di
quasi un quarto, ed erano deceduti un quinto degli schiavi.
Nel
576 venne preso un altro importante provvedimento. Quando l'edificio
del senato
era crollato due anni prima, quasi tutti i senatori erano rimasti
uccisi o
gravemente feriti. Per questo, per evitare che si potessero azzerare a
causa di
un tale disastro, il loro numero venne aumentato a cento da una
delibera dei
consoli Manio Norbanio Ulpio e Arrunte Rutilio.