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Autore: Monkey_D_Alyce    05/09/2014    4 recensioni
La mia vita...si può definire tale?
Tutto quello che sapevo su di me, sulla mia famiglia, sul mio passato...può essere semplicemente una menzogna.
E, come se non bastasse, arriva un serial killer a sconvolgermi la vita! Cosa vuole, costui, da me?
Genere: Azione, Sentimentale, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Monkey D. Rufy, Nuovo personaggio, Portuguese D. Ace, Un po' tutti
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Piccolo avvertimento: in questo capitolo sono presenti termini abbastanza coloriti e violenza. CI vediamo dopo!
Buona lettura!

 

Special: Ricatto e copertura
 

 
Kat avvolse le esili braccia intorno al collo di Shanks schiacciandosi contro il suo corpo, mentre le loro lingue erano occupate a combattere per ottenere la supremazia.
 
La ragazza era felice di non essere stata cacciata, ma al contempo aveva una paura folle di quello che sarebbe accaduto dopo.
Già…cosa sarebbe accaduto, dopo?
 
Shanks non sapeva che gli era preso: sapere in quel modo che la sua allieva provava qualcosa oltre la semplice amicizia, lo rendeva euforico.
Eppure era più che convinto che tutto quello fosse solamente uno sbaglio.
Un enorme sbaglio.
In quel momento voleva trovarsi in un posto lontano a pensare lontano da tutto e da tutti.
Doveva ritornare in sé e prendere il controllo della situazione.
Il Comando non permetteva relazioni tra agente e soggetto altamente pericoloso.
Perché Kat era questo.
Era stata catalogata fin dalla sua nascita.
Considerata un soggetto altamente pericoloso solamente perché nata in una famiglia di gangster incazzati e armati fino ai denti per ottenere ciò che volevano.
Si era parlato molto di lei: alcuni la consideravano un Mostro, altri una feccia umana, altri ancora la compativano.
Gli ordini erano gli ordini.
A nessuno interessava chi o cosa.
 
 
Kat Mihawk
Data di nascita: 5 Ottobre 1995
Padre biologico: Drakul Mihawk
Madre biologica: Leslie Singer
 
Tali dati riportati sono estremamente fondamentali per l’identificazione.
Soggetto sotto stretta sorveglianza.
Arma di distruzione di massa.

Soggetto altamente pericoloso
 
Ordini dal Comando: tenere in vita. Se necessario: uccidere.
 
 
Quella, era solamente una delle tante facciate del rapporto che Dragon gli aveva consegnato.
Era monitorata in continuazione, persino a scuola.
Per quella missione erano stati scelti gli agenti migliori sul campo, tra cui lui e il suo collega ed amico Dragon.
 
Quei ricordi gli turbinavano nella mente, facendolo irritare parecchio.
Kat era solamente una quindicenne!
Come potevano considerarla fin dalla sua nascita un Mostro e un soggetto altamente pericoloso?!?
 
Si staccò dalla ragazza delicatamente, per riprendere fiato.
La guardò a fondo nei suoi occhi color dell’oceano, messi in forte contrasto da quelle piccole striature rosso brillante.
S’incupì e abbassò lo sguardo verso il pavimento in legno, per poi prendersi il capo tra le mani, ringhiando lievemente…
 
Kat non ci capiva più nulla.
Un po’ perché ancora stordita da quel bacio mozzafiato e dal profumo di colonia di Shanks, mentre dall’altra parte sentiva come un brutto presentimento attanagliarle il petto in una stretta morsa.
Si continuava a chiedere se il suo maestro stesse bene e perché stesse ringhiando, ma non voleva dar voce ai suoi dubbi.
 
All’improvviso, una presa ferrea sulle sue spalle la fece sobbalzare dallo spavento, mentre il suo sguardo fissava Shanks con fare attonito e lievemente impaurito.
 
Agli occhi del rosso, sembrava solamente un cucciolo indifeso, bisognoso d’affetto.
 
Uccidere.
 
Quella parola occupava gran parte dei suoi pensieri, irritandolo ancor di più.
Una ragazzina.
Una ragazzina che non poteva vivere come tutti gli altri.
Una ragazzina che tutti temevano ed odiavano perché figlia della feccia della società.
Una ragazzina che conviveva, senza saperlo, con un arma letale pronta a sterminare tutti coloro che osavano fermarla.
 
La visione della sua piccola allieva fuori di sé, che uccideva e torturava le persone come un pazzo sadico omicida, gli sconvolse l’animo e per un solo attimo, volle prendere la pistola e porre fine alle sofferenze di Kat.
 
L’abbracciò istintivamente, dandosi della carogna e del vigliacco per i suoi pensieri.
Come poteva ucciderla? Come gli era saltato in mente?
Non se lo sarebbe mai perdonato.
Non avrebbe trovato pace, se avesse compiuto un tale gesto.
Lei era Kat!
Una ragazzina di quindici, in piena crisi ormonale, che continuava a dargli delle grane!
Era la sua piccola allieva a cui non poteva rinunciare.
Era la sua migliore amica e sì, anche la ragazza con cui si era baciato appassionatamente per cinque minuti buoni.
 
“Ti voglio bene, piccola mia…Ti proteggerò ad ogni costo” le sussurrò, baciandole delicatamente i suoi capelli neri come il buio di una notte senza la luce delle stelle e della Luna…
 
Kat si rilassò un poco, accoccolandosi maggiormente contro l’ampio petto muscoloso di Shanks, beandosi del suo calore corporeo.
 
“Ehi! Posso unirmi anch’io?” chiese una voce giovanile e del tutto famigliare, facendo irrigidire come statue di ghiaccio i due ragazzi.
 
Kat si “chiuse a riccio” contro Shanks, mentre lui si girò a guardare Rufy, intendo a mangiarsi un cornetto al cioccolato in piena tranquillità.
 
“Rufy! Da…da quanto tempo sei qui?” domandò il rosso grattandosi il capo con imbarazzo.
Sperava con tutto se stesso che il ragazzino non avesse visto né capito niente.
“Da quando avete iniziato a baciarvi” rispose sorridendo a trentadue denti.
 
La ragazza, rimasta fino a quel momento in completo silenzio, si staccò dalla sua fonte di calore umana.
Un lieve rossore gli imporporava le guance, le sue mani tremavano impercettibilmente, bramose di prendere il collo sottile e bronzeo del fratello e strozzarlo finché non si sarebbe stancata.
Quell’idea era molto allettante…
Si diede anche della stupida per aver detto a Rufy che cos’era un bacio e per avergli insegnato un po’di educazione sessuale basandosi sui libri di scienze di scuola.
Che cavolo gli era saltato in mente???
 
“Stavate per farlo?” chiese ancora il moretto, realmente incuriosito, ricordandosi a malapena il primo “atto di amplesso (che serviva anche per procreare quelle creature chiamate figli)” a cui aveva assistito assieme a sua sorella in visione reale e integrale quando erano piccoli.
 
“Rufy. Stai. Zitto. Non un’altra parola” lo intimò Kat, riducendo gli occhi a due fessure, fissando il suo sguardo truce su quello del fratellino.
“La mia sorellona mi ha detto che serve una cosa chiamata…aspetta…qual era la parola? Ah, sì! Preservativo! Lo hai mai usato, Shanks?” chiese ancora lui, seguendo la sua strada imperterrito.
Era vero che non voleva mai imparare niente, ma qualcosa doveva pur saperla, no?
 
Il rosso diventò color pomodoro maturo, cominciando a balbettare frasi prive di senso, gesticolando in continuazione con le braccia e con le mani, facendo diventare ancor più perplesso Rufy, che chinò il suo capo da un lato.
“Allora?” lo incitò lui, perdendo la pazienza.
 
Per fortuna del rosso, un poderoso pugno colpì la zazzera nera di Rufy, stordendolo un po’:
“Ahi! Sorellona, perché lo hai fatto???” gli chiese tenendosi la testa dolorante.
“Così la prossima volta pensi prima di parlare!!!” sbottò infuriata, andandosene poi al piano inferiore della casa per fare colazione…
 
 
Da quel “piccolo” incidente di percorso, come lo avevano definito Shanks e Kat, passarono quattro mesi ed entrambi, in quel momento, si chiesero come fossero arrivati a quel punto della situazione in cui uno dei due doveva morire al fine di salvare Rufy.
Avevano solamente vaghi ricordi del pomeriggio passato ad allenarsi e poi il buio più completo.
 
Gli avevano catturati e sedati, e si erano svegliati in una cella umida ed illuminata a giorno da una potente lampada.
Catturati, sedati e legati ad una parete sudicia di quella cella mediante grosse catene pesanti ai polsi, guardati come due animali da circo dai due capi delle potenze mafiose americane: Drakul Mihawk, Occhi di Falco e Donquijote Doflamingo, Joker.
 
“Vedo che i nostri ospiti si sono svegliati! Fufufufufu!” rise di gusto Doflamingo, facendo ghignare Mihawk per pochi secondi.
“Già. Un agente dell’FBI e la mia piccola traditrice” aggiunse prendendo il mento di Kat tra due dita, facendola ringhiare.
 
Kat non fece caso a ciò che disse quel farabutto che si ritrovava come padre, però la sua sola vicinanza la mandò in bestia.
Gli occhi cominciarono a farle terribilmente male ed abbassò istintivamente lo sguardo sul pavimento freddo e bagnato dall’umidità, mentre le sue mani si chiudevano in pugni talmente forti da far sbiancare le nocche e far cadere alcune stille di sangue a causa delle unghie conficcate nei suoi palmi.
 
Joker si avvicinò velocemente a lei, sollevandole il capo con forza, al fine di guardare l’arma.
Drakul fissò il suo socio come in attesa di spiegazioni, ma ricevette solamente una vaga risposta:
“Non ancora”
 
Shanks non riuscì a capire quella frase.
L’ansia gli crebbe nel petto, mentre il suono del suo battito cardiaco gli rimbombò nella testa e nelle orecchie.
 
“Lasciando convenevoli inutili, vi vorrei spiegare perché siete qui! Fufufufufu!”- esordì Doflamingo con fare teatrale, umettandosi le labbra maliziosamente- “Si tratta di un gioco di Vita o di Morte! Uno di voi due dovrà morire per salvare…Rufy…”
 
Kat scattò sull’attenti, guardando con estrema fatica tutta la cella illuminata, scorgendo il suo fratellino legato con delle corde ad un tavolino di ferro in mezzo alla stanza.
Sopra di lui, sovrastava una grande sega circolare, sporca di sangue secco.
La ragazza impallidì, ringraziando il fatto che Rufy era incosciente e che quindi non si era accorto di nulla.
 
“Quel bel giocattolino”- spiegò Doflamingo indicando la sega e leccandosi voluttuosamente le labbra, facendo rabbrividire di disgusto Kat- “Si azionerà non appena noi vi libereremo. Dovete fare in fretta se non volete che il vostro amico muoia!”
 
“E tu dicevi che eri il meglio per lui, eh??? Ma chi cazzo sei? Tu sei solamente un pazzo sadico di merda! Figlio di puttana! Liberalo subito!!!” gridò Kat con tutto il fiato che aveva in corpo, cominciando a dimenarsi, nel tentativo di liberarsi da quelle catene che la tenevano costretta al muro.
 
Drakul Mihawk ghignò per nulla infastidito, uscendo dalla cella e augurando al socio di divertirsi, mentre Joker liberava la ragazza e il rosso dalle catene, ridendo sguaiatamente.
 
La sega circolare si azionò e dopo pochi secondi cominciò a scendere lentamente verso il corpo di Rufy, coperto solamente da un camice bianco di cotone sgualcito.
Il suo viso era sereno, il suo sorriso innocente e ingenuo gli increspava le labbra, rendendo quella situazione più tesa di quanto già non fosse.
 
“Sacri Spiriti! Che cazzo facciamo?” domandò Kat in preda all’ansia.
Il suo respiro diventò ogni attimo di più, più irregolare e affannato, nemmeno stesse correndo ad una maratona.
 
Shanks, dal canto suo, cercò di rimanere freddo e impassibile, studiando una qualche strategia:
“Non è detto che uno di noi due debba morire. Vedi? Gli hanno messo delle corde, non delle catene. Dobbiamo slegarlo e toglierlo da lì prima che sia troppo tardi” disse cominciando ad avviarsi verso il moretto.
 
Doflamingo, nel frattempo, li guardava con sguardo vittorioso, felice di quella situazione.
C’era un’unica differenza: non ghignava.
Sorrideva.
Non era uno di quei sorrisi sghembi e ironici cui era abituato a fare.
Il suo era un sorriso sincero…
 
Kat aiutò Shanks a liberare Rufy da quelle corde, cercando di slegarle come meglio poteva.
Ma più si concentrava, tentando di ignorare quella maledetta sega circolare oramai vicina al corpo di Rufy, più le morse di quelle maledette corde si facevano come più strette, mandando in completo panico la ragazza.
 
“Calmati, piccola, ok? Manca poco. Ho appena finito di liberarlo dalla penultima corda! Tranquilla!” cercò di rassicurarla Shanks.
Anche lui era visibilmente provato e quello che ne uscì, fu solo una brutta smorfia, ma alla ragazza andò bene così.
 
La sega circolare si avvicinò sempre più al petto di Rufy, mentre lui dormiva ancora profondamente, ignaro dell’intera situazione.
 
Kat cominciò a piangere disperata, fregandosene altamente della lacrime che gli scendevano copiose dagli occhi.
Il rosso continuò a sussurrarle parole di conforto, mentre con le mani tentava in più e più modi di slegare l’ultima corda, invano.
 
“Shanks! Non c’è più tempo!!!” urlò Kat cadendo nella disperazione più totale, mettendosi le mani nei capelli.
 
Non sapeva cosa fare, se non un’ultima cosa:
“Uccidimi e Doflamingo fermerà la sega! Vero?!?” domandò lei irritata e stanca, raccogliendo le sue ultime forze.
Si sentiva sfinita.
 
Joker annuì con fare serio, le braccia incrociate al petto.
I due non si accorsero nemmeno che aveva rallentato quello stupido oggetto, per dar loro tempo.
 
“Che cazzo dici! Non morirà nessuno! Non devi disperarti, Kat! Torna in te! Non arrenderti!!!” la spronò il rosso, scuotendola per le spalle.
 
Lei si riprese un poco, annuendo in continuazione, sussurrando svariati “ok” nel tentativo di calmarsi e restare fredda.
 
Si rigirarono verso il moretto, accorgendosi che mancava veramente poco a quella Morte così vicina.
 
“Cazzo, non abbiamo molto tempo! Kat, ti fidi di me?” domandò Shanks velocemente, guardandola a fondo negli occhi.
“Certo!” rispose lei senza pensarci, cercando di trattenere i singhiozzi del pianto.
“Bene! La cosa è reciproca! So che ce la farai!” esclamò sorridendo genuinamente, lasciandola sconvolta.
 
La ragazza non riuscì a capire che intenzioni aveva, che subito vide del sangue schizzare intorno a lei, sporcandole il viso e i capelli di quel liquido caldo e dal sapore ferroso.
Una stilla le bagnò le labbra e lei, inconsapevolmente la leccò.
 
I suoi occhi si fecero subito rossi, mentre tutti i sensi si amplificarono in un attimo, stordendola un poco.
La sua vista  si acuì, mentre le figure che vedeva diventarono leggermente ondeggianti e nitide.
Il suo olfatto percepì tutti gli odori presenti in quella sudicia cella, “respirando” perfino la paura.
Si sentì molto più forte e…arrabbiata con se stessa.
 
Arrabbiata e delusa per il fatto che Shanks si era frapposto tra la sega e Rufy per salvarlo.
Il suo maestro stava perdendo un arto a causa sua.
 
E’ sempre colpa mia… non merito di vivere…” si disse sottovoce, per poi avvicinarsi alla corda che teneva intrappolato Rufy.
 
In un impeto d’ira, gridò tutta la sua frustrazione, e con un colpo secco strappò la corda, per poi trascinare verso di sé i corpi di Shanks e del suo fratellino.
 
Doflamingo la guardò con somma sorpresa, per poi ricomporsi velocemente, tornando al suo ghigno strafottente, ed uscì dalla cella…
 
Kat si calmò un poco, buttandosi sul pavimento, sfinita.
Shanks, appoggiato alla meglio contro il muro, cominciò a tremare convulsamente, sentendo a malapena il braccio sinistro.
Il sangue sgorgava copioso dalla ferita, imbrattando tutti suoi vestiti del liquido carminio e denso.
Se cercava di fare qualche movimento, sentiva parte del corpo lacerato dal dolore “implorargli” pietà.
Gemette, mentre il fiato corto non gli dava tregua, bruciandogli i polmoni.
Fortunatamente Rufy stava bene.
 
I due capi ritornarono un paio di minuti dopo.
Doflamingo stava zitto e ghignava soddisfatto, mentre Mihawk guardava la scena con fare critico, regalando un’occhiata truce all’agente dell’FBI.
Estrasse la sua spada dalla fodera dietro la schiena, facendo splendere la lama sotto la luce potente della lampada.
 
Si preparò ad attaccare e togliere di mezzo il rosso, tendendo il braccio destro quanto più poteva.
 
Kat, che fino a quel momento era stata girata di spalle, sentì uno spostamento d’aria dietro di sé.
Il suo istinto le “gridò” dentro la testa che il pericolo era in agguato, facendola ringhiare dalla rabbia.
Girò di un poco la testa e vedendo ciò che suo padre stava per fare, capì tutto e prima che accadesse l’inevitabile, si lanciò verso il corpo martoriato del suo maestro, facendogli da scudo.
 
 
“Cazzo! Maledetta stronza! Che cazzo hai fai fatto?!?” gridò Drakul fuori di sé, riponendo la sua spada nella fodera, guardando la sua figlia scellerata con disgusto.
 
La schiena le faceva male.
Dannatamente male.
La sentiva come divisa in due, mentre ogni singolo muscolo le bruciava come le fiamme dell’Inferno.
 
Doflamingo raggiunse in due falcate il piccolo gruppo, guardando con estrema attenzione la ferita della ragazza:
“Dobbiamo portarli all’ospedale” affermò in tono perentorio, sollevando Kat con molta delicatezza.
“Portarli? Stai scherzando, vero?” domandò scioccato Mihawk, sgranando leggermente gli occhi.
“Vuoi destare sospetti, per caso? Già si accorgeranno che qualcosa non quadra! Figuriamoci se vuoi ammazzare un loro agente! Fidati, ho un piano!” lo rimbeccò prontamente, chiamando successivamente alcuni uomini per portarli di corsa al Pronto Soccorso…
 
Shanks si svegliò di soprassalto, facendo scattare una specie di allarme collegato al letto.
Dei medici, accompagnati da tre infermiere, lo “accerchiarono”, assicurandosi che non fosse successo nulla di grave.
 
“Deve stare a riposo, giovanotto. Non è nelle condizioni migliori” lo rimproverò un vecchietto mingherlino sui sessant’anni.
Il suo camice lungo e bianco gli stava eccessivamente largo, mentre gli occhiali leggermente opachi gli rendevano gli occhi grigi e stanchi due enormi sfere spaventose.
 
“D-Devo trovarli…! Dove sono Kat e Rufy?!?” domandò tentando di alzarsi, senza successo.
“Oh! Sta parlando dei due ragazzini? Stanno bene. Oggi risveglieremo la ragazza…” rispose grattandosi il mento, come fortemente concentrato.
“D-Di che sta parlando? Cosa vuol dire “oggi risveglieremo la ragazza”? Che cos’è successo?!?” chiese ancora il rosso, prendendo il povero uomo per il colletto del camice, strattonandolo più volte.
“Si calmi, per favore. L’abbiamo curata con successo. E’ stata avvelenata, oltre ad avere uno bello squarcio sulla schiena ed aver perso molto sangue. L’abbiamo indotta al coma farmacologico per sicurezza. È una ragazzina davvero molto forte, si riprenderà molto presto, glielo assicuro!” lo rassicurò l’anziano, staccandosi dalla presa di Shanks, appoggiandolo contro il materasso del lettino con delicatezza.
“Mi raccomando”- riprese poi- “Abbia cura di quel che ne rimane del suo braccio sinistro!”
 
Il rosso, che fino a quel momento non si era accorto minimamente di nulla, osservò il suo arto sinistro, notando che non vi era più molto.
Lo toccò come se avesse paura di ridurlo in mille pezzi, sentendo il tempo andare a rilento e il suo animo sprofondare nel vuoto.
 
Rufy entrò nella sua stanza come una furia, gli occhi arrossati dal pianto.
Si potevano ancora vedere le scie bagnate lungo le sue guance.
 
“S-Shanks…io…mi-mi dispiace! È colpa mia, perdonami!” disse il moretto con voce tremante, mentre le lacrime cominciavano di nuovo a bramare di uscire.
“Rufy…era solo un braccio…” commentò Shanks con aria leggermente sbigottita, sorridendo tristemente.
 
Il ragazzo si avvicinò al letto, appoggiando i palmi delle mani sul materasso candido, torturandosi l’anima coi sensi di colpa.
“Non dovevi farlo. Non te lo avevo chiesto!” sbottò digrignando i denti, per poi sollevare lo sguardo.
 
Uno schiaffo lo colpì in pieno viso, facendogli ruotare la testa di un poco.
Il punto dove il rosso lo aveva colpito pizzicava leggermente e lo sentiva incredibilmente caldo.
 
“Non azzardarti a dire una cosa del genere. Mai più!”- gli ringhiò contro Shanks arrabbiato, prendendolo per alcune ciocche della zazzera nera, portandoselo vicino al viso- “Era solamente un braccio! L’importante è che tu stia bene! Persino Kat era disposta a sacrificare la sua vita per te! E tu la vuoi ringraziare così?!? Tu sei tutto scemo! Smettila di farti rogne mentali e guarda avanti!!!”
 
 
Kat si svegliò molto lentamente, vedendo le figure circostante appannate e prive di forma.
Cercò di connettere gli ultimi fatti avvenuti, per poi alzarsi di scatto, gridando successivamente per il dolore alla schiena.
 
I medici tentarono di ristenderla nella posizione iniziale, ma lei li scacciava via in malo modo, ringhiando e imprecando contro di loro, intimandoli di starle lontano.
 
Gemette ancora e si portò una mano sulla parte lesa, ma quella era coperta dal camice e dalle bende che le stringevano il busto.
Sentiva caldo, molto caldo, e la tentazione di strappare i bendaggi era forte.
 
“Ascoltami, dovresti riposarti, tesoro” disse con tono dolce un’infermiera sulla ventina con capelli lunghi e biondi, gli occhi azzurri come il cielo e la pelle diafana che si metteva in forte contrasto con le sue labbra colorate di rosso scarlatto.
 
Ascoltami bene, Barbie del cazzo! Non ho bisogno dei tuoi consigli! Vatti a finire di colorare le tue unghie di merda!” sbottò Kat iraconda, mentre il Mostro cominciava a prendere il controllo del suo corpo, facendola infuriare ancor di più.
 
Scese velocemente dal letto e si strappò le flebo dal braccio, infischiandosene altamente di tutti coloro che cercavano di farla ragionare, ignorando persino la ferita la schiena, che aveva ricominciato a sanguinare.
 
Uscì a passo svelto dalla stanza, appoggiandosi al muro, mentre il suo respiro si faceva pesante ad ogni secondo di più.
Le membra le facevano dannatamente male.
Tentò di compiere alcuni passi, ma qualcuno la fermò:
 
“Ehi, dolcezza! Torna a letto!” le ordinò Doflamingo con fare mellifluo, sghignazzando divertito.
Col cazzo che ci ritorno, fenicottero di merda! Ricordati che ti devo ancora ammazzare!” ribatté volgendo lo sguardo altrove, cercando di calmarsi.
 
Gli occhi la dilaniavano dal dolore, facendola inginocchiare sul pavimento.
 
I medici e Doflamingo la circondarono, pronti ad intervenire, mentre lei si rialzava con estrema fatica.
 
Le sue ultime forze usate per respingere quella Cosa dentro di lei si stavano affievolendo pian piano, trascinandola nell’oblio più oscuro e pauroso che avesse mai provato.
La risata agghiacciante del Mostro le metteva i brividi.
Dalla sua fronte scesero piccole gocce di sudore, che le percorsero il volto come una carezza.
Tutto si fece più ovattato e distorto, provocandole un moto di nausea.
 
“Devi tornare a letto, 357. Ora!” le ripeté Doflamingo irritato, facendole voltare la testa di scatto.
 
Non prendo ordini da te, maledetto figlio di puttana! Patirai l’Inferno!!!” gridò Kat con voce sconosciuta.
Il Mostro aveva reclamato con forza il suo corpo appena aveva sentito quel numero…
 
357.
 
“Va bene, dolcezza. L’hai voluta tu!” disse Joker annuendo lievemente, per poi prendere velocemente una siringa con dentro un liquido trasparente da un medico lì vicino, in quel momento fermo attonito dalla scena.
Lei arretrò contro il muro, per poi guardarsi intorno con sguardo pieno di panico.
 
Doflamingo si avvicinò ancor più a lei, fino a schiacciarla contro di lui, prendendole il capo con forza e affondando l’ago nel suo collo, facendo entrare in circolo la sostanza.
 
“Adesso dormirai ancora per un po’. Proprio come un angioletto! Fufufufufufu!” le sussurrò all’orecchio con un tono di lieve malizia nella voce, accogliendo il corpo inerme e stanco della ragazza tra le sue braccia.
 
Sei…uno…sporco bastardo…Joker…” mormorò Kat tornano in sé prima di svenire…
 
“Lo so. Tutto per te, dolcezza!” le rispose lui leccandosi le labbra avidamente, affidandola ai medici…
 

 
Non si ricordò per quanto tempo dormì.
Si ricordò solamente di aver perso la cognizione del tempo e di aver fissato il soffitto dell’ospedale per secondi o ore, non se ne riguardò poi molto.
Le avevano legato i polsi con delle manette alle sponde di ferro del lettino.
Appena se n’era accorta, aveva imprecato contro tutti i medici e Doflamingo, minacciandoli di un Morte lenta e dolorosa.
Si era acquietata dopo alcuni minuti, dandosi mentalmente della pazza, commentando le sue stesse frasi come enormi fregnacce mai dette nella Storia dell’intera Umanità.
 
“Vedo che hai placato la tua ira, gattina. Tuo zio mi ha detto che hai dato del filo da torcere!” osservò ridacchiando Mihawk, venuto per far visita alla figlia anormale.
Si era seduto comodamente ai piedi del letto, guardandola con crescente desiderio.
Anche se lei non era nelle condizioni migliori, restava provocante lo stesso.
 
“Se sei venuto a farmi la predica, ti rispondo di andarti a far fottere con i miei migliori auguri. Lasciami in pace e vattene via” disse Kat con tono atono, fissando per un momento le manette che la costringevano al letto.
Non riusciva nemmeno a pensare come voleva, a causa dei residui di quella roba che Doflamingo le aveva iniettato.
 
Che figlio di puttana!
 
Sentì la voce del Mostro dentro alla sua testa, facendola sorridere impercettibilmente per quel commento un po’troppo colorito, ma azzeccatissimo.
 
“Noto che non sei combattiva. Cosa ti prende?” le chiese Drakul in tono ironico, al fine di prenderla in giro.
“Cazzo! Apri quelle fottute orecchie e ascoltami con attenzione: sparisci dalla mia vista, o ti giuro che cerco di vomitarti addosso, dato che sono legata e non posso riempirti di botte!” sbottò ringhiandogli contro.
“Non fai paura a nessuno” commentò del tutto tranquillo, guardando il pendaglio a forma di croce che portava al collo.
 
Kat cercò di alzarsi e raggiungerlo, ma le manette le bloccavano i movimenti, facendola irritare parecchio.
 
“Non ce la farai mai!” la provocò avvicinando il suo viso a quello di lei, facendola sorridere malignamente.
“E’ vero, Mihawk. Forse non ce la farò mai, ma ti assicuro che una cosa posso farla!” esclamò allargando il suo sorriso, piegando leggermente il capo da un lato.
“Ah! Ma davvero? E che cosa sarebbe? Illuminami!” la sfidò lui, sorridendo a sua volta.
“Una cosa molto semplice! Questa!” gli rispose dandogli una forte testata, colpendogli parte della fronte e del setto nasale.
 
Mihawk si allontanò velocemente, tenendosi il naso che aveva preso a sanguinare copiosamente.
 
“Maledetta!” masticò trai i denti, facendo per avvicinarsi, ma un’infermiera che passava di lì, per cambiare la flebo alla ragazza, fermò i suoi intenti.
 
“Oh, ciao Barbie! Credo che l’orario di visita sia finito, vero? Potrebbe mandare via quest’uomo? Vorrei dormire!” disse allegra Kat, non badando il dolore alla testa, riconoscendo la ragazza bionda che aveva trattato male.
Non era molto sicura che avrebbe esaudito la sua richiesta, ma l’importante era provarci.
 
La donna si spaventò un poco, nascondendo quel sentimento di paura che le attanagliava l’animo nel cambiare la flebo:
“S-Sì. Ha ragione. Dovrebbe andarsene, la paziente deve riposare” balbettò insicura, allontanandosi un poco.
 
Mihawk guardò in cagnesco la mora, per poi andarsene con passo spedito.
 
L’infermiera decise di uscire velocemente dalla stanza, ma la voce di Kat la richiamò:
“Ehm, Barbie…”- disse girando lo sguardo altrove, arrossendo lievemente per l’imbarazzo- “Mi dispiace di averti trattata male…non ragionavo…”
 
La bionda la guardò stupita, piacevolmente sorpresa di scoprire che una ragazza come quella conoscesse l’educazione e le scuse.
Certo, continuava a soprannominarla “Barbie”, ma era un bel passo avanti.
 
“Non ti preoccupare! Sei perdonata!” le rispose felice, riavvicinandosi a lei.
“A-Avrei un altro favore da chiederti…” riprese Kat guardandola negli occhi.
“Dimmi pure!”
“Mi devi liberare. Non posso stare legata qui” le spiegò con tono fermo e deciso, mentre dal suo sguardo traspariva supplica.
“Ma…i-io non posso…” balbettò incredula a quella richiesta, boccheggiando varie volte.
 
Kat masticò qualche imprecazione contro i “piani alti” dell’ospedale, mordendosi a forza il labbro per non gridare la sua frustrazione:
“Ascoltami bene, Barbie…!” la richiamò, ma l’infermiera la interruppe.
“Juliette”
“Come, scusa?” domandò la moretta con cipiglio incuriosito e vagamente irritato.
“I-Il mio n-nome…è-è Juliette” rispose tentennando un poco, per poi chiudere con prepotenza gli occhi, aspettandosi una qualche reazione alterata da parte dell’altra.
“O-Ok…ehm…Juliette…”- riprese Kat sbuffando lievemente contrita- “Mi devi liberare. Ti prego, non ho tempo né voglia di spiegarti le mie motivazioni, ma devi farlo!!!”
“I-Io non posso! Quell’uomo…Doflamingo…ha chiesto lui di legarti al letto… e poi tu non sei ancora in grado di muov…”
“Non me ne fotte un cazzo! Mi devi liberare! Ora!” le ringhiò contro, spaventando l’infermiera bionda a morte, che istintivamente si allontanò da lei, sbattendo inevitabilmente contro un comodino piccolo di legno, messo lì per dare un’aria ancor più triste alla stanza.
 
La moretta, accortasi del suo comportamento, cercò di riprendere il controllo di sé, scuotendo più volte la testa, come a riprendersi da una brutta botta in testa.
“Sacri Spiriti!”- sospirò sconsolata, per poi girarsi di scatto verso quella bionda che poteva aiutarla. Era troppo gentile e dolce con lei, quando sentiva di non meritarselo per niente. Quindi, giunse alla conclusione che era meglio non provocare ulteriori danni a quello strano rapporto già incrinato- “Juliette. Non ho molto tempo. Come puoi vedere non sono nelle condizioni migliori, ok? Però, ti chiedo di fregartene delle regole di questo fottuto ospedale e di aiutarmi! Ti prego…”
 
Juliette non sapeva cosa fare.
Non aveva mai visto una ragazza così ribelle e schietta di parole, però le piaceva.
Le piaceva il suo modo di fare e anche se cambiava carattere ogni secondo, l’ammirava lo stesso.
Però, tutto aveva un limite.
 
“Come dici tu, potrei dare uno strappo alla regola, ma…sei ancora troppo debole…” disse con tono professionale, lasciando in disparte per un momento le emozioni.
 
“Cazzo!”- sibilò Kat a denti stretti, mandandola mentalmente al diavolo, ma si trattenne dal dar voce a quel commento- “Juliette. Non posso stare qui. O mi liberi, o me la cavo da sola, al costo di rompermi i polsi!”
“Cosa?!? N-Non puoi farlo!!!”
“Allora liberami!” la minacciò abbassando il tono di voce, riducendola ad un ringhio gutturale.
“Sei troppo debole!”
“Porca puttana! Perché dici questo?!?” le domandò inalberandosi, scrollando le spalle in un moto di stizza, sbattendo le gambe sul materasso del letto come una bambina capricciosa.
“Primo: vedi di non inveire mai più con quelle brutte parole, altrimenti non otterrai in nessun modo il mio aiuto!”- sbottò facendosi seria la bionda, zittendola all’istante, facendola poi sbuffare irritata. Ora s’incominciava a ragionare…- “Secondo: ti hanno squarciato la schiena in due con un’arma da taglio e non capisco chi mai abbia fatto una cosa del genere, anche se un’idea me la sono fatta…ma torniamo al discorso principale. Vuoi morire dissanguata???”
“Cazzo, no!” esclamò Kat compiendo un balzo sul posto, presa in contropiede.
Aveva ancora una cosa importante da fare e poi era troppo giovane per morire!
Certo, la sua vita non era delle migliori, ma doveva almeno rischiare, no?
 
“I termini, signorina!” la rimproverò l’infermiera stizzita da quel linguaggio poco consono ad un luogo pubblico, soprattutto ad una ragazza giovane come Kat.
“Ma che caz- ehm…cappero…va bene?(!)?” le chiese in un gesto di approvazione, sorridendo sarcasticamente, facendo felice, però, Juliette.
“Sì! Molto meglio! Posso dare uno strappo alle regole, questa volta”- esordì la bionda, calcando bene la penultima parola, per poi continuare- “Però c’è il rischio che Doflamingo lo venga a sapere, inoltre mi serve sapere una cosa: cos’hai intenzione di fare?”
“Devo scappare con un babbeo dai capelli rossi e un altro idiota, altro non è che mio fratello Rufy. Non sono stati ancora dimessi, vero?” domandò tentando di calmarsi un poco, sperando vivamente che tutto andasse come previsto.
“A dire il vero, sì” le rispose invece l’infermiera, prendendo la sua cartella clinica appoggiata su un tavolo vicino ad un muro della stanza.
“Che cosa?!? Stai scherzando, vero???”
“No…Kat…”- ribatté tranquilla Juliette, leggendo i fascicoli sui pazienti interessati- “Shanks, l’uomo dai capelli rossi, è stato dimesso due giorni fa. Monkey D. Rufy, il giorno prima di lui”
“Oh, Santa cacca! Per quanto caz-  ehm…cavolo ho dormito?” domandò tentando di trattenersi dal dire altre parolacce.
“Da quando ti abbiamo dovuto fare l’anestesia per tenerti sotto controllo…cinque giorni!”
“Ok. Ascolta, Juliette: tu liberami, poi me la caverò da sola! Dammi indicazioni di cosa devo fare o NON fare!”
“Il primo è non affaticarti…” iniziò la bionda, uscendo dalla stanza, lasciando sola Kat con espressione confusa ed irritata al massimo.
 
Prima mi fa la predica ed ora sparisce! Maledetta Barbie!!!” pensò la moretta, sospirando incredula, stendendosi sul materasso del lettino, troppo comodo e morbido, per i suoi gusti.
 
Juliette rientrò nella stanza di Kat dopo una decina di minuti, trovando la ragazza intenta a cercare di scendere dal letto, nonostante le costrizioni.
 
“Non sei molto paziente! Fermati o la ferita ti si riaprirà!” la fermò avvicinandosi velocemente a lei, liberandole il polso destro dalla prima manetta.
 
Kat, felice come una pasqua, si rimirò più volte il suo arto libero, sgranando gli occhi dall’emozione.
Appena liberato anche il secondo polso, tentò si alzarsi dal letto, rischiando di rovinare a terra.
Le sue gambe non erano più allenate e le sentì terribilmente indolenzite e formicolanti.
 
“Attenta. Sei stata ferma per molti giorni” la ragguardò Juliette, controllando le fasciature della schiena, sbottonandole il camice da dietro.
 
“Ehi! Che diavolo fai?!?” domandò Kat stando sulla difensiva, cercando di allontanarsi un po’.
“Controllo le fasciature, tranquilla!” le sorrise dolcemente, calmandola un poco.
 
Dopo quella visita, la bionda si apprestò a prendere da un armadio degli antidolorifici e anche alcune pastiglie per tenere in piedi quella ragazza che le aveva portato scompiglio nella sua routine monotona.
 
“Tieni” disse porgendole le due pastiglie e una bottiglietta d’acqua presa dal tavolo.
 
Le ingurgitò senza dire nulla, per poi bere avidamente dalla bottiglietta, finendola in pochi secondi.
Si alzò in piedi con malagrazia, tenendosi al bordo del letto, muovendo alcuni passi.
“Molto bene. Ora…devo scappare…” disse allontanandosi un poco, non appena riprese confidenza con le proprie gambe, ma venne interrotta dalla voce di Juliette.
 
“Come fai, se ci sono i medici in giro?” le domandò con ovvietà, incrociando le braccia bianche sotto al suo seno prosperoso.
 
“Mai una volta che fili liscio, merda!” sussurrò Kat sconfitta, girandosi poi verso la bionda.
“Qualche piano?” domandò poi la moretta, guardandola con aria scettica.
 
“Certo! Le infermiere sono fuori a fumare, mentre i medici…” osservò facendole l’occhiolino d’intesa.
 
La ragazzina rise di gusto, scuotendo il capo, dandosi della scema.
“Giusto, alla fine, il gentil sesso vince sempre” commentò uscendo dalla stanza, seguita da Juliette.
 
 
Uscire dall’ospedale non fu poi così difficile.
I maschi cadevano nella “trappole” che la bionda infermiera tendeva loro, sorridendo compiaciuta del suo operato.
 
Appena fuori, si diressero velocemente verso il parco, mentre Kat riceveva qualche rimprovero bonario da parte di Juliette, che le intimava di non affaticarsi troppo date le sue condizioni.
 
“Julie!”- sbottò stanca di quella ramanzina la moretta, puntandole un dito contro. Ignorò completamente persino il fatto di averle “accorciato” il nome- “Sono stata ferma in un caz- diavolo! In un cappero di letto per cinque fot- maledetti giorni, se non di più! Abbi pietà se sono felice di camminare da sola!!!”
 
La bionda arrossì leggermente, sentendosi in imbarazzo.
 
“Ora”- riprese Kat, più determinata che mai- “Io vado. E’ stato un piacere conoscerti! Ciao!”
 
La ragazza si rimise in cammino a passo spedito, trattenendo qualche volta i gemiti di dolore per un passo improvviso compiuto con troppa fretta.
 
Juliette la guardava allontanarsi, con un braccio steso a mezz’aria, più che intenta a fermarla, ma non le usciva niente, nemmeno un suono dalla bocca, mentre il suo corpo cadeva sul terreno erboso e bagnato dalle gocce di rugiada del parco.
 
“Ha compiuto il suo dovere, infermiera Juliette Sleepy. Grazie a lei, il nostro soggetto è uscito con successo. Provvederò a farle avere un aumento sul suo stipendio” disse un uomo in completo nero, aggiustandosi con eleganza la cravatta.
 
Il suo ghigno beffardo ruppe il silenzio e l’oscurità della notte e con passo veloce, s’avvio verso Kat…
 
 
 
Dopo essere arrivata a casa di Shanks con un bus di fortuna, bussò insistentemente alla porta, battendo il piede sinistro in continuazione sullo zerbino con scritto a lettere cubitali “WELCOME!”.
Kat odiava a morte quell’oggetto troppo “allegro e spensierato”.
Lo trovava ripugnante, soprattutto per il disegno impresso sopra: una donna nuda dai capelli rossi, stesa a pancia all’aria con il seno in bella vista e una mano che si portava una ciliegia rossa come il sangue alla bocca.
Sì.
Decisamente ripugnante e osceno.
 
Il rosso venne ad aprire alla porta con cipiglio perplesso, chiedendosi chi fosse quel “sano di mente” che bussava con insistenza alla porta.
Quando vide la sua allieva rimase sbigottito.
 
“Kat, piccola! Quale buon vento ti porta…” ma non riuscì a finire la frase che venne zittito da un bacio sulle labbra da parte della moretta.
Ricambiò per alcuni attimi, per poi staccarsi controvoglia da lei, tastandosi il collo con due dita.
 
“I-Io…mi…sento piuttosto strano…” mormorò ondeggiando un poco avanti e indietro, compiendo alcuni passi indecisi verso Kat, cadendo contro di lei.
 
“Meno male che quella Barbie mi ha dato anche una siringa con dentro un po’di morfina in caso di bisogno!” mormorò la ragazza, esaltandosi.
 
Con non poca fatica lo trascinò in casa, mugolando qualche gemito di dolore.
Lo adagiò su una sedia del salotto, per poi guardarsi intorno in cerca di qualcosa.
 
Dei passi richiamarono la sua attenzione, facendola indietreggiare un poco.
 
Il corpo seminudo di Rufy fece capolino davanti alla sua visuale, intenerendo la ragazza un poco.
 
“Ciao, fratello!”- esclamò Kat con sorriso mellifluo sul volto- “Ho bisogno del tuo aiuto”
 
Il moro sgranò gli occhi, guardando con sconcerto il corpo inerme di Shanks accasciato alla meglio sulla sedia.
Dormiva profondamente, russando qualche volta.
Si chiedeva cosa fosse successo e perché sua sorella avesse quell’espressione da cattiva dei cartoni animati stampata sul volto.
Le cose stavano prendendo una brutta piega, per i suoi gusti…
 
Si risvegliò circa due ore dopo, sentendosi le membra intorpidite.
Provò a muoversi, ma qualcosa glielo impediva.
Cercò di capire cosa gli fosse successo, per poi sentire il suo viso girarsi contro la sua volontà verso Kat.
 
“Ciao, rosso! Meno male che ti sei svegliato! Spero tu abbia dormito bene, perché dovrai aprire bene le orecchie per ascoltare ciò che sto per dirti” disse la moretta velocemente, intontendo Shanks per il suo flusso di parole dette senza fermarsi un minuto.
 
“Buongiorno anche a te!”- mormorò con tono sarcastico, riprendendo coscienza di sé- “Sei così gentile da spiegarmi perché cazzo sono legato a questa fottuta sedia, in casa mia?!?”
“Devi dimenticare tutto ciò che ricordi” le rispose la ragazza senza tanti giri di parole, giocando distrattamente con un coltello da cucina tra le dita, fissandolo a lungo negli occhi.
“Che cazzo stai dicendo? Ti sei rimbecillita o ti hanno drogato con roba pesante?” la sfotté Shanks regalandole uno sguardo truce.
 
Kat s’irritò parecchio, non mettendoci molto tempo prima di puntare quel coltello alla gola del suo maestro.
Non farmi incazzare!”- gli ringhiò contro, sentendo la presenza del Mostro reclamare il suo corpo, ma non glielo concesse- “Dimentica questa storia!”
 
Il rosso tenne il suo sguardo fisso su quello della ragazza, sorridendole con aria beffarda, facendola innervosire ancor di più.
 
“So tutto. Rufy mi ha spiegato tutta la vostra situazione per filo e per segno. So cosa ti fa Mihawk, così come so cosa fa Doflamingo a Rufy” disse in tono serio, sentendo la rabbia alimentargli l’animo.
Non si perdonava il fatto di non essersi mai accorto di nulla in tutti quegli anni passati insieme a loro.
Alle sue due pesti.
La sua famiglia.
 
Kat abbassò il coltello, per poi farlo cadere con un tonfo sordo sul pavimento.
Le sue mani tremavano leggermente.
Le lacrime bramavano di uscire, minacciando di portarla ad uno sfogo liberatorio, ma non volle.
Non voleva liberare tutte le sue ansie e paure.
Non voleva dimostrarsi debole.
Doveva tornare con i piedi per terra e rimettersi quella maschera che tanto odiava.
 
“Non sai niente, invece” sussurrò con voce incrinata, mordendosi l’interno della guancia con forza, tentando di trattenersi dal piangere.
“Cosa non so? Che cos’è che non so, Kat, eh?!? Cosa?!? Il fatto che quei due figli di puttana vi scopino a loro piacimento?!? Che cazzo dovrei sapere, ancora?!?” sbottò Shanks irato, riversando parte della sua rabbia repressa contro la ragazza, spaventandola un poco.
 
Rufy, che nel frattempo era rimasto in silenzio, cominciò a singhiozzare, mentre lunghe scie di lacrime amare scivolavano senza sosta lungo il suo giovane viso, coinvolgendo la sua bocca in una smorfia di dolore.
 
Kat, sentì una nuova ondata di rabbia sconvolgerle l’animo.
Riprese il coltello, stringendo il manico con violenza.
S’avvicinò velocemente al corpo legato del rosso, per poi tirargli i capelli e così anche il capo all’indietro, lasciando scoperto il suo collo e il pomo d’Adamo, che s’abbassava e alzava quando l’uomo deglutiva…
 
Devi dimenticare!!!” gli inveì contro lei, provocandogli un leggero taglio con la lama affilata della sua momentanea arma.
Stille di sangue scesero indisturbate lungo la sua gola, formando alcune righe scarlatte.
“Perché?” domandò Shanks per nulla intimorito, alzando un poco la testa per guardarla.
“Ti prego, Shanks…non costringermi a farti del male…ho io il coltello dalla parte del manico…” gli rispose, supplicandolo con lo sguardo.
 
Senza nemmeno accorgersene, l’uomo dal completo nero le arrivò da dietro, per poi farla svenire toccandole un nervo della spalla.
La prese tra le sue braccia, adagiandola sul divano del salotto, assieme al corpo inerme di Rufy, addormentato poco prima.
 
“Dragon!”- esclamò il rosso visibilmente sorpreso, guardando sia lui che gli altri agenti con stupore- “Che ci fai, qui?”
“Shanks”- disse l’uomo slegandolo dalle corde- “Devi stare al gioco di Kat”
“Che cosa?!? Non me ne starò fermo a guardare! Dimmi una cosa: tu sapevi cosa stava succedendo al nostro soggetto e a tuo figlio?!?” gli domandò con cipiglio alterato, non provocando, però, nessuna reazione da parte del collega.
“Sì, lo so” gli rispose allontanandosi da lui, lasciandogli spazio per alzarsi.
“Allora perché cazzo te ne sei stato con le mani in mano, eh?!? I miei amici vengono violentati ripetutamente e tu che fai? Non intervieni?!? Ma che cazzo avete per la testa, tutti quanti, in questi giorni?!?” esplose Shanks, alzandosi con uno scatto, prendendo Dragon per il colletto della camicia.
 
L’uomo sospirò pesantemente, facendo abbassare al rosso le sue difese per alcuni decimi di secondi.
Gli prese il polso dell’unico arto rimastogli e lo strinse, per poi piegargli il braccio all’indietro, facendolo inginocchiare a terra, sottomettendolo.
Gli piegò il busto in avanti, mentre la testa di Shanks si scontrò contro il pavimento.
Odiava quando Dragon lo trattava così.
 
“Certe volte sei un pezzo di merda, Dragon!” sbottò tentando di liberarsi dalla sua presa, invano.
 
L’uomo ghignò di gusto, per poi tornare serio:
“Ascoltami bene, idiota. Non possiamo permetterci di far saltare la nostra copertura per colpa di un tuo capriccio. So già che ti hanno scoperto e che sanno la tua vera identità, ma questo dobbiamo sfruttarlo a nostro favore. Quei figli di puttana staranno più attenti a compiere le loro mosse, certo, però, nel frattempo, abbasseranno anche la loro guardia, pensando di averti in pugno. So come ti senti e fidati, anch’io sono incazzato come una bestia per quello che stanno passando mio figlio e Kat. Agirei come te, ma questo manderebbe a fanculo il nostro lavoro. Siamo vicini alla fine, Shanks. Non arrenderti proprio ora!” gli intimò Dragon liberandolo.
 
Il rosso si rialzò con un po’di fatica, per poi guardarlo:
“Dragon…io…non ci riesco” mormorò affranto, chinando il capo, mentre ciocche di capelli rossi gli coprivano il viso, nascondendo la sua frustrazione e una lacrima solitaria scappata dal suo autocontrollo.
 
“Sì, invece! Ti assicuro che tra non molto tempo, riceveremo un aiuto in più!” esclamò sorridendo beffardo, richiamando l’attenzione dell’amico.
 
“Che intendi?” gli domandò realmente incuriosito, guardando successivamente i corpi svenuti  dei due ragazzi, controllati dagli agenti e da alcuni medici.
“Parlo di colui che darà una svolta agli eventi, Shanks” rispose sorridendo Dragon, dandogli una pacca affettuosa sulla sua spalla.
“Roger? Ma lui è morto, Dragon! Non può più aiutarci in nessun modo!” esclamò stizzito il rosso, abbassando la voce per non farsi sentire dagli altri agenti.
“Lo so. Ma credi che Gol D. Roger fosse tanto stupido da lasciare il lavoro a metà?”
“Vuoi dire che ha un complice? E chi è???”
“Il suo nome è Ace. Gol D. Ace”.






Angolo di Alyce: Buonasera!!!!
So di essere in un ritardo...pazzesco(?)
Ma spero di essere perdonata con questo lungo special!
Come potete notare, Kat è molto...incazzata e si sente costretta ad "indossare" una maschera d'indifferenza che non le piace.
Peccato che non sia molto brava: dovrà allenarsi di più u.u
Passando ad altro: in questo capitolo c'è anche una sottospecie di Marie Sue.
Avete capito chi è? Bravi! Proprio lei!
La bionda infermiera occhioni azzurri di nome Juliette.
Solo che non l'ho trattata molto bene xD
Kat è un mito quando le urla contro: "Barbie del cazzo!"
Quanto la stimo xD
E poi, l'ho fatta svenire da parte del mio mito Dragon *^*
Quanto è puccio!!!!!!!!
Non vogliatemi male se ho fatto perdere il braccio a Shanks...era...doveroso...per me rimane sexy lo stesso :Q__________________________
E qui, si cita anche il nostro fighissimo Ace.
Amore lui!!!!!!!
Sì, l'ho chiamato con il suo vero cognome: Gol D. Ace.
Diciamo pure che Ace era anche in rapporti più... cordiali con Roger.
Questo è l'ultimo special che faccio.
Dal prossimo capitolo in avanti si ritornerà alla vera storia!
Non vedo l'ora!!!!!!
Ciao e un strasuperbacione a tutti!
Alyce :))))))))))))))))))))))))))))))))))
  
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