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Autore: RandomWriter    06/09/2014    6 recensioni
Si era trasferita con il corpo, ma la sua mente tornava sempre là. Cambiare aria le avrebbe fatto bene, era quello che sentiva ripetere da mesi. E forse avevano ragione. Perchè anche se il dolore a volte tornava, Erin poteva far finta che fosse tutto un sogno, dove lei non esisteva più. Le bastava essere qualcun altro.
"In her shoes" è la storia dai toni rosa e vivaci, che però cela una vena di mistero dietro il passato dei suoi personaggi. Ognuno di essi ha una caratterizzazione compiuta, un suo ruolo ben definito all'interno dell storia che si svilupperà nel corso di numerosi capitoli. Lascio a voi la l'incarico di trovare la pazienza per leggerli. Nel caso decidiate di inoltrarvi in questa attività, non mi rimane che augurarvi: BUONA LETTURA
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'In her shoes'
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RIASSUNTO DELLA PUNTATA PRECEDENTE:
Trevor, con la collaborazione dell’amico Dake, trova conferma del fatto che Dajan provi qualcosa per Kim. Mentre sta rincasando da scuola in compagnia di Nathaniel, Erin si trova di fronte i genitori. L’incontro è piuttosto imbarazzante a causa dell’atteggiamento iperprotettivo del padre, Peter, verso la figlia. Il biondo riesce comunque a conquistare i favori dei “suoceri” anche se poi Peter ammette di non considerarlo il ragazzo giusto per la figlia.
Il giorno successivo, Erin e gli amici discutono del concerto a cui Castiel si ostina a non voler partecipare e la ragazza informa il resto del gruppo sull’insuccesso dell’iniziativa: le adesioni sono scarse e l’evento non ha riscosso l'interesse sperato. Quella sera stessa i ragazzi si preparano per la recita. La protagonista è piuttosto nervosa ma Castiel, a modo suo, cerca di tranquillizzarla.





CAPITOLO 25: SI VA IN SCENA
Quando si aprì il sipario, gli occhi del pubblico si calamitarono sugli unici due attori presenti sulla scena: Lysandre, vestito da stalliere, aveva un atteggiamento talmente distinto ed elegante che ricordava più un principe, mentre la sorella, sembrava l’incarnazione della bella Cenerentola. Come nella realtà, i due dovevano essere fratelli e il loro scambio di battute fu impeccabile: non una parola pronunciata erroneamente, non un’esitazione. Il pubblico era rapito già dopo un paio di minuti. La trama girava attorno alle loro avventure per il mondo alla ricerca del padre scomparso.
Dopo esser venuta a conoscenza della storia familiare dei due ragazzi, Erin si era stupita che avessero accettato una simile parte. C’era un che di tragicomico in quella situazione, dal momento che anche nella vita reale i due ragazzi non avevano mai conosciuto i genitori.
La scena si spostò poi su Ben e Kimberly ed Erin ne approfittò per distogliere l’attenzione dal palco.
La ragazza sbirciò quindi tra il pubblico e subito i suoi occhi vennero colpiti da Nathaniel seduto accanto ad Iris. Il ragazzo era concentrato sulla scena e non batteva ciglio. Iris accanto a lui, notoriamente poco interessata all’ambito umanistico, seguiva un po’ distrattamente, guardando talvolta il cellulare. Alexy e Violet ascoltavano con attenzione, indicando ogni tanto la scenografia a cui loro stessi avevano lavorato mentre Armin, incorreggibile, aveva il capo chino ed illuminato da uno schermo digitale; non fu difficile per Erin indovinare quale attività intrattenesse in quel momento quell’amico fanatico di videogiochi.
Passò poi alla ricerca dei familiari: individuò sua madre impegnata a strattonare il marito, la cui testa, già dopo un quarto d’ora di spettacolo, aveva cominciato a ciondolare dal sonno in modo imbarazzante. In aggiunta al fatto che suo padre odiasse quel genere di rappresentazioni, Erin immaginava che la notte prima non avesse dormito a causa di Nathaniel: era stato un duro colpo per lui scoprire che la sua bambina non era più sua, né tantomeno più una bambina.
Riuscì poi a intercettare il volto di Pam che in quel momento era distratta da Jason: quest’ultimo stava riponendo il cellulare in gran fretta nella tasca, bisbigliandole qualcosa. Evidentemente aveva ricevuto una chiamata a cui non poteva rispondere.
Infine la ricognizione di Erin si assestò sulle ultime file dove, in tutta la loro vivacità di maschi baldi e giovani, si erano accomandati i membri della squadra di basket. Trevor stava chiacchierando con Liam, a tre posti di distanza da lui, Dajan con Kim e addirittura le sembrò di vedere volare qualche popcorn, snack che come ogni altro era stato vietato. Erano piuttosto chiassosi, tanto che il professor Condor prima e la Fraun poi, andarono più volte da loro per ammonirli a prestare attenzione alla scena. Del resto c’era un solo motivo che aveva spinto quella decina di persone ad assistere all’evento e ben presto la loro curiosità sarebbe stata appagata.
“pronta Erin? Tocca a noi” la chiamò Castiel, cogliendola di sorpresa. Aveva perso completamente la cognizione del tempo e si sentì talmente confusa da avere un vuoto. Notò Kimberly avvicinarsi a lei, sistemarle il microfono sul vestito e sussurrarle qualche consiglio che non udì. Era completamente disorientata. Castiel, cogliendo il suo sconcerto, l’afferrò per il polso e senza tante cerimonie, la trascinò sul palco non appena il sipario era stato calato. Erin si guardò attorno e vide il resto dei membri del club, impegnati ad allestire la scenografia: comparve una casa di cartone, uno steccato, delle sagome di animali da cortile e dei filoni di paglia.
Appena la tenda si aprì, una luce accecante investì la ragazza per un paio di secondi. Quando le pupille si adattarono a quella luminosità, l’attrice constatò sconcertata quanto risultasse più numeroso il pubblico da quel nuovo punto di vista.
Cominciò a sentire il cuore in gola e le gambe tremare, sperando che la lunga gonna contribuisse a nascondere il panico in cui era precipitata.
Sbirciò il compagno accanto a lei, guardandolo di sbieco: Castiel sorrideva beffardo e non trapelava alcuna insicurezza o agitazione. Le rivolse uno sguardo fugace, allungando quel sorriso fin troppo divertito e tanto bastò ad Erin per scandire la tensione.
Appena la luce illuminò anche il ragazzo, i due attori videro tutta la squadra di cestisti agitarsi e gasarsi:
“VAI BLACK!” urlarono quasi in coro.
Kim, in quanto unica ragazza del gruppo, sprofondò per la vergogna, cercando di non farsi vedere dal resto degli spettatori che si erano voltati verso di loro, chi contrariato, chi divertito.
Immancabilmente, arrivò correndo trafelata la preside, la cui andatura combinata alla corporatura, resero la sua corsa piuttosto goffa e comica:
“questa non è una partita! Cosa sono queste urla da stadio? Siamo a teatro! Contegno ragazzi, contegno!” ripetè indignata.
I ragazzi si ricomposero, senza abbandonare le espressioni beffarde che tanto fecero infuriare la vecchietta. Appena nell’ambiente tornò il silenzio, Castiel cominciò:
“Tesoro è scappato il maiale”
Armin scoppiò a ridere sonoramente, facendo vergognare gli amici seduti accanto a lui. Alexy gli diede un pizzicotto ma ormai il danno era fatto: anche Castiel, deconcentrato da quella reazione, non aveva potuto fare a meno di ridacchiare complice, sentendosi ridicolo lui stesso.
La preside si voltò minacciosa verso la squadra di basket: la maggior parte dei ragazzi avevano già le lacrime nel tentativo di reprimere commenti e risate e delle smorfie da ebeti. Vedere il loro capitano sul palco, vestito da contadino, era già di per sé una scena esilarante, ma quando aveva aperto bocca, era risultato fin troppo ridicolo con quella battuta. La donna pertanto era seriamente intenzionata a presidiare quel fronte, almeno finché Castiel Black sarebbe stato presente su quel palco.
“oh no che sciagura! Come è mai potuta accadere una simil disgrazia?recitò Erin.
“Sventura” puntualizzò Castiel.
“Eh?”
Da dietro le quinte, Lysandre si portò una mano sulla fronte mentre il resto del club di teatro era ammutolito.
“Hai sbagliato parola: era sventura” osservò Castiel, incurante del fatto che non erano alle prove.
Dalla platea si sentì un sogghigno ed Erin, lanciando un’occhiataccia al suo finto marito precisò:
“È la stessa cosa tesoro. Disgrazia e sventura sono sinonimi”
Lysandre aveva supplicato l’amico di non improvvisare, ma aveva dimenticato di raccomandarsi ad Erin di non assecondare le battute del rosso.
“Oh scusa, un contadino zoticone come me non può saperle queste cose”
Tra il pubblico qualcuno cominciò a guardarsi intorno confuso, non capendo se i due stavano seguendo il copione oppure no.
Cogliendo lo sguardo severo di Lysandre, Erin cercò di rimediare:
“Sei perdonato ma sta di fatto che il maiale è scappato”
Dopo quell’esclamazione, calò il silenzio.
Secondo il copione, la battuta successiva toccava a Castiel, ma il ragazzo era ammutolito. Si grattò la sommità del capo, con un’aria assolutamente tranquilla e pacifica anche se quel diversivo che lui stesso aveva creato, l’aveva deconcentrato.
Ad Erin ricordò gli scimpanzé che aveva visto tempo addietro su un documentario ma tenne per sé quell’osservazione. Non cogliendo segni dall’altro lato, gli bisbigliò:
“come faremo ora?”
Anche se aveva cercato di coprire il microfono, tutti sentirono quel suggerimento e per questo sogghignarono mentre Castiel, anziché approfittarne, trovò da ridire:
“guarda che me la ricordo” mentì e ripetè “come faremo ora?”
Rosalya a quel punto lo richiamò sottovoce:
“non è questa la tua battuta idiota!”
Erin e Castiel si girano in sincrono a guardarla, dando palesemente le spalle al pubblico. Non c’era un minimo di credibilità nella loro interpretazione. Sembrava che entrambi non si fossero accorti di avere di fronte un pubblico. Castiel guardò l’amica perplesso e chiese schietto:
“che ha detto?”
“che non era questa la tua battuta idiota” ripetè lei, ormai rassegnata al fatto che non poteva controllare la voce e che pertanto venne udita da tutti.
“ehi!”
“ho solo ripetuto le sue parole” si difese l’attrice, alzando le mani in segno di resa.
La platea scoppiò a ridere e nonostante le proteste della preside, la maggior parte del chiasso veniva dal club di basket. Trevor era partito a fare un video ma per il ridere aveva dovuto lasciar perdere.
“come suggeritore lasci a desiderare” commentò Castiel con tono acido, rivolgendosi ad Erin.
“beh allora arrangiati” replicò lei incrociando le braccia al petto.
Castiel cominciò a guardarsi attorno e sbottò:
“qualcuno deve aver liberato il cavallo”
“ma non era un maiale fino a cinque minuti fa?”
“ok, rifacciamo” semplificò Castiel mentre le risate del pubblico tornavano a dominare la sala.
Lysandre si portò contro una parete e cominciò a sbattere contro la testa mentre Rosalya stava torturando il copione.
“qualcuno deve aver liberato il maiale!” dichiarò il rosso convinto, guadagnandosi l’applauso dei suoi amici per aver finalmente pronunciato la battuta corretta. L’intera squadra di basket si era addirittura alzata in piedi, eccetto Kim che ormai stava sparendo dietro gli schienali delle poltrone.
“complimenti per l’arguzia Sherlock” replicò Erin che aveva scordato completamente la sua parte. Visto che Castiel improvvisava, lei si era rassegnata a fare lo stesso.
“io almeno propongo” si difese il contadino.
“lo faccio anche io ma trovi sempre qualcosa da ridire!”
A quel punto Castiel la fissò confuso, chiedendosi se stavano ancora recitando o se erano usciti definitivamente dai personaggi.
Entrò improvvisamente in scena un personaggio non previsto dalla trama, vestito da mendicante. I due la guardarono sbigottiti e riconobbero Rosalya:
“oh gentili signori, non sareste così gentili da indicarmi la via più breve per raggiungere il castello?”
Ancora disorientati da quella novità, i due contadini si guardarono senza capire.
“ma tu non dovevi entrare in scena dopo? Che ci fai vestita così?” dichiarò Castiel, uscendo definitivamente dal personaggio.
Il pubblico scoppiò nuovamente a ridere, ormai con le lacrime agli occhi mentre Rosalya gli sussurrò, a denti stretti:
“sto cercando di salvare la commedia idiota”!”
Nonostante le incredibili doti di attrice della ragazza, le era difficile celare l’impulso di picchiare il contadino che aveva davanti.
“vogliate perdonare mio marito, vossignoria” s’intromise Erin, sperando di salvare la situazione “non sa come ci si rivolge ad una signora”
“sarà perché sono abituato a stare in mezzo alle galline” replicò beffardo il contadino, malignando sull’ultima parola.
L’allusione alla moglie venne colta all’istante da tutti i presenti che scoppiarono a ridere.
Erin allora inspirò e aprì la bocca per dirgliene quattro, quando improvvisamente il palco diventò tutto buio. A mala pena vedeva i tratti dell’amico accanto a lei. Si sentì una voce calma e calda diffondersi: Lysandre cominciò a narrare:
“la coppia di contadini invitò la ragazza a passare la notte nella loro umile casetta. L’indomani le illustrarono la strada per il castello e la salutarono dopo averle regalato un po’ di pane per proseguire il viaggio”
Tornando dietro le quinte e convinto che ormai il suo microfono fosse stato spento, Castiel commentò:
“beh dai non è andata tanto male”

A parte lo sketch indesiderato di Erin e Castiel, gli altri attori se la cavarono egregiamente e la rappresentazione venne conclusa senza nessun altro intoppo.
Quando alla fine vennero presentati gli attori, ai nomi dei due contadini, tutti i loro amici, la loro classe e la squadra di basket si alzò in piedi per applaudire e fare fischi. Tra gli studenti che lo acclamavano, il rosso notò anche alcuni dei suoi vecchi compagni di classe e tutto quell’entusiasmo nei suoi confronti lo lusingò.

Erin rotolò giù dal palco in cerca dei suoi amici e soprattutto di Nathaniel, ma furono i suoi genitori a incrociarla per primi.
“allora? Vi è piaciuta?” chiese con trepidazione.
Sua madre stava per replicare ma Peter la interruppe bruscamente:
“e quel tizio che era con te chi è?”
“ah, è Castiel, un mio amico” sorvolò Erin, scrollando le spalle.
“è uno sbruffone” la corresse il padre. La figlia stava per replicare quando il ragazzo passò loro accanto.
“Castiel!” lo chiamò Erin afferrandolo per il braccio e trascinandolo a sé. Il rosso si trovò di fronte Peter che, seppure più basso di lui, aveva una stazza decisamente più massiccia e minacciosa.
“questi sono i miei… e lui è Castiel”
“molto piacere” sorrise Amanda, mentre Peter manteneva un’espressione dura.
Castiel si limitò ad un cenno del capo rivolto alla psicologa, gesto che irritò ulteriormente il padre di Erin.
“non ti hanno insegnato a salutare come si deve ragazzo?”
Quella critica indispose Castiel che in lampo passò da una posizione di disagio a una di sfida.
“papà!” protestò Erin, prima che il ragazzo potesse rispondere a quella provocazione “non vorrai fare storie anche con lui! È un mio amico” puntualizzò focalizzandosi sull’ultima parola.
“e come mai prima ti ha dato della gallina?” obiettò l’uomo riferendosi alla battuta infelice del finto contadino.
“era così per scherzare” minimizzò Erin.
“a me non ha fatto ridere” lo informò Peter.
“beh, era uno dei pochi” s’intromise Castiel, beffandosi dell’opinione dell’uomo. Quest’ultimo cominciò a sentir pulsare le tempie e le mani a prudergli. Ardeva dall’impulso di levargli quel sorrisetto canzonatorio, sin da quando l’aveva visto sorridere la prima volta sul palco.
“Castiel perché non vai da Trevor e gli altri? Scommetto che vorranno complimentarsi con te” gli suggerì Erin, pentendosi di averlo richiamato a sé, ma il ragazzo la ignorò.
“non ascolti mai le persone tu eh?” sbottò Peter, infastidito dalla scarsa considerazione che il rosso teneva della figlia.
“Peter andiamo a prendere qualcosa da magiare” lo esortò Amanda tirandolo per un braccio ma nemmeno lui si mosse.
“a quanto pare neanche lei” lo provocò Castiel sogghignando.
In quel attimo, passarono loro accanto Violet e Alexy, impegnati in una conversazione.
“vedo che da voi è una moda colorarsi i capelli in modo assurdo” commentò canzonatorio l’uomo, fissando la chioma fiammante del rosso, dopo aver notato quella altrettanto bizzarra dei due ragazzi.
“sa com’è. Non tutti hanno abbastanza capelli da poterselo permettere” lo rimbeccò il ragazzo, beffandosi della rada capigliatura dell’uomo.
Erin sollevò gli occhi al cielo mentre Amanda ridacchiò divertita:
“Papà, ti assicuro che Castiel non è così. È perché avete cominciato con il piede sbagliato” disse, posando una mano sull’avambraccio dell’amico. Appena percepì del contatto, per un attimo, il ragazzo si irrigidì impercettibilmente.
“sei tu che l’hai aggredito e comunque se lo conoscessi vedresti che non è un cattivo ragazzo. Non mi manca di rispetto” chiarì, sorvolando sui commenti poco lusinghieri che erano alla base del loro rapporto di amicizia.
“a parte quando racconta che sua figlia ha un culetto da sbavo”
I quattro si voltarono verso Lysandre che era passato loro accanto. Il poeta non si era neanche fermato ma si era solo limitato a seminare zizzania e allontanarsi come se nulla fosse.
Castiel lo incenerì con gli occhi mentre l’altro aveva stampato in volto un’espressione di soddisfatta vendetta. Lo aveva avvertito di non combinare casini durante la recita.
Erin era avvampata e aveva guardato Castiel incredula.
“e quello chi era?” chiese Amanda, che più che turbata dalla frase pronunciata, era rimasta colpita dall’aspetto eccentrico di Lysandre.
Peter era tornato a fissare Castiel in cagnesco, in un’espressione che alla figlia ricordò il diabolico Demon.
“andiamo dalla squadra!” insistette Erin, spingendo via l’amico. Salutò con un cenno rapido i genitori, promettendo di tornare da loro più tardi e cercò di porre la maggior distanza possibile tra il suo migliore amico e suo padre.
Quando i due giovani si furono allontanati, la moglie ironizzò:
“un uomo impulsivo sarebbe adatto ad Erin eh?”
“sta’ zitta Amanda” replicò seccato Peter, mentre la moglie ridacchiava allegra.

“allora? Ti è piaciuta la rappresentazione?” chiese Pam uscendo dal teatro. Dopo aver fatto dei fugaci complimenti ad Erin, i due si erano diretti all’esterno. Trovarono posto a sedere in quello che, a loro insaputa, era il ritrovo preferito della ragazza e dei suoi amici quando pranzavano all’aperto.
“tua nipote e Castiel sono stati fenomenali” affermò Jason ridendo.
“ha sorpreso anche me” confessò Pam “Erin è decisamente cambiata in questi ultimi due mesi. Stento quasi a riconoscerla. Così combattiva, sicura di sé… non pensavo sarebbe maturata tanto”
“da qualcuno avrà pur preso no?”
“da me non di certo” giudicò amaramente la donna.
“anche tu sei molto forte Pam”
“non dire stupidaggini Jason!” sbottò lei. Non voleva risultare così acida ma cominciò a ribollirle nelle vene un enorme disprezzo verso se stessa “non ho più un lavoro, sono in rosso in banca, tutti gli uomini con cui sono stata mi hanno usata e scaricata, dove la vedi tu tutta questa forza?”
Aveva cominciato a sputare quelle parole senza trovare la lucidità per fermarle. Si era ripromessa di non confessare mai a Jason quanto fosse penosa la sua situazione ma quelle parole avevano cominciato a scaturire prima che potesse fermarle.
“Te lo dico io cosa sono: sono … patetica”
Prima che potesse completare l’ultima parola, sentì un groppo alla gola e lacrime di frustrazione cominciarono a rigarle il viso.
Jason le cinse le spalle e le sussurrò:
“no, non sei patetica Pam… tu sei…”
“non dire bellissima” lo supplicò mentalmente la donna. Quell’aggettivo era l’unico complimento che gli uomini riuscivano a farle. Per loro lei non era mai intelligente, spiritosa o interessante.
“…sei buona” completò Jason.
Pam non alzò lo sguardo e l’uomo le spiegò:
“hai ospitato tua nipote adolescente prendendoti delle responsabilità che non ti competono e se Erin è venuta a stare da te, vuol dire che sei stata in grado di creare un ambiente accogliente dove si sia sentita bene. Sei una bella persona Pam, l’unica cosa patetica in te è che non te ne rendi conto”
Attorno a loro non c’era nessuno. Dopo lo spettacolo, la maggior parte dei genitori e parenti era tornato a casa mentre gli studenti era ancora all’interno del teatro della scuola.
Pam tirò su con il naso e Jason si alzò, porgendole la mano.
“ti va se andiamo a fare due passi?”

“questo costume ti dona” scherzava Armin, indicando l’abbigliamento di Castiel. Sia lui che Erin infatti, non si erano ancora levati di dosso i costumi di scena.
“capitano, sei sprecato per il basket, la tua vocazione è il teatro!” annunciò Steve un suo compagno di squadra.
Castiel sorrise beffardo ma in realtà aveva altro per la testa. Dopo che Erin l’aveva trascinato via dai suoi genitori, aveva girato i tacchi ed era sparita alla ricerca di Nathaniel, senza fare alcun commento circa la frase pronunciata da Lysandre.
Sentì arrivargli uno scappellotto sulla nuca e si voltò irritato.
“chi cerchi?” gli chiese Rosalya, responsabile della brutalità di quel gesto. Dietro di lei fece capolino Iris, che lo interrogò circa Erin.
“dovrebbe essere con il delegato” borbottò lui.
“finalmente Castiel ci presenti un po’ di ragazze!” commentò mellifluo Steve, avvicinandosi a Iris. La rossa si irrigidì mentre Rosalya lo fulminò con lo sguardo.
“chi si rivede”
Quella voce giunse alle loro spalle, ma Iris non aveva bisogno di voltarsi per riconoscerne il proprietario. Avanzando sicuro, con un sorriso accattivante, Dake si stava facendo largo tra la gente.
L’espressione di Iris tradì il suo sconcerto che non turbò affatto l’ottimismo del ragazzo.
“ah sei venuto?” lo accolse Trevor, passandogli un braccio attorno al collo. Passò a presentarlo un po’ a caso finchè l’amico lo informò:
“noi ci conosciamo già” riferendosi a Castiel, Rosalya e Iris.
A quel punto Trevor costrinse il biondo a voltare le spalle ai presenti e indignato gli sussurrò:
“tu conoscevi Rosalya White e non me l’hai mai presentata?!”
Dake scrollò le spalle e tornò a cercare la sua preda. Iris era ancora più carina di quanto ricordasse, e cosa che lo attizzò particolarmente, aveva un’aria molto più ingenua. Accanto a quella pantera di Rosalya, Iris sembrava una tenera gattina indifesa.

Dopo essersi appartati dal resto degli studenti, Erin e Nathaniel si erano ritagliati un momento per loro, fatto di baci e parole dolci:
“siamo sicuri che Peggy non sia dietro quella colonna?” si insospettì Erin, scrutando un punto alle sue spalle.
“no tranquilla. Si è appostata dietro quel cespuglio” scherzò Nathaniel tornando a baciarla.
“mio padre voleva uccidere Castiel” sussurrò Erin tra un respiro e l’altro.
“non parliamo di Castiel” replicò il biondo, accarezzandole il viso con il dorso delle dita.
“giusto” convenne Erin sorridendo “allora, un nobiluomo come lei cosa prova a baciare un’umile contadina?”
“credo di aver bisogno di una maggior pratica per scoprirlo” rispose Nathaniel, aumentando l’intensità dei suoi baci.
In quei momenti la ragazza dimenticava ogni cosa e si lasciava trasportare da quella favola in cui i principi esistevano e avevano gli occhi del colore del miele.
Dopo un po’ si staccarono e prendendole la mano, il ragazzo la condusse verso il teatro per riunirsi con i suoi amici.
“prima che torniamo dagli altri, c’è una cosa che devo dirti” le annunciò solenne.
“ti ascolto” inghiottì Erin, sentendo un improvviso disagio. Temeva che il ragazzo sarebbe tornato sul quell’argomento che sua madre aveva cercato di affrontare con lei appena il giorno precedente.
“beh, visto che ho conosciuto i tuoi genitori, che ne diresti di venire a cena a casa mia?”
Quell’invito la colse in contropiede, del tutto impreparata. Rispetto al discorso che si aspettava da parte del ragazzo, accolse quella proposta con evidente sollievo.
“davvero? E quando?”
“domenica 14 dicembre”
Erin si prese qualche secondo per far mente locale e si rese conto dell’eccessivo preavviso con cui giungeva quell’invito:
“ma mancano quasi tre settimane Nath!” sbottò divertita e al contempo sconcertata.
“te l’ho detto per tempo”
“non ho un’agenda così fitta di impegni da aver bisogno di tutto questo preavviso” rise la contadina.
“ma mio padre sì e ci tiene a conoscerti” replicò il ragazzo con tono neutro “Allora? Verrai?”
Erin annuì felice e gli stampò un bacio sulla guancia.

Nel tragitto in macchina, Jason non fiatò mentre Pam cercava di ricomporsi. Le luci dei ristoranti e dei lampioni scorrevano rapide mentre la vettura attraversava il centro città.
Non c’era bisogno di aggiungere altro a quanto aveva confessato Pam poco prima. Gli aveva vomitato addosso tutta la sua amarezza, il disprezzo verso sé stessa e la sua penosa condizione. Non c’erano parole che potessero consolarla o farle cambiare idea, anche se quanto le aveva detto l’uomo le aveva fatto piacere.
Jason guidò fino ad un parcheggio antistante uno dei più bei parchi della città e invitò la donna a scendere.
“è da tanto che non vedevo questo parco di notte” commentò Pam, guardandosi attorno. In giro c’erano molta calma e tranquillità, anche se il luogo non era ancora deserto. Su una panchina una coppia di giovani erano talmente avvinghiati da ignorare quanto li circondava mentre poco più in là un tizio era impegnato in una sessione di jogging serale.
“io da due giorni. Vengo spesso qui la sera” la informò Jason, sedendosi su una panchina, davanti ad una fontana di pietra.
“beh, tu sei un uomo, puoi anche permettertelo. Io non potrei mai andare in giro da sola” convenne Pam.
“è per questo che hanno inventato gli uomini” dichiarò lui pavoneggiandosi.
“è proprio dagli uomini che una donna deve difendersi” osservò sagacemente la ragazza, con un sorriso amaro. Jason non seppe come replicare così decise di passare direttamente al nocciolo della questione.
“allora, come è successo che non hai più un lavoro?”
Pam sospirò. Temeva quella domanda e ma sapeva che sarebbe stato inevitabile formularla.
“semplice. Taglio del personale e io non ero certo indispensabile” spiegò “non mi dispiace per il lavoro in sé, detestavo stare dietro una scrivania ma il problema è che senza soldi non si tira avanti. Non posso più permettermi l’affitto dell’appartamento e così mi toccherà cercare un alloggio più economico”
“ti trasferisci?” chiese Jason sorpreso.
“cosa posso fare?” sbottò Pam rassegnata.
“non credo troverai un posto a prezzi più economici di quello in cui ci troviamo ora”
“qualcosa troverò” concluse sbrigativamente lei “intanto sai per caso se qualcuno cerca una cameriera o una commessa? Mi va bene qualsiasi lavoro, ho solo bisogno di soldi”
Nel frattempo si erano alzati e avevano cominciato a camminare diretti verso le vie del centro. Passarono di fronte ad un locale con affisso il cartello CERCASI LAVAPIATTI.
“ecco, quando si dice la fortuna!” esclamò Pam; nelle sue parole c’era un misto di sollievo ed amarezza.
“vuoi davvero fare la lavapiatti?” obiettò Jason.
“che altra scelta ho Jason? È un mese che sono alla ricerca di un lavoro e le spese si accumulano. Devo pur ricominciare a guadagnare nel frattempo”
“sì ma puoi anche aspirare a qualcosa di più gratificante” precisò lui, tirando dritto e impedendo a Pam di appuntarsi il numero del ristorante “sei ancora giovane Pam, avrai pur dei sogni, dei progetti”
“oddio Jason, ragioni come un adolescente!” scherzò la donna “la vita non è un campo pieno di speranze e buoni propositi”
“questo perché non sai coglierne i fiori giusti. Guarda qui!” la esorto, potandola davanti un negozio con il cartello AFFITTASI.
“cosa vedi?” le chiese.
“un locale abbandonato?”
Jason sospirò pazientemente, come se avesse di fronte una bambina un po’ tonta.
“cosa ci vedresti dentro? Usa l’immaginazione… cosa manca qui a Morristown, in questa zona?”
Pam sbirciò all’interno, anche se poteva contare solo sull’illuminazione urbana per indovinare l’interno. Il locale era quasi spoglio e proprio per questo ne potè valutare le dimensioni. Non era troppo grande ma per una piccola attività in proprio era l’ideale. Non aveva angoli nascosti ma viceversa un perimetro piuttosto squadrato. La facciata dal lato della strada era data da vetrine in buono stato.
“una boutique sarebbe molto bella. In città non ce ne sono molte. Potrebbe offrire un abbigliamento per clienti giovani e per questo più abbordabile economicamente. Del resto questa è la zona vicino alle scuole, c’è un buon passaggio di studenti”
“e tu ci lavoreresti in un posto del genere?” indagò Jason, illuminandosi.
“e me lo chiedi? Certo!”
“allora è fatta! Siamo in affari” concluse il ragazzo con un sorriso smagliante.

Iris sollevò gli occhi al cielo. Dake era più insistente di quanto ricordasse e come se non bastasse, la sua cara amica Rosalya si divertiva a punzecchiarla per questo. Si guardava intorno sperando di individuare presto Erin, ma la ragazza non dava ancora segni della sua presenza.
“non posso fare nulla per farti passare quel broncio?” le sussurrò il ragazzo.
“sì” affermò Iris decisa.
“e cosa?” chiese l’altro malizioso.
“evaporare”
Il suo umore stava peggiorando sempre di più e con esso le buone maniere. Tuttavia, più i suoi modi diventavano esplicitamente scorbutici, più Dake sorrideva. Evidentemente non la stava prendendo seriamente.
Finalmente Erin e Nathaniel fecero il loro ingresso nella sala e la rossa accorse loro incontro:
“qui comincerà a scorrere del sangue” annunciò.
“Dake non demorde?” chiese divertito Nathaniel.
“non capisco perché poi! Cos’avrò di tanto speciale?” sbottò Iris infastidita.
Non era abituata a calamitare su di sé tutta quell’attenzione. Si era sempre tenuta lontana dagli uomini e per tutta la sua adolescenza sembrava che quel disinteresse fosse reciproco. Quando era una ragazzina, Iris era consapevole di non essere particolarmente graziosa ma crescendo il suo aspetto era cambiato notevolmente, trasformandola in una bella ragazza. Ciò che non era affatto mutata, era la sua concezione di sé: Iris si vedeva ancora come una persona anonima, senza nessuna qualità né fisica né caratteriale che potesse attrarre un uomo.
“mi sa che sei la prima che non cade ai suoi piedi” valutò il biondo.
“è per questo allora che adesso ci prova con Kim?” chiese Erin, indicando la compagna di squadra.
Anche gli altri due si voltarono per assistere alla scena: con sollievo di Iris e panico di Kim, Dake stava proprio flirtando con lei.
“si vede che era destino” le stava dicendo il ragazzo, riferendosi al loro secondo incontro nell’arco di due giorni.
“io la chiamo sfiga” puntualizzò Kim infastidita.
Dake si ammutolì e Trevor scoppiò a ridere, tirandoselo da parte.
“capisco vecchio che questa sera non riesci a battere chiodo, ma sta alla larga da Kim. È una mia amica e si dà il caso che sia già occupata”
“con chi? Con lo spilungone che mi hai presentato ieri? Farà meglio a darsi una mossa perché una con delle gambe del genere non passa inosservata”
Dake gettò un’occhiata fugace in giro e intercettò proprio Dajan. Dire che il cestista lo stava fulminando con lo sguardo era a dir poco un eufemismo.

Dopo la proposta di Jason, Pam era rimasta di sasso. Guardava l’amico che, da quando erano arrivati davanti alle vetrine di quel negozio abbandonato, non la smetteva di sorridere.
“ti finanzio io. Prenderemo in affitto questo locale, io ci metto i soldi tu l’impegno e pattuiremo come dividere la cifra” le spiegò.
Pam sgranò gli occhi, come se avesse appena assistito ad un miracolo e reagì in maniera analoga. Scosse il capo incredula e sul suo viso, apparve una smorfia infelice:
“non illudermi Jason” quasi lo supplicò “non mi va di scherzare su una cosa del genere”
“non sto scherzando Pam!” si difese lui offeso per la scarsa considerazione che riceveva.
“tu ce li hai i soldi per una simile impresa?” osservò cinica.
“secondo te? Vivo da solo in uno degli edifici più economici della città. Non ho nessuno da mantenere se non io stesso. Se c’è una cosa che non mi mancano, sono i soldi”
“beato te” ridacchiò Pam scrollando le spalle. Ancora non voleva dargli retta. Affossò le mani nelle tasche del cappotto e lo guardò con tenerezza. Era conforme al carattere un po’ sognatore e ottimista di Jason lanciare una proposta del genere, e lei non poteva credere che ci fossero davvero gli strumenti per realizzarla.
“Pam” la richiamò con serietà, costringendola a guardarlo in faccia “non sto farneticando. Io ci credo in questa cosa. E ti assicuro che ci ho pensato a lungo”
“ma se l’hai deciso un minuto fa!” protestò Pam esasperata. Tutta quell’insistenza cominciava a infastidirla. E a illuderla.
“no. Avevo intuito che fossi stata licenziata così ho pensato a come potevo aiutarti… e ho trovato questo locale”
Pam socchiuse le labbra e spalancò gli occhi. Sentì la gola seccarsi e per dieci secondi buoni non fiatò. Jason non stava fantasticando, stava parlando di un progetto, non di un sogno.
“mi hai portato qui intenzionalmente?” chiese con voce roca.
“certo” sorrise l’altro “erano giorni che aspettavo il momento giusto per parlarten-“
Non riuscì a completare la frase che Pam lo abbracciò violentemente.
Lui rimase basito, non aspettandosi quello slancio d’affetto e, dopo un’iniziale sorpresa, le restituì quella stretta.
Restare avvinghiata a lui, di notte, la faceva sentire così sicura, così protetta che non avrebbe mai voluto sciogliere quell’abbraccio. Avrebbe voluto spingersi molto più in là, puntare al suo viso ma non poteva sperare che lui ricambiasse i suoi sentimenti. Era troppo tardi per quello, lo sapeva. Jason ormai conosceva tutta la sua debolezza, la sua inconsistenza aprendo gli occhi sul fatto che meritava molto di più di una donna fallita come lei. Poteva avere chiunque, era solo questione di tempo prima che un’altra si accorgesse di lui. Pam non poteva far altro che accontentarsi di quella preziosa amicizia che le aveva appena indicato la via per uscire dal buio e che si era offerta di guidarla lungo la strada.

Erin quella sera chiacchierò con molte persone, con alcune delle quali non aveva mai parlato prima. Parecchi si complimentarono con lei per aver regalato risate e allegria in modo così spontaneo. Tornò dai genitori che si congedarono da lei e si salutarono sapendo che si sarebbero visti durante le vacanze di Natale.
Verso le dieci, quando ormai la maggior parte degli spettatori se ne era andata, notò che Castiel era rimasto da solo e ne approfittò per avvicinarlo. Da quando il rosso si era scontrato con Peter, lei non l’aveva più cercato, ma c’era una faccenda che doveva assolutamente chiarire, anche se la metteva parecchio a disagio:
“Castiel…” lo chiamò, avvicinandosi a lui.
cos’era quella storia che diceva prima Lys?”
Il rosso capì immediatamente a cosa si riferiva l’amica: il suo atteggiamento imbarazzato, il capo chino a fissare ogni punto eccetto il suo interlocutore, erano segni piuttosto evidenti:
“non mi dire che sei così ingenua da averci pure creduto!” la derise sarcastico “ti pare che vado a pensare una cosa del genere di te? Sei sexy quanto un San Bernardo e poi-“
Castiel non fece in tempo a finire la frase che Erin gli assestò un colpo in pieno addome:
“sei stato sufficientemente chiaro” sputò prima di girare i tacchi offesa. Sentì il viso andarle in fiamme per la figura da sciocca che aveva fatto. Con il senno di poi era abbastanza ovvio che si trattasse di una bugia. Se anche il suo amico avesse mai formulato pensieri sul suo conto come donna, non sarebbero mai stati lusinghieri. Se la prese con sé stessa per aver voluto approfondire la questione e scoprì che, in fondo, si era illusa che il ragazzo potesse trovarla attraente, almeno per quanto riguardava il suo lato B.
“oh-oh, Castiel al tappeto” sorrise Armin avvicinandosi al rosso “cosa hai fatto questa volta per far arrabbiare Irina?”
Castiel replicò con un verso stizzito, che risuonò come un grugnito fornendo il pretesto all’amico per prenderlo in giro:
“ti rendi conto che tre quarti delle tue risposte sono ghigni astiosi? Credo che una conversazione con Demon sarebbe più stimolante”

Dopo una breve conversazione con Armin, Castiel si diresse all’esterno. C’era una persona con cui non aveva ancora parlato e che doveva assolutamente affrontare.
Come aveva immaginato, trovò Lysandre seduto sul suo posto preferito, il tetto della scuola. Il rosso si avvicinò guardandolo con un’espressione nera ma fu il suo amico il primo a sbottare:
“non cominciare Castiel! Sono io ad essere arrabbiato con te” lo anticipò Lysandre.
“non era necessario che facessi quel commento. In fondo la recita non è andata male. Ho fatto ridere ma almeno non ho fatto pena” si difese Castiel rimanendo in piedi in equilibrio sul tetto che era quasi pianeggiante.
“ti avevo chiesto di impegnarti e tu mi hai ignorato” puntualizzò l’attore.
“per la miseria Lysandre! Ti comporti come una femmina. Neanche con Erin ho questo genere di discussioni”
“a proposito, come ha commentato?” sorrise sadico.
“non ci ha creduto… però potevi risparmiarti di dirlo davanti a suo padre”
“e da quando in qua ti importa di fare bella figura? Pensi di trovartelo come suocero?” lo schernì l’amico.
Castiel rispose con un’imprecazione e si frugò nelle tasche per accendersi una sigaretta. Non si era ancora seduto e fronteggiava Lysandre, indeciso se far compagnia all’amico e tornarsene dagli altri.
“sta diventando sempre più difficile per te vero? commentò il poeta all’improvviso.
“che cosa?” borbottò Castiel incurvato nel tentativo di far funzionare l’accendino da cui provenivano solo insufficienti scintille.
“far finta che Erin non ti piaccia”
Il rosso si innervosì visibilmente, un po’ per quella sparata, un po’ per l’incapacità di accendersi la sigaretta. Ancora spenta, se la tolse dalle labbra ed esclamò spazientito:
“ricominci con i tuoi discorsi del cazzo. Me ne vado a fumare in pace da qualche altra parte” annunciò voltandogli le spalle.
“Castiel” lo richiamò Lysandre “ammetto che in certi momenti mi diverto a stuzzicarti, ma il fatto è che vorrei davvero che tu capissi”
L’amico tornò a guardarlo e, fissandolo direttamente nelle iridi eterocromatiche, chiarì:
“no, Lys, sono io che vorrei che tu capissi…ammettiamo anche che tu abbia ragione, che lei mi piaccia… e poi? Che dovrei fare? Mi considera il suo migliore amico!” annunciò esasperato.
“te l’ha detto lei?” chiese Lysandre evidentemente sorpreso.
Castiel annuì e l’amico rimase in silenzio.
Lysandre sbattè gli occhi un paio di volte, incredulo.
Era rimasto senza parole, finché trovò quelle più adatte a quella circostanza:
“allora siete proprio due idioti”





NOTE DELL’AUTRICE:
Sorpresa! Immagino che non vi aspettavate un nuovo capitolo così presto :D. Il fatto è che:
1)Dopo le vostre ultime recensioni avevo proprio voglia di pubblicare già un altro capitolo (grazieeee :3)
2)Non vedevo l’ora di chiudere con voi il discorso recita, per passare al capitolo 26 in cui cominceremo a dedicarci al concerto ^^).
Doveva risultare un capitolo leggero, per lo più comico, fatta eccezione ovviamente sulla parte di Pam, ma non sono poi così sicura di aver raggiunto l’obiettivo -.-‘’. Spero che, anche se non vi sarete piegate in due dal ridere, almeno di avervi strappato un sorriso:).
Questo capitolo comunque è stato un po’ corto, lo ammetto… ma non temete… visto che alcune di voi apprezzano quelli più lunghi, ne ho in serbo uno davvero, davvero, lungo (sarà più del doppio di questo). Alla prossima!

  
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