Libri > Il diario del vampiro
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Autore: Whiteeyes95j    07/09/2014    1 recensioni
In una notte la vita di Stefan e Bonnie cambia. Due avvenimenti tragici, due segreti che i due ragazzi non vogliono rivelare e che li porteranno alla disperazione. Non avendo nessuno con cui confidarsi cadranno in un incubo senza fine che li porterà addirittura a scappare da quella realtà troppo dolorosa che li circonda. Nel frattempo Damon, che ha intuito nei due ragazzi dei profondi cambiamenti cercherà di far luce ai loro segreti. Ma oltre a segreti, bugie, tradimenti e inganni un nuovo nemico brama vendetta e potere e farà di tutto per approfittare della situazione.
Genere: Drammatico, Suspence, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Elena Gilbert, Nuovo personaggio, Stefan Salvatore | Coppie: Bonnie McCullough/Damon Salvatore
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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SAVING BONNIE 

Damon stava guidando verso Chicago guidando al massimo della velocità. Desiderava ardentemente arrivare da Bonnie il prima possibile. Lei era in pericolo, lo era già da molto tempo e lui, pur avendo avuto tutti gli indizi davanti agli occhi, non aveva capito nulla di ciò che stava realmente accadendo e Bonnie era stata costretta a scappare senza che lui potesse fare niente per impedirlo. In un secondo aveva perso tutto ciò che aveva più a cuore, aveva perso Stefan, e aveva perso Bonnie, la ragazza che in quei giorni gli era terribilmente mancata, per cui provava un sincero affetto e forse qualcosa di più. Non era sicuro di ciò che provava per lei, sperava che ogni cosa si sarebbe chiarita una volta che l’avrebbe guardata negli occhi.
 

 
Stefan e Sapphire arrivarono nell’ufficio di quest’ultima. A Stefan sembrò ancora più bello dell’ultima volta che lo aveva visto , forse perché aveva passato gli ultimi mesi in una casa abbandonata nel cuore dell’Oregon, senza poter uscire e senza nessuno con cui parlare. In effetti, ora che ci faceva caso, l’ufficio era diverso dall’ultima volta. Le pareti adesso erano di un blu più scuro, la scrivania non era più posizionata su un piedistallo ed era più grande di come la ricordava. Le vetrinette con i gioielli erano sparite e avevano lasciato il loro posto a delle vetrinette alte in legno scuro, piene di libri e di vari contenitori. Al centro della stanza c’era un divano color indaco scuro e davanti c’era un piccolo tavolino di vetro con sopra un vaso di rose blu. Sulle pareti erano stati appesi diversi quadri che rappresentavano delle abitazioni, in una di queste Stefan riuscì a riconoscere la sua ex prigione.
 
<< Allora, com’è tornare nel mondo reale ? >> gli chiese Sapphire lasciandogli la mano e sedendosi sul divano
 
<< Magnifico. Nonostante tutti i miei sforzi di rendere la tua vecchia casa un posto piacevole, niente è meglio di questo >> rispose Stefan
 
<< Inoltre, adesso sarà molto più bello visto che potrai godertelo senza avere la paura di bruciare al sole, o con la paura di far del male a delle persone. Adesso sei come tutti gli altri >>
 
<< Quasi come tutti gli altri. Gli altri non hanno poteri magici. >>
 
<< Beh, tu sei speciale Stefan. Quando dico tutti gli altri intendo che, beh, come loro, respiri, sanguini, puoi camminare alla luce del sole ma non dimenticare mai che tu sei speciale. Hai dei doni straordinari e finalmente hai la possibilità di controllarli e ampliarli >>
 
<< Io non credo >> disse Stefan sedendosi vicino a lei << Fino ad ora non ho fatto niente di straordinario, io… ho imparato tutti gli incantesimo che ho visto fare a Bonnie, alla signora Flowers e… Io non credo che la mia magia sia diversa dalla loro >>
 
<< Ti sbagli, adesso non ti sembrerà così ma in futuro lo capirai. Quando sarà il momento, Stefan, potrai fare delle magie che streghe come Bonnie, Rosalie o la signora Flowers non saranno mai in grado di fare. >>
 
<< A proposito di Bonnie, perché siamo qui invece di andarla a cercare ? >>
 
<< Perché noi non possiamo portarla via dal luogo in cui si trova >> disse Sapphire alzandosi
 
La ragazza si posizionò davanti a un quadro che Stefan prima non aveva notato. Nel quadro non era illustrata una casa come negli altri, anzi, non era neanche un quadro, era un disegno che raffigurava una specie di albergo a due piani, fatto di mattoni rossi, con delle finestre grandi con i cornicioni dipinti di bianco, era un edificio dall’aspetto molto vecchio e Stefan si chiese se esistesse ancora.
 
<< Cos’è quel posto ? >> chiese Stefan mentre si alzava dal divano per vederlo meglio.
 
<< Questo è un luogo molto antico. Fu costruito dai secoli bui da streghe, maghi, vampiri… Ogni creatura che desiderasse sentirsi al sicuro contro l’Inquisizione. Anche i miei vissero lì per un po’. >>
 
<< Non mi hai mai parlato dei tuoi genitori >>
 
<< Non c’è molto da dire. Mio padre non sopravvisse ai secoli bui e mia madre… beh… la mia famiglia fu bandita da quel posto e anche altre diverse famiglie, in vero >>
 
<< Perché ? >>
 
<< È una lunga storia. Ciò che sto cercando di dirti è che io non posso entrare lì dentro. Non ho mai potuto farlo per questo il disegno è in bianco e nero a differenza degli altri. Io non posso più neanche localizzarlo e tu da solo non potresti trovarlo. Per questo, aspetteremo che sia Damon a trovarlo. È fondamentale che sia lui a trovare Bonnie >>
 
<< Perché ? >>
 
<< Perché è l’unico che lascerebbero entrare. >>
 

 
Annabelle stava leggendo un libro nella Stanza dei Pegni di sua madre, come le piaceva chiamarla. All’inizio tutti quei cuori che battevano le mettevano inquietudine ma poi con il tempo ci aveva fatto l’abitudine. A un certo punto si alzò e si diresse verso una vetrinetta dove prese all’interno uno scrigno bianco. Lo prese e poi lo portò sul tavolo. Annabelle lo fissò per un po’, sopra c’era una targhetta con su scritto Stefan Salvatore. Annabelle non sapeva perché lo avesse preso, o perché, quasi tutte le volte che si trovava in quella stanza aveva la voglia di prendere quello scrigno e osservare quel cuore per ore intere. Stefan Salvatore non aveva nulla di speciale, dopotutto. Da quel poco che aveva visto era un ragazzo che era in grado di amare immensamente, che trovava la sua forza nei suoi sentimenti e nei suoi ideali, i quali però erano stati distrutti da coloro a cui teneva di più. Che buffo, era bastato un semplice atto di tradimento per far si che ideali di tutta un’esistenza si sgretolassero e lo convincessero a donare quel cuore a sua madre. In un certo senso, questo l’aiutava a non sentirsi in colpa per quanto era accaduto a Stefan. Era stato lui a volere tutto questo, lui ha deciso di non voler più soffrire, lui ha scelto di strapparsi il cuore dal petto, è stata una sua scelta. Tuttavia, una parte di Annabelle, la parte che la spaventava di più, molte volte la portava a desiderare quel cuore. Ricordava bene gli occhi di Stefan quando la guardava quella notte, gli occhi di una persona ferita, spaventata e tradita. Come lo era stata lei. Sentì dei passi farsi sempre più vicini. Velocemente prese lo scrigno e lo mise a posto. Si sedette di nuovo al tavolo e riprese la sua lettura.
 
<< Buon pomeriggio Annabelle >> la salutò Albert dopo essere entrato
 
<< Buon pomeriggio Albert. Tu e la mamma avete finito di occuparvi del giardino ? >> chiese Annabelle posando il libro sul tavolo
 
 << Si, stavamo pensando di preparare il tè. Juliet è già di sopra, vuoi venire anche tu ? >>
 
<< Si, Albert. Finisco di leggere questo capitolo e poi vi raggiungo >> rispose Annabelle tornando a leggere
 
<< Sai, Annabelle, non devi nasconderti con me. Tu sei come una figlia per me e, in qualità di padre adottivo ti incoraggio a seguire il tuo istinto >> disse Albert posando una collana con un dragone luccicante sul tavolo
 
<< E questa cosa sarebbe ? >> chiese Annabelle prendendo in mano la collana
 
<< Questa collana, Annabelle, apparteneva a quella sventurata di Rosalie Mcculough, le sarebbe servita per uscire dai confini di Fell’s Church senza problemi. >> le spiegò Albert
 
<< E perché la stai dando a me ? Mamma lo sa ? >>
 
<< Penso che in realtà dovresti essere tu a spiegarmi perché io te la stia dando. Mamma non lo sa, non spetta a me dirglielo. Spetta a te >>
 
Dopo aver detto questo Albert si diresse verso l’uscita della stanza dicendole che l’aspettava sopra per il tè. Annabelle non riusciva a crederci. Viveva con Albert da quando era nata in quella vita e nonostante ciò lui riusciva ancora a sorprenderla. Ora che ci pensava, Albert era stato l’unico “papà”, che lei avesse avuto in tutte le sue vite. Di solito erano solo lei e sua madre ma in quella si era aggiunto anche Albert. Albert che le insegnò a nuotare da piccola, ad andare in bicicletta, a suonare il pianoforte, a dipingere, a perfezionarsi su tutti gli incantesimi. Lei gli voleva bene e a volte credeva che lui la capisse anche meglio di sua madre. Era sicura che quando si sarebbe separata da lui avrebbe sofferto molto.  Annabelle prese la collana e l’avvolse in un fazzoletto, poi la mise in tasca e salì di sopra per bere il tè.
 

 
Meredith non era mai stata in una situazione tanto sgradevole. La prigione dove l’avevano rinchiusa era sporca e puzzava terribilmente di bruciato. Comprensibile, le pareti avevano diverse bruciature, inoltre nella prigione c’era solo una piccola finestrella con delle sbarre, troppo alta e troppo piccola per poter considerarla una possibile via di fuga. Era buia e non era una prigione con delle sbarre, anzi, era totalmente chiusa e l’unico modo per uscire era una porta con sopra disegnata uno strano simbolo. Meredith non era molto esperta di simboli ma era piuttosto certa che quel simbolo servisse a tenere la porta chiusa e di conseguenza a tenere lei bloccata lì dentro. All’interno della prigione c’era solo uno scomodo lettino con delle coperte macchiate e un cuscino che aveva sicuramente visto giorni migliori. Meredith era sdraiata sul letto e osservava la piccola finestra dalla quale si poteva intravedere il cielo. Si voltò dall’altro lato, verso il muro, in modo da non soffrire nel vedere un cielo che molto probabilmente non avrebbe più rivisto. Chiuse gli occhi, sperando di addormentarsi il prima possibile.
 
<< Meredith ! Meredith ! >> una voce dalla finestrella la chiamava
 
Meredith non si voltò, aveva sperato di sentire quella voce per tanto tempo ma ciò non era mai accaduto. Di certo non stava accadendo adesso.
 
<< Meredith !! Accidenti, voltati !!! >> disse quella voce che si stava stancando
 
Meredith a quel punto si voltò e lo vide. Alaric Saltzman, il suo ex fidanzato, era dietro a quella finestrella, con i suoi capelli rossicci corti, e i suoi occhi color nocciola che la implorava di qualcosa.
 
<< Alaric ? Che ci fai qui ? Sei impazzito improvvisamente ? >> gli chiese Meredith alzandosi dal letto
 
<< Non preoccuparti per me, io non sono in pericolo. Tu lo sei >>
 
<< Che vuoi dire ? >>
 
<< Sei in grave pericolo, Mer. Sei qui per una ragione, tu, sei un pezzo fondamentale per i piani della signora De Verdant e... >>
 
<< La signora De Verdant ? Come mai la chiami così ? >> chiese Meredith indispettita incrociando le braccia al petto
 
<< Sai, dopo aver passato mesi a servirla e a chinare la testa, diventa un’abitudine >>
 
<< Che vorresti dire con questo ? Oh mio… eri tu il… >>
 
<< Il drago giallo, si, ero io. >>
 
<< E perché mi hai attaccata in quel modo ? >>
 
<< Dopo aver passato tanto tempo a vivere e a essere trattato come una bestia finisci per diventarlo. Io avevo perso tutta la mia umanità prima di incontrarti di nuovo. Ho davvero creduto di essere un drago sai ? >>
 
<< Inquietante >> commentò Meredith sedendosi sul lettino
 
<< Senti, so che sei arrabbiata con me ma ti giuro, io non volevo lasciarti >>
 
<< Ah no ? >> chiese Meredith scettica
 
<< No. Non sono stato io, io ti amo, non ti avrei mai lasciata. >>
 
<< Il messaggio che mi hai lasciato tanti mesi fa dimostra il contrario >>
 
<< Non sono stato io a mandartelo. È stata la signora De Verdant a mandarlo, in modo che tu non mi venissi a cercare. Te lo giuro Mer... >>
 
<< Non so se posso crederti. Ultimamente ho sentito così tante bugie che non so più di chi fidarmi e di chi no. Non riesco più a capire cosa sia vero e cosa no. Non posso crederti, perciò, faresti meglio ad andartene >>
 
<< Mer… ti prego >>
 
Alaric non fece in tempo a dire altro, entrambi sentirono dei passi ma Meredith non riusciva a capire se erano fuori o all’interno della villa visto che comunque il cortile era di pietra come anche la prigione. L’ultima cosa che vide fu Alaric che si allontanò dalle sbarre per poi trasformarsi di nuovo in quel drago giallo che qualche mese fa per poco non l’aveva uccisa. Sapeva che era infantile comportarsi in quel modo, era stato infantile essere gelosa di Rosalie perché lei si era dimostrata una ragazza più in gamba di lei anche se alla fine si era solo dimostrata una bugiarda e sapeva che forse avrebbe dovuto ascoltare Alaric ma al momento non ci riusciva. Lui l’aveva lasciata con un messaggio, aveva disprezzato il fatto che lei fosse una mezza-vampira, o almeno era questo in cui aveva creduto per tutti questi mesi ed era questo in cui adesso si era imposta di credere per non avere un totale crollo nervoso. Odiava Anastasia De Verdant, la odiava con tutto il cuore, lei le aveva rovinato la vita, aveva rovinato la sua relazione con Alaric, aveva allontanato Bonnie dalla città, aveva strappato il cuore di Stefan e la stava tenendo prigioniera in quella prigione schifosa. Lei non si era mai comportata in modo talmente infantile, lei era la mente del gruppo, era quella saggia e invece era bastato un messaggio a distruggerla, a spingerla a mettere in discussione tutta la sua vita, a farla sentire debole e impotente e tutto questo per colpa di Anastasia De Verdant. Se un giorno sarebbe uscita di lì l’avrebbe uccisa, lo promise a se stessa.
 

 
Damon era appena arrivato a Chicago ma non sapeva da che parte andare per trovare Bonnie. Prima di partire avrebbe dovuto chiedere alla Signora Flowers di eseguire un altro incantesimo di localizzazione. L’unico punto di partenza che aveva era che Bonnie molto probabilmente era insieme a Sapphire, l’amica strega di Stefan. Lui non conosceva molto bene Sapphire, da quel poco che ricordava di lei sapeva che adorava i gioielli, il blu e gli zaffiri. Le poche volte che l’aveva vista indossava sempre gioielli con gli zaffiri. A un certo punto vide due ragazze che passeggiavano lungo la strada e una di loro indossava una bellissima collana con degli zaffiri. “Potrebbe essere…”, pensò Damon, se così fosse stato probabilmente trovare Sapphire non sarebbe stato molto difficile. Se avesse trovato lei avrebbe trovato anche Bonnie, di questo ne era sicuro. Parcheggi l’auto e poi prese il cellulare, digitò su internet “negozi di zaffiri a Chicago”, gli uscirono tre diversi risultati, uno era Sapphire’s Street ma era un negozio di profumi, un altro era un locale mentre il terzo era una gioielleria. Damon la cliccò e dopo aver visto dove era situato accese di nuovo il motore e guidò velocemente verso quella gioielleria.
 

 
Annabelle stava bevendo il tè insieme alla sua famiglia, era uno dei pochi momenti in cui poteva rilassarsi e dimenticarsi di tutto il resto. Nelle altre vite lei e sua madre non avevano molti momenti intimi, sua madre era sempre fuori casa per “affari”, come diceva lei. In passato molte volte le idee di sua madre le avevano fatte finire nei guai ma lei, da brava figlia, le era sempre rimasta vicina. Sapeva quando sua madre avesse sofferto e sapeva cosa anche lei aveva perso per colpa dei Mccullough. Era una fortuna che avevano incontrato Albert, lui solo avrebbe potuto aiutarle ad ottenere la loro vendetta, era un mago esperto e molto potente, forse anche più potente di sua madre e inoltre era molto saggio, affatto impulsivo, come invece sua madre si era rivelata in più occasioni.
 
<< Annabelle, a cosa pensi ? >> le chiese sua madre mentre beveva un sorso di tè
 
<< Stavo pensando al vampiro con i capelli neri, Damon, perché lui non è in prigione ? >> chiese Annabelle prendendo un biscotto
 
<< Perché lui ci deve portare Bonnie >> rispose Anastasia
 
<< Ma perché non potevamo farlo noi ? >> chiese Annabelle
 
<< Perché lei è in un luogo dove noi non possiamo andare >> disse Anastasia con un po’ di malinconia
 
<< Che luogo ? >> chiese Juliet
 
<< È un luogo molto antico, è stato costruito durante i secoli bui dalle creature della notte per potersi proteggere dall’Inquisizione >> rispose Albert
 
<< Ma anche noi siamo creature della notte, perché non possiamo andarci ? >> chiese nuovamente Juliet
 
Anastasia e Albert si lanciarono un’occhiata che non sfuggì ad Annabelle, conosceva il significato di quello scambio di sguardi, lo facevano ogni volta che erano indecisi su qualcosa da dire o non dire.
 
<< Vecchie questioni famigliari, tesoro >> rispose semplicemente Anastasia bevendo un altro sorso di tè
 
Annabelle cercò di reprimere una smorfia, i suoi genitori le stavano nascondendo qualcosa e lei odiava i segreti e le bugie più di ogni altra cosa. Sapeva tuttavia che sua madre non le avrebbe detto niente e per questo , in un certo senso, si sentì giustificata e autorizzata a non dirle delle sue intenzioni di lasciare Fell’s Church per controllare personalmente la situazione di Stefan e per scoprire di più sulle sue origini. Sapeva che neanche i tasselli sul suo passato erano completi, che sua madre si ostinava a nasconderle alcune cose. Lei sapeva solo che suo padre era il fratellastro di sua madre e che era scomparso ma sapeva che sua madre conosceva verità più profonde o non sarebbe mai riuscita a spiegare perché sua madre odiasse tanto Sapphire Mon Bijoure, nonostante tanti secoli prima avesse desiderato ardentemente averla come allieva, o del suo accanimento contro Stefan Salvatore. Il rituale prevedeva il cuore di qualcuno che potesse provare delle forti emozioni e lei si era subito fissata sul fatto che fosse il cuore di Stefan ciò di cui avevano bisogno. Lei non sapeva quasi niente dei suoi nonni, solo che erano stati condannati al rogo per colpa dei Mccullough ma qualcosa nella storia non tornava. Se i suoi nonni erano morti sul rogo, e con loro era morta anche la dinastia dei De Verdant allora com’era possibile che Albert fosse nato. Albert era un De Verdant a tutti gli effetti, su questo non c’erano dubbi ma allora chi erano i suoi genitori ? Tutte quelle domande ronzavano nella mente di Annabelle da troppo tempo eppure non aveva trovato ancora una risposta a nessuna di esse.
 
<< Sentite, io vado al piano di sopra. Voglio esercitarmi con alcuni incantesimi, scenderò a cena >> disse Annabelle alzandosi dal divano
 
<< Va bene tesoro. >> disse sua madre
 
Annabelle l’abbracciò e poi le diede un bacio sulla guancia, lo stesso fece con Albert e con Juliet poi salì in camera sua. La sua camera era al secondo piano della villa. Era grande e spaziosa, le pareti erano di un giallo scuro, il pavimento era un parquet. I mobili erano in legno scuro, al lato destro c’erano due librerie dove erano posti libri di vario genere e una vetrinetta con dentro gli ingredienti per diverse pozioni. Poco lontano da quella vetrinetta infatti c’era tavolo con un calderone e tutti gli attrezzi necessari per fare delle pozioni e dove c’era anche il suo Grimorio personale. Al lato sinistro c’era un letto a due piazze con la parure bianca con sopra delle cuciture del medesimo colore che raffiguravano delle rose e c’erano due porte che portavano al bagno e alla cabina-armadio. Annabelle si diresse verso la cabina armadio. La cabina armadio era piuttosto grande, aveva le pareti giallo scuro come la sua camera ma era più piccola, a destra c’era un grande armadio in legno scuro dove erano appesi tutti i suoi vestiti, poi c’era un cassettone dove c’erano i pochi pantaloni e jeans che aveva, mentre sulla sinistra c’erano degli scaffali con sopra le sue borse. Annabelle prese una tracolla nera e dopo averci fatto un incantesimo cominciò a metterci dentro qualche jeans. Poi si cambiò, indossò nei pantacollant neri, con una maglia lunga di cotone rossa che era arrivava poco prima del ginocchio e indossò degli stivali neri e bassi, in fine legò i lunghi capelli biondi in una treccia laterale. Uscì dalla cabina armadio e poi prese il suo Grimorio, qualche pozione, un giubbottino nero e poi prese le chiavi della sua Ferrari rossa. Scrisse una piccola lettera a sua madre e poi uscì di casa.
...
 
Sapphire era alla scrivania e stava mettendo in ordine alcune carte della gioielleria mentre Stefan si stava esercitando con alcuni incantesimi, seduto sul divano con il suo Grimorio sulle ginocchia. Stefan era notevolmente migliorato e Sapphire poteva avvertire il suo potere diventare sempre più potente.
 
<< Posso chiederti una cosa, Saph ? >> le chiese Stefan voltandosi verso di lei
 
<< Dimmi >> rispose Sapphire distogliendo lo sguardo dalla varie carte sulla scrivania
 
<< Perché tu non puoi accedere a quel luogo ? >> chiese Stefan
 
<< Perché fui bandita tanti anni fa con la mia famiglia, te l’ho detto. Brutti affari >> spiegò brevemente Sapphire tornando a concentrarsi sui fogli
 
<< Ma io avrei potuto accedervi. Avrei potuto fare un incantesimo di localizzazione e trovarlo e invece tu non mi hai neanche lasciato provare. >> ribatté Stefan imperterrito
 
<< Stefan, ho le mie ragioni. Un giorno te le spiegherò >>
 
<< Perché non ora ? >>


<< Perché ora abbiamo ospiti >> disse Sapphire alzandosi dal suo scrittoio
 
Stefan la guardò con un’espressione interrogativa ma lei gli fece l’occhiolino. A un certo punto l’ascensore si aprì e da esso uscirono Magdalene che indossava la divisa del negozio e Damon dietro di lei.
 
<< Mi scusi signora, non sono riuscita a fermarlo >> di scusò Magdalene giocando con un riccio rosso
 
<< Non preoccuparti Magdalene, il signor Salvatore è esattamente dove dovrebbe essere, per una volta nella sua vita. Puoi tornare alle tue mansioni, cara >> disse Sapphire con una fredda compostezza
 
Magdalene annuì poi uscì dall’ufficio. Stefan non riusciva a credere all’intera situazione. Era da molto tempo che non vedeva suo fratello e in quei mesi lui non aveva fatto altro chi vivere di immagini e di ricordi, brutti ricordi, soprattutto. Damon aveva i capelli un po’ più lunghi dall’ultima volta che lo aveva visto, sembrava più magro, anche se era impossibile, indossava dei pantaloni neri con una camicia del medesimo colore e sopra un giubbotto nero di pelle. Era terribilmente arrabbiato, sicuramente con lui.
 
<< Bene, bene. Che abbiamo qui ? La strega malefica in blu e il mio adorabile fratellino >> disse Damon con sarcasmo
 
<< Anche io, signor Salvatore, ero piuttosto infelice all’idea di vederti di nuovo ma Bonnie ha bisogno di te e anche Stefan >> disse Sapphire incrociando le braccia al petto
 
<< Io non ho bisogno di lui >> disse Stefan aprendo il Grimorio
 
<< Ne dubito, altrimenti adesso non saremmo in questa situazione >> ribatté bruscamente Damon
 
<< È colpa tua se ci troviamo in questa situazione >> ringhiò Stefan
 
<< Perché non alzi il culo e mi guardi negli occhi. Affrontami per una volta invece di dare a me la colpa di tutto >> disse Damon
 
Stefan posò il Grimorio e si alzò, avvicinandosi poi al fratello per fronteggiarlo. La sua espressione era fredda e pacata, i lineamenti erano rilassati come anche i muscoli. Niente di lui avrebbe potuto mostrare che lui fosse arrabbiato o irato, niente avrebbe potuto prevedere che Stefan avrebbe scaraventato Damon contro lo scrittoio di Sapphire con un semplice gesto della mano. Damon non si rese neanche conto di ciò che accadde, semplicemente non riusciva a crederci. Lo scrittoio era totalmente distrutto sotto il suo peso ma fortunatamente nessuna scheggia gli aveva perforato la schiena o qualche altra parte del corpo. Sapphire nel frattempo aveva osservato la scena deliziata, fiera del suo allievo e felice dell’espressione esterrefatta di Damon che era appena stato umiliato.
 
<< Ma che… che diamine è… >> Damon non riusciva neanche a parlare
 
<< Magia >> rispose Stefan in tono freddo
 
<< Magia ? Ma di che diamine stai parlando ? I vampiri non possono avere poteri magici >> affermò Damon con sicurezza
 
<< Ma io non sono più un vampiro >> affermò Stefan con uno strano sorrisetto
 
Damon lo guardò senza dire niente e fu a quel punto che notò i cambiamenti. La pelle di Stefan non era più pallida come prima ma era leggermente più colorita, le guance erano lievemente rosse, gli sembrava addirittura un po’ più alto dall’ultima volta che lo aveva visto, e poi gli guardò le mani e non vide più l’anello con il lapislazzulo che Katherine gli aveva dato. Non sapeva perché ma ciò lo stava facendo infuriare.
 
<< Tu, brutta strega, CHE COSA GLI HAI FATTO ? >> urlò Damon scagliandosi contro Sapphire
 
Sapphire ovviamente fu molto più rapida del vampiro, infatti Damon dopo neanche un secondo si ritrovava schiantato contro i resti dello scrittoio.
 
<< Stai giù Damon. È già tanto che io non ti abbia già preso a calci e non ti abbia cacciato dal mio ufficio >> disse Sapphire
 
<< Non preoccuparti, me ne vado. Non ho bisogno del tuo aiuto per trovare Bonnie >> disse Damon alzandosi e dirigendosi verso l’ascensore
 
<< Io non credo proprio, se tu avessi creduto di potercela fare da solo adesso non saresti qui. Tu hai bisogno del mio aiuto >> disse Sapphire sorridendo
 
Stefan conosceva quel sorriso. Sapphire sorrideva in quel modo solo quando era compiaciuta e soddisfatta di qualcosa e in quel momento la consapevolezza che Damon avesse disperatamente bisogno del suo aiuto, che se lei avesse detto di no Damon a quel punto non avrebbe mai trovato Bonnie, sapere che la felicità di Damon dipendesse da lei, quel senso di potere che inconsapevolmente cominciava a piacere pure a lui. Ecco, come si sentivano le streghe quando le altre creature si rivolgevano a loro per aiuto, i vampiri potevano anche essere eternamente giovani e belli, i licantropi potevano anche avere un morso fatale, ma erano le streghe e i maghi ad avere il potere, senza di loro le altre creature si sarebbero già estinte. Damon per poco non ebbe la tentazione di provare nuovamente a torcerle il collo, avendo capito il perché di tanta contentezza da parte di quell’odiosa strega.
 
<< Ti odio >> ringhiò il vampiro con gli occhi neri
 
<< Credimi, i tuoi sentimenti sono ricambiati >> disse Sapphire senza smettere di sorridere
 
Stefan decise di prendere in mano la situazione intuendo che se avessero continuato in quel modo avrebbero fatto saltare in aria l’intero palazzo.
 
<< Damon, sei qui per ritrovare Bonnie non per attaccare briga con Saph. >> disse
 
<< Saph ? >> chiese Damon con un certo disgusto
 
<< Qualche problema ? >> chiese Stefan di rimando
 
<< Ok, adesso basta, dobbiamo trovare Bonnie, per cui usciamo di qui e dirigiamoci verso il luogo >> disse Sapphire dirigendosi verso l’ascensore
 
<< Avevi detto che io e te non potevamo entrare >> disse Stefan seguendo l’amica
 
<< Non possiamo entrare ma ciò non significa che non possiamo stare nelle vicinanze. >> disse Sapphire entrando nell’ascensore
 
<< Aspettate un momento !! Mi state dicendo che dovrò entrare in questo luogo da solo ? >> chiese Damon entrando nell’ascensore
 
<< Che problema c’è ? Hai sempre voluto fare ogni cosa per conto tuo, ora lo puoi fare senza neanche obbiezioni da parte nostra >> disse Stefan schiacciando il pulsante
 
<< Continua a parlare, magari un giorno dirai qualcosa di intelligente ! >> ribatté Damon
 
<< Si vede allora che la genialità non è un pregio di famiglia, o meglio dei Salvatore >> ribatté Stefan con asprezza
 
<< Che vorresti di… >> stava per dire Damon
 
<< Smettetela voi due, avrete tempo per darvele !! Ora dobbiamo pensare a Bonnie >> disse Sapphire
 
<< D’accordo, ma ci puoi giurare che il discorso non finisce qui. Tu, signorino, mi devi un sacco di spiegazioni !! >> ringhiò Damon
 
<< Tu invece mi devi un sacco di scuse. Ma vedo che sei talmente stupido da non renderti nemmeno conto di quello che hai fatto !! >> ribatté Stefan con tranquillità
 
<< Non osare darmi dello… >> iniziò Damon
 
Sapphire roteò gli occhi, capendo che con le buone non sarebbero andati da nessuna parte pronunciò delle parole a bassa voce subito Damon non fu più in grado di parlare. Stefan represse a stento una risata, mentre Damon si incazzava ancora di più. Quando uscirono dall’ascensore Sapphire salutò le sue colleghe e poi si diressero verso la Ferrari di Damon. Damon si mise al volante mentre Sapphire e Stefan si sedettero dietro, Sapphire a quel punto annullò l’incantesimo su Damon.
 
<< Perché vi siete seduti entrambi dietro ? Ma chi credete che sia io ? Il vostro tassista ? >> chiese Damon innervosito
 
<< Pensa a guidare e zitto. Tieni questo, ti ho indicato la direzione >> disse Sapphire passandogli un foglio
 
Damon lo prese in maniera sgraziata e dopo averlo osservato attentamente cominciò a guidare. Questo posto, che ancora non gli avevano spiegato che cosa fosse, si trovava nella zona periferica e malfamata di Chicago. Tanto per cambiare. Il tragitto fu piuttosto lungo e noioso, a causa del traffico, ma fortunatamente Stefan e Damon rimasero in silenzio evitando di lanciarsi frecciatine infantili. Quando arrivarono in una stradina stretta, senza indicazioni o cartelli e con delle stradine piccole e poco illuminate, Sapphire gli disse di parcheggiare perché da quel punto in poi avrebbero dovuto procedere a piedi. Damon parcheggiò la macchina e poi seguì Sapphire per le strade buie. Percorsero diverse stradine e a un certo punto Damon fu tentato di chiederle se si fossero persi. Sapphire si fermò davanti a un muro fatto di mattoni rossi, senza scritte né murales.
 
<< E ora ? Dove dobbiamo andare ? >> chiese Damon stanco di tutto quel girovagare
 
<< Devi procedere tu da solo. Attraversa quel muro di mattoni e ti troverai direttamente davanti al cortile dell’albergo dove si trova Bonnie >> disse Sapphire
 
<< Ma dove siamo ? In “Harry Potter” ? >> chiese Damon con sarcasmo
 
<< Vuoi trovare Bonnie o no ? >> gli chiese Sapphire incrociando le braccia al petto
 
Damon sospirò poi facendosi coraggio attraversò il muro di mattoni. Pochi secondi dopo si trovava davanti a una struttura tutt’altro che imponente. Era una struttura di mattoni rossi, con le finestre con i cornicioni bianchi e i vetri sporchi e il giardino poco curato. “Streghetta, sto arrivando”, pensò avviandosi verso la porta d’ingresso.
 

 
Annabelle stava per attraversare il confine, sapeva che una volta che lo avrebbe fatto non sarebbe più potuta tornare indietro, non senza rischiare di essere uccisa da sua madre. Fermò la macchina prima della linea di confine, poi prese gli occhiali da sole nel cruscotto e li indossò, poi indossò anche la collana. A quel punto accese di nuovo il motore e superò velocemente il confine. La collana brillò intensamente mentre lei attraversò la linea, tuttavia, quando poi la luce si spense lei era sana e salva e senza rallentare continuò a guidare verso Chicago.
 
  
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