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Autore: Fantasiiana    07/09/2014    8 recensioni
Persefone, dea della primavera e regina degli Inferi, è improvvisamente scomparsa. Zeus non permette agli altri dei di unirsi alle ricerche e gli Inferi sono completamente allo sbaraglio. Ade ha infatto fermato la Morte dall'uccidere e non la rilascerà finchè Persefone non sarà tornata al suo fianco.
Ma una creatura che non veniva vista da secoli torna a fare breccia nel cuore del dio dei morti, mentre la sua consorte è tenuta prigioniera e privata della memoria.
Una terribile vendetta è in corso e mira a spodestare la dea dal suo trono e dal suo ruolo di moglie.
Di amori, oscurità, vendetta e gelosia.
A voi se leggere o meno.
**************************
Dal secondo capitolo:
-Ora basta!
La sala calò nel silenzio più assoluto.
-Nessuno di voi abbandonerà il proprio posto.
-Persefone è anche tua figlia!- squittì indignata Demetra, scattando in piedi. -Come puoi...
-Così ho deciso- la interruppe Zeus alzando una mano. -Non voglio rischiare un'altra guerra per una distrazione.
-Quindi Persefone sarebbe questo? UNA DISTRAZIONE?!- chiese ancora Demetra, ma non ricevette risposta.
Si voltò, allora, verso Ade.
-E tu? Non dici niente?!
-Non mi aspettavo nulla di più.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ade, Altro personaggio, Persefone
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Sono terribilmente in ritardo, lo so! Non sto, però, a dilungarmi molto con vane scuse e vi lascio a questo sesto capitolo che vi introdurrà un personaggio a cui sono molto affezionata e che si presenterà più avanti nella storia. Spero vi piaccia e grazie a tutti per le splendide recensioni che mi lasciate^^




Capitolo 6






L'inverno era piombato sulla terra tre mesi prima del previsto, freddo come mai.
I mortali se ne stavano rintanati nelle loro case, al sicuro e al calduccio, stretti alle loro famiglie felici.
La dea sorrise crudele, fuori dalla casa della sua ennesima vittima. Avanzò lenta sulla neve, mentre anche l'ultima luce sicura veniva spenta e la notte prendeva definitivamente il sopravvento nell'abitazione solitaria.
I respiri tranquilli dei mortali le suggerivano che era ora di divertirsi. Negli ultimi tempi non ne aveva avuta molta occasione, per via di quanto successo alla sua regina, ma finalmente il momento era giunto.
La nebbia si addensò, scivolando lenta sul suolo innevato, e con il fruscio lugubre della sua veste dorata si avviò verso la finestra della camera da letto dei due sfortunati coniugi che avrebbero soddisfatto i suoi capricci.
Il vetro riflettè la sua figura spettrale e lei si ritrovò a ricambiare il sorriso fiero che il suo riflesso le indirizzava.
Non era mai stata molto vanitosa -e come avrebbe potuto?- ma presto si era abituata al suo aspetto, trovandolo perfettamente allusivo ai suoi strani interessi, quasi ironico.
Con un sospiro attraversò la parete e si posizionò al lato della donna che dormiva beata.
Non per molto si disse ghignando e cambiando forma.
La donna si agitò nel sonno, svegliandosi e icontrando il volto spaventosamente familiare della sua defunta suocera. Il respiro le si mossò in gola.
-Ebbene, Mary? Credevi sorvolassi sul mio patrimonio di cui ti sei impadronita ingiustamente? Ti tormenterò fino alla morte. Non è questo che volevi? Che mi togliessi dai piedi? Oh, ma non sai che liberazione! Non devo neanche soffocarmi nel mio stesso sangue! Oh, a proposito...
Le carezzò una guancia, sporcandola di un liquido denso e rosso.
La donna urlò. Lei rise di cuore.
"Melinoe."
La dea si sentì trascinare lontano da lì, fino ad arrivare nella sala del trono del palazzo reale degli Inferi.
-Proprio adesso?!- chiese pestando un piede per terra.
-Melinoe.
Si voltò sbuffando verso i troni.
-Padre- salutò inchinandosi.
-Credevo di aver ordinato espressamente di impegnarsi nella ricerca di Persefone giorno e notte- continuò lui.
-Sì, è così.
-Ebbene?
Lei sospirò.
-Niente.
Ade arricciò le labbra.
-Come pensavo.
-Perché non lo chiedi a Macaria? Sono sicura che la tua figlia prediletta sarebbe felice di ricevere le tue attenzioni! O forse quel Nico di Angelo! Il piccolo moccioso ti ha spianato la strada verso l'Olimpo, no?
-Melinoe- la richiamò spazientito il dio dei morti.
Un improvviso e lento vorticare di fumo grigio li fece voltare entrambi.
Una donna abbigliata di bianco, dalla lunga chioma candida come la neve e una nera bandana a coprirle gli occhi si materializzò al fianco della dea dei fantasmi.
-Macaria- salutò il dio chinando il capo, mentre Melinoe roteava la testa, a sostituzione delle orbite mancanti.
-Padre- ricambiò la dea della buona morte con una riverenza. -Ancora nessuna notizia della regina Persefone, ma io e le Furie lavoriamo costantemente e senza sosta.
-E come non potreste?- chiese sarcastica Melinoe.
La minore sospirò e si rivolse alla sorella.
-Melinoe- la salutò chinando il capo. -Acida come sempre.
-Macaria- le fece il verso l'altra. -Debole come sempre.
-Te l'ho già spiegato, sorella. La morte, talvolta, può essere un premio e una consolazione, e non necessariamente cruenta e dolorosa.
Melinoe fece un gesto infastidito con la mano.
-Oh, ma io ti credo, sorella. Ma vallo a dire ai miei fantasmi senza pace.
-Ora basta voi due- si intromise il signore dei morti. -Tornate ai vostri compiti. E tu, Melinoe, non dare noia a tua sorella.
-Oh, questa sì che è bella! Ti ricordi di essere nostro padre solo per cercare la nostra presunta madre?
-Melinoe...
-Non le devo niente, a parte questo corpo mezzo marcio, perciò non sprecherò un solo giorno in più nelle ricerche!
Ade si alzò, i pugni già ricoperti di fuoco nero e scalpitante.
-Osi parlare così a tuo padre, nonché tuo re?! Non è il momento di fare la bambina viziata, dea dei fantasmi.
-Che c'è? Per te portare rancore va bene ma per noi no?
-Melinoe...- la chiamò implorante la sorella.
-No, Macaria, non ci provare!- la fermò quella, furiosa, il dito marcio ricoperto da un guanto dorato puntato sul volto pallido e bendato dell'altra.
-Credi che mi importi essere figlia tu e di quella lì?- chiese poi rivolta ad Ade. -Non mi fa alcuna differenza! Cacciami, distruggimi, non cambierà le cose!
Il dio continuò a fissarla per un po', poi, proprio quando l'ira sembrò raggiungere il punto di non ritorno, eccola scemare tutta insieme, celata poi da palpebre che si chiudevano stanche.
Il dio dei morti ricadde sul trono, coprendosi il viso con una mano.
-Andate- ordinò con voce rotta dal pianto.
-Ma...- mormorò Melinoe, esterefatta.
-Andate!- urlò lui, ed entrambe scomparvero.

Persefone non era mai stata degna di essere chiamata "madre".
Forse perché non ci si era mai comportata, ma di questo Melinoe non aveva mai sofferto o, più probabilmente, si era imposta di non soffrirne. C'è da dire anche che non era mai stata intenzione della regina ferire qualcuno, no. Era involontario, quasi come non ricordasse dei mesi passati col ventre gonfio e il giorno in cui l'aveva data alla luce.
Non si trattava di non riconoscere lei come figlia, ma di non riconoscere se stessa come madre. E come avrebbe potutto? Lei era la Kore, l'eterna bambina, a dispetto di quello che potevano dire gli altri. Ade non l'aveva affatto corrotta. Pochi sapevano che lei aveva mangiato volontariamente quei sei chicchi, spinta dall'innata impulsività dei fanciulli, e che il dio si era stupidamente preso la colpa. Stupidamente, sì, perché era stato allontanato ancora di più, solo per amore, una cosa che Melinoe non avrebbe mai capito, con il cuore posto nella parte marcia del corpo.
E Persefone non l'aveva mai trattata da figlia, anzi, ogni qual volta la incontrava si rivolgeva a lei con rispetto, come ad una sua superiore, inchinandosi e parlanole in modo formale come se stesse discutendo con la stessa Atena.
E Melinoe era cresciuta da sola, affrontando le situazioni con istinto e crudeltà, perché nessuno le aveva insegnato il contrario, ricevendo molto di rado le visite del padre per incarichi da svolgere come dea dei fantasmi e non come sua emissaria fidata.
Per Macaria era stato diverso, almeno in parte.
Era stata lei a crescerla, a suo modo, e con le continue provocazioni da parte della sorella maggiore, la dea della buona morte potè sviluppare la sua natura caritatevole, calma e, talvolta, disinteressata. Perché Macaria faceva del bene, ma lo faceva quasi senza rendersene conto. Per il resto era fredda come il ghiaccio e indifferente a quello che le succedeva intorno.
Melinoe non era sicura che quella che aveva potesse definirsi "famiglia", come non era sicura di volerne una. Le piaceva quello che aveva: le schiere di fantasmi con cui si divertiva a tormentare i mortali, la crudeltà che la dominava senza contegno, nessuna debolezza.
Sospirò.
Per l'esattezza era quello che aveva avuto. Gli Inferi erano cambiati in assenza della loro regina. Persino Macaria, persino lei. Lei a cui non era mai importato niente di nessuno. Lei, la spietata dea che si dilettava a far impazzire i mortali. Lei, dal corpo mezzo marcio e mezzo relativamente sano.
Già, era cambiata. Avvertiva un peso sul cuore putrefatto, lì, dove non avrebbe dovuto sentire nulla, perché la carne morta non prova dolore. E alla notizia della scomparsa della regina, quello stesso cuore mangiato dai vermi si era mosso, come scosso da un brivido, una scarica di vita che l'aveva attraversata e turbata come niente aveva mai fatto. E Melinoe, nonostante quello detto ad Ade, non avrebbe potuto cessare la ricerca. Ne valeva della sua sanità mentale. Non poteva capirne il perché, la dea, poichè quella parte del cervello che gestiva i sentimenti era morta con il resto, ma sapeva che doveva. Per tornare com'era, per non porsi domande, per non impazzire, per non soffrire.
Per questo, ora, vagava sulla Terra, fredda e morta come la metà di lei, alla ricerca di colei che avrebbe riportato la vita nel regno della morte.

-Melinoe, Melinoe!
La dea si voltò spazientita verso il fantasma che le fluttuava incontro.
Scacciò malamente quell'altro che cercava di allacciarle invano la veste color zafferano, quella che arrivava a coprirle persino metà del viso.
-Mia signora!- urlò il fantasma.
-Cosa c'è? Non ho tempo da perdere con sciocche...
-La regina è scomparsa!
Lei aggrottò le sopracciglia, carezzandosi nervosa i capelli castani che le crescevano solo nella parte buona del corpo, in quel momento acconciati a formare una treccia.
-Persefone?- chiese confusa.

Il fantasma annuì.
-Ma non è possibile... Lei...
-L'Olimpo si è riunito! Proprio adesso gli dei...
Una voce riecheggiò nella mente degli abitanti degli Inferi. L'udirono i fantasmi, l'udirono gli eroi nei Campi Elisi, i dannati nel Tartaro, i carcerieri che cessarono le loro torture, le Furie che perseguitavano un'anima macchiata di fratricidiom l'udirono Minosse, Eaco e Radamanto, sui loro scranni di marmo, l'udirono le anime in attesa di giudizio e Cerbero, loro custode. E mentre le tre teste dell'enorme mastino abbasavano le orecchie e nascondevano l'unica lunga coda fra le zampe posteriori, l'udì Melinoe, e le orbite vuote si sgranarono per la sorpresa, come un buco nero che inghiotte la pura luce delle stelle, inesorabile e senza pietà.
Ade aveva espresso il suo volere.
Non appena l'ordine cessò, la dea dei fantasmi guardò il suo sottoposto.
-Sai questo cosa significa?- chiese con una nota di eccitamento nella voce.

-Mia signora?
Lei sorrise crudele.
-E' ora che gli Inferi riversino la loro furia sulla Terra.

  
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