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Autore: Tati Saetre    10/09/2014    11 recensioni
Edward ha 30 anni, capo della Cullen Media Group, è un uomo presuntuoso, egoista e viziato.
Isabella ha 28 anni, direttrice di una delle Gallerie d'arte più famose di New York, è in cerca dell'uomo della sua vita.
Che cosa li accomunerà per il resto delle loro vite?
Genere: Drammatico, Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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“BUH

Decimo capitolo - Movimento

         31 Ottobre 2001

 

          “BUH!”

Cazzo!” Una teglia cadde sul tavolo, rovesciando i biscotti a forma di pipistrello che c’erano sopra.

“Zia Bella ha detto una palola! Zia Bella ha detto una palola!”

Una palola stava per parolaccia, e Mia nella sua maschera da fantasmino non vedeva l’ora di sbandierarlo ai quattro venti.

“Zia Bella non si dicono le parole!” Lanciò un’occhiata truce all’uomo davanti a lei.

“Non rompere.”

“Sempre di buono umore ultimamente. E’ quel periodo del mese?” James le fece l’occhiolino, portando la tazza che aveva in mano alla bocca.

“E’ sempre quel periodo del mese per lei.” Intervenne Edward, rubando dalla teglia un biscotto. E guadagnandosi un’altra occhiataccia da parte di Bella.

James si accigliò, guardando il suo migliore amico.

“Scusa, se è sempre quel periodo del mese quando fate sesso?” Si finse sorpreso, quando sapeva benissimo che voleva soltanto mettere in imbarazzo Bella.

“Oh. E’ rimasta la figa di legno del College, sai. Continuarono a parlare della sua vita sessuale tranquillamente, come se lei non ci fosse.

“Cosa? Ormai Mia ha spiattellato ai quattro venti che ve la intendete, voi due. E ancora niente?” Questa volta la domanda era per Bella, perché si era voltato dalla sua parte.

“Stiamo scherzando.” Sussurrò Bella, stringendo lo strofinaccio che aveva in mano.

Dai, tesoro! Ti servirebbe proprio un po’ di movimento.

“Quello che penso anch’io.” Edward diede corda al suo amico, ed insieme iniziarono a fissarla.

“Primo, il mio movimento non vi deve interessare.” Disse, indicando con l’indice prima James, e poi Edward. “Secondo, il mio malumore è dovuto a te” il dito rimase puntato su Edward, “che non mi stai aiutando per niente. E a te,” di nuovo, si spostò su James “Che sei peggio di quelle due pesti. Ed hai trent’anni.” Finì, riprese in mano lo strofinaccio e continuò a decorare i biscotti.

“Cazzo, ti serve proprio una scopata tesoro.” E sia James che Edward si ritrovarono coperti di glassa nera.

 

 

Quindi niente cena a casa dei tuoi?” Domandò James, mettendosi il cappotto. Ormai era finito Ottobre, e fuori si moriva di freddo.

“No. Bella dice che ha un appuntamento.”

“Oh. Cullen, forse sei geloso?”

“Io? Non abbiamo parlato di niente, quindi è liberissima di fare quello che vuole. Disse  Edward.

“Senti, te lo dico ora che Bella e le bambine sono al piano superiore: non me ne frega nulla di quello che combinate tu e lei, siete grandi e vaccinati. Ma basta che questo non ricadrà sulle bambine.

“Appunto. Siamo adulti e sappiamo quando dobbiamo tenerle fuori da questo.

“Edward, ti conosco. Non conosco Bella, ma conosco te: so che quando ti innamori, quando entri dentro ad una storia non ne esci più. Ci sei al cento per cento. Ma se Bella un giorno si stancherà, devi lasciarglielo fare. Oppure, non iniziate per niente questa cosa.

“Abbiamo finito la paternale?” E lì James capì immediatamente che se ancora non era dentro al cento per cento, era arrivato al novantanove.

“La paternale non te la facevi fare neanche da Carlisle.” Esordì Bella, portandosi dietro Emma e Mia. “Sono pronte. E mi raccomando, James. Poche caramelle.”

“Promesso.” Tirò fuori quel sorriso che faceva svenire ogni donna, e poi fece l’occhiolino alle bimbe, informandole che ci sarebbero state caramelle a volontà quella sera.

“Le vengo a prendere domattina.” Disse Edward.

“Tranquilli. Ve le riportiamo io e Laurent. Dobbiamo andare a pranzo dai suoi, siete di strada.

“Sicuro?”

“Sì.

“E niente parolacce.” Bella puntò il dito contro James, perché Mia aveva appena smesso di chiedere a tutti cosa fosse una scopata.

“Allora, ci vediamo domattina. Fate le brave.” Baciò entrambe sulla fronte, coperte fino al collo dalle loro sciarpe. Una borsa ciascuna, con le maschere di Halloween. Erano prontissime per andare a fare dolcetto o scherzetto con James e Laurent.

“Siamo brave. Promesso.”

“Ciao ciao.” Salutarono entrambe con le manine, finché Bella richiuse la porta dietro di loro. Sentendo in lontananza Mia che cantilenava parolacce e James che rideva come un pazzo.

 

 

Ehw.” Bella sospirò, buttandosi di peso sul divano e stirandosi fino a sentire male ai muscoli.

“Stanca?”

“I piedi.” Disse, con la faccia schiacciata sul cuscino. “Non mi sento più i piedi.”

“Se continui a metterti quelle scarpe per andare a lavoro, dovranno amputarteli alla fine.”

“Spiritoso.” Non si mosse, ma i cuscini del divano si spostarono quando Edward si sedette accanto a lei, tirandole su i piedi e mettendoli sulle sue gambe.

“Che fai?”

“Massaggio a domicilio.” Cominciò dalle dita, fino ad arrivare al collo del piede e poi ricominciare. Bella sospiro, affondando di più la faccia sul cuscino.

“Male?”

Cazzo continua!” Le uscirono di getto quelle parole, come di getto uscì la risata dalla bocca di Edward.

Un suono che Bella sentiva raramente, e non ne aveva mai abbastanza.

Dopo qualche minuto di silenzio e di massaggi ai piedi, lei si voltò, restando sempre sdraiata.

“Lo sai che dobbiamo parlare.” Spinse un po’ di più sul tallone, provocandole una smorfia sulla bocca.

“Già.”

“Siamo persone mature, Edward.”

“Lo so.”

Quindi, arriviamo subito al punto: che succede?”

“Succede che tu sei sdraiata sul divano, e io ti sto massaggiando i piedi.” Alzò gli occhi al cielo, si tirò su ed incrociò le gambe.

“No. Dobbiamo parlare sul serio, ora che le bambine non ci sono.

“Non lo so che succede, va bene?”

“Come non lo sai?”

“No. E’ tutto strano, Isabella.”

“Cazzo, non venirmi a dire che è strano, che non sai come comportarti e roba del genere. So chi sei, Edward Cullen. E so anche quante ragazze hai avuto. Quindi, tira fuori il nocciolo della questione.

“Non lo so. Forse è stato un momento di debolezza.”

Momento di debolezza?” Bella sgranò gli occhi, sedendosi ancora meglio. “Il momento di debolezza c’è stato quando Leah ha partorito. Ed un po’ è stato per colpa mia, vero. Però a casa di Esme e Carlisle, io non centravo niente. E nemmeno il momento di debolezza, perché cazzo Edward, stavo lavando i piatti! E nemmeno l’altro ieri mattina, quando mi hai lasciata fuori al MoMa e per salutarmi mi hai baciata. Questi non sono momenti di debolezza. Questi sono gesti calcolati.” Riprese il fiato che aveva perso durante tutto quel discorso.

“Succede e basta, cosa ti devo dire? Ti vedo lì, mentre torniamo dall’Ospedale, hai la faccia stravolta e magari pensi ancora a Jasper ed Alice. Oppure quando sei lì a lavare i piatti, e c’è quel sedere che Bella, ringrazia che non ti abbia spogliata a casa dei miei genitori. E poi di nuovo in macchina, quando ti volti per salutarmi e scendere, e hai quella faccia così stanca per colpa delle bambine, ma anche così…

“Fermo. Mi stai dicendo che lo fai per pietà? Perché sono stanca, e ti faccio pena? Oppure perché sono la poverina che lava i piatti per allontanarsi da una famiglia perfetta, tralasciando la parte del mio sedere?

“No, Isabella! Cazzo, perché devi sempre mettere il punto nelle parti sbagliate? In tutto il discorso che ti ho fatto, hai capito soltanto quello che volevi capire.

“Ho capito quello che mi volevi dire, Edward.” Sussurrò alzandosi e rimettendosi le ciabatte.

“No! Non hai capito un bel nie-

“Stasera faccio tardi. Tanto hai detto che devi uscire anche tu, no?

“Con alcuni colleghi di lavoro.” Disse Edward, capendo che ormai era una battaglia persa.

“Perfetto. Io vado a prepararmi.” Si voltò, dirigendosi verso il piano superiore.

“Isabella?”

Mh?”

“Posso chiederti con chi esci?”

Sapeva che Leah non poteva muoversi da casa, con i bambini.

E che Angela stava ancora facendo la fisioterapia.

“Con Mike Newton.”

E sapeva anche che Mike Newton non aveva un emerito cazzo da fare, nella sua esistenza.

 

 

Omen era uno dei ristoranti giapponesi più famosi di New York, ed il preferito di Bella. Si stupì non poco, quando Mike fermò la macchina lì fuori, le aprì lo sportello e diede le chiavi al parcheggiatore.

“Come facevi a-

“Lo ammetto: James mi ha suggerito qualcosa, questa volta.” Sorrise, mentre tenne aperta l’enorme porta a vetro per farla entrare.

“Adoro questo ristorante.”

“Già.”

Non adorava Mike Newton, ma per quella sera poteva anche essere passabile. Si stava comportando da gentiluomo, e Bella lo apprezzava molto.

Mike aveva già prenotato un tavolo, e la cameriera giapponese li condusse lì con un sorriso di cortesia.

“Piace anche a te il sushi?” Lui si guardò intorno, grattandosi imbarazzato la testa.

“Okay. Non hai mai mangiato il sushi.” Esordì Bella, con lo sguardo compassionevole.

“Hai vinto tu. Ammetto di non aver mai mangiato sushi in vita mia.

“Perché?”

“L’idea del pesce crudo non mi ha mai allettato, devo dirti la verità.” Lei rise, ed aiutò Mike a prendere la sua ordinazione. Dopo un po’ arrivarono i piatti, e così anche le grosse risate di Bella, mentre cercava di mettere alla prova Mike con le bacchette in mano.

“E’ la prima e l’ultima volta.” Disse infine lui, infilzando quel pezzetto di sushi al salmone con la forchetta.

“Questione di abitudine.”

“Non mi abituerò mai.”

Però ti è piaciuto, sì?” Sarebbe stato davvero triste, se il sushi non gli fosse piaciuto. Anche perché quello era uno dei ristoranti più costosi di NY.

“Non male. E non lo dico tanto per dire.” Bella rise di nuovo, scoprendo che quella serata stava prendendo una piega piacevole.

“Isabella?”

“Signorina Jessica?”

“Miss Swan?”

“Newton?”

Cullen?”

Nella confusione non capirono bene chi aprì la bocca per primo, ma tutti e quattro si resero conto di una cosa: Isabella era a cena con Mike, mentre Edward con la signorina Jessica. Che a casa era definita come ‘colleghi di lavoro’.

“Vi conoscete? Magnifico! Siamo pieni stasera, e unire il vostro tavolo sarebbe fantastico!” La cameriera non aspettò nemmeno una risposta, e velocemente attaccò il tavolo vuoto a quello di Isabella e Mike.

“Jessica Stanley.” La signorina Jessica allungò una mano nella direzione di Mike, e si sedette proprio accanto a lui. Così da lasciare libero il posto accanto a Bella. Che fu subito occupato da Edward.

“Ti piace il sushi?” Sussurrò lui, assottigliando gli occhi.

“Da quant’è che lei è diventata una tua collega di lavoro?”

“Ho avuto dei problemi con quella cena.”

“Giusto. Sei corso subito ai ripari, però.”

“Insomma, come fate a conoscervi voi due?”

“Viviamo insieme, Newton.” Disse Edward, senza mezze parole.

“Come scusa?”

“Viviamo solo insieme. Non stiamo insieme.” Precisò Bella, dandogli una gomitata e facendolo sorridere.

“Siete tipo… coinquilini?” Nessuno dei due aprì bocca, Edward troppo preso a mangiare il sushi rimasto nel piatto di Bella, e lei perché non riusciva a trovare le parole adatte. Ma ci riuscì benissimo la signorina Jessica, che con molta calma e professionalità spiegò a Mike come andavano le cose.

“Wow. James non mi ha mai detto nulla.”

“Si chiama privacy.” Sottolineò Edward, questa volta mangiando dal suo piatto che era appena arrivato. Mentre ‘puoi chiamarmi Jessica, Bella!’ mangiava un’insalata non condita.

Perché il pesce crudo no.

Perché i grassi no.

Perché il fritto no.

Bla bla bla.

“Ragazzi, noi possiamo anche lasciarvi da soli. Abbiamo finito, e così potrete godervi la serata. Esordì Bella, ma fu interrotta da una mano posata sulla sua coscia destra.

“No. Non se ne parla. Vi offro io questa cena.” Edward strinse di più la mano sulla coscia nuda di Bella, facendola tornare al suo posto.

“Posso pagarla tranquillamente io, Cullen.”

“Tesoro, lasciali andare.” Jessica fece l’occhiolino a Edward, gli strinse la mano che era sul tavolo e giocò un po’ con le sue dita.

“E’ James!” Isabella tirò fuori il cellulare dalla borsetta, si alzò e si allontanò di qualche passo. Tornò indietro dopo qualche minuto.

“Succede qualcosa?”

“Dobbiamo andarle a prendere.”

“Cos’è successo?” Questa volta Edward scattò in piedi, abbottonandosi la giacca.

“Andiamo. Mike, potresti gentilmente occuparti di Jessica stasera?” Lui annuì spaesato, mentre la signorina Jessica ignara di tutto continuava ad occuparsi della sua insalata. Mentre Bella e Edward presero i cappotti ed uscirono velocemente, infilandosi nella Volvo grigia.

 

 

“Insomma, che diamine è successo?”

“E’ inutile che fai questa strada. Puoi benissimo tornare a casa nostra.” Edward rallentò con la Volvo, concedendosi di fissare Bella.

“Come? James cosa voleva?”

“Mi ha detto che andava tutto alla grande, e che erano appena tornati a casa.”

“Allora perc-

“Tu torna a casa nostra, Edward.”

Impiegarono venti minuti di silenzio tombale e di sospiri lasciati apposta, per tornare a casa. Ma quando Bella entrò e si tolse le scarpe, non aspettò nemmeno che Edward chiudesse la porta dietro di sé, per tirargliene una in pieno petto.

“Che cazz-

“Ti sembravo un cane bastonato anche stasera, eh?”

“Come?”

“Che problemi hai, Cullen? Stavo bene, stasera. Benissimo. Volevo passare una serata tranquilla, come fa qualsiasi donna di quasi trent’anni. Ma no. Tu devi sempre stare in mezzo. Devi sempre rovinare tutto.”

“Dimmi tu quali sono i tuoi problemi, Bella!”

“I miei? James ha chiamato, chiedendomi se eri arrivato. Con la signorina Jessica. Altro che cena di lavoro. Sapevi benissimo dove sarei andata a cena, e hai fatto tutto apposta. Io avevo soltanto bisogno di una serata per respirare. E basta.” Alzò entrambe la braccia, per enfatizzare tutto quello che aveva detto.

“Con Mike Newton? Vuoi davvero respirare con Mike Newton, Isabella. Bene, allora vai, che lui ti aspetta. Non sai in che guai ti vai a cacciare. Però, vai. Sei adulta, e sei liberissima di fare tutto quello che vuoi!” Urlò stavolta lui, allentandosi il nodo della cravatta.

“In che guai mi vado a cacciare?”

“Non te li spiego neanche. Perché è inutile parlare con te. E’ inutile spiegarti con tranquillità che mi piaci, e che potrei perdere la testa al solo pensiero di sapere che sei lì fuori con Mike Newton. Eppure vai. Perché sei una testarda, ottusa, egommh

Si spostò di almeno tre passi, trovandosi con il sedere sul bracciolo del divano e con Bella in braccio.

“Odio le cravatte.” Sussurrò lei, cercando di tirargliela via. Mentre i bottoni della camicia seguirono la sua fine sul pavimento. “E toglimi le mani dalla schiena, Cullen. Quel sedere è tutto tuo. E lo so che non sei un bravo ragazzo.”

“Niente affatto.” Disse Edward nella penombra della stanza, stringendo entrambe le natiche e avvicinandola ancora di più a lui.

In meno di pochi minuti lui rimase a petto nudo, mentre il vestito di Bella si era alzato fino alla vita.

“Sopra.” Disse, iniziando a baciargli il collo.

“Aspetta. Mmmh. Aspetta, Isabella.”

“Che c’è?” Si stancò a malincuore, guardandolo con quella faccia da cane bastonato che lui adorava così tanto.

“Devi dirmi cosa vuoi fare.”

Cosa voglio fare?” Cercò di trattenere una risatina, mordendosi le labbra.

“E devi esserne sicura.”

“Lo sai cosa voglio fare, Cullen? Mh?”

“Sto cercando di immaginarlo.”

“Io lo immagino da stamattina, invece. Voglio fare un po’ di movimento. Quindi, alza le chiappe dal divano, e portami di sopra.

Edward la strinse di più a sé, lei avvolse le gambe intorno alla sua vita e la portò al piano superiore.

Ogni tua richiesta è un ordine, tesoro.”

   
 
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