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Autore: SilverSoul    11/09/2014    4 recensioni
La vita di Maka, chiusa in un appartamento in unica compagnia dei suoi amati libri, sta per cambiare.
Riuscirà il mondo reale ad essere all'altezza di un mondo di carta, dove le alte aspettative, i grandi amori e i sogni nel cassetto sono a portata di mano?
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maka Albarn, Soul Eater Evans, Un po' tutti | Coppie: Soul/Maka
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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5)Galeotto fu il buco…
 
A Sir T., anche se so che non lo leggerai mai.

A te, mia leva, grazie alla quale mi sento in grado di sollevare il mondo.
A te, che mi fai sentire in grado di amare.
A te, che mi fai ridere alzando solamente un sopracciglio.
A te, che mi fai sentire viva con un semplice ciao.
A te, che mi fai venire voglia di ballare con uno sguardo,
anche se so di non esserne incapace.
A te, che non sarai mai mio.
Grazie, perché ora so che gli amori che non iniziano neanche sono i soli che non ti possono deludere,
pur facendoti morire dentro.
Grazie, perché se ancora guardo in cielo e trovo bellissima la luna, 
è merito tuo.
 
 

[Ehilà! :) Essendo una persona molto sbadata, mi sono scordata nello scorso capitolo di aggiungere un “to be continued” alla fine (cosa a cui provvederò), visto che questo e il precedente sono praticamente lo stesso capitolo. Insomma, quello che leggerete oggi avviene temporalmente subito dopo quello che è successo nel cap 4 :) spero che la storia stia piacendo, comunque, e alla prossima! :)
XOXO SilverSoul]
 
 

Soul si ritrovò sdraiato a faccia in giù su una moquette di pessimo gusto, mentre il tessuto entratogli nelle narici gli procurava una fastidiosa sensazione di solletico.
Si sedette, sputando peli di gatto che -evidentemente- aveva leccato via dal tappeto mentre dormiva.
“Un momento. Cosa ci facc” La mano dell’albino corse a tastarsi la nuca, da dove all’improvviso arrivava un dolore sordo e pulsante: osservò il sangue raggrumato che macchiava ora le sue dita, e ricordò.
 
Una bionda. In intimo.
 
L’aveva subito classificata.
Nada sex appeal, senzatette.
No, non senzatette: piatta come una tavola da surf era più adatto. Poche curve e troppo poco accennate.
Belle gambe, lunghe e affusolate, questo doveva ammetterlo.
Due occhi profondi come pozzi, di un verde che spiazzava.
E un bel sorriso dolce.
Lo stesso sorriso che le illuminava il volto proprio un attimo prima che…
<< Quella stronza mi ha colpito con un libro! >> Soul lo urlò nel corridoio in penombra, rendendosi immediatamente conto di essere stato atterrato da uno scricciolo biondo alto almeno mezzo metro meno di lui e che urlarlo ai quattro venti non era esattamente una mossa da cool boy quale era.
Il ragazzo si zittì subito, alzandosi immediatamente in piedi e ringraziando profondamente tutti gli dei a lui conosciuti e non per il fatto che non ci fossero in giro testimoni del suo KO.
Ancora esterrefatto, Soul lanciò un’occhiata al suo orologio,gelandosi sul posto: aveva esattamente 10 minuti prima dell’appuntamento con Blair, e se non si faceva vivo la donna avrebbe dato l’appartamento a qualcun altro. Non contando il fatto che doveva ancora passare da Tom per rassicurarlo di aver consegnato la spesa e recuperare le sue quattro cianfrusaglie dall’appartamento del cugino, che guarda caso si trovava esattamente dall’altra parte della città.
L’albino scattò verso l’ascensore, imprecando, le parole che si ingarbugliavano le une sulle altre, tormentando il bottone di risalita finché la gabbia di metallo non arrivò al piano.
Era stata una giornata da Dio, fino a quel momento.
Si era sentito un Dio, potente e incontrastato: finalmente si faceva la sua volontà, finalmente sarebbe stato indipendente.
Ora invece era in ritardo, tutto stava andando per il verso sbagliato e, se non si sbrigava a mettere una pezza, sarebbe andato tutto ancora più a puttane.
“Tutta. Colpa. Di. Quella. Dannatissima. Gambelunghe.”
Mentre sgambettava nell’ingresso, guadagnandosi l’uscita e ritrovandosi nel caldo afoso tipico della città, Soul sorrideva malignamente.
Oh, gliel’avrebbe fatta pagare, fosse stata l’ultima cosa che avrebbe fatto in vita sua. E se fosse andato tutto a rotoli, Soul si sarebbe premunito di essere in compagnia della bionda quando la frana si sarebbe abbattuta sulla sua testa.
Quella stronza aveva osato mandare a tappeto la sua mascolinità, il suo orgoglio, la sua figaggine, lasciandolo svenuto su quel tappeto per più di un’ora. Oltre ad averlo mandato a tappeto nel senso letterale del termine, ovvio.
Soul giurava vendetta, correndo a perdifiato per le vie della città, gli stivali che ticchettavano sul cemento, sorpassando i pedoni, schivando le bici, e tentando lo slalom tra le macchine ferme ai semafori, per guadagnare tempo.
“Volevo solo essere un Dio, ma ora mi accontenterò di essere un’apocalisse”
 
 
***
 
 
Nel giro di mezz’ora, era arrivato a casa di Tom, prendendo a malapena al volo i due miseri scatoloni di cartone che contenevano le sue cose, ed era volato giù dalle scale, ripartendo alla volta del negozio del cugino, correndo a più non posso.
Lungo il tragitto, le due scatole erano cadute due volte producendo, una volta toccato il suolo, rumore di vetri infranti. Soul aveva stretto i denti e non aveva avuto il coraggio neanche di pensare di aprire le scatole per controllarne il contenuto, anzi: approfittando delle mani libere, si era asciugato il sudore che gli colava negli occhi, poi aveva raccattato le scatole che si erano schiantate ai suoi piedi e aveva ripreso a correre.
 
Però, si sa: non c’è due senza tre.
 
Fatti trecento metri,  Soul era inciampato, finendo lungo disteso con la faccia spiaccicata sul marciapiede. Le scatole, sfuggite alla sua presa, avevano finito la loro corsa sulla testa di un vecchietto, aprendosi e spargendo il loro contenuto ai quattro venti: l’albino era scattato in avanti, incurante delle sbucciature, e aveva iniziato a raccogliere alla bene e meglio i frammenti – letteralmente- della sua vita.
 
Come si dice poi? Il quarto vien da sé.
 
Mentre era chino, Soul aveva sentito dei passi, sempre più vicini, sempre più veloci: aveva alzato gli occhi, ed aveva visto il vecchietto che aveva colpito con gli scatoloni corrergli incontro urlando, furibondo, e agitando il bastone da passeggio in aria. Be’, non si poteva dire che le sue intenzioni non erano chiare.
Soul aveva ripreso a correre, quasi impaurito, con in braccio ormai un’accozzaglia di vestiti, cartone, riviste, carte, biancheria, collanine e chi più ne ha più ne metta, in direzione della piazza in cui aveva appuntamento con l’amministratrice, inseguito dal vecchietto, sorprendentemente veloce e in buona forma per la sua età.
“L’unico ottantenne che fa triathlon  lo dovevo proprio beccare io, eh?”
L’albino riuscì a seminarlo solo dopo ben due isolati e utilizzando un paio di scorciatoie attraverso i parchi che nessuno prima di lui aveva mai utilizzato: si ritrovava ora davanti a Blair, con un’ora abbondante di ritardo, ansimante, sudato, sanguinante, con le scarpe infangate e il chiodo a pezzi, ma ce l’aveva fatta. Gli rimanevano in mano giusto qualche capo di ricambio, e il suo poster preferito, quello di Scarface.
 
<< SOOOUL-KUUUUN, sei qui finalmente! >> Quella specie di gatta gli si avvinghiò addosso, stringendolo al seno prosperoso, impedendogli ancora di più il respiro. Soul tentò di staccarsi, puntando le mani sulle spalle della donna e torcendo il busto per allontanare quei due rigonfiamenti da sotto il suo naso, per evitare un’altra epistassi e contemporaneamente riprendere a incamerare ossigeno.
Mentre lo lasciava andare, Blair continuò: << Allooora, ora che sei qui, possiamo andare! Zuccherino, su, forza, che non è così lontano! Facciamo un gioco però >>
Soul guardò l’amministratrice da sotto in su, visto la sua posizione mezzo accucciata sulle ginocchia, le labbra socchiuse,  in attesa di riprendere fiato: la donna aveva un’espressione maliziosa sul volto e un gran sorriso, da cui spuntavano dei canini eccezionalmente lunghi.
<< Per avere le chiavi e l’appartamento, amoruccio, devi metterti una cosuccia carina carina! Così diventa tuuuutto più divertente! E se poi stasera avrai bisogno di rilassarti, tesoro, c’è qui la tua Blair ad aiutarti! >> L’amministratrice rise seducente, ma non gli diede tempo per ribattere: si posizionò alle spalle di Soul e in men che non si dica, l’albino si ritrovò bendato. La donna lo fece girare su se stesso un paio di volte, con spinte poderose, per fargli perdere l’orientamento, per poi chiudere qualcosa di metallo intorno al suo polso destro.
<< Co-cosa è questo? Pe-perché la benda? >> Disse il ragazzo, con voce tremante, sventolando il polso a casaccio.
<< Ma tesorooo, la benda rende tutto più eccitante! Ora hai anche un nuovo braccialetto, che ti legherà a me per sempre sempre, così non ti perdi >> La gatta gli sussurrava all’orecchio, con voce roca e profonda, arrotondando le r come se facesse delle fusa, e a Soul passò la voglia di protestare, mentre il sangue andava ad addensarsi ancora una volta dove non doveva.
“Perché tutte le squilibrate a me? Cosa ho fatto di male oggi?”
Fu l’ultimo pensiero, per la seguente mezz’ora non riuscì neanche mettere in fila due parole di senso compiuto: si lasciò sballottare in giro, legato per una mano, da quella pazza dai capelli viola. Salì dei gradini, scese delle scale, si ritrovò con i piedi in una pozza d’acqua, e poi scartò a destra e subito a sinistra, si schiantò contro un muro di piena faccia e passò in mezzo a quella che presumeva fosse un’aiuola, uscendone con delle spine attaccate ai jeans e alla maglietta. Perse sensibilità ai piedi, e non capì più nulla. Soul pensava solo a rimanere in equilibrio, pregando che tutto ciò finisse presto, balbettando lettere a casaccio.
Ad un certo punto rallentarono,e  il ragazzo sentì Blair scambiare qualche parola con un uomo.
Scale, scale, scale e ancora scale. Qualcosa di  morbido sotto le scarpe. Soul arrancò, finché la donna non lo sbatté contro ad una porta, armeggiando con quelle che sembravano essere un paio di chiavi.
La porta si spalancò, e il ragazzo crollò a terra, stremato.
<< Nyyyaaaa, siamo arrivati! Dì “ciao ciao” al tuo nuovo posticino carino! >> Una raggiante Blair gli tolse la benda e quella che ormai aveva capito essere una manetta, consentendogli di guardarsi intorno: era al centro di un piccolo e grazioso salotto, completo di tv. Con gambe tremanti, il ragazzo si alzò e, reggendosi alle pareti, percorse l’intero appartamento. Un bagno luminoso, con la vasca. La camera da letto con un armadio. Un cucinino col minimo indispensabile.
Soul, ad ogni passo, riacquistava le forze e il buon umore.
“Ce l’ho fatta, nonostante tutto”
L’appartamento era piccolo, essenziale, ma lo sentiva: era “casa”.
 

Soul si girò sorridendo grato verso la donna che lo aspettava, accomodata sul piccolo divano.
<< E’ perfetto direi, grazie mille >> Il ragazzo ora voleva solo disfarsi della donna il più in fretta possibile, farsi una doccia e una dormita di quelle che duravano anni. E l’indomani sarebbe iniziata la sua grandiosa vita da “scapolo”. Continuò a fissare la donna, sperando che capisse il messaggio sottinteso che quelle parole racchiudevano.
<< Bene bene pasticcino, ora passiamo alle cose serie >>  
Evidentemente no, non aveva capito l’antifona.
La donna si alzò,ancheggiando sensuale verso di lui, scoccando scintille dagli occhi, leccandosi le labbra peccaminose.
Il ragazzo si appiattì alla parete, confuso e spaesato, mentre Blair lo schiacciava contro la parete.
L’encefalogramma dell’albino divenne piatto e rischiò un infarto, quando la donna prese a succhiargli e mordicchiargli la giugulare, mentre le sue mani esploravano il petto del ragazzo, dirigendosi sempre più verso sud.
Soul spalancò gli occhi, quasi risvegliandosi dal torpore che l’aveva avvolto fino allora: ghignò malizioso, staccandosi da Blair.
“Bene bene bene. Ottimo modo per battezzare la casa”
Prese la donna per i polsi e capovolse la situazione, sbattendo Blair alla parete con malagrazia, mentre questa si lasciava sfuggire un gemito simile ad un miagolio.
L’albino si lanciò sulle sue labbra, vorace, mentre le sue mani correvano verso l’orlo della maglietta aderente della donna, cercando di sollevarla. Cosa quasi impossibile visto che, dal canto suo, Blair stava trafficando per aprire la zip dei suoi pantaloni: continuava a sfiorarlo,provocandogli cascate di brividi sulla schiena, e Soul non era neanche sicuro che la donna lo facesse ingenuamente.
“Be’, se è la guerra quella che cerchi…”
Soul lasciò perdere la maglia di Blair e si dedicò alla sua gonna, alzandogliela sui fianchi bruscamente: prese poi la donna per le spalle e la girò, risbattendola al muro, questa volta di spalle. Il ragazzo fece aderire il suo corpo sulla schiena di lei, intrappolando contemporaneamente i polsi della ragazza con una sola mano, sopra le loro teste. Con l’altra mano scese invece lentamente, soavemente, a stuzzicare le mutandine di quella gatta assatanata, già completamente inzuppate. Soul sogghignò, appoggiando il palmo aperto della sua mano sulla femminilità di Blair, assaporando il sussulto che colse la donna e il lamento di piacere che gli morì sulle labbra, per poi…

Biiip biiip bi-biiiip

I tentativi di approfondire la conoscenza dei due furono messi a tacere dal cercapersone dell’amministratrice, che si staccò di malavoglia, ansimando, dalla parete. Blair si sistemò i vestiti, controllando l’ora, mentre emetteva un miagolio insoddisfatto.
<< Uh-oh, Soul-kun, sono in ritardo per il mio prossimo appuntamento! >>
La donna si sistemò i capelli, recuperando la borsetta e avviandosi alla porta, sempre sculettando.
<< Pasticcino, dovremo aspettare un’altra volta per mangiare… il dessert >> Lo guardò con occhi felini, carichi di promesse erotiche, accennando alla sua virilità, ancheggiando fuori casa.
La porta si chiuse alle sue spalle, mentre Soul si accasciava per terra, aderente al muro, il respiro pesante.
Il ragazzo sbuffò, guardandosi i pantaloni divenuti improvvisamente stretti.
“Ho proprio bisogno di una doccia. Fredda, possibilmente”
 

***
 

Era ormai sera, Soul si era fatto la famosa doccia, aveva ordinato e mangiato cinese in solitaria, seduto sul tavolo della cucina, guardandosi intorno soddisfatto.
Aveva poi chiamato Tom, scusandosi per essere sparito e glissando abilmente le domande del cugino per quel che riguardava la sua gentilezza verso Maka.
Oh, Maka.
Non se l’era certo scordata. E come avrebbe potuto? Era andato tutto di male in peggio da quando l’aveva incontrata. Se aveva capito una cosa in vita sua, era che le persone non sono mai quello che sembrano.
E Maka aveva l’aspetto di un angelo ma, se guardavi bene, da vicino, potevi  scorgere due piccole cornina nere che spuntavano da sotto i suoi ciuffi biondi.
Soul aveva anche sistemato i quattro vestiti che gli rimanevano, ripromettendosi di andare il più presto possibile a fare shopping. Come poteva essere cool avendo solo 4 maglie e 2 pantaloni? Non ci voleva neanche pensare.
L’ultima cosa che doveva fare era trovare un posto dove appendere il suo poster di Scarface: gironzolò un po’ in giro per casa, chiodi, martello e la foto in mano, osservando perplesso le pareti. Non c’era un posto che lo soddisfacesse.
Arrivò in quella che, da quel giorno in avanti, sarebbe stata camera sua: sopra la testiera del letto, svettava il disegno stilizzato di un dragone, che occupava tutta la parete.
D’altronde, se la casa costava poco di affitto, c’era un motivo.
“L’inquilino precedente doveva essere una specie di artista” rifletté Soul, guardando con occhio critico lo schizzo “Non è malaccio, potrei anche lasciarlo”.
Abbassando lo sguardo, Soul adocchiò un piccolo spazio vuoto proprio sotto il dragone, all’altezza del suo petto.
“Massì, un posto vale l’altro, in fin dei conti” L’albino scrollò le spalle, sbuffando, mentre iniziava ad armeggiare con chiodo e martello.
Picchiettò delicatamente sulla testa del chiodo, appoggiandolo al muro, ma quel piccolo pezzo di ferraglia non voleva saperne di entrare.

Aggrottando un sopracciglio, Soul martellò il in maniera più decisa.
tum tum tum
 Continuò a picchiare, sempre più duramente.
TUM TUM TUM
Niente.
Il giovane, spazientito, caricò il martello al massimo, abbattendolo sul chiodo con un colpo poderoso, degno di Thor.
Il pezzo di ferro rimase finalmente al suo posto.
“Ecco, con le buone si ottiene tutto”
L’albino sorrise, soddisfatto, appoggiando il martello e osservando la sua opera, le braccia appoggiate ai fianchi.
All’improvviso qualcosa prese a tremare, sempre più forte, sempre più prepotentemente.
Soul si guardò intorno, spiazzato, cercando di capire l’origine di quel rumore.
Il chiodo che aveva appena fissato crollò a terra, portandosi dietro mezza parete.
Calcinacci, cartongesso e pezzi di cemento piovvero ai piedi dell’albino, mentre un gran polverone imbiancava l’aria.
Con gli occhi lacrimanti e i polmoni in fiamme, l’unico pensiero arguto che il ragazzo osò formulare fu
 “Oh cazzo”
Qualche minuto e qualche attacco di tosse dopo, la polvere si posò al suolo, consentendogli di distinguere il vasto soggiorno che si apriva al di là della voragine che aveva appena creato. L’appartamento che si intravedeva era molto più grande del suo, e ben arredato.
Sudando freddo, Soul si affacciò in quella specie di porta, cercando di trovare le parole giuste per scusarsi di quel disastro.
Ma non era preparato a quello che si trovò davanti.
 
Il suo peggiore incubo.
 
Il suo peggior incubo, biondo, seduto sul divano a leggere un tomo alto almeno 15 centimetri.
 
Maka alzò lo sguardo dal suo libro, fissandolo sgomenta a bocca aperta.
Il sorriso di scuse appena accennato sulle labbra dell’albino si trasformò subito in un ghigno di sfida, malizioso e malefico al tempo stesso.

Non avrebbe chiesto scusa, oh proprio no.
<< Ehilà vicina! Mi stavo proprio chiedendo se avevi un po’ di zucchero da prestarmi >>
Soul guardò la bionda farsi ancora più impietrita, e capì che poteva farcela.
Il destino gli stava offrendo la sua vendetta su un piatto d’argento.
“Finalmente la fortuna gira”
 L’albino fece l’occhiolino alla ragazza.
 
“Apocalisse. Sarò la tua apocalisse”
 





 
                                                                                                                                                                  ANGOLO SCUSE
Pardonnez-moi per la scena un po’ spinta, non so da dove sia uscita né chi l’abbia scritta D:
A parte le battute, il primo abbozzo vedeva un Soul in difficoltà davanti ad una Blair molto osè, solo che non mi sembrava in linea con il personaggio, visto che Soul ha la sua reputazione da sciupafemmine da difendere…. Se qualcuno ha lamentele o consigli o altro, I’m here for you! :)
SilverSoul :)
  
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