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Autore: Darkness_Angel    12/09/2014    12 recensioni
Sono passati quasi vent'anni da quando Gea è stata sconfitto e Percy ed Annabeth sono ritornati a casa.
Aibileen è la più piccola di casa Jackson e la sua vita non è affatto facile, anche se non per gli stessi motivi dei suoi fratelli, Lilia e Lucas.
La loro vita si complicherà quando sii ritroveranno catapultati in un impresa che metterà a dura prova loro e il loro rapporto. Tra vecchi e nuovi nemici ed amici, riusciranno i fratelli Jackson a concludere l'impresa e a salvare la loro famiglia?
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Nella storia non ci sono spoiler sulla conclusione della saga, potrebbero essercene qua e là solo per chi non ha ancora iniziato a leggere la saga degli Eroi dell'Olimpo.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annabeth Chase, Nuova generazione di Semidei, Percy Jackson, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Generazioni '
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Come promesso ecco l'Epilogo, e pubblicato entro Venerdì nonostante le mille cose che ho avuto da fare :D Voglio un applauso!... Scherzo :P
Allora, con questo la storia si concluderà, spero che vi piaccia, ci sentiamo in fondo per gli ultimi saluti e una piccola notizia :)
Mi scuso in anticipo per eventuali errori nei tempi verbali, ma devo ancora un po' impratichirmi :)
Buona Lettura.

 

Epilogo


 Esco dal portone del piccolo palazzo nel quale vivo con altre tre ragazze che vanno tutte alla mia Università, il sole autunnale che brilla su New York mi scalda il viso.
Mi stringo nel cappotto blu scuro, che sembra quasi nero, e mi incammino per il viale alberato. L’autunno è arrivato da tre settimane, gli alberi sono tutti rossi, gialli e arancioni, le persone iniziano ad indossare i primi cappotti ma il caos che regna per le strade di New York è sempre lo stesso. Tiro fuori l’Ipod dalla borsa e mi infilo le cuffiette, scorro velocemente le playlist stando attenta a non scontrare le altre persone che camminano sul mio stesso marciapiede ma in direzione opposta alla mia, trovo la playlist che cerco, tutti gli album degli Imagine Dragons raccolti in un'unica playlist e ordinati per anno e ordine alfabetico, è quello che ci serve per incominciare una bella giornata.
Gli Imagine Dragons erano il mio gruppo preferito di quando ero ragazzina e lo rimangano tutt’ora, non mi importa se la loro fama è svanita leggermente, loro hanno debuttato nel 2012 e sono passati molti da allora, ma erano uno dei gruppi che papà ascoltava sempre quando eravamo in casa, ci sono dei bei ricordi legati alle loro canzoni.
Seguo la massa di gente che si inoltra nella metropolitana e mi dirigo a prendere il treno che va verso il centro di New York e poi verso Manhattan, oggi non ci sono lezioni all’Università e così ho deciso di andare a trovare i miei genitori.
Il treno arriva dopo pochi minuti, le porte si aprono con un leggero dling, che sento a malapena con le cuffie nelle orecchie.
Salgo sul vagone pieno di gente e riesco a trovare un posto libero per sedermi vicino ad una donna anziana che tiene in grembo una grande borsa a fiori fatta ai ferri e guarda male due ragazzi che stanno amoreggiando, fregandosene degli altri passeggeri, in un angolo del treno.
Mi siedo e tiro fuori il libro di Diritto Romano, tanto vale approfittarne e ripassare un pochino prima dell’esame di Giovedì, non credete che giri sempre con il libro di Diritto in borsa, ma sapendo che mi aspettava un viaggio un po’ lungo e, avendo un esame a meno di una settimana, ho pensato che era meglio “cogliere l’attimo”.
Sorrido come una sciocca pensando alla mia stupida battuta e mi rituffo nel libro che è metà in latino e metà in Inglese, naturalmente ho più problemi con l’Inglese che col latino, ma con gli anni la mia dislessia è migliorata di molto, o non avrei mai deciso di fare giurisprudenza.
Mamma e papà rimasero sconvolti quando gli dissi che avrei scelto legge invece di qualche Università più leggera che mi avrebbe garantito un lavoro senza troppo studio.
Circa ogni due fermate controllo a che punto sono del tragitto, la lucina verde che illumina i pannelli con le fermate avanza lentamente informandomi che mi mancano ancora una decina di fermate prima di quella più vicina alla mia vecchia casa.
La metro si riempie sempre di più man mano che ci avviciniamo al centro, quando mi mancano solo tre fermate alla mia, ripongo il libro e lascio il posto ad una signora con un bambino di due anni addormentato in braccio, la donna mi ringrazia e poi si siede sistemando il berretto di cotone sulla testolina del bambino.
La lucina verde e la voce elettronica, che si espande per il vagone, mi avvertono che la prossima fermata è la mia, mi faccio largo tra le persone e quando gli sportelli si aprono seguo l’onda di gente che si riversa fuori.
Salgo velocemente le scale e mi ritrovo nell’aria fumosa di Manhattan, la strada sempre sveglia alle mie spalle e davanti a me una sfilza di palazzi non tanto alti di un beige sporco.
Percorro il marciapiede guardando i numeri dei portoni, anche se in realtà non mi servirebbe, conosco quella strada a memoria, l’ho percorsa per ben diciotto anni della mia vita.
Quando arrivo davanti al portone spengo l’Ipod e mi levo le cuffie, alla mamma non piace se arrivo con le cuffie nelle orecchie, mi sembra già di sentirla “Non hai più sedici anni, ora sei adulta!”
Sospiro e ripongo tutto nella borsa, la macchina dei miei è parcheggiata davanti a casa, quindi loro ci sono, salgo i cinque scalini che mi separano dalla porta e poi suono il campanello tre volte, due minuti dopo la porta si apre -  Ma guarda chi è venuta a trovarci  - mi sorride mio papà scostandosi per farmi entrare -  Ciao papà, come stai?  - gli chiedo abbracciandolo e lasciandogli un bacio sulla guancia -  Come al solito, non mi lamento  - mi risponde con un alzata di spalle mentre chiude la porta, io rido e mi levo la sciarpa e il cappotto appendendoli, in casa fa caldo.
-  La nostra avvocatessa è venuta a trovarci?  - mi accoglie mia mamma sorridendomi
-  Quasi avvocatessa  - la correggo andandole incontro e abbracciandola.
Mia madre si scosta, mi sorride e mi lancia una rapida occhiata per controllare come sono conciata: Capelli corti a caschetto, camicia a quadri azzurra e blu, un paio di jeans blu scuro e ai piedi un paio di converse nere, mia madre annuisce quasi impercettibilmente e torna a fissarmi negli occhi.
-  Allora, come vanno le cose? E’ da un po’ che non ti fai sentire  - mi ricorda mentre andiamo tutti e tre in cucina.
Sospiro, lo sapevo che mi avrebbe fatto sentire in colpa per non averla chiamata prima -  Ho avuto molto da fare mamma  - le spiego mentre ci sediamo al tavolo
-  Lo so’, lo so’, sempre di fretta voi giovani  - scherza sorridendomi -  raccontami; all’Università tutto bene? E con Jess?  -
Ed ecco che inizia l’interrogatorio, prima che inizi a raccontare papà mi chiede se mi va qualcosa da bere -  Ve bene del The  - gli rispondo sorridendo, la mamma dice che va bene anche per lei e poi papà prepara il bollitore.
La mamma è seduta di fronte a me e mi sorride impaziente di sapere -  All’Università tutto bene, Giovedì prossimo ho un esame di Diritto Romano, ma non mi preoccupa  - inizio
-  Sai che se hai problemi puoi sempre chiedere a Jason, Frank o ad Hazel - mi ricorda
-  Lo so’ mamma, ma non ne ho  - la rassicurò
-  E invece con Jess? Va ancora tutto bene?  -
Arrossisco leggermente e annuisco, io e Jess siamo fidanzati da quasi quattro anni ormai, lui è un anno più grande di me e lavora già per uno studio legale -  Si, ci siamo visti l’altro giorno  - le dico -  Mi ha fatto una sorpresa ed è venuto a prendermi al campus per poi portarmi fuori a cena -
A mia madre luccicano gli occhi, Jess le piace tanto è un bravo ragazzo ed è gentile sia con me che con loro, non è un mezzosangue però l’ha presa bene quando gliel’ho detto, anzi, sembrava eccitato.
-  E’ un ragazzo d’oro  - commenta annuendo -  proprio da sposare  - arrossisco al suo commento.
Mio papà scoppia a ridere e ci serve il the per poi sedersi tra me e la mamma -  Non dar retta a tua madre, te lo sta dicendo solo perché vuole avere presto dei nipoti da viziare  - la punzecchia, mia madre gli da’ un leggero colpo sul braccio e ride.
-  Certo, perché sono l’unica che li vuole, vero Testa d’Alghe?  - gli chiede inarcando un sopracciglio, papà non risponde e si rifugia nel suo the.
Nonostante ormai abbiano più di cinquant’anni continuano a trattarsi come se fossero ancora ragazzini, però non sono più l’Annabeth Chase e il Percy Jackson che sconfissero Gea.
La mamma si vede che è invecchiata, porta sempre i capelli lunghi raccolti in una coda ma adesso non sono più biondi, iniziano a sbiadire verso il bianco, qualche ruga le è iniziata a venire sugli zigomi quando sorride e adesso porta gli occhiali.
Anche papà è invecchiato, i capelli una volta neri adesso sono sale e pepe, incomincia ad avere delle rughe agli angoli degli occhi e tiene sempre una leggera barba, anche quella più grigia che nera, che quasi non si vede ma che gli conferisce un aspetto più saggio, anche lui ha gli occhiali.
Beviamo il the e nel frattempo la mamma e papà mi aggiornano su quello che si dice in giro; Sammy e Reyna sono entrati ormai da un paio di anni nella legione e lei punta a prendere il posto del padre come pretore, i suoi due fratelli più piccoli, invece, stanno ancora studiando: uno per diventare psicologo e l’altro per diventare professore.
Hope ha aiutato per un po’ i suoi genitori all’officina ma poi è partita per la Germania per iniziare un corso di lingue straniere; l’ultima volta che lo vista parlava già Greco, Latino, Spagnolo e un po’ di Tedesco.
Charlie, il primo figlio di Clarisse, studia economia, mentre invece sua sorella più piccola, Silena, ha deciso che, raggiunta l’età giusta, si arruolerà.
-  E Nico?  - le chiedo, è l’unico di cui non mi abbia ancora parlato
-  Sta bene, vive a Nuova Roma con Maria  - mi risponde
Annuisco, mi ricordo di quando Nico è sparito per tre anni per poi riapparire con una bambina, Maria Bianca di Angelo, che aveva un anno; nessuno sa’ chi sia sua madre e lui non apre bocca su quello che è accaduto in quei tre anni di assenza.
-  In conclusione stiamo tutti bene  - dice papà sospirando
-  Vero, quest’Estate pensi di venire al Campo?  - mi chiede mia madre speranzosa
-  Non lo so’, devo parlarne con Jess  - le rispondo, mi piacerebbe che il mio ragazzo conoscesse appieno il mio mondo, ma non vorrei spaventarlo.
-  E Lucas, sta bene?  - mi chiede la mamma con un po’ di ansia
Annuisco, Lucas è peggio di me, non chiama quasi mai a casa e lui abita a Seattle non a venti fermate di metro da mamma e papà -  Sta bene, l’ho sentito un paio di giorni fa  - la rassicuro.
C’è un momento di silenzio e poi papà mi sorride -  Che programmi hai per oggi? -
Lo guardo, sa’ che programmi ho per oggi, ma so’ che gli fa piacere sentirmelo dire -  Volevo approfittarne per andare a trovare Aibi  - gli spiego con un sorriso triste
La mamma annuisce -  Noi ci siamo andati una settimana fa  - aggiunge la mamma prendendo una sorsata di the.
Parliamo ancora un po’ del più e del meno, la mamma mi fa vedere qualche foto degli altri ragazzi e poi viene l’ora di andare -  Mi raccomando Lilia, ricordati di telefonare ai nonni  - mi ricorda mia madre mentre mi sto infilando il cappotto -  Lo faccio sta sera appena torno a casa  - la rassicuro. Mia madre mi mette la sciarpa al collo e mi fissa -  Tutti i nonni  - sottolinea seria
Rido -  Ho capito mamma, mortali e immortali  - lei mi sorride e poi mi da’ un bacio sulla fronte.
-  Allora io vado  - dico mettendomi la borsa a tracolla
-  Va bene, stai attenta e salutaci Aibi  - mi raccomanda mia madre stringendomi e lasciandomi un altro bacio -  Si mamma  - la tranquillizzo, poi mi avvicino a papà che mi stringe e mi da’ un bacio sulla testa -  E stai lontana da tutti quelli che ti possono sembrare mostri  - mi ricorda ammonendomi con un dito, scoppio a ridere e poi gli rispondo -  Va bene  -.
Ci abbracciamo ancora una volta, poi la mamma mi apre la porta e io esco in strada, mi fa uno strano effetto vederli tutti e due sulla soglia che mi salutano, li saluto con la mano e poi mi avvio per la strada, so’ che la porta si richiude solo quando non sono più in vista.
Per arrivare da Aibileen mi conviene prendere l’autobus che mi lascia subito lì davanti, invece della metro che mi lascia un isolato più avanti costringendomi a fare della strada a piedi.
L’autobus è pieno di gente, passo tutto il viaggio in piedi ma è questione di una ventina di minuti e poi sono arrivata, non mi sono nemmeno rimessa le cuffiette.
L’autobus si ferma ed io, insieme ad un paio di altre persone, scendiamo davanti agli imponenti cancelli di ferro battuto nero, che a quell’ora sono aperti.
Entro dentro e percorro il sentierino acciottolato finché non la vedo, come sempre vicino alla quercia circondata da qualche foglia secca.
Accelero il passo e attraverso il prato sino a raggiungerla e mi metto di fronte a lei, le sorrido e mi stringo nel cappotto mentre sento il cuore mandarmi una leggera fitta -  Ciao Aibi  -
La pietra grigia e fredda non mi risponde, però lei è lì che mi sorride come sempre, spazzò un po’ di foglie dal terreno e poi mi siedo davanti alla lapide -  Ho novità  - le dicco sorridendo.
Aibileen è morta sei anni fa, dopo più di un anno di malattia.
Aveva incominciato a stare male nell’autunno dei suoi tredici anni, prima è diventata asmatica e dopo sei mesi il cuore aveva iniziato ad indebolirsi.
Per i primi tempi aveva tirato avanti, certo, non poteva più fare allenamenti intensivi o sforzi eccessivi però non era un problema per lei, aveva continuato a venire al Campo come se niente fosse; poi però si è aggravata, le visite all’Ospedale si sono fatte sempre più frequenti e il dottore le aveva prescritto una terapia che serviva per rafforzarle il cuore e i polmoni.
Sembrava funzionare, le sue condizioni erano migliorate tanto che mamma e papà le diedero il permesso di andare al Campo anche l’estate dopo, lei era entusiasta, però la mattina della partenza si sentì male, iniziò ad avere dei dolori al petto e a non riuscire a respirare, corremmo in Ospedale e la riportarono indietro per un pelo, per un momento pensammo che ci avrebbe lasciato in quel momento.
La diagnosi era chiara, cuore e polmoni erano “consumati”, prima di arrivare al trapianto, però, si poteva cercare di rinforzarli un po’ e magari vedere se riuscivano a riprendersi da soli, così Aibi tornò a casa con un’altra terapia da fare e l’assoluto divieto di fare qualsiasi sforzo che non fosse camminare.
Capimmo in seguito che la colpa delle sue condizioni di salute era dovuta all’uso dei poteri da figlia di Poseidone, quando li usava la stancavano molto, una persona normale che non aveva mai avuto niente, come papà, si sarebbe ripreso nel giro di qualche ora, ma visto quello che aveva avuto da piccola, il cuore e i polmoni già precari, non avevano retto.
La mamma e papà dissero a me e Lucas che se volevamo potevamo andare al Campo, sarebbero rimasti loro con Aibi, ma noi non volevamo lasciarla, avevamo il terrore che avrebbe potuto lasciarci da un momento all’altro.
Una mattina però Aibi era venuta e ci aveva ordinato di andare al Campo, tanto non cambiava nulla se rimanevamo lì con lei a tenerle la mano oppure no, e così partimmo.
Aibileen superò l’Estate, però continuava a non migliorare e lei iniziava a stufarsi di rimanere chiusa in casa, voleva tornare a scuola e riprendere a studiare, quell’anno avrebbe compiuto quindici anni e lei voleva continuare la sua vita.
Tra mamma, papà e i nonni riuscimmo a districarci e organizzarci in modo da andarla a portare e riprendere da scuola, nel frattempo io e Lucas ci iscrivemmo al college, due diversi, visto che io ero intenzionata a fare legge e lui medicina, Aibileen disse a Lucas che presto lo avrebbe raggiunto perché anche lei voleva diventare medico.
Continuammo con la nostra vita, noi a fare avanti e indietro dal College ed Aibileen che studiava per poter chiudere in bellezza l’anno.
Quel giorno ero appena uscita dal Campus per tornare nella mia camera, quando ricevetti la chiamata della mamma che mi diceva che avevano portato Aibi a fare un controllo e che il dottore aveva deciso di ricoverarla.
Presi subito un taxi e dopo un’ora li raggiunsi in Ospedale, trovai Aibi che rideva con papà, mia sorella non ha mai perso il sorriso, mi disse ridendo che finalmente avevano deciso di cambiarle i pezzi rotti.
Rimasi un attimo spaesata, la mamma mi spiegò che il dottore aveva visto che la cura non funzionava e che quindi era meglio intervenire e fare i trapianti; prima quello del cuore, che era quello più mal messo, e in un successivo momento quello dei polmoni che per ora reggevano.
Passò in Ospedale otto mesi, andavamo a trovarla a turno, compì quindici anni e si fece portare dalla mamma la domanda di iscrizione per l’anno successivo. Io e mio fratello facevamo a turno per andarla a trovare il più possibile, le portai a conoscere Jess e lei mi diede la sua approvazione, forse è anche per questo che mi sento così sicura su di noi, Aibi non sbagliava mai.
Una volta che eravamo sole mi disse che si sentiva un po’ come Festus, adesso era rotta e non funzionava bene, ma appena le avrebbero trovato i pezzi di ricambio sarebbe stata bene e avrebbe volato ancora più veloce di prima.
Me lo ricordo come se fosse ieri, il tre Aprile ci dissero che avevano trovato il cuore compatibile e che due giorni dopo l’avrebbero operata.
Mamma e papà si rilassarono un po’, da quando Aibi si era ammalata vivevano costantemente nell’ansia, penso che sia stato in quel periodo che sono invecchiati di botto.
Il giorno prima dell’operazione eravamo tutti e quattro in ospedale, Aibi era un po’ agitata ma allo stesso tempo non vedeva l’ora che fosse finita, noi eravamo tranquilli e felici, quel patimento sarebbe finito presto e Aibi sarebbe ritornata la bella ragazza che era, riprendendo colore e facendo sparire le occhiaie che le cerchiavano gli occhi, oltre che a riprendere un po’ di peso.
All’ora di pranzo la salutammo tutti per andare a prendere qualcosa da mangiare alla mensa dell’Ospedale, lei ci salutò con un sorriso.
Pensavamo che ormai il peggio fosse passato, che la salita fosse finita che ormai sarebbe stato tutto in discesa o almeno pianeggiante, ma le tragedie ti colgono proprio quando pensi che vada tutto bene.
Eravamo seduti ad un tavolino che finivamo di mangiare quando arrivò il dottore che seguiva Aibileen e ci chiamò.
Aveva una faccia scura e ci sorrideva comprensivo, pensammo che ci fosse stato un disguido, che il cuore non sarebbe arrivato, ma nessuno pensò a quello che ci disse dopo.
Ci portò nel suo studio, ci chiese se volevamo sederci ma la mamma gli urlò contro di dirci cos’era successo, lui sospirò e ce lo disse.
Aibileen aveva avuto un collasso, il cuore aveva smesso di battere all’improvviso e subito dopo avevano iniziato a smettere di funzionare anche i polmoni, avevano provato a rianimarla ma non era servito a nulla, se n’era andata, Aibileen era morta.
La mamma si era portata le mani al viso ed era caduta a terra in ginocchio iniziando a piangere disperata ripetendosi che non poteva essere vero, che doveva essere tutto un incubo, papà le si era messo di fianco e l’aveva stretta mentre lei piangeva e lui con lei, anche se più silenziosamente.
Io e Lucas eravamo rimasti immobili, pietrificati dalla notizia, ci mettemmo un minuto buono per assimilare la cosa, la nostra sorellina non c’era più.
Ci abbracciammo e incominciammo a piangere anche noi, dopo qualche minuto ci sentimmo abbracciare, mamma e papà si erano alzati e ci avevano stretto, adesso piangevamo tutti e quattro insieme, dovevamo rimanere uniti adesso più che mai.
I giorni seguenti passarono veloci, tutti ci stettero molto vicini come per altro avevano fatto per tutto il tempo in cui Aibi era stata male.
Passammo delle giornate d’inferno, dovemmo svuotare la sua camera, mamma e papà che non piangevano solo perché c’eravamo noi, ma di notte sentivo la mamma che piangeva e papà che cercava di calmarla, invano.
I giorni passarono, ci fu il funerale a cui parteciparono tutti, anche Atena e Poseidone si presentarono, sembravano anche loro distrutti.
Decidemmo di fare la cerimonia al Campo quell’Estate, prepararono un bellissimo drappo verde con ricamato sopra un tridente con una civetta appollaiata sopra e noi lo bruciammo, dopo la cerimonia Nico ci si avvicinò con la piccola Maria che camminava a malapena e ci disse che suo padre ci aveva concesso di vedere Aibileen, ma che serviva ancora il permesso di Ecate.
Parlammo con Nathaniel, il migliore amico di Aibi e credo non solo migliore amico, non che figlio della Dea, ci disse che per sua madre non c’erano problemi e ci raccomandò di salutarla da parte sua.
Quello stesso pomeriggio Nico ci accompagnò sulle rive dello Stige e lì la vedemmo, era molto più umana di quello che mi aspettavo, era a colori e non un fantasma bianco, rideva.
Mi ricordo che provai una rabbia incredibile e le gridai -  Perché ridi?! Aibi sei morta!  -
Lei era scoppiata a ridere ancora di più,  mi aveva asciugato le lacrime di rabbia e mi aveva detto -  Non provare pietà per i morti, Lilia, prova pietà per i vivi e soprattutto per coloro che vivono senza amore  -
La rabbia si era trasformata piano piano ed ero scoppiata a ridere, l’avevo abbracciata, era fredda.
Ci disse che stava bene, che per qualche ragione l’avevano mandata nei Campi Elisi ma che ci passava poco tempo perché girava per tutto l’Ade facendo commissioni per Ecate; la Dea era gentile con lei ed era anche merito suo se aveva quella forma più umana. Rassicurò la mamma che se la cavava e che, comunque, nei Campi Elisi aveva incontrato Charlie e Silena, che non avevano deciso di rinascere ma vivevano tranquilli insieme, li salutavano.
La mamma sembrava rassicurata e anche papà, ora sapevano che la loro bambina stava bene, era solo come se si fosse trasferita e fosse andata ad abitare vicino a dei loro amici.
Parlammo ancora un po’ del più e del meno, lei ci disse che probabilmente non ci saremmo più rivisti perché  aveva da fare e, anche se Nico l’avesse evocata, lei non sarebbe venuta.
Ci disse però che, essendo ancella di Ecate, poteva muoversi abbastanza liberamente tra gli inferi e i cimiteri e che quindi, se fossimo andati a trovarla alla sua tomba, lei sarebbe stata lì.
Arrivò il momento dei saluti, ma in qualche modo non fu un addio. In quel momento non lo sapevamo, ma l’avremo rivista presto anche se in circostanze tutt’altro che belle.
Eravamo felici e il nostro cuore era in pace, lei stava bene ed era contenta.
Prima di sparire la abbracciammo a turno, le dicemmo che Nathaniel la salutava, lei ci disse di risalutarlo, poi si era girata verso Nico, sorridendo, e gli aveva detto -  Lei sta bene  -
Il figlio di Ade aveva annuito e sorriso, poi Aibi aveva sospirato ci aveva salutato dicendo che doveva andare e portare a spasso Ecuba ed era sparita.
Noi eravamo tornati a casa, Aibi ci mancava e continua a mancarci, ma adesso sappiamo che sta bene e questo ci basta.
Lucas si è trasferito a Seattle dopo il college, mi ha confessato che studierà medicina per impedire che altre persone muoiano come è successo ad Aibi, penso che lui sia quello che ha sofferto di più per la sua morte, ha sperato per sedici anni che se ne andasse e credo che si incolpi un po’, però a Seattle ha la sua vita e, fortunatamente, noi ne facciamo ancora parte.
Seduta davanti alla lapide aggiorno Aibi su tutte le novità, non la vedo ma me la immagino seduta sulla pietra a gambe incrociate che ride e mi sorride.
Non è difficile immaginarmela, la sua immagine è ancora viva nella mia mente, principalmente perché mi manca tantissimo ma, soprattutto, per quello che è successo qualche anno fa.
Il cellulare mi vibra nella tasca del cappotto -  Scusa un secondo  - le dico guardando il display, è un messaggio da Jess, mi dice se a pranzo sono libera, mi deve dire una cosa importante, gli rispondo di si e poi ripongo il cellulare.
-  Era Jess, dice di volermi dire una cosa importante…. Appena so’ ti dico  - la rassicuro.
Guardo l’ora, è meglio che vada se voglio darmi una sistemata prima di incontrare Jess.
Sorrido e accarezzo la collana con le perle del campo e mi soffermo su quella dell’Estate in cui abbiamo salvato i nostri genitori -  Ci vediamo presto piccola mortale  -
Accarezzo la ninfea davanti alla lapide e questa si schiude rivelando il suo nome, so’ che le piace vederla aperta. Mi alzo e, prima di andare via, do ancora un occhiata alla lapide e le sorrido, ed è come se Aibi fosse lì e mi stesse sorridendo ancora una volta.
 
 
Fine
 
Ed eccoci qui, giunti alla fine della FanFiction.
Spero che l'Epilogo vi sia piaciuto e spero che nessuno mi odi per come ho deciso di concludere la storia XD
All'inizio questo Epilogo era nato per concludere tutto del tutto ma, dopo che qualcuno di voi mi ha detto che gli sarebbe piaciuto leggere un Sequel ( cosa che mi ha mandato in estasi, non pensavo che questa Ff potesse piacere così tanto), allora l'ho dovuto modificare un pochino ;D
Non so' quando pubblicherò un supposto sequel ma, se mai lo farò, sarà ambientato dopo la morte di Aibi ma prima di questo Epilogo e forse sarà un Crossover... ma non c'è ancora niente di deciso :D
Per il resto ringrazio tutti quelli che mi hanno accompagnato in questa avventura, leggendo e recensendo. Spero di ricevere presto le vostre recensioni su questo capitolo e il vostro parere riguardo ad un sequel.
Direi che per ora è tutto; Non sparirò, sentirete ancora parlare di me Muahaha :D
Un abbraccio,
Darkness_Angel.

p.s: se vi va di fare un salto questa è la mia pagina su Fb :)
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