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Autore: miatersicore23    14/09/2014    3 recensioni
Alternative Universe/ Tutti umani.
Damon ed Elena si conoscono da una vita. Sono cresciuti insieme, si sono amati e si sono fidanzati. Poi, come molte storie, tutto finisce, ma a sei mesi dalla loro rottura, un incidente cambierà completamente le loro vite.
Dal secondo capitolo:
Elena. Collego quel nome alla frase “è caduta tra le scale” e mi preoccupo terribilmente. Spintono circa una decina di ragazzi per ritrovarmi in prima fila nel semicerchio che circonda la fine della scale e che circonda il corpo privo di sensi di Elena. Caroline è accucciata e le accarezza preoccupata il volto. Dietro di lei, mio fratello è al telefono per chiamare il pronto soccorso.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caroline Forbes, Damon Salvatore, Elena Gilbert, Isobel Flemming, Vicki Donovan | Coppie: Damon/Elena
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Il cuore chiede e la mente risponde

 
Ballo. Ballo, cercando di immischiarmi tra la gente già ubriaca. Bevo un sorso di birra scadente e mi pento amaramente di non essere rimasto a casa a sorseggiare il mio Bourbon preferito. Vicki però ha insistito e lei, quando fa quella cosetta con la lingua, riesce ad ottenere qualsiasi cosa voglia. Non la vedo da un paio di minuti. Non appena siamo arrivati, non abbiamo perso tempo e abbiamo occupato una camera della casa della confraternita e ci siamo dati da fare. Il sesso tra di noi va alla grande, ma a volte mi sembra di capire che ci sia solo quello tra di noi. Poi ci sono quei momenti in cui si comporta da vera fidanzata ed è lì che capisco perché mi piace.

Vicki è allegra, solare e sa come vivere. Si lascia trascinare dalla mischia e vive alla giornata. Non programma mai nulla e non si fa né problemi, né paranoie. È bella Vicki e non so se sono innamorato di lei, come ero innamorato di Elena, ma lei mi piace. Mi piace molto.

Elena. Con lei credevo di poter passare il resto della mia vita, ma le cose non funzionano solo perché le vuoi. A volte non si è destinati a stare insieme e si rompe qualcosa. Ho provato ad andare avanti, a riparare ai guai che ho combinato. Abbiamo provato a far ritornare le cose come una volta. Abbiamo provato a chiederci scusa a vicenda. Perché abbiamo commesso errori entrambi, ma non ci siamo riusciti. Abbiamo sentito quel filo rosso, che prima ci legava, spezzarsi definitivamente.

L’ho lasciata, perché così nessuno dei due poteva andare avanti.

E due mesi dopo ho incontrato Vicki. Una bomba, in tutti i sensi del termine. Un’esplosione di vivacità e di allegria. Vicki ha riportato un po’ di colore nel grigio della mia vita. Senza di lei sarei caduto in un baratro e a questo punto sarei in un bar ad ubriacarmi, pensando ancora ad Elena. Non che adesso io non ci pensi a lei, ma il suo ricordo si sta lentamente affievolendo. Ritorna quando la rivedo per il campus, ma quando non c’è, tutto passa e posso dire finalmente di stare meglio.

Poi ad un certo punto la musica si affievolisce fino a cessare, dopo un urlo. Vicino alle scale si accalcano tutti i ragazzi. Io rimango in disparte, perché sinceramente non mi interessa l’ennesimo ragazzo che è svenuto per aver bevuto troppo.

Che cosa è successo? È svenuta? Sarà ubriaca o drogata? O cielo è caduta dalle scale! Presto chiamate un’ambulanza!

Queste sono le voci che continuano a ripetersi. Poi c’è ne è una particolare. Una piuttosto stridula, che io detesto di solito. Caroline.

-Oh mio Dio, Elena!

Elena. Collego quel nome alla frase “è caduta tra le scale” e mi preoccupo terribilmente. Spintono circa una decina di ragazzi per ritrovarmi in prima fila nel semicerchio che circonda la fine della scale e che circonda il corpo privo di sensi di Elena. Caroline è accucciata e le accarezza preoccupata il volto. Dietro di lei, mio fratello è al telefono per chiamare il pronto soccorso.

-Pronto? Ci serve un’ambulanza. Una ragazza è caduta dalle scale… siamo ad una festa in una confraternita della Berkeley… no, non credo che fosse ubriaca, so che lei è astemia… sì, è svenuta… non so se ha sbattuto la testa.

-Damon che è successo? – Mi giro e c’è Vicki che sembrava essere scomparsa. – Ma quella non è la tua ex?

Cinque minuti dopo arriva l’ambulanza e i paramedici portano Elena all’University Health Services, l’ospedale di Berkeley più vicino al campus. Caroline e Stefan seguono l’ambulanza e io decido di riaccompagnare Vicki a casa. Non so se raggiungere mio fratello in ospedale o farmi gli affari miei. Forse è meglio che entri anche io nell’appartamento di Vicki (luogo dove ho passato gli ultimi quattro mesi della mia vita) e riandarci a letto ancora una volta. Sì. Posso fare così e magari domani mattina potrei chiamare o mio fratello o la bionda per sapere come sta Elena.

Ma c’è quella parte di me che mi sta dicendo d correre da lei. Io, però, non sono più convinto di avere voce in capitolo nella sua vita. Il caso vuole che sia proprio Caroline a chiamarmi.

-Caroline. Elena sta bene o …

-Sì. Sì, lei si è svegliata. – La sua voce è fredda e allo stesso tempo incredula. Incredula? – Senti, adesso i medici la stanno visitando, ma ha chiesto di te. – Lei ha chiesto di me? Elena. Perché dopo tutto quello che è successo? – Lo so che voi due non vi parlate da praticamente sei mesi, ma lei ha insistito tanto e…

Si interrompe nel bel mezzo della frase. Sembra restìa a parlarmi, come se io non volessi raggiungerli, ma lei non sa che sono già entrato in macchina, pronto a partire. Davvero credono che dopo tutto quel tempo in cui io ed Elena stiamo stati insieme, non dovrei preoccuparmi.

-E che cosa, Caroline?

-Forse quello che sto per dire è una gran cavolata, ma ho un brutto, anzi no, ho uno strano presentimento. Lei mi è sembrata sorpresa di non vederti. Come se si aspettasse che tu fossi al suo fianco.

Ignoro i suoi brutti presentimenti e le sue insensate paranoie. Avrei ignorato tutto quello che dice, anche se ci fosse stata un fondo di verità. Forse perché l’importante adesso è che Elena si sia svegliata. Ma chi voglio prendere in giro. Il vero perché è che una parte molto profonda del mio cuore è grata a qualcuno. Lei appena si è svegliata ha chiesto di me. Io sono stato il suo primo pensiero. So che dovrei ignorare anche questa sensazione. Ora sto con Vicki e sono ancora convinto che con lei dovrei stare. Ciò non toglie che sto bene anche al solo pensiero di poter avere un posto nei pensieri di Elena.

Chiudo la chiamata con lei e in un batter d’occhio sono già alla reception dell’ospedale per chiedere di lei. Poi sono arrivato nel corridoio della sua camera e lì c’è Stefan che cammina avanti e dietro.

-Finalmente sei qui.

Allarga le braccia e mi viene incontro.

-Calma. Che cos’è tutta questa urgenza?

-Non lo so nemmeno io. È che Caroline è dentro con Elena ed è uscita ogni cinque secondi a chiedermi se eri arrivato. Sembra che Elena non voglia stare con nessuno, se non con te.

Rimango colpito da quelle parole. Devo ammettere che tutto ciò è molto anomalo, ma non mi voglio sbilanciare prima di aver visto Elena.

-Stefan, è arrivato Damon? – Una Caroline piuttosto ansiosa e irruente interrompe la nostra conversazione nel corridoio. Nel momento esatto in cui mi vede, il suo sguardo corrucciato va via. Le piccole rughe tra le sopracciglia scompaiono e lei emette uno sbuffo di sollievo. – Oh, meno male. Non la smette più di parlare.

Mi prende per mano e mi trascina nella camera. È bianca, completamente bianca. Tranne per la poltrona reclinabile che c’è di solito negli ospedali privati. Quella è beige. Perché non fare anche quella, bianca?

Elena è seduta sul letto e si massacra le mani, grattandosele continuamente. Non appena mi vede, il suo sorriso si illumina e copre tutto. Copre il colore del volto un po’ bianco. Copre la benda bianca che ha in testa e copre ogni cosa. Non posso fare a meno, nonostante tutto, di sorridere anche io. Cioè guardatela… non è bellissima? Credo che rimarrò per sempre assuefatto dalla sua bellezza.

-Damon! Finalmente sei qui.

Allunga le braccia verso di me. Sembra una bambina che reclama l’attenzione del suo papà. Io mi avvicino e l’abbraccio, ignorando quella strana sensazione molto analoga a quella di Caroline.

-Io vado a prendermi un caffè.

Dice quest’ultima, andandosene e lasciandoci soli.

-Stai bene? Ci hai fatto molto preoccupare. Ti ricordi quello che è successo?

-No. So solo che sono andata in bagno e poi più niente. Tu perché non eri qui? Dove eri andato?

È ansiosa. Sembra avere il fiato corto e sento stringere le mani attorno al bavero della mia giacca di pelle. Percepisco per un attimo il bisogno che ha di me. Devo ammettere di sentirmi lusingato di tutte queste attenzioni, dopo così tanto tempo, ma ancora non capisco questo comportamento.

-Elena, cerca di calmarti. Hai bisogno di riposare.

Cerco di farla stendere ma lei ritorna ad abbracciarmi.

-Ti amo, Damon. – Mi irrigidisco a quelle parole. Da quanto tempo Elena non mi dice di amarmi? Sono passati mesi, eppure quel calore che si irradia in tutto il corpo c’è ancora. Fa quasi male sentirle dire dopo tutto quello che ci è successo. Dannazione, Elena, che ti prende? – Vorrei andare a casa nostra.

Quella frase mi spiazza. Lei vuole andare a casa nostra. Non sua ma nostra. In questo momento credo di capire che c’è qualcosa che non va. Fisicamente vedo che lei sta bene, ma Elena si sta comportando come se tra noi non fosse successo nulla che ci abbia fatto lasciare. È calma ed è anche tranquilla alla mia presenza. Troppo tranquilla. In questi sei mesi ha cercato in tutti i modi di starmi lontana. Ogni volta che mi vedeva, anche ad un chilometro di distanza, lei se ne andava e spariva dalla circolazione e le cose non sono andate di certo meglio da quando ho iniziato ad uscire con Vicki. La mia attuale ragazza è, come dire, un po’ possessiva e non le va giù che io abbia passato gli ultimi quattro anni con una ragazza e che questa ragazza gira ancora libera nel college. Quindi nello stesso spazio in cui mi trovo io.

-Elena, piccola mia.

Isobel entra irruentemente nella stanza e non si risparmia l’occhiataccia di fuoco che ricevo e incasso silenziosamente. Non che abbia tutti i torti. Se prima mi detestava perché ero lo scansafatiche, fidanzato con sua figlia, adesso mi odia totalmente per essere l’ex stronzo scansafatiche che l’ha lasciata.

Corre ad abbracciare la figlia e mi mette da parte, spingendomi un poco. Vorrei lamentarmi del suo comportamento. Di solito l’avrei fatto, ma c’è ben altro che in questo momento affolla la mia mente.
-Sta’ tranquilla mamma. Non nulla di rotto.

Esco dalla camera facendole un cenno. Quando mi chiudo la porta alle spalle, Caroline e Stefan mi vengono incontro. La prima mi sembra molto curiosa.

-Allora?

Mi guarda in cerca di conferme, come se io potessi avvalorare la sua tesi.

-Ha qualcosa che no va. – Le do conferma. – Appena sono arrivano mi ha abbracciato e ha dimenticato tutto quello che c’è stato negli ultimi mesi.

Lei annuisce e si vi a sedere, come lo facciamo sia io che Stefan. Rimaniamo lì seduti per un tempo interminabile. Qualche volta guardo l’orologio. Sono le tre di notte. Ho lasciato Vicki mentre dormiva. Vorrei arrivare a casa mentre ancora dorme. So quanto può essere possessiva a volte e potrebbe pensare male della mia assenza. Quando mi sono trasferito da lei, trovò in uno scatolone una vecchia foto mia e di Elena. Era il giorno del suo diploma e io ero appena ritornato ad Oakland per assistere alla sua cerimonia. Siamo io e lei abbracciati. Le mie braccia si perdono tra la stoffa della sua toga e i miei occhi si perdono nei suoi. Le sue mani circondano il mio collo e se ci ripenso, posso sentire ancora la piacevole sensazione che mi procuravano le sue dita trai miei capelli. Le mie, di mani, cingono la sua vita. sorridiamo entrambi, con le labbra incollate l’uno all’altra. Sorridiamo perché le ho appena proposto di andare a vivere insieme. Perché sono stufo della vita nel dormitorio. Non voglio passare un altro secondo lontano da lei. All’università verrà a Berkeley e verrà a vivere con me.

Vicki quella volta se la prese a morte. Non mi parlò per due giorni, finché non decisi di buttare tutte le foto che avevo con Elena. in realtà non le ho buttate. Sono nascoste nella casa dei miei, ad Oakland, nella mia vecchia camera da letto. Ecco dove sono finiti i ricordi di me ed Elena. Nascosti, accatastati insieme alle altre cose da buttare nella mia vecchia casa.

Siamo tutti e tre seduti a fissare il vuoto e a chiederci invano il perché di tutto quanto.

Quando esce Isobel, ci dice che Elena sta riposando.

-Non sapevo che tu e mia figlia vi foste rimessi insieme.

-Cosa?

Sussurra Stefan sorpreso.

-Mi ha detto che vorrebbe passare tutta la notte con te. Vorrebbe che tu rimanessi con lei tutta la notte, ma preferisco rimanere io. Mi prenderò cura di mia figlia. È tardi, voi andate a casa per riposarvi.
Prendiamo l’ascensore e si percepisce chiaramente la tensione che arriva alle stelle. La bionda si guarda la punta delle scarpe. So che sta morendo dalla voglia di parlare. Lei parla sempre.

-Avanti Barbie, spara. Cosa frulla nella tua testolina.

Lei non appena sente la mia frase blocca l’ascensore.

-Ehi che fai? Siamo in un ospedale. Può servire.

Ignora completamente il rimprovero di Stefan.

-Sto per dire una gran cavolata, ma è l’unica spiegazione. Prima non riuscivo a capire lo strano comportamento di Elena. Non che ci sia stato molto da osservare, ma io conosco Elena da tantissimo tempo e so ogni suo tipo di movimento o comportamento. È strana, l’ho ammesso sin da subito. Sei stato tu Damon la chiave principale di tutto. Non appena ha ripreso conoscenza, ha voluto parlare con te, quando fino a qualche ora fa non ce la faceva nemmeno a sentirti nominare. – Un piccolo colpo al cuore mi trapassa il torace. Elena non ha potuto più vedermi negli ultimi mesi e io ho fatto di tutto per evitarla, ecco perché tutto questo ci sembra strano. – Elena non avrebbe mai avuto il coraggio di chiamarti appena sveglia. Poi la frase di prima che hai detto tu ha fatto scattare qualcosa.

-Quale frase?

Ma non appena pronuncio la domanda, mi viene in mente.

Ha dimenticato tutto quello che c’è stato negli ultimi mesi.

-Non mi dire quello che sto pensando.

Davvero non può essere.
-Cosa? – chiede Stefan.

-Ha dimenticato tutto quello che c’è stato negli ultimi mesi, Damon. Credo che sia stato il trauma alla testa e poi lei ti ama ancora e questo può aver scatenato una serie di reazioni. La sua mente può aver cancellato completamente questi mesi, bypassando tutti i vostri momenti brutti ed è rimasta a quando andavate d’amore e d’accordo.

Ho iniziato a non seguire più il suo ragionamento, quando Caroline ha detto che lei mi ama ancora. Fa ancora un certo effetto sentire quelle due parole. Ti amo? Dio, quanto mi facevano bene quando me le diceva Elena e quando me le disse per la prima volta, io non ci potei credere.

-Credo che sia una conclusione molto azzardata, Care. Insomma, chi ci dice che le sia capitato questo.

Le dice Stefan.

-Oh andiamo, hai sentito pure tu Isobel. Crede che Elena e Damon siano ritornati insieme. Credo che abbia avuto un trauma, credo che la sua verità sia cambiata. Elena non sta facendo finta di stare con Damon. Elena crede ancora di stare con Damon. Pensa che loro due non si siano lasciati mai. Questi sei mesi sono stati totalmente dimenticati.

-Andiamo è assurdo.

 Intervengo io, frustato da quella situazione. È difficile credere a quella assurda teoria di Caroline che tenta ormai da minuti di convincere me e mio fratello.

-È così assurdo per davvero, Damon? Hai parlato con Elena, l’hai vista negli occhi. Non c’era nessun tipo d’imbarazzo, non saresti nemmeno stata la prima persona a cui lei ha pensato appena sveglia. O perlomeno, sei sicuramente stata la prima persona, ma non avrebbe mai avuto il coraggio di chiamarti. Non faceva che ripetermi di chiamarti e richiamarti finché non sei arrivato.

Cerco di negare questa strana situazione.

-Non possiamo averne la certezza.

-Allora chiediamo ad un medico, uno specialista. Facciamo qualcosa, ma io non posso vederla così.  – Conclude, riattivando l’ascensore. Poi si rivolge a me. – Comunque credo che dovresti ritornare da lei, almeno per stanotte.

Annuisco. Forse dovrei farlo. Forse no. Per il bene di Elena dovrei andare di sopra e salvarla dalla pazza madre ossessiva. Per il bene mio, non dovrei. Perché nonostante questi mesi lontani, lei è una continua tentazione per me. Decido di non rischiare, perché questa notte è stata incredibilmente lunga e devo capire cosa diamine sta succedendo. Cosa diamine prende ad Elena.

Mi rendo conto che ho bisogno di pensare e di solito lo faccio andando al mare e respirare a fondo la brezza marina. Purtroppo sono troppo stanco per andarmene in giro per le spiagge della Bay Area, quindi mi limito ad abbassare la capotta dell’auto e a respirare l’aria dell’alta velocità. Da lontano, dietro alcuni edifici, già si intravede il sole dell’alba che fa capolino. È stata una lunga notte. Gli eventi si sono susseguiti troppo velocemente e ce ne sono stati tanti.

Parcheggio l’auto davanti a casa di Vicki  e salgo nel suo appartamento. Lei è stesa sul letto, di lato con il volto verso la finestra, e dorme beatamente anche grazie all’alcol che ha ingerito alla festa. Non si è nemmeno accorta che me ne sono andato e che sono ritornato. Mi sdraio accanto a lei e faccio aderire il mio petto alla sua schiena. Quando le mie mani entrano in contatto con il suo corpo, la sento muoversi e girarsi verso di me, ancora addormentata. Sposto quella ciocca di capelli, finita sul suo volto, dietro l’orecchio e la guardo dormire. Se non fosse stato per lei a quest’ora sarei lontano da Berkeley. Molto lontano. Sarei scappato da questa città, mi sarei rifugiato nell’appartamento dei miei a San Francisco. Quello dove va mio padre quando ha del lavoro da fare fuori di casa. Era tutto pronto. Le valige, i borsoni erano già pieni e stavo per lasciare casa di Stefan e Caroline. Un caffè al bar dell’università e poi sarei andato via.

È stato lì che ho incontrato Vicki.

Lei si è avvicinata a me e ci ha provato spudoratamente. Un po’ ho sorriso, sia perché l’ho trovata simpatica, sia perché ho pensato che non avrebbe avuto nessuna opportunità. Non dopo Elena. Ma ha insistito così tanto che alla fine le ho concesso una serata. E dopo quella serata c’è ne stata un’altra e un'altra ancora, finché non siamo andati a letto insieme e non mi è dispiaciuto rimanerci in quel letto. Quello di casa sua che prima condivideva con il fratello, morto un anno prima.

È bello stare con Vicki. Io le voglio bene e si potrebbe stare bene con lei anche per il resto della vita, se non fosse che la figura di Elena ritorni costante ogni notte nei miei sogni. A volte ritorna il ricordo di quella maledetta sera, a volte ci sono i nostri momenti più belli a farmi compagnia. Ci sono quei momenti che mi fanno addormentare e mi danno malinconia.


-Siamo arrivati.

Appoggio le valige appena dopo la soglia della porta del cottage di montagna che abbiamo affittato. Siamo ad Aspen. È stata l’idea di Elena venire qui per le vacanze invernali. Elena si accantona a me e mi abbraccia.

-Te lo avevo detto che sarebbe stato bellissimo.

In effetti non è male. È tutto molto rustico. Le pareti in pietra, i mobili di un legno con i colori caldi e il camino al centro della parete di fronte a noi. La piccola cucina è a vista. Il divanetto e un tavolino sono vicini al camino e delle scale portano al piano superiore, dove ci sono due camere da letto, quella padronale e quella per gli ospiti, e il bagno con la vasca da bagno. Oh, come ci divertiremo in quella vasca!

-Sì, è molto bello.

Lei sorride, imporporandosi le gote e nascondendo la parte inferiore del volto nella sciarpa.

È sera. Il camino è acceso e abbiamo spostato il tavolino un po’ più a destra per mettere al suo posto delle morbide coperte sul grande tappeto. Ci siamo seduti su di esse e adesso stiamo bevendo del vino comprato al supermercato dietro l’angolo. Elena è avvolta nel suo maglione beige e nonostante il calore del fuoco del camino, continua a tremare. L’abbraccio. Lo faccio un po’ per lei, per riscaldarla e lo faccio un po’ per me, perché adoro affondare il naso sulla pelle del suo collo. Adoro respirare a fondo il suo odore di vaniglia. Lei si aggrappa al mio maglione bordeaux e si lascia accarezzare i capelli.

-Domani andiamo a sciare?

Mi chiede, sollevando lo sguardo verso di me. Sarà per l’atmosfera accogliente, sarà per il fuoco che le illumina il volto, ma mi perdo ad osservare il suo volto. Sembra quasi un sogno poterla tenere così. Ormai sono sei mesi che stiamo insieme ed Elena è all’ultimo anno del liceo, ma mi sembra ancora impossibile che lei sia finalmente mia. Voglio amarti, Elena. Voglio amarti perché sei bella. Perché sei dolce, sei gentile e perché mi rendi migliore più di quanto credi.

Troppo, occupato e incantato dai suoi occhi e dalle sue labbra, mi limito ad annuire per poi baciare delicatamente la sua bocca. È così. Per un po’ rimaniamo in questa posizione con ancora i bicchieri in mano. Siamo immobili, come in una foto, intrappolati nel nostro bacio. Lei si stacca da me e mi toglie il bicchiere dalla mano per poi posare sia il mio che quello suo sul tavolino. Ritorna sulle mie labbra e adesso mi sembra veramente di sognare. È piccola Elena. E non dal punto di vista dell’età, io in fin dei conti sono solo più grande di un anno, ma in base alle esperienze. Sono stato il primo per lei, non era mai stato con nessun altro prima d’ora e invece io sono stato con tante ragazze. Sia del mio liceo che di altri. Non mi sono mai accorto di quella ragazzina che stava sempre al mio fianco perché era la mia migliore amica. O perlomeno me ne accorgevo, ma cercavo di non darlo a vedere. Lei era sempre vicina a me, inconsapevole di essere così provocante e inconsapevole dei miei sentimenti per lei, così come io non sapevo dei suoi sentimenti per me. È piccola, Elena, ma solo perché prima di me non c’era nessuno.

Però non lo dà a vedere. Perché quando si rigira, si siede a cavalcioni su di me e mi ribacia. Mi morde il labbro me lo lecca, mi fa impazzire. Faccio scivolare via il suo maglione e mi appoggio alla sua pelle calda. Stuzzico quella parte del seno che non è coperta dal reggiseno e mi lascio cullare dai suoi sospiri e dai suoi gemiti. Lei mi toglie il maglione e inizia a lasciarmi segni che testimoniano il suo passaggio sul mio petto. Quando risolleva il suo sguardo, posso notare i suoi occhi lucidi. Lucidi di passione  e anche di alcol. Giusto quel po’ che è riuscita a bere. A volte penso che non è vero che sia astemia. Forse è solo una scusa o un pretesto per cercare di fare la brava ragazza e responsabile.

Riesco ad avere la forza di capovolgere le posizioni e di ritrovarmi sopra di lei. Di spogliarla completamente e di farla mia, regalandole una delle notti più sconvolgenti della sua vita.


 

 
Il giorno dopo io, Stefan e Caroline siamo di nuovo in ospedale. Prima di parlare con un qualsiasi dottore ci vogliamo accertare della situazione di Elena  ed entro in camera sua.

La vedo in piedi che cerca di camminare e non appena varco la soglia della sua porta, lei ha un leggero mancamento. Noto che sta per accasciarsi a terra, ma si tiene con le mani al letto.

-Ehi. – Le corro incontro per sorreggerla. La prendo per la vita e riesco a sentire perfettamente le ossa delle sue anche. Ma quanto è dimagrita? Non la ricordavo così. – Sbaglio o ti hanno detto di riposarti?

I nostri sguardi si incontrano e lei sorride. Rimaniamo così vicini e lei non si scompone. Non si imbarazza non, fa nulla. È semplicemente Elena, come lo era sei mesi fa.

-Sai che non riesco a stare un minuto ferma.

-Lo so, anche a letto non stai un minuto ferma, Miss Iperattività.

Sul serio, Damon? Anche a letto? Sono un completo idiota. Non dovrei ricordare con tanta facilità come era Elena a letto. No, non dovrei, eppure questa frase mi è scappata e un senso di malinconia si fa strada dentro di me. Elena dentro un letto, dopo aver fatto l’amore, era uno degli spettacoli più belli. Sorridente, piccola.

-Mi sei mancato, stanotte. – Mi da un bacio sulle labbra. Rimango spiazzato, come sono rimasto spiazzato ieri notte, quando mi ha detto di amarmi. Elena, dopo sei mesi così lontani, non mi avrebbe mai baciato e nonostante tutto, io, l’idiota all’ennesima potenza, mi lascio andare, chiudendo per un istante gli occhi e rendendomi conto che le labbra di Elena mi erano mancate. Quando si stacca dalle mie labbra, aggrappa le braccia al mio collo e affonda il viso sul mio petto. – Dovevi vedere la mamma stanotte. Ad ogni mio lamento, correva a chiamare un’infermiera.

-Lamenti? Che cosa è successo?

Le chiedo preoccupato.

-Nulla. Solo un po’ di mal di testa. Il medico ha detto che è normale dopo la botta che ho preso.

-Adesso però vai riposarti.

-No proprio adesso che sei arrivato tu. Voglio passare un po’ di tempo con te.

Dopo aver battibeccato sulla questione riposo, alla fine l’ho presa in braccio. Passo un po’ di tempo con lei. Mi sento male, perché ho capito che Elena crede che io e lei siamo ancora insieme e sto facendo finta. Sto fingendo con lei, cazzo! Non dopo tutto quello che ci è capitato. Non voglio peggiorare la situazione. Faccio finta di amarla, o forse la amo ancora, ma non vorrei perché rende tutto più difficile.
Sentiamo bussare la porta e un medico che non avevo mai visto entra nella stanza.

Vedo dietro di lui, Caroline che mi fa cenno di uscire e di raggiungerla.

-Quello è uno psicologo. – Mi sussurra non appena mi chiudo la porta alle spalle. – Gli ho raccontato tutto.

-Tutto cosa?

-Tutto. Dell’incidente, dello strano comportamento di Elena. il punto è che non ho potuto fare a meno di raccontare a lui anche la vostra storia.

-Hai parlato ad un estraneo della mia relazione con Elena?

- È uno psicologo. È abituato a sentire le storie degli altri.

Mi rimprovera Stefan. Ah già… anche lui vuole fare ilo psicologo da grande. Che c’è di interessante a sentire i problemi degli altri? Io davvero non lo capisco.

-Sta cercando di capire quello che sa e non sa Elena, adesso.

Continua la bionda. Quindi ora non devo fare altro che aspettare? Anche se forse ne avranno per le lunghe. Mi conviene andare via. Vorrei scappare per un’oretta o due. Vorrei andarmene da Berkeley e ritornare ad Oakland  per rifugiarmi alle solite vecchie abitudini. Chiami i miei amici e vado in macchina raggiungendo la città in cui sono cresciuto.

Quando arrivo nel bar ci sono già Alaric ed Enzo, intenti a versarsi una generosa dose di Bourbon nel bicchiere. Enzo ha la mia stessa età. Alaric è più grande. È sposato è ha due figli, gemelli.

-Vacci piano, paparino.

Lo rimbecco, strappandogli la bottiglie di Whisky dalle mani. Bevo direttamente dalla bottiglia. Questo gesto così famigliare mi fa sentire a casa.

-Damon. – mi rimprovera con aria autoritaria il mio amico. – Sai che dopo quello che successo ad Elena non dovresti bere per niente.

Ha ragione. Dopo quello che è successo, non mi dovrei nemmeno permettere di sfiorare o addirittura guardare una bottiglia di alcol, ma  adesso sono lontano da lei e sinceramente non mi interessa degli altri che mi circondano. Basta che lei sia al sicuro da me.


Note finali:
eccomi qui con un capitolo interamente pov Damon. Sinceramene non avrei mai creduto di potercela fare. È vero è un po’ corto, ma credo che per qualche tempo sarà così. Perché dobbiamo vedere le varie reazioni sue allo strano comportamento di Elena.
A proposito… mi scuso da parte di Damon con i vari studenti di psicologia per quello che lui ha detto sul che ci trova di interessante. Ovviamente ho cercato solo di immedesimarmi con il personaggio e mi scuso con tutti i medici del mondo per la probabile cavolata che ho sparato con questa storia. Cioè la realtà di Elena che cambia. Non so nemmeno se è vera ‘sta cosa.
Comunque. Ringrazio chi ha già recensito questa mia nuova impresa e se c’è qualcuno che ha seguito Inspiegabilmente sei tu, sappia che ho quasi ultimato l’epilogo e che sto arrivando (tristezza, non ho il coraggio di concludere T.T)

La vostra Mia.
 

 
 
 
 
   
 
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