• IV • Scene of a
Departure
|| Painful lack of Dialogue { • Side – B ~The rotator •
}
Byakuya
si voltò appena verso l’uomo che gli aveva appena
rivolto la parola,
interrompendo il proprio incedere. Lo sguardo che gli rivolse era
talmente
gelido e sinistro che Juushiro Ukitake strinse forte le labbra le une
contro le
altre, aggrottando le sopracciglia.
«
Che cosa significa?» chiese, austero, scandendo lentamente le
parole.
Ukitake
non batté ciglio e gli tenne testa senza
difficoltà:
«
E’ come ho detto. La signorina Kuchiki ha ricevuto un
incarico di stazionamento
nel mondo terreno.»
Era
una mattina soleggiata, leggermente afosa; il capitano della
tredicesima
Brigata lo aveva raggiunto muovendo un perfetto passo di shunpo,
incrociandolo
mentre si dirigeva verso il suo ufficio, nel quartiere della Sesta
Brigata,
dove lo attendevano i rapporti trascritti dai suoi sottoposti e la nota
di
trasferimento – a cui avrebbe dovuto apporre una firma
– che riguardava l’uomo
che, in meno di un mese, sarebbe diventato il suo vice capitano.
Alla
fine, dopo tante lamentele, il Capitano Zaraki era davvero riuscito a
fare in
modo che la promozione a luogotenente aiutante venisse approvata
dall’assemblea. Il primo incontro formale con Renji Abarai si
era svolto quella
mattina, in una piccola e spoglia stanza, nel cuore della caserma della
Sesta
Divisione. Nel preciso istante in cui Byakuya aveva incontrato lo
sguardo
determinato di quell’uomo, su di loro era calata
un’atmosfera pesante. Renji
Abarai aveva risposto ad ogni sua domanda con formalità
estrema e con voce
ferma, senza tuttavia chinare il capo neppure una volta. Forse era
stata quella
sua aria fiera e quella sua parlata sfrontata a fare in modo che
Byakuya si spazientisse,
o i suoi sguardi insolenti che celavano un’indole selvaggia
ed ostinata. Ad
ogni modo, si era preoccupato di rispondere alle sue frecciatine di
sfida con
una fredda e sprezzante indifferenza: una volta terminato
l’incontro, aveva
congedato quell’uomo ripagandolo con la sua stessa arroganza:
«
Codesto nostro primo colloquio mi ha alquanto deluso, Abarai
Renji.» lo aveva
informato, mentre gli voltava le spalle « Spero che in tempo
per la cerimonia
d’incarico tu possa aver modo di riflettere riguardo quale
sia il giusto
comportamento da tenere in presenza del tuo Capitano. Ora puoi
ritirarti.»
Le
scuse farfugliate di Abarai ed il suo inchino impacciato non erano
affatto
bastati a migliorargli l’umore.
Byakuya
sentì nuovamente quello spasmo nervoso percorrergli
l’intera lunghezza delle
dita, mentre studiava il cipiglio deciso di Ukitake. Questa volta, il
Capitano
sembrava essersi ripreso bene dalla malattia e appariva in salute:
aveva un bel
colorito e gli occhi riposati. Tuttavia era triste pensare che,
ultimamente, i
periodi durante i quali quell’uomo era in forma fossero
diventati molto più
rari e brevi rispetto a quelli che lo vedevano costretto a letto.
«
Quando è stata fissata la sua partenza?»
domandò Byakuya, cercando di moderare
il tono.
Ukitake
sembrò riflettere qualche istante prima di fornirgli la
risposta. Alzò gli
occhi al cielo per controllare la posizione del sole, sfiorandosi con
le dita
il mento squadrato, poi annuì:
«
Ho dato ordine che il portale venisse aperto quattro ore dopo il
mezzogiorno.
Quindi, suppongo che la signorina Kuchiki lo stia attraversando in
questo
momento.»
La
mandibola di Byakuya si serrò violentemente, mentre sentiva
la collera montare
assieme al flusso di reiatsu che si gonfiava, irrequieto, dentro di lui
e in
Senbonzakura.
«
Perché non sono stato avvertito?»
Ukitake
scosse il capo, incrociando le braccia:
«
Kuchiki ha preferito evitare di comunicartelo.» il suo
sguardo divenne di colpo
duro e sembrò accusarlo « Temeva che tu avresti
risposto con la tua solita
freddezza e ha scelto di andare senza dirti nulla.»
Byakuya
corrugò la fronte.
«
Quanto tempo?»
«
Un mese.» le parole di Ukitake suonarono definitive come una
condanna. Il
Capitano della Sesta Brigata abbassò brevemente lo sguardo,
scrutando il
pavimento con la coda dell’occhio.
Rukia…
«
Byakuya, dimmi la verità.» dopo qualche istante di
silenzio, la voce del
tredicesimo capitano gli fece nuovamente alzare gli occhi:
l’espressione
dipinta sul volto dell’uomo celava disappunto ed una strana
malinconia al tempo
stesso « Se lei te lo avesse detto, le avresti impedito di
partire?»
Si.
Byakuya
non rispose, ricambiando lo sguardo di Ukitake senza che il proprio
umore fosse
tradito dal cipiglio. Quando Juushiro riprese, la sua voce era venata
di
tristezza; era il tono che Byakuya aveva sentito tante volte: quello di
un uomo
che non può fare a meno di dare i propri saggi consigli,
sapendo che purtroppo
il giovane Kuchiki non avrà mai la giusta tempra e
l’umiltà di seguirli.
«
Byakuya, perché la tratti così?»
L’occhiata
con cui Byakuya gli rispose brillava di fredda rabbia e parve penetrare
nello
sguardo castano di Ukitake con tanta violenza che
quest’ultimo preferì non
aggiungere altro.
Come osi pormi una tale
domanda?
Come osi parlare, senza
sapere nulla?
«
Capitano Ukitake, abbiamo entrambi molto lavoro da portare a
termine.» disse,
superandolo, frusciando nel suo haori bianco da capitano «
E’ stato un piacere
conversare con te, stamane.»
Vide
per un solo istante il volto afflitto di Rukia e gli parve di udire la
sua voce
che gli chiedeva scusa, un attimo prima di focalizzare nella mente il
luogo in
cui veniva aperto il senkaimon. Mentre la pregiata sciarpa dei suoi avi
gli
volteggiava attorno, fu lì in meno di un istante, con pochi,
affrettati passi
di uno shunpo particolarmente inquieto ed impreciso.
{•
***
•}
Aveva
sperato ardentemente di poterla rivedere, prima che lei partisse. Non
aveva
intenzione di sgridarla o di impedirle di andare, visto come stavano le
cose:
avrebbe voluto solo poter essere presente nel momento in cui lei
avrebbe
varcato il portale, imbarcandosi nella sua prima vera missione da
shinigami. In
quanto suo fratello maggiore, sarebbe stato giusto poterle augurare
buona
fortuna, raccomandandole di fare del suo meglio.
Ma
quando raggiunse l’altura, non trovò nessuno. Non
v’era traccia del torii di
pietra, né riusciva a percepire la scia del reiki impiegato
nella sua
materializzazione. Una farfalla infernale stava battendo le proprie ali
freneticamente, volando in direzione del Quartiere generale del Gotei,
forse a
confermare l’avvenuta partenza di Rukia, emettendo un fioco
bagliore viola.
Troppo tardi.
Se
lo disse malinconicamente, rimproverandosi di essere stato
così cieco.
Si
fermò in mezzo al nulla, rivolgendo gli occhi al cielo
immobile ed al sole
impietoso. Il caldo non lo aveva mai infastidito tanto come in
quell’occasione.
Rukia, perché lo hai
fatto? Perché non me l’hai detto?
Perché ti tieni tutto
dentro?
Si
era illuso che il loro rapporto fosse cambiato, che fossero finalmente
riusciti
a capire qualcosa l’una dell’altro, dopo che lei
aveva pianto così
disperatamente fra le sue braccia. Credeva che Rukia avesse compreso
quanto
fosse difficile per lui esprimerle il proprio affetto, o mostrarle
quanto
effettivamente gli fosse indispensabile la sua presenza. Quanto fosse
arduo per
lui ricominciare ad amare in maniera spontanea, dopo che la vita lo
aveva messo
alla prova in così tante occasioni e la sua anima era stata
temprata dallo
stesso fuoco che manteneva perennemente affilate le mille lame di
Senbonzakura.
Ma
evidentemente non era stato sufficiente perché
l’insicurezza di Rukia svanisse
del tutto.
Rukia, continuo a
sbagliare qualsiasi cosa faccia.
E’ davvero così
difficile per te ammettere che io possa accettarti solo per quello che
sei?
E’ davvero così
difficile dimostrartelo così che tu capisca quanto sei
importante?
Digrignando
appena i denti, ebbe il sospetto che tutti gli sforzi compiuti fino a
quel
momento fossero stati vani e si sentì percorrere da
un’insopportabile e
dolorosa sensazione di impotenza. La strada da percorrere era ancora
così
dannatamente lunga.
E
la mano di Rukia era così sfuggente.
Siamo entrambi così
ottusi.
Io troppo
orgoglioso per
ascoltare.
Lei troppo riservata ed
umile per chiedere.
Rukia, non so come fare a udire la tua
voce.
Perché non vuoi
aiutarmi?
La
comunicazione fra di
noi è impossibile.
Byakuya
scosse il capo, portandosi fino al bordo dell’altura. Lo
strapiombo si
estendeva profondo e pericoloso fino alla porta ovest della Seiretei,
incombendo minacciosamente sugli edifici fatiscenti del Junrinan del
Rukongai.
Lasciò
scivolare i piedi fino al ciglio sdrucciolevole, facendo precipitare
nel
baratro polvere, terra e sabbia. Gli edifici del Seireitei si ergevano
alle sue
spalle bianchi e maestosi, mentre l’immobilità
dell’aria ed un silenzio
assoluto lo opprimeva assieme a quel caldo asfissiante.
Rimase
immobile a scrutare il Rukongai fino a che il sole non si accinse a
discendere
ad occidente, in una muta contemplazione che assomigliava molto ad una
speranzosa ed inutile attesa.
Sapeva
fin troppo bene che aspettare non sarebbe servito a nulla.
Voltò le spalle al Rukongai ripercorrendo a ritroso, lentamente, quel tragitto che aveva coperto con rapidi passi veloci. La sua espressione era equilibrata e fiera, i suoi occhi di nuovo del tutto seri ed impenetrabili.
Un mese, Rukia.
Un mese
è molto tempo
quando si è d’indole impaziente.
Tuttavia aspetterò.
E quando sarai tornata, Rukia…
Ricomincerò
da capo.
Rimedierò a tutti i miei
errori.
Ti
darò tutto ciò di cui
hai bisogno.
Byakuya
Kuchiki riprese ad avanzare, conservando il portamento elegante e le
movenze
posate dell’uomo che era il ventottesimo capofamiglia di un
casato
aristocratico ed antico.
E a quel
punto, Rukia
diventerà così facile chiamarci “fratello” e “sorella”.
End •
(xxx)
Qui finisce. Con il bianco.
Grazie a tutti voi che avete commentato e aggiunto questa storia ad i preferiti, grazie a chi mi ha sostenuta mentre faticosamente scrivevo, grazie a chi mi ha dato l'idea. Ve ne sono davvero grata :3
Spero di tornare presto a scrivere su Bleach <3
Mata ne ~