Esiste una condizione medica
chiamata: coma relativo. In un normale coma il paziente non ha attività
celebrale e per tale motivo non si sveglia, in un coma relativo il paziente ha
un attività celebrale, ma non si riesce a svegliare comunque. Perché? Molto semplice,
la mente del paziente crede di vivere normalmente,
non si rende conto che sta solo sognando, per tale motivo non si sveglia,
perché crede di esserlo già. Sono rari i casi di questo coma e ancor più rari i
casi in cui il paziente si è svegliato. Per quale motivo racconto ciò? Perché è
proprio cosi che si sente Nate, non percepisce il suo essere fisicamente, anche
se comunque ha il libero arbitrio sulle sue azioni. Quanto tempo ci metterà a
capire che quello che sta vivendo è reale, magari capendolo riuscirà pure a
tirarsene fuori, chi può dirlo.
-Con
affetto, Ink Heart
Capitolo
3°
Search
Un numero, una
cifra, rimbombava al suo interno, un eco interminabile che è solo dentro le sue
membra, Nate è una camera insonorizzata che permette l’afflusso di un
monosillabo di tre lettere: DUE.
“Se ha detto 2 c’è un motivo, non sono solo,
non ci vuole un genio per capirlo. Ci sono comunque due possibilità (che
coincidenza):
-O il n.1 mi aiuta a uscire o altrimenti a restare qui e a
capire come viverci
-O non vuole nessun numero dopo il suo e io finisco nel
cesso, come un qualsiasi insulso bug dei server. Io non rischierei” pensava.
Come se fosse
stata la cosa più normale di tutte, dalle dita percepì la sensazione di
qualcosa di freddo e metallico, abbassò lo sguardo, e con lo stesso stupore che
aveva avuto quando si era accorto che aveva risolto il Millennium Bug, si
accorse che tra le dita reggeva una lente di ingrandimento.
-Che significa?-
chiese al nulla, sorridendo. Non era preoccupato, solo era stranito, come era
possibile che una lente d’ingrandimento, ma sarebbe potuto essere un qualsiasi
altro oggetto, era finito nella sua mano senza che lui lo avesse preso, o senza
che comunque ne avesse percepito l’arrivo sul suo palmo. Una seconda domanda,
varcò la soglia del suo cervello: quella cosa era reale come lui? C’era solo un
modo per scoprirlo: picchiettò un paio di volte sul vetro della lente, un
tintinnio sordo, arrivò alle sue orecchie, peccato non ci facesse caso in quel
momento…
Decine, centinaia,
migliaia, infinite immagini e voci che si stagliavano a perdita d’occhio
davanti a se. Confusione fuori e dentro sé, non capiva che cosa fossero né cosa
fosse successo, ma sentiva solo tante voci e vedeva solo tante immagini di cui
non trovava né il nesso tra loro (sempre se ci fosse) né il significato
(mettendo in dubbio che esistesse persino questo) delle stesse. Poi riuscì a
sentire qualcosa, che richiamò al silenzio il resto: era la voce senza età né
volto, che gli aveva chiesto la password:
-Search- eccolo un
buon modo per trovare (e capire), lo dice pure il detto “Chi cerca, trova” ed
era proprio quello che doveva fare. Stette zitto, l’esperienza della password,
gli era stata da lezione: ogni cosa che avrebbe detto sarebbe stata
interpretata come ricerca. “Cosa posso
cercare? Cosa? Pensa Nate, hai risolto i bug del millennio, e non riesci a fare
una ricerca” si scervellava, ma nulla gli sembrava la cosa corretta da
cercare, tutto futile, in quel momento, poi un idea, fuori posto o no, lo
disse:
-Nate Clare- aveva
detto il suo nome, senza un vero motivo, ma gli sarebbe comunque servito per
testare con quale criterio cercasse il web.
-Nate Clare, nato
a St. Louise, Texas, lunedì 18 Ottobre
1982 alle 10.42 a.m., figlio di Caterine Holley e Robert Clare- disse l’asessuata
voce.
-Sono io!- non si
trattenne
-Esattamente-
rispose il nulla
-Puoi rispondere
alle mie domande?- Nate era ancora più sconvolto, anche se un po’ più
sollevato, quella “cosa” non solo poteva sentirlo, ma poteva anche rispondergli
ed esaudire le sue richieste.
-Come vuoi
procedere:
Abitazione
Lavoro
Conto bancario
Pagamenti
Amministrativo-
Chiese impassibile la voce.
Come faceva a
sapere quelle cose, erano informazione del tutto private e personali, non
poteva averle, forse era stato hackerato il suo sistema bancario e anche quello
del comune, bastava chiedere:
-Come sai queste
cose?-
-Io so tutto,
tutto è nella rete-
-Quale rete?-
-Il web, Nate-
Eccola la frase
che lo riportò alla vita, eccola la frase che serviva a svegliarlo dal quel suo
finto coma relativo. Era nel web, nel suo mondo, sapeva cosa poteva fare, non
aveva bisogno di nient’altro. Bastavano poche parole:
-Portami a casa-
chiese insistente
-Home, loading…-
Stava tornando non
c’era più nulla da temere.
Si ritrovò,
qualche secondo dopo sdraiato sul suo letto, aveva addosso il suo pigiama
grigio e sentiva il candore delle lenzuola appena stirate. Si girò sul suo
fianco sinistro, la luce penetrava dalla finestra, tutto come prima, tutto
normale.
-Sono a casa,
Nettie!- non ebbe la risposta che però si aspettava:
-SEARCH-
“Non
può essere, sono ancora dentro”
To be continued