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Autore: FairLady    16/09/2014    6 recensioni
Due occhi scuri, lo specchio di un'anima profondamente ferita.
Un nome sussurrato dal vento che arrivi a lenire un dolore ormai senza tempo.
Due cuori affini che si fondono in un unico corpo immortale, quello dell'amore.
Prima storia in questo fandom. Please, be kind.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Michael Jackson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Aura non pensava che avrebbe percorso di nuovo quell’autostrada semideserta – non così presto, almeno.
Non era affatto pratica di questioni di cuore, non lo era per niente, ma dopo il comportamento di Michael della sera prima, pensava che in qualche modo quella strana storia avesse inaspettatamente subìto un arresto – e si era disperata per questo.
Invece, in quella tarda mattinata di Gennaio, come una pioggia insperata dopo un periodo di siccità, Miko la stava accompagnando a Neverland.
L’aveva invitata ad accomodarsi sui sedili posteriori, ma non le piaceva l’idea di essere scarrozzata in giro da una persona che in qualche modo conosceva, così aveva insistito per occupare il posto del passeggero accanto a lui.
La guardia l’aveva lasciata fare, sorridendo impercettibilmente sotto ai baffi brizzolati.
«Quindi, partirete oggi per l’Europa?» gli chiese, più che altro per fare conversazione e riempire quel silenzio che la metteva un po’ a disagio – e, sì, anche per indagare su cosa sarebbe successo di lì a poco.
Miko, fermo al semaforo rosso, volse lo sguardo verso di lei, interrogativo e perplesso.
«Non so chi abbia detto una cosa simile e perché, ma non partiremo prima di fine maggio» rispose placidamente lui. «Michael sta ancora provando e ci vorrà un po’ per finire di organizzare le cose. Penso che ci sposteremo quando tutto sarà completato e pronto per il tour.»
L’uomo si stava sbottonando con la ragazza già troppo; avanti di quel passo, chissà cos’altro avrebbe potuto dire?
Non sapeva per quale motivo, ma Auralee gli ispirava fiducia, simpatia. Gli ricordava l’idea di figlia che avrebbe voluto, ma che, soprattutto per via del lavoro che svolgeva, non avrebbe mai potuto avere. Inoltre, c’era da considerare quanto positivamente la sua presenza influisse sul buon umore di Michael. Teneva a quel ragazzo molto più di quanto avrebbe dovuto e vederlo felice rendeva contento anche lui.
«Poi, c’è da dire che più tardi partiamo, meglio sarà per tutti. Quando Michael non ti vede o non ti sente inizia a fare cose strane come svegliarsi nel cuore della notte per svuotare il frigorifero. Non piacerà a nessuno un Moonwalker in sovrappeso.»
“A me sì, piacerebbe lo stesso.”
I pensieri infantili, romantici e dolci che gironzolarono per la testa di Aura appena udì quelle parole le fecero completamente dimenticare il perché fosse quasi arrabbiata con Michael, e un po’ spaventare perché più andava avanti quella storia, meno riconosceva se stessa – e non era ancora riuscita a capire se la cosa fosse positiva o meno.
Non era nemmeno in grado di rispondere, presa com’era dall’emozione di sapere che in qualche modo lui ci teneva e soffriva la lontananza tanto quanto lei.
«Sarà il caso che Michael non sappia che ho spifferato tutto», aggiunse Miko, sorridendole. «Vorrei tenermi il mio posto di lavoro.»
«Resterà un segreto tra noi due…» lo rassicurò lei, regalandogli un occhiolino complice.
Il resto del viaggio proseguì senza che nessuno dei due sentì più il bisogno di parlare. Ogni tanto Miko canticchiava la canzone che la radio trasmetteva in quel momento, sorprendendosi che anche Aura non facesse lo stesso.
«Non ti piace la musica?» le chiese infatti, mosso dalla curiosità.
«Mh, non particolarmente – rispose di getto –, non tutta, almeno. Sinceramente non sono mai stata una patita; non ho un genere preferito o un interesse verso una canzone o cantante particolare.»
L’uomo non seppe come prendere quella confessione – sicuramente strana per una ragazza così giovane –, ma le sorrise mentre elaborava una domanda che fino a pochi minuti prima avrebbe considerato assurda.
«Tu sai chi è Michael, vero?» le domandò a bruciapelo, sentendosi terribilmente idiota l’istante successivo.
«Ma certo che so chi è Michael, accidenti! Lo conoscono anche i sassi! Ho detto che non sono patita di musica, non che ho vissuto in un bunker.»
Miko tirò un sospiro di sollievo e inserì nell’autoradio una cassetta.
«Magari questa ti dice qualcosa…»
Le prime note di Rock with you si diffusero nell’abitacolo, mettendo istantaneamente a proprio agio Aura che iniziò ad accennare qualche nota a bassa voce.
«Questa ti piace, eh?!»
Proseguirono il viaggio ascoltando e cantando a tutto volume le canzoni di Michael, mentre Aura pensava con il sorriso stampato in volto che a breve lo avrebbe riabbracciato.
 
***


Michael si era appena preso una pausa dalla riunione con i costumisti in cui avevano definito gli ultimi dettagli di Thriller. Greg, il direttore musicale, stava prendendo gli ultimi accordi mentre il cantante si preparava per l’odierna sessione di prove corali.
Nonostante fosse completamente assorbito dai lavori, però, un pensiero continuava a ronzargli in testa: Auralee. Chissà se Miko l’aveva trovata, se stava bene. Chissà se prima o poi l’avrebbe vista varcare la soglia di casa insieme a lui o se, per qualche motivo sconosciuto, lei aveva deciso di non seguirlo. Chissà se era arrabbiata?
Analizzò mentalmente, per la milionesima volta, le loro ultime interazioni e, per la milionesima volta, non riuscì a capire se avesse fatto qualcosa di sbagliato al punto tale da farla arrabbiare; eppure qualcosa continuava a non tornargli.
«Mike, è tutto ok?» Siedah aveva fatto il suo ingresso in cucina, insieme a Darryl e Dorian che lo avevano raggiunto per il sound–check; solo in quel momento si rese conto di essere seduto con i gomiti arpionati al tavolo e le mani nei capelli.
«Oh, sì, sì» rispose, cercando di risultare meno confuso di quanto già non sembrasse. «Stavo, io stavo riflettendo su alcune cose di cui abbiamo parlato prima in riunione e, insomma…»
La donna, però, che lo conosceva abbastanza da notare quando qualcosa lo turbava, gli si avvicinò e gli mise una mano sulla spalla.
«È qualche giorno che sembri su un altro pianeta, sei sicuro che vada tutto bene? Hai mal di schiena?»
Era vero, aveva avuto negli ultimi giorni un po’ di lombalgia, ma niente di preoccupante; stava solo sollecitando troppo alcuni muscoli che iniziavano a fargli un po’ male. Dopotutto, erano passati quasi quattro anni dall’ultimo tour, ma di certo il problema non era quello.
«No, tranquilla, va molto meglio ora. È tutto a posto, davvero. Sono solo un po’ pensieroso» ammise, senza però avere il coraggio di raccontarle di Auralee e di quello che in cuor suo sperava accadesse.
 
***
 
Quando finalmente sopraggiunsero a Neverland e si trovarono di fronte all’imperioso cancello, Aura ebbe un fremito. La prima e ultima volta che era stata lì – la sera precedente – era stata praticamente invitata a togliersi dalle scatole dalla voce annoiata e indifferente di un uomo qualsiasi che, senza troppi preamboli, le aveva comunicato che Michael non aveva né voglia, né tempo di vederla; un po’ quel ricordo le bruciò dentro.
«Eccoci qui!» sentenziò quasi solenne Miko, sorridendole. Non ci fu alcun bisogno di avvisare qualcuno dell’arrivo: non appena furono in prossimità dell’entrata le meravigliose inferriate si spalancarono e poco dopo furono all’interno del magico mondo di Michael.
Aura rimase per un attimo inebetita da quello che vide: in lontananza si scorgeva una ruota panoramica svettare tra le cime degli alberi, accanto a un’altra giostra spaventosamente alta, e poco più in là, vicino al lago – che riuscì a immaginare grazie al riverbero dei raggi del sole sullo specchio d’acqua –, un elefante africano che, chissà come, era finito a gironzolare in quel prato verde e invitante.
Quando l’auto si fu fermata, Miko scese e fece il giro per poterle aprire la portiera. Aura, incantata da ciò che i suoi occhi stavano ammirando intorno a sé, mise una gamba dopo l’altra fuori dall’abitacolo senza nemmeno averlo deciso autonomamente; poi, immobile, in piedi vicino al suo accompagnatore, si guardò intorno con infantile stupore.
«Vuoi entrare e incontrare Michael o preferisci restare qui e, magari, andare a fare un giro sul carosello?»
Aura, richiamata dalla guardia alla realtà– che poi non era niente male comunque – gli sorrise raggiante.
«Avete un carosello?!» domandò sempre più colpita. «Ok, hai ragione – continuò, assecondando lo sguardo perplesso dell’uomo – prima Michael, è più importante!» Ovviamente stava scherzando. Si era lasciata risucchiare per un attimo dalla magnificenza di quel luogo fiabesco, ma mai – nemmeno per un istante – aveva perso di vista lo scopo di quel viaggio: togliersi di dosso l’orrenda sensazione di vuoto che provava quando Michael non era con lei.
Poi, dal nulla, sentì di nuovo quella voce angelica chiamare il suo nome.
«Auralee!»
 
***
 
Dopo aver bevuto del succo d’arancia e aver cercato di smettere di tartassarsi il cervello con pensieri inutili – senza comunque riuscirci –, Michael si convinse a unirsi a Siedah e gli altri che nel frattempo erano già andati a prepararsi in sala prove per dare inizio al sound–check.
Uscì dal retro per raggiungere più velocemente il teatro e, passando di corsa attraverso il prato, scorse con la coda dell’occhio l’auto di Miko.
Inchiodò di colpo sul posto, tornò di qualche passo indietro per avvicinarsi e non riuscì a credere a ciò che vide: Aura in piedi vicino all’auto che si guardava in giro con una meravigliosa espressione di gioia dipinta sul volto, a cui i suoi ricordi non rendevano affatto giustizia.
«Auralee!» il sollievo che gli tolse dal cuore quel peso ormai insostenibile che da troppi giorni si portava addosso lo fece sentire così leggero che credette di volare.
Riprese a correre finché, pochi istanti dopo, non le fu accanto.
Non gli sembrò vero, continuava a fissarla così intensamente che ebbe paura di consumarla.
«Aura… – disse di nuovo, mentre sentiva crescergli dentro la voglia di stringerla, per rassicurarsi che fosse vera, che fosse veramente lì –, non sai quanto sono felice…»
Non gli fu possibile arrivare in fondo alla frase, perché lei lo stava già abbracciando così forte da riuscire a mettere insieme quei pezzi di se stesso che nei giorni scorsi, passati senza poterla vedere o sentire, erano andati via via sgretolandosi. Il bisogno di dire qualsiasi cosa era stato cancellato da quello di provare di nuovo quelle emozioni che solo lei era stata capace di regalargli.
L’agonia che gli aveva stretto lo stomaco in quei giorni venne sostituita da una miriade di bellissime crisalidi librate in volo. 
 
***
 
Quei due occhi così profondi e limpidi la fissavano con un’intensità tale da farle girare la testa.
Non aveva scordato la sensazione di vulnerabilità e alienamento che sentiva ogni volta che lui la guardava – perché lui la guardava davvero. Riusciva a leggerle l’anima, Aura lo percepiva.
Chissà cosa sarebbe stato in grado di trovare in quei crepacci di cui nemmeno lei conosceva l’esistenza?
Michael era di fronte a lei, poteva sentire il suo profumo particolare, dolce, disarmante. Poteva vedere la sua pelle nivea, le sue labbra rosa e perfette. La sua essenza era palpabile anche se ancora non si erano nemmeno sfiorati, ma lei sentiva il desiderio ormai irrefrenabile di concretizzare quell’incontro, di stringerlo a sé per raccontarsi che non era più un sogno, che era tutto reale, che Michael era davvero lì.
«Aura… – le sussurrò con un candore capace di farle piegare le ginocchia –, non sai quanto sono felice…» e a quelle parole non le fu più possibile trattenersi: il suo corpo agognava sollievo.
Si alzò sulle punte dei piedi e lo strinse così forte da aver quasi paura di romperlo, ma comunque incapace di mollare la presa.
Finalmente Aura si sentiva di nuovo a casa.

 
 
You give me butterflies inside and I
I just wanna touch and kiss
And I wish that I could be with you tonight
You give me butterflies inside
   
 
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