Ah rieccola XD Spazio per le recensioni:
miss hiphop, spero che tu non sia morta nell'attesa, l'astinenza è una brutta cosa XD Grazie mille per i complimenti, sempre graditi.Arina, le mamme sono le solite u___u Tom, nonostante la buona volontà, mi sa che non riordinerà mai niente, ma c'è Anya per questo XD Povero ragazzo, che ci volete fare?
_ToMSiMo_, che bello rivederti tra le recensitrici, ovviamente sei perdonata, a me basta che leggi e che ti piaccia. Un bacio!
pazzerella_92, cerco sempre di aggiornare il primo possibile! Anche da questo commento torno a criticare Tom: solo lui poteva dividerli XDD Quell'antipatica di Natasha... chissà...
Ladynotorius, *___________________*
Non ti sei affatto resa ridicola, anzi, mi hai fatto un'immenso piacere. Sono contentissima che tu abbia letto la mia storia e sono contenta che ti sia piaciuta. Per quanto riguarda la scena tra Anya e Bill, non per vantarmi, è la migliore che abbia mai scritto, mi sono commossa a scriverla e il fatto che abbiate apprezzato quel suo "diverso" dalle solite scene di sesso è stato per me fantastico!
Ora, solo una cosa che non ho ben capito XD Perchè io sarei Charlie?
Il mio nick nei forum e su msn, è vero, è Charlie, è un soprannome che mi hanno dato tempo fa e ho deciso di darlo alla Charlie in questione, ma io non ho niente a che vedere con lei XD Nè fisicamente (io assomiglio molto di più ad Anya, almeno, come colori, come viso è tutta un'altra questione) nè penso caratterialmente. Qualcosa in comune l'abbiamo, ma nessuno dei personaggi di questa storia è un mio surrogato u___u E' ovvio che trasmetta loro, magari anche senza l'intenzione, alcune mie caratteristiche, ma io non sono nè Anya, nè Charlie nè tanto meno Mimi.
Però, mi piacerebbe un casino essere Charlie *-*
Grazie ancora Ladynotorius, è stata una fantastica recensione, grazie davvero tantissimo <3
Ora, per chiarirvi un pò le idee sui personaggi di questa storia, ho deciso di farvi vedere i modelli che li rappresentano. "Modelli" perchè prima li ho creati su carta, poi ho cercato qualcuno che potesse assomigliare loro. Non esiste la copia perfetta, perchè Charlie, Anya e Mimi sono perfette solo nel mio cuore e nella mia testolina.
Dopo ciò, ecco il capitolo u___u
19.
Unforgiven*
Da ormai più di venti
minuti erano chiusi nella sala
riunioni dell’appartamento di Amburgo, piuttosto stretta per
tutti loro, perchè
David stava tenendo loro un amabile discorsetto spaccanervi
sull’imminente
futuro dei Tokio Hotel, aggiornandosi di continuo con il suo fidato
BlackBerry,
che per i ragazzi sembrava emanare nel suo splendore un luccichio
alquanto
sinistro, simbolo di una sola cosa: lavoro. Questa volta,
però, la parola
lavoro era accostata ad un’altra molto più
piacevole: tour.
Durante quegli interminabili minuti a cui anche Anya era stata
costretta ad
assistere, la ragazza aveva dovuto combattere una battaglia ben
più snervante
che il discorso di David. Non c’era verso a farglielo capire.
Quella mattina, Tom era finalmente rientrato a casa Kaulitz dalla sua
serata
con Andreas e gli altri e aveva trovato prima Bill, seduto in soggiorno
a
guardare la televisione e poi Anya, appollaiata sul tavolo della cucina
con una
tazza in mano e Simone lì vicino; nonostante stesse morendo
di sonno, non potè
fare a meno di sorridere della scena, irritando la ragazza, che lo
aveva subito
fulminato con lo sguardo. Tom aveva alzato le mani come a dichiararsi
innocente
ed era scappato dalla cucina prima che sua madre iniziasse a fargli la
paternale, fiondandosi sul divano accanto a Bill. Anche il fratello si
era
irritato non poco davanti alla faccia del suo omonimo distesa in una
smorfietta
saccente e alquanto divertita.
Dopo alcuni minuti, in cui la faccia di Tom parve irrimediabilmente
essersi
congelata in quell’espressione per il resto dei secoli, Bill
aveva sbottato:
-Cos’hai da guardarmi così?-
Per tutta risposta, Tom aveva alzato due volte le sopracciglia
rapidamente,
facendo cenno con la testa alla porta chiusa della cucina; Bill aveva
sbuffato
sonoramente, prima di sciogliersi in un sorriso, troppo eccitato per
fingersi
sdegnato con il fratello per la sua scenetta irritante.
-Ebbene?- lo aveva incoraggiato Tom
–Com’è andata?-
Bill aveva preso fiato e poi aveva iniziato a raccontare tutto al suo
gemello;
tutto, tranne alcuni dettagli, fissi nella sua memoria, che mai e poi
mai
avrebbe condiviso a parole con lui, ma bastava la sua espressione beata
a
trasmetterli quasi come un fax alla mente di Tom, che si stropicciava
compiaciuto le mani.
-Ma quanto siete stati là sopra?-
-Quando siamo scesi, era già buio da un po’-
-Come prima volta con lei, va bene- si congratulò Tom
–tenendo conto del fatto
che ce ne saranno altre, no?-
-Credo proprio di sì!- annuì Bill, convinto.
-E lei come ha reagito?-
-Bene, come avrebbe dovuto reagire?- chiese il moro, un attimo
interdetto.
-No, va bè, intendo dopo, dopo il tutto, quando è
venuta in camera da te- si
spiegò meglio Tom, sbuffando.
-Non ha reagito, è stata normale- ci rifletté un
attimo Bill –Bè, ovviamente
dopo avermi dato dello scemo per non aver capito che nostra madre ci
aveva
scoperti, cosa di cui sono ancora convinto-
Tom si sistemò la visiera del cappellino, contrariato.
-Male- fu l’unica risposta che diede allo sguardo
interrogativo del fratello.
-Come male? Ma se non poteva andare meglio di così!-
esclamò Bill.
-Eppure certe cose dovresti saperle, caro mio, si vede che
l’amore ti ha un po’
annebbiato i ricordi: cosa fa ogni singola ragazza di questo pianeta
dopo il
sesso? Dopo le coccole e stronzate varie?- gli chiese il rasta, come se
stesse
ponendo una domanda particolarmente facile ad un alunno
nell’ora di storia.
Bill non gli seppe rispondere, beccandosi un’occhiataccia.
-Cerca conferme! E Anya non l’ha fatto- gli
ricordò Tom. Bill fissò il gemello,
capendo improvvisamente.
-Oh no- biascicò.
-Oh sì! E le conseguenze di ciò possono essere
molto varie, spero tu sia pronto
ad accettarle o chiuderla prima ancora di iniziare a crederci, capito?-
gli
spiegò Tom, funesto.
Bill non seppe rispondere neanche questa volta. Mezz’ora
dopo, ricevuta una
chiamata di David, i due gemelli e Anya, seduta sul sedile anteriore
della
Cadillac, raggiunsero il più discretamente possibile lo
studio di Amburgo per
ritrovarsi con gli altri. Appena oltrepassata la soglia, poterono
constatare i
danni della scorsa serata di baldoria: Georg aveva due grandi occhiaie
scure,
proprio come Tom; evidentemente, entrambi non avevano dormito molto
quella
notte. Gustav, invece, era come al solito sveglio e rilassato e, seduta
di
fronte a lui sul divano, c’era Natasha, con la chiara faccia
di chi aveva
passato ore a vomitare per la sbornia. La bionda beveva poco e
saltuariamente,
ma ci aveva pensato Tom a darle il drink di troppo e spedirla per tutta
la
serata nella terra di non ritorno degli ubriachi e ogni volta che la
ragazza
chiedeva se sapessero qualcosa di Anya e Bill, le veniva allungato
senza
sospetti un Martini in più. La storia che Tom aveva rifilato
a tutti quanti,
con complicità di Andreas, era che suo fratello si era
sentito poco bene e Anya
non era venuta con loro perché non ne aveva alcuna voglia.
Nell’attesa che David e Dujna li raggiungessero nello studio,
i sei ragazzi si
erano piazzati davanti alla televisione e lì era iniziata la
lotta di Anya: per
prima cosa, dopo aver salutato la cugina con un abbraccio, aveva dovuto
raccontarle che si era fermata a casa Kaulitz perché nessuno
le aveva potuto
dare un passaggio fino in stazione ed era per quello che era arrivata
con i
gemelli, che non si facesse delle strane idee. Aveva adottato un
sorriso di
circostanza mentre raccontava con aria innocente alla cugina la sua
versione
dei fatti, ma lo stomaco le si era attorcigliato dolorosamente nel
fingere.
Era questo il suo problema: ne era capace, ma le faceva male farlo.
Quella
notte, addormentata accanto a Bill con un suo braccio sullo stomaco, si
era
svegliata di colpo e non era più riuscita a prendere sonno,
le conseguenze
delle sue azioni che si erano fatte prepotentemente spazio nella sua
coscienza.
Alle due di notte, sveglia, con gli occhi spalancati che guardavano il
soffitto, aveva realizzato quello che era successo: era andata a letto
con
Bill, se l’era scopato di brutto, porca puttana. Eh
sì, si era scopata l’oggetto
dei desideri di sua cugina e le era anche piaciuto farlo, non se ne
pentiva
minimamente.
Però, era sua cugina. E lui era solo Bill.
Urgeva una soluzione e anche in fretta, per l’amor del cielo,
altrimenti il suo
grillo parlante non l’avrebbe più lasciata vivere
in pace, facendole pesare
quella scopata come l’errore più grande della sua
vita e non le sembrava
proprio il caso. Doveva solo fingere, fino a nuovo ordine e sarebbe
andato
tutto bene.
Tom aveva preso posto sul divano accanto alla truccatrice e Bill e Anya
erano
stati costretti a sedersi vicini sull’altro divano, in
compagnia di un composto
Gustav che faceva zapping fra i canali; trovato quello che poteva
interessargli, il biondino aveva appoggiato la testa sulla mano e si
era perso
fra i pixel del grande schermo. A poco a poco, la stupida telenovelas
che il
batterista si era messo a seguire aveva catturato
l’attenzione di tutti che,
automaticamente, si erano girati verso il televisore e stavano
assimilando
piano piano la storia a forza di flashback dei personaggi. Bill si era
accomodato sul divano, accoccolandosi vicino ad Anya per poter
allungare le
gambe sul sofà e aveva portato una mano oltre il cuscino
dietro le sue spalle.
La ragazza era rimasta immobile ed indifferente, almeno fino a quando
non aveva
sentito la testa di Bill posarsi sulla sua spalla e il suo braccio
scenderle
lungo la schiena, dietro di lei. Si era subito scostata con
un’occhiata di
rimprovero al ragazzo e si era allontanata da lui, cercando di fargli
capire
con lo sguardo che non era proprio il caso che si facessero vedere da
tutti.
Bill le aveva lanciato uno sguardo sconsolato e poi si era di nuovo
raddrizzato, stringendole per un attimo la mano. All’arrivo
di David, i sei
ragazzi avevano dovuto spegnere la televisione e seguirlo nella sala
riunioni e
lì, Anya aveva passato venti minuti ad intimare a Bill
sottovoce di spostarsi
un po’ con la sedia, evitare di toccarle la schiena o la
gamba con una mano e
di crollarle addosso addormentato, approfittando del fatto che il
discorso del
manager stava annoiando tutti.
-Bene, come voi sapete, ora inizierà il tour- era finalmente
arrivato a dire
David, dopo aver parlato senza sosta dell’America, dei suoi
progetti andati a
buon fine e blablabla. Con la parola tour,
riuscì a conquistare l’attenzione di tutti i
presenti, che si raddrizzarono
sulle sedie e cacciarono il sonno con uno scossone deciso del capo. Per
la
centesima volta, Bill spostò la sedia verso Anya, in maniera
talmente
impercettibile che nessuno poteva accorgersene, nessuno tranne lei che,
esasperata, scattò in piedi come una molla al grido di: -Chi
vuole un caffè?-
Tutti la trovarono un’idea magnifica, grazie Anya, fecero le
loro ordinazioni,
chi il cafè, chi un bicchiere di Coca-Cola, e la ragazza si
precipitò verso la cucina,
tirando il fiato solo alla vista del fornello sporco davanti a
sé; ci si
appoggiò con entrambe le mani e prese a dare testate sulla
credenza lì sopra.
Il rumore arrivava fino alla sala dove erano riuniti gli altri, ma
nessuno ci
fece caso, a parte Bill, che lanciò un segnale
d’allarme al fratello con un
calcio sotto al tavolo, ottenendo in risposta solo uno scuotere del
capo
indefinito.
Anya trovò la caffettiera grande e la scatola del
caffè dopo aver cercato in
ogni sportello; riempì d’acqua il contenitore e, a
cucchiaini, sistemò la
polvere di caffè nera ed intensa nella caffettiera, per poi
chiuderla e
metterla sul fuoco. Ci mise cinque minuti a bollire e spandere il suo
profumo
per tutta la cucina; durante quel tempo, Anya non seppe far altro che
camminare
avanti e indietro, dalla porta al forno, misurando la cucina con i suoi
passi
lunghi e nervosi. Un goccio di caffè scappò con
uno sbuffo dal beccuccio di
acciaio prima che si accorgesse che doveva spegnere il fuoco, o la
cucina
sarebbe stata inondata di caffè bruciacchiato.
Tirò fuori le tazzine e si mise
a cercare lo zucchero, che sembrava essersi volatilizzato nel nulla; di
solito,
non lo riponevano neanche in un contenitore, ma lo lasciavano nella sua
confezione, così come il sale e la farina, se riuscivi a
trovarli. Sì, erano
là, li aveva visti: sull’ultima mensola della
credenza. Ovvio, quella a cui le
non arrivava neanche con i trampoli; ci tentò, per la
verità, ma sedie su cui
salire non ce n’erano, erano servite per sedersi tutti in
sala e quella era
l’unica credenza volante, senza alcun bancone sotto. Per una
volta, Anya
maledisse la sua statua e quello che i tacchi non potevano fare; si
affacciò
alla porta, urlando in corridoio: -Qualcuno venga ad aiutarmi a
prendere lo
zucchero!-
Iniziò a versare il caffè nelle tazzine,
improvvisamente calma; sapeva che
sarebbe venuto lui, era inevitabile, maledetta cucina. Lo vedeva
già, alzarsi e
dire –Vado io- con un sorriso mal celato, cercando
l’approvazione del fratello.
Attese ancora poco, con la schiena volutamente rivolta alla porta; non
si girò,
continuò a versare il caffè, mentre Bill, appena
entrato, recuperava senza
difficoltà lo zucchero e si avvicinava a lei per
porgerglielo. Lo posò sul
tavolo, vicino alla caffettiera e, dopo aver inumidito
l’indice, lo immerse nei
granelli dolci, portandoseli alla bocca. Anya gli fece cenno con il
capo al
cassetto dei cucchiaini che lui, mansueto, andò a prendere.
Svolta anche quella mansione, Bill si avvicinò di nuovo alla
ragazza che,
nonostante cercasse di non farlo, si trovò costretta a
rivolgere la sua
attenzione dalla bottiglia di Coca-Cola appena presa dal frigorifero, a
quel
viso chiaro e stranamente tranquillo, senza risparmiarsi un sospiro e
un’occhiata di rimprovero mal simulata.
Bill sorrise divertito del broncio della ragazza e poi le prese il viso
tra le
mani, aggredendola con un bacio, da cui Anya cercò di
staccarsi, ma senza
successo.
-Bill…- lo avvertì, mordendogli il labbro per
tentare di allontanarlo. Come
risposta, ottenne solo che il ragazzo riuscisse ad oltrepassare la
barriera
bianca dei suoi denti ed invaderle il palato, leccandolo con
l’ausilio di quel
suo gelido piercing. Vinta, Anya si avvicinò di
più e si aggrappò al collo di
Bill con entrambe le braccia, mentre il ragazzo si impossessava del
tessuto
della sua gonna. Tenne gli occhi aperti per un po’, fissi
sulla porta,
all’erta, ma le palpebre rapite cominciavano a chiudersi da
sole
inesorabilmente, intimandole di concentrarsi su qualcosa di
più importante di
un corridoio.
-Ehm, ehm- li interrupe una voce roca alle loro spalle, facendoli
staccare di
colpo; il cuore di Anya iniziò a martellare impazzito per lo
spavento, saltando
parecchi battiti e si tranquillizzò solo quando
riuscì a focalizzare la faccia
di Tom sotto uno dei suoi soliti berretti. Tirò un sospiro
di sollievo.
-Per quanto mi ecciti l’idea di vedervi scopare sopra il
tavolo della cucina,
sono venuto ad avvertirvi che di là aspettano il
caffè- annunciò loro Tom,
prendendo in mano due delle quattro tazzine posate sul ripiano
–E si chiedono
che fine avete fatto-
Bill guardò allarmato il fratello, imitato da Anya, ma Tom
li rassicurò con lo
sguardo.
-No, nessun sospetto, ma dovreste fare più attenzione e
ringraziare del fatto
che sono venuto io ad avvertirvi; poteva venire qualcun altro- fece
loro
presente Tom, dirigendosi verso il corridoio con le tazzine.
Anya respirò
profondamente, guardando Bill mandare
sottovoce a fanculo suo fratello.
-No, Bill, ha ragione- lo ammonì, staccandosi dal suo
abbraccio e prendendo il
vassoio con le altre tazzine e la Cola-Cola –Aspettami qui,
dobbiamo parlare-
E Bill l’aspettò lì, vedendola uscire
dalla cucina con la gonna che le sbatteva
sul ginocchio, ondeggiante e ammaliatrice,
l’aspettò senza far nulla, in
verità, senza chiedersi nulla, anestetizzato
dall’aria pacata della cucina. Al
suo ritorno, Anya si sedette sul tavolo, in silenzio.
-Ho detto agli altri che sei in bagno e che venivo a ripulire la
cucina- gli
spiegò, dondolando le gambe. Bill annuì e
aspettò.
-Ti ricordi quello che ti ho detto sulla casetta a proposito di
Natasha?- gli
chiese la ragazza; Bill annuì di nuovo –Non deve
saperlo, nessuno deve saperlo,
né lei, né Georg, né
nessun’altro-
-In pratica dobbiamo fare finta che non sia mai successo niente-
l’assecondò
Bill, contrariato, cominciando a capire davvero quello che suo fratello
aveva
voluto dirgli.
-Io, ecco… sì. Sì Bill, io non posso
dire a mia cugina che ho scopato con il
ragazzo che le piace e tu non puoi dirlo a Georg. Andrebbe tutto a
puttane! Non
possiamo dirglielo così!-
-Sì che possiamo. Non abbiamo fatto niente di male Anya,
capiranno e lo
accetteranno; tenerglielo nascosto peggiorerà solo la
situazione- cercò di
convincerla Bill, mostrandole l’altro lato della medaglia.
-Natasha non mi parlerà più, tu litigherai con
Georg e l’armonia della band
andrà a farsi fottere e per cosa? Per me, ti senti di
litigare con uno dei tuoi
migliori amici, nonché membro della tua band, per me?- gli
chiese Anya,
sollevando un sopracciglio.
-Sì!- rispose d’impeto Bill.
-No Bill, no. Non possiamo dirglielo così, metterli davanti
al fatto compiuto e
dar loro un ultimatum, o lo accettate o ve ne andate a fanculo- scosse
il capo
Anya –Sono già in troppi a saperlo-
-Lo sa solo Tom-
-E tua madre e lo scoprirà anche David. Dovremmo dirglielo
secondo te?-
Bill non rispose, cominciando ad entrare nell’ottica del la
ragazza: erano
tutti contro di loro, tutti.
-No- le rispose –so già che non ce lo
permetterebbe. Tirerebbe fuori che ho la
mia carriera a cui pensare e che averti vicina ventiquattro ore su
ventiquattro
mi distrarrebbe- conosceva bene il suo manager, Bill.
-Capisci?- Anya scese dal tavolo, prendendo il viso del ragazzo tra le
mani
-Non voglio rovinare qualcosa in cui credo. E’ strano-
aggiunse poi -non ci
siamo mai potuti sopportare, tu troppo star, io troppo Anya-
-Io è da quando ho sedici anni che penso a te, scema- le
fece presente Bill,
facendola sorridere.
-Per quanto riguarda Nati, ci parlerò, chiarirò
tutto. E anche con gli altri,
poco a poco chiariremo e andrà bene- annuì Anya.
-Ok-
-Ok?- Anya stampò un bacio sulle labbra dolci del ragazzo,
guardandolo di
nuovo.
-Sì, ok- la baciò a sua volta Bill.
Tornarono nella sala riunioni silenziosi e discreti e si risedettero ai
loro
posti mentre David poggiava la tazzina del caffè sul
piattino e si puliva i
baffi con un tovagliolino.
-Bene, ora che anche il nostro vocalist è tornato, parliamo
seriamente di
questo tour- annunciò, incrociando le braccia al petto
–Dunque, come sapete
abbiamo aggiunto altre date e la prima sarà il 3 marzo, a
Bruxelles, sold out.
Io e gli altri produttori abbiamo preso una decisione
all’ultimo minuto e ci
scusiamo di farvela avere così in ritardo: la scaletta, per
quanto riguarda i
Paesi in cui è uscito Scream,
sarà in inglese-
Bill soffocò nel suo bicchiere di Coca-Cola.
-Cosa?- esclamò con voce strozzata.
-Ve ne avevo già accennato, per promuovere l’album
in inglese dovrete cantare
in inglese-
-Ma, ma le nostre fan ci conoscono in tedesco, io credevo che avremmo
cantato
in tedesco!- esclamò ancora Bill.
-Allora Bill, ascoltami bene: abbiamo deciso, quando è
uscito Scream,
che avremmo fatto di tutto per conquistare il mondo e il mondo non
può essere
conquistato in tedesco. L’inglese è la lingua
della musica-
-Non la mia! E poi continui a dire “conquistare,
conquistare”, non dobbiamo
fare la guerra a nessuno!- protestò il ragazzo, esasperato.
-No, hai ragione, ma così stanno i fatti e li devi
accettare: anche in Europa
canterai in inglese. E’ questa la nuova faccia che io e gli
altri produttori
vogliamo dare ai Tokio Hotel e prima vi abituerete, meglio
sarà- gli tarpò le
ali David.
-Immagino sia una questione di marketing- sentenziò Gustav,
esprimendo a parole
quello che anche gli altri volevano dire.
-E’ soprattutto una questione di coerenza: ci siamo fissati
un obbiettivo,
anche voi ragazzi e ora lo dobbiamo portare a termine. E’ lo
Scream Tour
questo, il tour per l’album Scream-
-E' il 1000 Hotels Tour- protestò Bill -Non sono pronto a
cantare in inglese-
-Sì che lo sei, in America non hai fatto altro e poi avrai
tutto il tempo che
vorrai per provare, in questi giorni faremo le prove generali, a Lipsia-
Bill fece per protestare di nuovo, ma un’occhiataccia di
David lo mise a
tacere. Doveva solo accettare il fatto che avrebbe di nuovo cantato con
la sua
pronuncia orribile e la sua “r” mal riuscita. Ma
forse era un bene: era
importante, adesso, imparare l’inglese, altrimenti non
avrebbero più potuto
rimanere al passo con i tempi che la loro carriera stava prendendo.
Si rassegnò, mentre David faceva passare loro il foglio con
la scaletta
provvisoria.
-On the Edge la voglio prima di Ready Set, Go!- pattuì subito
Tom,
appena presa visione della lista. David gli rispose con un gesto vago.
-Abbiamo mantenuto il più possibile le indicazioni che ci
avete dato-
-Sì, ma On The Edge va
prima di Ready, Set, Go!- gli
ricordò ancora il
chitarrista.
-Sì, va bene Tom- si arrese David, per metterlo a tacere
–Ah, un’altra cosa:
nelle date in Germania e Francia, le canzoni saranno in tedesco-
-Ah no eh! O tutte in tedesco o nessuna!- scattò in piedi
rumorosamente Bill,
puntando un dito contro il manager, contrariato.
-In Francia e in Germania non è uscito Scream-
iniziò a spiegargli
David, ma il ragazzo non gli diede modo di continuare.
-Così le fan penseranno che facciamo preferenze!-
esclamò.
-E’ ora, Bill, che pensi un po’ di più a
quello che si deve fare e non a quello
che le fan potrebbero pensare!- lo ammonì David.
-Ma quale artista pensa così? Le fan sono al primo posto in
queste faccende-
David sospirò, sconsolato, massaggiandosi una tempia con la
mano.
-Bill, così è e prima te lo fai entrare in testa,
meglio è. Andrà tutto bene,
capisco che siete eccitati e in ansia, ma tirare fuori il panico non mi
sembra
il caso, non è il primo tour e non sarà neanche
l’ultimo- mise fine alla discussione
il manager –E adesso siediti, che abbiamo anche altro su cui
discutere-
-Sì, infatti- si intromise questa volta Gustav. David lo
guardò un attimo
interdetto, non capendo cosa volesse dirgli il biondino.
-Dobbiamo trovare un posto a Mimi- annunciò questo, pacato.
Il manager alzò gli occhi al cielo: -No, anche questa storia
no!-
-Sì, invece-
-Non possiamo portarcela dietro, Gustav! Abbiamo un capitale contato e
le
nostre spese non possono oltrepassarlo, ci sono delle regole e una
tabella di
marcia. Quella ragazza non ne fa parte, non c’entra niente-
-Ed è qui che ti sbagli: per i soldi, non
c’è alcun problema, se è solo per
questo, sono abbastanza ricco da potermi permettere di mantenerla, se
è il
caso. Non la lascio qui in Germania-
-Un momento- si intromise Anya, confusa –Chi è
Mimi? Perché io non so mai
queste cose?-
Si era decisamente persa qualche passaggio. Gustav la guardò
un attimo
stranito, prima di ricordarsi che lei non l’aveva conosciuta
e non c’era stato
modo di parlargliene da quando si erano visti. Fece per aprir bocca e
iniziare
a spiegarle, ma Nat lo precedette, prendendo da parte la cugina e
dicendole che
le avrebbe raccontato tutto dopo.
-Comunque, non c’è niente di cui discutere Gustav,
non può venire- rincarò la
dose David, categorico.
-Non c’è niente di cui discutere perché
lei viene, punto e stop- ritrattò il
biondino, cocciuto. Il manager non si era di certo aspettato una
reazione
simile dal pacato batterista della sua band.
-Ma, è incinta e…- tentò di
argomentare ancora.
-Questi sono affari nostri, voi non siete coinvolti. Posto sul tourbus
ce n’è e
una persona in più non ci manderà in bancarotta.
Inoltre, può sempre aiutare
Anya nei suoi compiti; è una ragazza abituata a lavorare per
vivere, non se ne
farà alcun problema- Gustav lanciò uno sguardo
supplichevole alla loro tata,
perché lo appoggiasse e Anya colse subito la chiamata, un
attimo sorpresa del
fatto che il batterista avesse una nuova ragazza da così
poco e questa fosse
già incinta.
-Sì David, chiunque sia, può darmi una mano, non
sarà di alcun disturbo, anzi,
si renderà utile-
Il manager sospirò ancora.
-Va bene, ne riparliamo, ma per ora è un sì-
capitolò alla fine, per la gioia
di Gustav, che ricevette una pacca amichevole da Georg per il buon
esito della
missione.
-Bene, direi che la riunione è conclusa-
sentenziò Tom, spazientito da tutte
quelle chiacchiere e ben deciso a concedersi un’ora
rilassante davanti alla
Play Station –Chi viene a giocare a Tekken 5?-
Georg alzò una mano, offrendosi volontario e
scattò rapido verso il soggiorno,
seguito con qualche difficoltà dall’amico. Anche
Anya fece per alzarsi e
raggiungerli, era un mostro a quel gioco, ma Natasha la
fermò.
-Senti Nani, io oggi vado dal parrucchiere, ho l’appuntamento
pre-tour, sai
com’è- rise –Ti va di venire a farti
dare un’aggiustatina ai capelli?-
Anya annuì, sorridendo.
-Certo. Ah, Gustav!- chiamò il batterista, che stava
lasciando la sala con un
sorrisone stampato in viso –Chiedi a Mimi se le va di venire
dal parrucchiere
con noi questo pomeriggio, così la posso conoscere-
-Molto volentieri, grazie mille Anya- le sorrise il ragazzo, annuendo.
Alla prossima, grazie a tutte quelle che hanno inserito la mia storia in preferiti *-*
*song dei Metallica