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Autore: unleashedliebe    19/09/2014    2 recensioni
2008, il tour dei Tokio Hotel viene interrotto a causa dei problemi alla gola del cantante Bill Kaulitz.
“-Tu sei musica- sussurrai guardandolo negli occhi, mentre il suo viso si apriva in un sorriso innamorato.
-Sembri un’illusione- sussurrai. -Sono qua, al tuo fianco- mormorò caldo, rabbrividì.
-Sei bello, troppo. È normale domandarsi se esisti veramente, sai? Tanta perfezione in una persona non è ammessa. Tu, tu sei l’eccezione alla regola Bill-"

L’amore colpisce all’improvviso, non si è padroni di scegliere la persona di cui ci si innamora, succede e basta. Questo Bill e Mel lo sanno bene.
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bill Kaulitz, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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(c)ADL

Capitolo XX

Stavo scendendo assieme a Tom quando mi arrivò un messaggio di Julia che chiedeva di passare da Mel prima, visto che non era ancora arrivata giù.
-Io vado da Mel, tanto noi suoneremo tra due ore minimo. Lei è circa a metà quindi..- ragionai a voce alta.
-Vai dal tuo amore- disse lui ridacchiando, -Io cerco qualcosa da fare intanto- strizzò l’occhio sparendo dalla mia vista.
Traduzione: Io cerco qualcuna da farmi intanto.
Bussai sulla porta ma, non ricevendo risposta, entrai comunque.
-Mel?- la chiamai, sentendo dei rumori provenire dal bagno.
-Bill? Sono in bagno. Ora esco- mormorò nervosa. Uscì timidamente con lo sguardo basso. “Dio, che bella” fu il mio primo pensiero.
Aveva indossato uno dei vestiti scelti da me al KaDeWe, azzurro e dal taglio semplice che le arrivava sopra al ginocchio. Ai piedi un paio di decolleté bianche, in tinta con il trucco chiaro del suo viso e il cappello. Gli occhi brillavano come due perle sul viso pallido. 
-Mi ha costretto Julia a mettere questo- farfugliò, chissà perché ma l’avevo già intuito.
-Perché ti vergogni?- domandai mentre il suo viso arrossiva, -Sei splendida- dissi sinceramente.
In quel momento alzò lo sguardo e lo punto sul mio corpo, squadrandomi con curiosità. Si soffermò sul viso, avvicinandosi e accarezzandomi le guance. Piccoli brividi mi percorsero la schiena, era l’effetto di ogni suo tocco.
-Non ti avevo mai visto così- parlò piano, -Sei così bello- le mie guance presero calore e distolsi lo sguardo, notai che si torturava le mani nervosamente.
-Paura?-
-Peggio- ammise, -Non trovo il coraggio d’uscire da qua. Sono troppo ansiosa!-
-Non devi averne, ci sono io che faccio il tifo per te- strizzai l’occhio.
-Ciò non mi rassicura per niente, sai? Non voglio fare una brutta figura davanti a tutti e a te!- borbottò.
-Infatti non succederà-
-Io da qua non esco- annunciò, sedendosi a gambe incrociate sul letto; trattenni a stento una risata, quando assumeva quell’espressione incavolata era davvero buffa.
-Se vuoi conosco un modo per allentare la tensione- sorrisi furbamente.
-Mh- mormorò confusa, guardando la mia faccia. Arrossì, aveva capito cosa intendevo.

* * *

-Bill, cavolo dobbiamo andare, tocca a me fra venti minuti!- disse agitata Mel, mentre si risistemava il bordo del vestito e controllava che il trucco non fosse sbavato.
-Andiamo- le sorrisi, passando la spazzola sui capelli leggermente arruffati.
Mi prese la mano, trascinandomi fuori dalla porta.
-Più tranquilla adesso?-
-Sì.. qualcosa mi ha fatto passare la tensione- arrossì imbarazzata.
-Contento di essere utile- scoppiai a ridere, per essere poi seguito da lei e la sua risata dolce.
-Andiamo da Julia?- propose, -E’ là- indicò l’amica intenta a truccare una sconosciuta. Annuì.
-Ehi ragazzi, agitati?- domandò finendo di passare del mascara sulla ragazza, per poi mandarla via e poter parlare con noi.
-Un po’- rispondemmo all’unisono. Ci fissò pensierosa per un attimo per poi avvicinarsi a me, con un ghigno malizioso sul viso. Strofinò il dito sul mio collo.
-Attento Kaulitz, qualcuno potrebbe chiedersi perché hai del rossetto qui- ammiccò in direzione della mia ragazza, che sembrò voler scavare una fossa per nascondersi al suo interno.
-Oh, bravo il mio fratellino che ha trovato un modo per sfogare la tensione!- spuntò Tom da dietro, facendomi sobbalzare. Idiota!
-
Taci Tom!- l’apostrofai, notando strani segni violacei sotto l’orecchio, -Vedo non ti sei risparmiato neanche tu- aggiunsi acido, mentre se la rideva.
-Siete troppo carini quando vi prendete a parole- fece Julia, -Sembrate due bambini-
-Perché lui è un bambino!- esclamammo entrambi nello stesso momento, additandoci. Maledetta telepatia gemellare! Però la scena era talmente comica che non riuscimmo a rimanere seri.
-Bravi i Kaulitz, uno più idiota dell’altro- commentò la castana.
-Concordo- l’appoggio l’altra.
-Vi siete messe d’accordo per rompere le palle, per caso? No perché mi piacerebbe saperlo, almeno mi posso preparare- intervenne Tom, scherzoso.
-Esatto, coalizione contro di voi!- Mel tirò fuori la lingua divertita, tutta l’ansia di prima era svanita.
-Quando tocca a te?- domandai.
-Dopo Serena, quella che deve cantare Gomenasai delle Tatu-
-Cioè, quella che è sul palco adesso?- indicai la biondina che si stava esibendo in quel momento.
-Merda- sussurrò spalancando la bocca, -merda, merda, merda!-
-Ha finito!- esultò Ju, -Vai e spacca piccola!- la incoraggiò.
-Ah..- balbettò, -aiuto-
Vedendola in difficoltà la presi da parte e lasciai che si accoccolasse sul mio petto, sentivo il suo cuore battere all’impazzata.
La potevo capire benissimo, agli inizi succedeva anche a me, poi riuscì a controllare il panico, nonostante il nervosismo prima di un concerto non sarebbe mai scomparso, come non tremare di fronte a miliardi di persone lì per te e la tua musica?
-Quando sarai là non pensare al pubblico, fai finta di essere in camera tua, con il tuo pianoforte. Nessuno ti ascolta, ci sei solo tu con la musica, tu e la tua passione, il resto verrà da sé- le sorrisi incoraggiante.
-Lo spero..- disse poco convinta.
-E ora è il turno di Mel Bauer! Un applauso- il direttore interruppe la nostra conversazione e fui costretto a staccarmi da lei, spingendola verso il palco. Mi guardò terrorizzata per poi prendere posto.
-Grazie- chiuse gli occhi come le avevo suggerito e prese un respiro, per poi cominciare a muovere le dita con sicurezza e dolcezza sulla tastiera, riproducendo la melodia di una famosa canzone.

You with the sad eyes,
don’t be discouraged, Oh I realized
it’s hard to take courage, in a world
full of people you can lose the sight of it all..”

Non avevo mai avuto modo di sentire pienamente la sua voce, ne rimasi incantato. Le sue mani fluttuavano dolcemente sui tasti d’avorio, sembrava li accarezzasse come una madre accarezza il figlio, con amore. L’espressione del suo viso era rilassata e infondeva tranquillità, la mia musa.
Al momento del ritornello dischiuse le palpebre vagando lo sguardo fra tutte le persone presenti, le quali la fissavano in adorazione, finché non lo inchiodò al mio, mi accorsi solo in quel momento di essermi avvicinato al palco inconsapevolmente, seguendo il richiamo della sua voce.
Mi fissò e lo intonò con tale dolcezza che, quasi, mi salirono le lacrime agli occhi.

But I see your true colors,
shining through, I see
your true colors..

Tornò a chiudere gli occhi, mentre io non riuscivo a pensare a nulla, se non a quanto fosse terribilmente meravigliosa, là con gli occhi chiusi e le labbra che si muovevano lentamente, seguendo la melodia creata dalle sue dita sottili.

“.. that’s why I love you”

Faticavo a prestare attenzione alla musica e a ciò che mi stava attorno, a causa del battito del mio cuore che rimbombava nelle orecchie. Quella frase pronunciata a volume più basso rispetto al normale mi fece tremare, era pur sempre una confessione, perché ero certo non avesse scelto quella canzone a caso, e il fatto che per un momento m’avesse guardato, per poi distogliere gli occhi dai miei e pronunciare quel pezzo mi aveva tolto ogni dubbio. Su quel palco stava cantando per me.

“True colors, are beautiful.. like a raimbow”

Quei tre minuti e quarantasei passarono senza che me ne accorgessi, mi sentivo catapultato in un'altra dimensione in cui c’eravamo solo io e lei. Respiravo lentamente, cercando di riprendermi. Era possibile amare una persona così tanto?
Cosa mi hai fatto, Mel?
Ho avuto più storie nella mia vita, eppure lei aveva annullato tutto. Mi sembravano tutte cose banali se confrontate a come stavo con la mia principessa, a come mi faceva sentire.
Ho conosciuto ragazze più belle, più estroverse, più semplici, tuttavia mi ero innamorato di Mel, timida e complicata, sempre in conflitto con se stessa, decisamente troppo pensierosa e altruista, debole fisicamente ma forte nell’animo.
Era unica. Era mia.

Lo scroscio di applausi che partirono una volta ebbe terminato mi riportarono bruscamente alla realtà, mentre lei scendeva frettolosamente imbarazzata e si catapultava fra le mie braccia.
Mi guardava timorosa, in attesa di un mio commento.
-Io.. non ho parole, sul serio.- ammisi serio, per una volta in tutta la mia vita non riuscivo a trovare i termini adatti per descrivere ciò che pensavo, -Mi tremano ancora le gambe. Dove tenevi nascosta quella voce, eh? Sei..  hai brillato su quel palco!-
Mi sorrise radiosa, mostrando gli occhi lucidi. Mi si strinse il cuore, ancora non le avevo detto nulla..
-Andiamo da Julia?- mormorò poi staccandosi leggermente.
-Tu vai, io devo raggiungere Tom, senti questo rumore?- accordi di chitarra, -Ecco, è lui che sta sistemando tutto per l’esibizione-
-Okay, non vedo l’ora di vederti suonare- disse con gli occhi che le luccicavano. Sorrisi in imbarazzo.
-Dai, a dopo allora- mi baciò e corse via, ancora euforica per l’esibizione.
Raggiunsi mio fratello e lo trovai seduto a lucidare la sua amata chitarra classica, una delle tante che possedeva.
-Allora, pronto?- domandò vedendomi arrivare.
-Sì, il mio primo “show” dopo due mesi di pausa! Sono un po’ nervoso- ammisi.
-Tanto andrai bene, come sempre- mi rassicurò allegro, anche a lui mancava la nostra vita.
-Non ne hai ancora parlato con Mel, vero?- domandò cautamente, riferendosi al tour. Negai, senza aggiungere altro.
In quel momento l’ansia aumentò, mischiandosi a una sorta di cattivo presagio.
-Dai, tranquillo- mi affiancò stringendo per un attimo la mia mano, sapeva sempre come comportarsi con me. Danke, Tomi.
-Tocca a noi!- esclamai, vedendo il tecnico ci faceva segno di avvicinarsi all’entrata. Il pubblico circondò il palco, dopo essersi sparpagliato durante la piccola pausa e fissava l’ambiente in attesa.
-Eccoci tornati dopo la piccola pausa- iniziò il direttore, -E.. ora tocca a due persone, ma penso le conosciate già!- a quel punto si discostò per farci entrare e mi passò il microfono.
-Ehm,- non avevo preparato un discorso, improvvisai le solite parole di rito, -Io sono Bill e lui è mio fratello Tom dei Tokio Hotel- presentai, anche se praticamente ci conoscevano già tutti, -Gustav e Georg non sono potuti venire, perciò ci esibiremo nella versione acustica di “Wir sterben niemals aus”, spero vi piaccia- sorrisi per sedermi vicino al chitarrista, il quale mi lanciò un’occhiata d’intesa, prima di passare il plettro fra le corde. Chiusi gli occhi prima di iniziare, riconobbi l’attacco e feci uscire la voce, si presentò sicura, graffiante.
La sala ammutolì, mi sentì soddisfatto. Giunta l’ultima strofa cercai Mel e, una volta trovata, la sussurrai nella sua direzione, “
So was wie wir
Geht nie vorbei.
” Vidi le sue labbra tremare leggermente, per poi arricciarsi commosse verso l’alto. 
Concludemmo e fummo travolti di applausi, guardai Tom e notai aveva la mia stessa espressione: felicità. Stavamo per scendere quando notammo il direttore tornare sul palco, girai lo sguardo al gemello e ricambiò con un’occhiata preoccupata.
-Volevo dire sono felice che tu ragazzo- mi indicò, -abbia recuperato la voce. È stato un piacere averti nella nostra clinica, e spero – per te – di non vederti mai più- le persone là sotto ridacchiarono, mentre io mantenni un’espressione neutra, -Detto questo, goditi i tuoi quattro ultimi giorni qui. Per chi ancora non lo sapesse il tour europeo dei Tokio Hotel riprenderà a breve, il giorno..- prese un foglietto fra le mani, nel frattempo i miei pensieri si erano focalizzati sulla mia ragazza, non doveva saperlo così!! La trovai con lo sguardo basso, le mani strette a pugno.
-Ah ecco, il primo giugno a Lisbona!- mi irrigidì, non poteva stare zitto?
Mel alzò lo sguardo e sussultai vedendolo vuoto.
Mi diede le spalle.
Corse via.
Via da me.

* * *

 

Era successo tutto troppo in fretta.
Un minuto prima ascoltavo Bill e Tom suonare la bellissima “wir sterben niemals aus”, un minuto dopo scappavo dal salone, improvvisamente troppo stretto e soffocante.
Avevo scollegato il cervello, i piedi si muovevano automaticamente e mi riportarono in camera. Chiusi la porta a chiave, buttandomi sul letto.
Non riuscivo a pensare, in testa rimbombavano le parole “goditi i tuoi quattro ultimi giorni qui”.
Non me l’aveva detto. Era andato a parlare con David. Le nuove date del tour erano state stabilite.
La partenza era stata decisa. E non me ne aveva parlato. Mi aveva mentito.
-Stupida, sei una stupida!- cominciai a sussurrare stringendo le gambe al petto.  -Lo sapevi, sapevi sarebbe successo..- cantilenai.
Ero a conoscenza se ne sarebbe dovuto andare, un giorno, però ultimamente ero stata talmente presa da lui che non ci avevo più badato.
-Grosso errore Mel, complimenti Mel- mordicchiai in labbro.
Dovevo aspettarmelo, la riabilitazione l’aveva conclusa, la sua voce stava bene, perché non mi ero posta il problema?
-Perché, eh, perché?-
Avevo cominciato la storia con Bill sapendo non avrebbe avuto una bella conclusione: se volevo il lieto fine l’unica cosa era andare a vivere in una favola. Impossibile.
-Perché sono stata così masochista? Perché sono stata così stupida?- digrignai i denti, -Ah, perché lo amo. Giusto. E perché, nonostante tutto, ho passato i momenti più bella mia vita con lui- mi risposi.
-E ora cosa farai Mel, eh?-
Cosa avrei fatto? Senza di lui? Le sue carezze, i suoi sorrisi, i suoi baci..
-BASTA!- urlai stringendomi disperatamente al cuscino.
All’inizio avevo immaginato questo momento, quello della “separazione”.
Ero consapevole avrei sofferto. Ciò che non immaginavo, era quanto. Sentendo lo sguardo di Bill sul mio vuoto riuscì a percepire il mio cuore farsi pesante e il respiro difficoltoso, gli elefanti del mio stomaco avevano smesso improvvisamente di saltellare e si erano ammassati al suolo.
È strano come tutto possa cambiare in pochi minuti.
Un momento sei al settimo cielo, il momento dopo sottoterra.
Era successo tutto troppo in fretta.
Cominciai a ispirare forte, mentre il mio corpo venne travolto da singhiozzi sordi e forti.
-C-calmati..- mi auto imposi.
A fatica mi alzai recuperando la mia vecchia agenda, giacente sul comodino dopo aver ricevuto il regalo da Tom.
Mi imbattei su quello che avevo scritto i mesi prima.

..Forse  ho trovato quella persona.
E penso la lascerò andar via.
E’ meglio per tutti e due.
Almeno ci sarà solo un cuore che piangerà,
e sarà il mio.
..Oggi ho toccato il cielo con un dito,
domani.. potrei schiantarmi al suolo.queequewqw

Sembrava passato un secolo da quando avevo scritto quelle parole.. cos’era cambiato da allora? Avevo capito di aver trovato quella persona, e l’avrei lasciata andare. E lo sentivo già, il mo cuore, a pezzi.
Voltai le pagine.

“Massimo un mese,
 poi farò tornare tutto come prima.”

E invece non lo avevo fatto, non avevo trovato il coraggio e in fondo neanche lo volevo, perché stava rendendo la mia vita migliore.
Cosa restava? Una consapevolezza: non sarei mai riuscita a far tornare tutto come prima. 

“..Da ora, grazie a lui,
tutto ha senso.
..Amore.

Sorrisi di ciò che avevo scritto, anche se facevano fottutamente male.
Senza di lui nulla avrebbe più avuto senso.
Le parole che più descrivevano quella situazione erano le stesse – ironia della sorte – scritte all’inizio di tutto:

A volte la vita è proprio complicata.
A volte è troppo ingiusta.
A volte, è semplicemente stronza.

Ero inerme e in balia di me stessa. Il trucco scivolava macchiandomi le guance, il vestito tutto spiegazzato. E pensare che, questa mattina, mi ero alzata di buon umore.
Presi una penna. Scrivere, avevo bisogno di scrivere.

“Sto piangendo come una stupida.
Comincio a sentirmi un po’ più leggera, però.
Sarà perché il mio cuore si sta svuotando lentamente?
Fa male. Sto male.
Crack. Lacrime. Crack.
Tutto troppo in fretta. Dovevo aspettarmelo.
Invece mi sono lasciata distrarre dalla felicità.
Non avrei dovuto farlo.
Forse, se fossi stata più attenta, forse..
No, sarebbe stato peggio.
Crack. Lacrime. Crack.
Quattro giorni ancora. Poi? Sparirà dalla mia vita.
Era quello che volevo.
Eppure l’unica cosa che sento è dolore.
Crack. Lacrime. Crack.
Cosa farò ora?
Un fantasma richiuso in camera.
Mi prenderò una pausa.
Dal mondo.
Da Bill.
Da me”

 

* * *

 

-Hei, perché mi hai chiamato?- domandò la ragazza, rivolta al rasta, il quale le aveva chiesto un incontro in maniera piuttosto urgente.
-Ho bisogno del tuo aiuto Julia- affermò serio, guardandola negli occhi castani.
-Dimmi Tom-  ricambiando il tono.
-Oggi pomeriggio ce ne andiamo dalla clinica- la giovane annuì, esattamente quattro giorni erano passati dallo spettacolo.
-Lo so. E quindi?-
-Non possiamo partire lasciando che le cose fra loro due non si chiariscano. Devono parlare, incontrarsi-
La giovane sorrise amaramente, negli occhi del ragazzo era percepibile tutta la sua preoccupazione.
-Bill sta male- spiegò, -Non l’ho mai visto così giù, neanche quando gli hanno annunciato era necessario operarsi. Non sorride, è terribilmente pallido, fa fatica a mangiare, ha lo sguardo perso nel vuoto, ormai non piange più. Mi distrugge vederlo così, mi sento inutile. Ha chiamato Mel solo una volta e, non ricevendo risposta, si è arreso.- confessò gesticolando.
-Non vedo Mel da sabato- sospirò, -Praticamente è sempre chiusa in camera, lascia entrare i medici per i controlli e ha fatto spostare le lezioni dalla biblioteca alla stanza. Ho provato a chiamarla ma ha il telefono staccato, mi sono piazzata davanti alla sua porta e ho bussato dieci minuti senza ricevere risposta o captare un movimento dall’interno, questo tutti i giorni-
Distolsero lo sguardo, cercando una soluzione perché non era possibile continuare in quel modo.
Vedere le persone a cui tieni soffrire e autodistruggersi faceva male.
-Ho un’idea- esclamò Julia, incitata poi a continuare, -Oggi pomeriggio il dottore va in camera sua e la visita. Conosco bene Rossella, l’infermiera, che ha anche una relazione con lui.. quindi potrei parlare con lei e sicuramente riuscirà a convincere il medico a saltare la visita, così Bill busserà alla porta al suo posto, lei aprì e tuo fratello può approfittare per entrare, che dici?- come ragionamento, pensò lui, non faceva una piega.
-C’è un dettaglio però, Bill non vuole incontrarla. Cioè, non è che non “voglia”, visto come è fuggita allo spettacolo ha deciso di rispettare la sua decisione, nonostante stia soffrendo come un cane.. Potresti parlarle te?- propose.
-Non mi ascolterebbe, penso ascolterebbe te però-
-Perché dovrebbe?-
-Tu sei schietto e da subito sei stato contrario a una loro relazione, quindi starebbe a sentire ciò che hai da dire perché non le hai mai nascosto i tuoi pensieri, capisci che intendo?-
Tom Kaulitz annuì. Era ora di fare qualcosa.

* * *

Stavo bene.
Dal giorno dello spettacolo non avevo messo piede fuori dalla camera, ma stavo bene.
Avevo assunto un colorito un po’ più pallido, ma stavo bene.
Pian piano l’appetito andava scemando, ma stavo bene.
Mi ero rifugiata nello studio preparando la tesina, ma stavo bene.
Avevo ricominciato ad ascoltare la musica classica al volume più alto per non pensare, ma stavo bene.
Quando ero libera prendevo dei sonniferi per dormire e non riflettere, ma stavo bene.
Non accendevo il telefono da sabato, ma stavo bene.
Stavo bene, perché non dovrebbe esser stato così? In fondo era successo tutto come da programma, crogiolarmi nel dolore non serviva.
Me lo  ripetevo ogni minuto “è tutto okay, Mel”, ingannando me stessa: fingendo di crederci.
Sapevo non mi sarei potuta comportare così a lungo, l’essere umano ha bisogno di aria fresca e contatti umani, ogni tanto.
Rinchiusa nella mia stanza mi sentivo protetta, nessuno poteva entrare – se non il medico e la professoressa – e vedere in che stato versavo.
Non avrei sentito le persone parlare della partenza annunciata del cantante, non avrei rivisto Julia che m’avrebbe riempito di domande per capire come stavo. Isolata avevo trovato un modo per far finta di nulla, per pensarci il meno possibile, appena uscita avrei dovuto dare troppe spiegazioni, il che significava ammettere a me stessa che era finita, non sarebbe stato più il mio Bill e che ero sola.
Non ero pronta a fare i patti con la verità: ciò che facevo era ignorare.

-Sei un po’ patetica, eh Mel?- sussurrai guardandomi allo specchio mentre applicavo uno strato di fondotinta sul viso per coprire le occhiaie e rendere la mia pelle meno giallognola. Mi liberai del pigiama e indossai una vecchia tuta in attesa di sentir bussare Güllimber.
Appena sentì i colpi sulla porta feci girare la chiave e aprì la porta. La figura che mi si parò davanti, bloccandomi la possibilità di farlo uscire dalla camera, non era il dottore, decisamente.
Jeans larghi, t-shirt che arrivava al cavallo dei pantaloni, scarpe da ginnastica, rasta..
Tom Kaulitz era entrato e non sembrava intenzionato ad andarsene. Merda!
-Che vuoi?- domandai schietta, prendendo le distanze.
-Parlare, vengo in pace- alzò le mani al cielo, distolsi lo sguardo.
Era troppo uguale a Bill, stessi occhi. No, guardarlo faceva male.
-Il dottore?-
-Non viene-
Aspettò una mia risposta, che non arrivò.
-Perché ti comporti così?- esordì richiamando la mia attenzione.
-Così.. come?-
-Non gli hai lasciato spiegare, sei scappata, hai spento il telefono. Perché?-
-Cosa doveva spiegare? Per quale motivo avrei dovuto tenere il cellulare acceso? Non mi ha detto che sarebbe partito, ha fatto finta di nulla! Poteva dirmelo, no?- alzai la voce senza accorgermene.
-Credi volesse tenerti all’oscuro? Conosci Bill, non è fatto così. Ha provato a dirtelo, ma non è una cosa facile da comunicare. Non appena te l’avesse detto ti saresti allontanata e lo sai che è vero. Voleva solo godersi gli ultimi momenti qua! Non sei l’unica che sta soffrendo, eri a conoscenza di cosa sarebbe successo! Però hai scelto di iniziare una storia con lui, e credo sia valsa la pena, no?- riuscì solo a annuire debolmente, colpita dalle sue parole.
-Fra poco partiamo, non è giusto né per te né per lui lasciarvi in questo modo!- esclamò cercando il mio sguardo, -Sarebbe solo peggio, le cose rimarrebbero in sospeso. Dovete parlare, dovete chiarire!-
Tutto ciò che aveva detto era giusto e sensato, Tom sapeva essere maturo e giusto, soprattutto quando si trattava di suo fratello. Se era arrivato a venirmi a parlare vuol dire che il gemello doveva stare proprio male, come me.
-Pensaci- concluse, -Non hai tanto tempo Mel- addolcì il tono.
-..- sospirai, -Grazie- mi sorrise triste abbracciandomi, risposi al gesto sorpresa.
-Fa la cosa giusta piccola- mormorò nel mio orecchio, prima di sparire oltre la porta.
Come se fosse facile! Il rasta aveva detto tutte cose giuste, eppure non volevo scendere da Bill.
Avevo paura del confronto? No, semplicemente temevo la reazione del mio corpo di fronte a lui, di fronte alla consapevolezza l’avrei lasciato per sempre. Perché doveva essere così complicata la vita?  
Sospirai, guardandomi attorno e fissando poi il vuoto, mi alzai non so quanti minuti dopo per andare in bagno, dove lavai il viso, dovevo riprendere il contatto con la vita vera.  Posai l’attenzione al vaso di fiori vicino alla finestra: tulipani, ciclamini,
Presi la mia decisione, prelevai un gambo di e lo infilai nella borsa, uscendo velocemente da là, dopo quattro giorni di clausura. Per paura di trovare l’ascensore occupato feci le scale di corsa, raggiungendo poco dopo la stanza. Aprì di scatto.
Come un automa raggiunsi il comodino posandoci i fiori, se li avesse visto avrebbe capito – sapeva conoscessi il linguaggio dei fiori.
Guardando la stanza capì che era una speranza inutile. Era vuota.
Se n’era andato.   

   
 
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