Capitolo XXI
Quando
aspetti qualcosa con ansia il tempo sembra non
passare mai, quasi le lancette rallentassero per farti un dispetto,
succede il
contrario se ciò che attendi è spiacevole e non
vorresti arrivasse, tutto
accelera. Aggiungiamo il fatto che, è cosa nota, se sei
felice succede qualcosa
che ribalta la situazione facendoti ripiombare nel dolore; se le cose
vanno
male, è certo peggiorino ulteriormente.
Ho sempre pensato questo e niente mi aveva mai distolto dalla mia
teoria, in
quanto si era sempre rilevata esatta.
Maggio si era concluso ed erano passati dieci giorni dal mio ultimo
incontro
con Bill.
Guardavo
la stanza in cui alloggiava il cantante. Era svuotata. Come me.
Ero arrivata tardi, ecco cosa succedeva a rimuginare troppo senza
ascoltare
l’istinto. Ed ora..?
Mi sedetti sul letto prendendo il viso fra le mani, sentivo le lacrime
pulsare
desiderose di uscire, le ricacciai all’interno.
-Mel?- scoprì la faccia e rimasi sbigottita vedendo il
cantante di fronte a me,
stupito anch’egli dalla mia presenza.
-Avevo dimenticato la matita in bagno..- si giustificò
abbassando lo sguardo.
-Io.. sono venuta per parlarti, è troppo tardi?- confessai
tentennante.
-T-ti ascolto- si sedette cautamente al mio fianco, evitando ogni
contatto.
Eravamo entrambi a disagio.
-In realtà non so cosa dire- non avevo preparato alcun
discorso, le parole alla
fine uscirono da sole; -Ho reagito male, non dovevo scappare
così ma in quel
momento mi sono sentita tradita, ho pensato solo a me stessa e mi ci
è voluta
una ramanzina da parte di tuo fratello per mettermi nei tuoi panni e
capire
perché non me l’hai detto..- la voce aveva
iniziato a tremare, -sapevamo
sarebbe finita così, l’ho messo in chiaro fin
dall’inizio- continuai, -e non ho
cambiato idea-
Accanto a me il moro respirava lentamente, torturandosi le mani
perfettamente
curate in modo nervoso.
-Fa male..- sussurrò con voce carica di tristezza.
-Lo so. Però è la cosa migliore-
-Saperlo non rende le cose più facili- ribatté,
non seppi che rispondere.
-E quelli..?- domandò dopo qualche istante di silenzio,
indicando i fiori
posati sulla mensola.
-Camelia, ciclamino, rosa canina e tulipano – nei linguaggio
dei fiori
indicavano rispettivamente: sacrificio, inteso come un impegno ad
affrontare
ogni sacrificio in nome dell’amore, rassegnazione e addio,
piacere ma anche
sofferenza e dolore e infine un tulipano rosso, il vero fiore simbolo
dell’amore, era una dichiarazione silenziosa.
-Lo so questo- sorrise lievemente, -intendevo dire, cosa significano?-
sapevo
me l’avrebbe chiesto.
-Affetto, tristezza, mancanza, speranza- mentì, non
sembrò credere alla mia
frettolosa risposa, ma non aggiunse altro.
-Devo andare- rimasi zitta, se avessi parlato sarebbe uscito un
rantolo.
Impercettibilmente si alzò dal letto e si piazzò
davanti a me, per poi baciarmi
dolcemente sulla fronte. Pensavo il mio cuore sarebbe esploso in
quell’istante.
Si diresse verso la porta con passi incerti. Si fermò
davanti alla porta,
voltandosi nella mia direzione.
- Il vero amore dura per sempre, supera ogni ostacolo e tempo. Ci
amiamo e
niente potrà impedirci di stare assieme, un giorno-
Volevo trovare una risposta adeguata a quella affermazione, ogni parola
che mi
veniva in mente mi sembrava banale.
Perciò ricambiai con un sorriso che era un misto di tante
cose: rassegnazione,
tristezza, amore, speranza, addio.
Abbassò gli occhi e notai un luccichio che nascose
prontamente coprendosi con
gli occhiali da sole. Stava piangendo. A causa mia.
-Addio..- riuscì
a mormorare talmente
piano che temetti non m’avesse sentito.
-Arrivederci- rispose invece lui, dolcemente, per poi uscire dalla mia
stanza.
…e dalla mia vita.
Strinsi
i pugni, non dovevo pensare a lui. In quei mesi era
diventato come una droga e ora mi sentivo in piena crisi di astinenza;
la cosa
inoltre si riflesse anche nella mia salute: tutti i miglioramenti fatti
dal suo
arrivo erano stati velocemente spazzati via in seguito alla sua
partenza.
Non mi sentivo affatto bene, eppure continuavo a mentire ai medici, per
un
unico motivo: la promessa fatta a Julia un mese prima: dovevo andare
con lei al
concerto dei Tokio Hotel. Era il minimo potessi fare per sdebitarmi da
tutto
quello che faceva per me in quel periodo.
A parte il fatto che fossi tornata del mio colorito giallognolo
accompagnato da
mancanza d’appetito e da una leggera febbre – il
tutto nascosto ai miei medici
grazie a fondotinta/cestino dell’immondizia per il cibo/acqua
fredda per
ingannare il termometro, mi ero obbligata di pensare a lui il meno
possibile,
il che era inutile perché era sempre
nella mia testa. Col tempo magari sarei riuscita a rimuoverlo dalla
testa.
Balle, non ce l’avrei fatta, mai. Il suo nome pronunciato da
qualcuno, oppure
solo sentire le prime note di una canzone del gruppo mi provocavano
brividi e
lacrime che faticavo a controllare.
La verità era che Bill aveva lasciato una cicatrice troppo
grande sul mio cuore
che mai si sarebbe rimarginata. L’avrei portato con me per
sempre. Non avrei mai amato nessuno come lui,
e
questa consapevolezza mi distruggeva.
Stare male non mi impedì però di partire con
Julia alla volta di Dorthmund per
il concerto del tredici giugno.
Avevo ingannato i dottori, se avessero saputo le reali condizioni in
cui
versavo non mi avrebbero lasciata uscire. Io dovevo
vederli, ne avevo bisogno.
Da lì avrei ricominciato a vivere, almeno ci avrei provato. Di certo non potevo immaginare le cose
sarebbero andate in maniera totalmente diversa…
Così la mattina del dodici ero partita insieme
alla mia amica alla volta
dell’arena, armate di zaino, tenda, cose da mangiare,
vitamine, libri da
leggere, parole crociate, bottiglie d’acqua, ombrello e
asciugamano.
-Non posso credere domani vedrò i Tokio Hotel dal vivo..
grazie Mel, è un sogno
che si realizza!- esclamò sistemandosi la parrucca bionda
per poi sistemare un
ciuffo fuori posto dalla mia.
-Mi fa strano vederti coi capelli- ridacchiò.
Era una precauzione: di comune accordo avevamo scelto di fare la notte:
guadagnare la prima fila significava poter poggiare sulla transenna e
avere un
minimo spazio per respirare, senza scordare la vicinanza al palco.. non
potevamo però rischiare di farci riconoscere dai ragazzi,
avevamo optato perciò
in una sorta di “travestimento”.
-Che facciamo?- domandai davanti al parcheggio dell’arena,
ancora vuoto.
-Cerchiamo se ci sono altre fan in giro- l’idea non mi
alettava, passare due
giorni vicino a delle ragazze che parlavano costantemente di loro poteva risultare fastidioso,
soprattutto se erano fissati coi gemelli o su Bill,
avrei sopportato le battutine su di lui? No.
Tuttavia seguì Julia e vagammo un po’ a vuoto,
finché non individuammo una
tenda piantata di fronte all’entrata della location.
-Andiamo verso di loro, probabilmente la fila inizia da lì-
suggerì io, mentre
lei era già partita sparata.
Ci avvicinammo e udimmo un chiacchiericcio fisso provenire dalla tenta,
non
capivo la lingua. Appena appoggiammo le nostre cose a terra il parlare
si
interruppe e due ragazze fecero la loro comparsa, probabilmente
attratte dal
rumore.
-Hallo!- esclamò la più bassa, -Io sono Ludovica,
preferisco Ludo, e lei è
Anna- presentò l’altra.
-Mel e Julia, piacere!- sorridemmo, avevano l’aria simpatica.
-Da quanto siete qui?- domandò la mia amica curiosa.
-Oh, ieri pomeriggio- ridacchiò Anna, quella alta e riccia.
-Cosa, così tanto?- ero stupita.
-Già! Però vogliamo la prima fila e questo
è l’unico modo! Poi ci siamo
accaparrate un posto all’ombra, non penso riusciremo a
resistere sotto al sole
ad aspettare, inoltre siamo venute in Germania solo per questo-
spiegò Ludo.
-Non siete tedesche?-
-No! Siamo italiane!- ridacchiarono, -I biglietti per le date in Italia
erano
esaurite così abbiamo convinto i nostri genitori a mandarci
per l’estate qua,
con la scusa di fare le ragazze alla pari, anche se lo scopo vero
è partecipare
a questo concerto!-
-Siete pazze!- affermò Ju allegra, non potei che trovarmi
d’accordo.
-Ma no, okay forse un po’- rise la riccia, -Però..
per i Tokio Hotel questo ed
altro! Siamo fan dal 2005, dai loro esordi e aspettiamo di vederli dal
vivo
da.. tanto, troppo tempo!- continuò l’altra, -E
voi da quando siete fan?-
-Io dagli inizi,- prese parola la mia compare, -poi ho convertito lei-
-Oh! Che bella cosa convertire qualcuno! Benvenuta nel fantastico mondo
dei
Tokio Hotel quindi!- mi sorrisero, io ricambiai imbarazzata.
-Canzone preferita?- domandai.
-An deiner Seite- rispose Anna, -Non so neanche il perché,
è qualcosa di
troppo.. troppo! Ogni volta che l’ascolto mi viene in magone,
praticamente mi
manda a puttane lo stomaco!-
-Io invece adoro “1000 Meere”, per lo stesso motivo
di An!- si scambiarono
un’occhiata di intesa, -voi?-
-Spring nicht, mi ha tirato fuori da un momento difficile- ammise la
–
momentanea – bionda.
-Io amo Heilig, perché.. mi ricorda tante cose- e
perché me l’aveva dedicata lui.
-Avete un preferito?-
-Tom è un gran figo- esordì la mia amica,
scossi la testa, era la solita! –Peccato sia uno
spaccone, secondo me-
mi fece l’occhiolino.
-Se proprio devo scegliere direi Bill- annuì Ludo.
-Anche io, mi piace Bill- convenne Anna.
-In che senso, ti piace?- mi venne spontaneo chiedere.
-Non intendo dire di esserne innamorata, quello mai!-
arricciò il naso, -Non so
neanche io come spiegarlo, la prima volta che li ho visti sono rimasta
colpita,
abbigliata da Bill! Dal suo modo di fare, il suo stile androgino, la
sua
bellissima voce! Poi ha un bellissimo sorriso. Quando esce una foto mi
viene
spontaneo cercare lui, ho il computer pieno di sue foto ed è
pure lo sfondo del
mio cellulare! Adoro la sua risata, adoro tutto. Però
“amore” è una parola
troppo esagerata, non mi sento di etichettare così.
Più che altro è un’ossessione-
-Decisamente ossessionata!- l’amica le diede una pacca
scherzosa sulla spalla,
-Dovreste leggere quello che scrivere su di lui!-
esalò con occhi sognanti.
-No, lasciatela perdere, stanotte ha dormito poco e spara cazzate- la
prese in
giro, -A te invece Mel?- cambiò
velocemente discorso.
-Ahm..- dissi in difficoltà, -Mh, Bill. Così-
scossi le spalle, mentre sentivo
la mano di Julia prendere la mia per infondermi sicurezza. Ricambiai la
stretta.
-Piuttosto, datemi le mani- porgemmo il palmo e con un indelebile vi
segnarono
i numeri 3 e 4 sopra.
-E’ per tenere l’ordine, così abbiamo la
prima fila assicurata- illustrarono.
-Quindi, appena aprono i cancelli, domani sera.. oddio non voglio
pensare a
quanto tempo manca ancora!- sbuffò la castana, -Beh, appena
aprono si corre! Facciamo
in modo di trovarci vicine, okay?-
-Certo!-
-Quindi, che facciamo ora?- chiese Julia perplessa.
-Io andrei a dormire, in questi giorni non ho chiuso occhi per
l’ansia!- e
perché cercavo di immaginare come avrei reagito di fronte a
Bill…
-Va bene- brontolò la bionda, -Vedi di non fare il ghiro
fino- mi ammonì.
-Buonanotte allora!- mi augurarono prima di vedermi sparire nella tenda
appena
piantata. Frugai nello zaino e tirai fuori la scatolina con tutte le
varie
medicine, estraendo un sonnifero. Dal giorno dello spettacolo non ero
più
riuscita a dormire serena ed ero costretta a prendere delle pillole,
altrimenti
avrei passato la notte insonne. Passai una mano sul viso sudato, la
testa
pulsava dalla mattina, probabilmente avevo qualche linea di febbre,
però dovevo
tenere duro: per me, per Julia, per rivederlo. Ingoia la pasticca e
caddi in un
sonno indotto.
-Non
è che ha i tappi per le orecchie?- sentì parlare
qualcuno vicino a me.
-Insomma, ha preso sonno stamattina alle nove, e sta tirando avanti da
dieci
ore, è normale?-
-Per lei sì!- risero.
-Mel, su svegliati!-
Ignorai le voci e mi girai dall’altra parte, alimentando
ulteriori risate.
-Fanculo- borbottai aprendo gli occhi, -Rompipalle- le apostrofai
guardandole
male.
-Dai, volevamo farti vedere una cosa- mi trascinarono fuori e subito
fui
avvolta dall’aria tiepida, per poi spalancare la bocca
incredula di fronte a
ciò che avevo davanti. Il parcheggio si era riempito di
persone, erano spuntate
altre tende e l’atmosfera era effervescente.
-Wow..- soffiai.
-Già! Guarda, siamo una famiglia. Tutte qua per vedere i
Tokio Hotel, noi
dall’Italia e tanta gente da diverse parti della Germania.
Osserva, tutte
diverse, eppure unite dalla passione verso il gruppo-
mormorò con un groppo
alla gola Anna.
-Chissà se i ragazzi si rendono conto di quello che stanno
scatenando- aggiunse
Ludovica.
Fu in quel momento che riuscì a comprendere a pieno le
parole di Bill quando parlava
della sua vita da star, degli orari difficili e della mancanza di
privacy,
aggiungendo che ne valeva la pena, veniva ripagato in pieno durante i
concerti,
vedendo le ragazze urlare con lui, saltare, piangere.
Per una fan avere il biglietto per il
concerto del proprio idolo rappresentava la via per la
felicità.
-Andiamo a fare conoscenze!- esclamarono le due italiane
trascinandoci con
loro attraverso le varie tende.
-Siete pazze!- ridemmo spensierate, -Però avete ragione, la
serata è ancora
lunga!-
Non ho mai parlato tanto quanto quella notte, girovagammo per ore,
finché non
decidemmo di ritornare alla base alle cinque di mattina, dopo aver
conosciuto
molte ragazze, condiviso storie e cantato tutte assieme.
Stanca e con i piedi doloranti mi buttai sull’asciugamano
augurando la
buonanotte a Ju. Aspettai che s’addormentasse per prendere un
altro sonnifero,
non volevo capisse mi sentissi poco bene.
Mi svegliai sentendo il sole scaldare attraverso la tenda, faceva
dannatamente
caldo. Mi misi a sedere e, a causa del movimento troppo veloce, vidi
nero per
qualche istante mentre la testa girava.
La mia amica era ancora placidamente addormentata, con un sorriso
stampato in
volto. Frugai nella mia borsa e ne estrassi il badge, per poi rigirarlo
fra le
badge fra le mani. Il badge era un tesserino che Tom aveva fatto avere
a Julia
poco prima di partire, non era come un normale biglietto: essendo
rilasciato
dalla Universal, lasciava la possibilità di accedere al
backstage e valeva per
tutti gli show del tour estivo. Ne erano disponibili pochi, inoltre
costavano
moltissimo.
E noi lo avevamo.
Guardai l’orologio: era già l’una.
Cinque ore e avrebbero aperto i cancelli,
una strana adrenalina mi pervase il corpo.
-SVEGLIA!- urlai catapultandomi addosso alla bionda, ridendo vedendola
sobbalzare spaventata.
-Idiota!- mi insultò massaggiandosi l’orecchio,
-Non posso perdere l’udito
prima del concerto!-
-Fra cinque ore aprono i cancelli, penso sia meglio mangiare qualcosa,
sennò
come rimaniamo in piedi dopo?- domandai sarcastica.
-Cinque ore? Oddio! Oddio! Oddio! Oddio! Oddio! Non sono pronta!
Oddio!- si
alzò e si mise a saltellare.
-Va a vedere se le altre si sono svegliate, io devo cambiarmi-
Appena uscì ingerì una pasticca e subito mi
sentì meglio: mi ero svegliata con
un atroce mal di testa e senso di nausea, senza contare la fronte calda
e i
brividi di freddo nonostante l’afa. Poi mi svestì
per indossare la t-shirt del
gruppo – l’unica cosa che non era finita rilegata
nell’angolo dell’armadio, in
fondo era regalo di tutta la band, non solamente suo
– e un paio di shorts. Accarezzai la collana con
l’anello, non
avevo il coraggio di toglierla. Sistemati i
“capelli” raggiunsi la mia amica
nella tenda delle italiane, impegnate a emettere una serie di urletti
eccitati
e facce di tutti i tipi.
-Mi fate paura!- esordì sedendomi fra loro.
-Zitta, l’ansia ci sta distruggendo! Hai dato
un’occhiata fuori?-
Tutto pieno, peggio della sera precedente. Tutte attaccate, non era
rimasto
spazio neanche per camminare. Qualche migliaia di fan, cose di poco
conto,
insomma.
-E’ spaventoso. Se penso non si esibiscono live da marzo
impazzisco!- esclamò
Ludo.
-Già, ammetto di.. ehm.. essermi messa a piangere quando ho
scoperto di Bill-
confessò imbarazzata.
-Mh, non sei l’unica. Siamo legate ai Tokio Hotel, vedere il
loro sogno
infrangersi sarebbe come vedere il nostro distruggersi-
Quelle due erano una continua sorpresa, mi stavano molto simpatiche
senza
contare fossero molto alla mano e disponibili. Decisi di proporre
l’idea che
m’era venuta in mente appena svegliata.
-Sapete,- chiamai l’attenzione, -Io e Julia abbiamo i badge-
Le due spalancarono la bocca in modo terribilmente comico, infatti sia
io che
la mia amica non riuscimmo a trattenere una risata, aveva capito dove
volessi
arrivare.
-Solo che fra due giorni partiamo per l’America per un
viaggio studio- mentì,
-quindi non potremmo usarli-
-Cioè, no un attimo- mi interruppe la riccia, -Come avete
ottenuto i badge? Per
quel che so ce ne sono pochissimi, un paio per un contest e gli altri
costano..
un sacco!-
-Ce li ha dati ehm, David Jost!- si inventò Julia.
-Sì, e io sono Tom Kaulitz- rispose sarcastica Ludovica.
-In effetti il livello intellettivo è quello…-
commentai ricevendo
un’occhiataccia.
-Non l’ha dato proprio a noi in persona- continuò,
-Mia mamma lavora nella
clinica in cui è stato ricoverato Bill e grazie a
ciò ha conosciuto il manager.
Hanno fatto amicizia e alla fine, quando ha scoperto la figlia fosse
fan, le ha
dato questi due badge- era talmente brava a dire bugie che quasi ci
cascai
anche io.
-Fate schifo, ma davvero! Se non fossi una persona civile vi ammazzerei
per
rubarveli-
-Non servirà, come ho già detto
quest’estate non ci saremo. Perciò..- lasciai
finesse Ju.
-..perciò possiamo fare uno scambio: voi ci date quelli di
questa data e noi il
badge-
-Voi siete fuori di testa, state scherzando, spero!-
-No, non abbiamo la possibilità di usarli, sono sicura nelle
vostre mani
saranno valorizzati al giusto- spiegai.
Era quello che pensavo, avevano organizzato un viaggio in Germania solo
per
vedere il gruppo – senza dirlo ai genitori, ci avevano
trattato benissimo e si
vedeva lontano un miglio quanto amassero la band. Meritavano quel badge
più di
me, avevo già avuto la mia occasione di incontrarli e,
comunque, mai sarei
entrata nel backstage. Non avrei sopportato un incontro con Bill.
-E stasera, voi perdereste l’opportunità di
accedere al backstage??!??-
-Mia mamma ha ancora il numero di Jost- fece l’occhiolino
alle italiane, -Quindi
avremo altre occasioni, voi no. Quindi tacete e accettate-
E dall’abbraccio in cui fummo accolte capì la
richiesta fosse stata accolta.
Spingevano.
Avevo caldo ma anche freddo. Mi girava la testa.
Spingevano. Alzavo la testa in cerca di ossigeno. Spingevano.
-Julia, mi sento tanto la fettina di formaggio in mezzo ai due pezzi di
carne
dell’hamburger- commentai stringendole le mano.
-Noi non ci sentiamo proprio invece- esclamarono con voce strozzata le
italiane. Eravamo spappolate contro
il cancello, ancora poco e avrebbero aperto.
-WIR WOLLEN TOKIO HOTEL!- iniziarono i cori da dietro e in poco tempo
la piazza
risuonava di quell’unica richiesta.
Wir wollen Tokio Hotel, non riuscivo
a connettere, sia perché versavo in pessime condizioni
fisiche, sia perché
l’adrenalina mi annebbiava il cervello.
Rumore di passi, porte che piano si aprono. Sguardi di intesa con le
mie
compagne.
-Uno, due, tre- sussurrammo all’unisono. E corremmo.
Le gambe andavano per conto loro, passo dopo passo sempre
più veloce, respiro
affannato, polvere alzata, sole che scotta. Mani intrecciate con le
ragazze. Il
palco che si fa sempre più grande, sempre più
vicino.
Un sospiro, un’esclamazione generale.
-Ce l’abbiamo fatta- la prima fila
era
nostra. Il parterre si riempì, sentivo i
chiacchiericci della fan, io però
ero zitta e immobile.
Prima fila, centrale. Ancora poche ore e Bill sarebbe stato di fronte a
me. Zeit läuft.
-Non
ci posso credere- esclamò Ludovica stringendo il badge al
petto.
-E.. è.. il mio sogno che si realizza- seguì
Julia con lo sguardo puntato al
palco. Arricciai le labbra all’insù, aveva
conosciuto i Tokio Hotel eppure i
suoi occhi avevano quell’espressione trasognata che leggevo
in tutti i visi
delle persone attorno a noi.
-La serata più bella della nostra vita sta per iniziare!- e
non potei che
sorridere d’accordo. Ancora non
sapevo
quanto quella frase fosse sbagliata..
-WIR
WOLLEN TOKIO HOTEL!- urla.
-TOKIO HOTEL, TOKIO HOTEL!- isteria collettiva.
Luci che si spengono.
…Silenzio…
Un colpo. Batteria.
Ecco basso e chitarra.
LUCE.
E fu il chaos.
Attorno
a me c’era confusione, mi sentivo schiacciata contro
la transenna, le mie mani erano stritolate da Anna e Julia.
La mia mente era in crisi. Il mio cuore? Sembrava d’aver un
martello pneumatico
nella cassa toracica. Bum
bum.
Occhi spalancati e bocca socchiusa, senza parole di fronte a
lui, Bill
Kaulitz.
Pantaloni stretti, scarpe nere, t-shirt gotica, occhi perfettamente
truccati,
unghie smaltate, collane e anelli che probabilmente pesavano
più di lui,
capelli sparati in aria.
Una visione talmente perfetta da far star male. Non era bello, di
più.
Stringeva il microfono con sicurezza, appena la sua voce si
mischiò con la
musica le urla che si alzarono fecero tremare la terra e anche Bill,
avevo
imparato a conoscerlo, vedevo la mano libera muoversi a scatti mentre
il piede
batteva furiosamente a terra. Era nervoso.
“Ich hab heut 'n anderen Plan,
und der geht dich gar nichts an..”
Seguivo
ogni suo movimento con maniacale attenzione, non
volevo perdermi nulla di lui. Guardava la folla con aria commossa
mentre si
muoveva sul palco con fare sicuro ed elegante. La sua vita era quella,
la
musica. Vederlo così, sul suo habitat naturale, non
poté che farmi capire la
scelta avessimo fatto fosse stata la più giusta, anche se
averlo a pochi passi
da me e sapere di non poterlo toccare faceva sanguinare il cuore. Mi
sentivo
così debole.. ogni canzone scivolava su di me lasciandomi
addosso un sapore
amaro che rispecchiava quello delle lacrime che avevano iniziato a
bagnarmi il
viso.
“Jetzt sind wir wieder hier,
Bei dir oben auf´m Dach..”
“Die
Strassen leer - ich stell' mich um
Die Nacht hat mich verlor'n..“
„Ab heute sind die Tage nur noch halb so
lang..“
„Ich halt den Brief, in
meiner kalten Hand..“
E
arrivò anche quella canzone.
Mi sentì mancare, come se l’energia fosse
scivolata fuori dal corpo appena
capito che Bill stava per annunciare la traccia successiva.
-Questa canzone è per le persone che amiamo,
perché alcune di loro hanno un
ruolo fondamentale nella propria vita..- si interruppe e lo vidi
deglutire,
mentre i suoi occhi si fecero più lucidi, -E saranno per
sempre sacre. Ecco.. Heilig!-
La terra mancò sotto ai miei piedi, sentire la sua voce
così vicina, tremare
leggermente dall’emozione che io potevo capire.. fu come se
tutte le persone
attorno a noi svanissero, eravamo io e lui, come la prima volta che me
la
cantò.
“Ich halt mich wach - für dich
Wir schaffens nicht beide - Du weisst es nicht..“
E
come era iniziata terminò. La band sparì per un
momento
dietro alle quinte, c’era la pausa. Bene, anche io avevo
bisogno di
riprendermi.
-Ehi, tutto bene?- domandò Julia, vedendomi impalata da un
po’ di minuti.
-Sono.. scombussolata- ammisi, -Non hai idea di come mi senta in questo
momento. Tutto così confuso.. Hai visto.. quanto bello
è? Sono così orgogliosa
di lui- mi asciugò una lacrima, abbracciandomi.
-E io sono orgogliosa di te. Ricordati poi che se si è
ripreso è anche grazie a
te. Ora bevi un po’, sei pallida- mi allungò una
bottiglia d’acqua.
Non avevo sete, le uniche cose che percepivo era il battito del mio
cuore e il
respiro affannato, per il resto era tutto annullato.
Avrebbero potuto spararmi, non me ne sarei accorta.
-Si ricomincia!- urlò Anna al mio fianco, con gli occhi
terribilmente lucidi.
Schrei,
Schwarz, Stich ins Glück, Übers Ende der Welt, Reden, Wir sterben niemals
aus,
Spring nicht – in quella canzone
Julia pianse tutte le lacrime che aveva in corpo, Geh,
Ich bin nich‘ ich, Wo sind eure Hände, Durch den
Monsun, In die
Nacht, Rette mich, Vergessene Kinder.
Pregai
che il tempo si fermasse
in quel momento, la fine stava arrivando troppo in fretta.
-Buonasera!- urlò Bill avvicinandosi al pubblico, -Grazie
mille per essere qua-
ogni sua frase era accompagnata dalle nostre urla, -Dopo due mesi di
attesa
sono tornato.. e conto di rimanere ancora per molto!- sorrisi.
-E’ stata un’emozione grandissima stasera- già,
Bill, non immagini quanto.
-Questa è l’ultima canzone, per dirvi che,
nonostante tutto, noi saremo
sempre al vostro fianco!-
Le dolci note di “An deiner Seite” risuonarono per
l’arena mentre fummo
abbracciate da una pioggia di coriandoli argentati.
“..Du bist nicht alleine”
Un
sussurro dolce e poi furono inghiottiti
dall’oscurità.
Era finita.
*
* *
Dopo
aver salutato Anna e Ludovica, raccomandando loro di
non dire da chi avevano ricevuto il badge, eravamo tornate alle tende
per
sistemare tutto e raccogliere le cose abbandonate là al
momento della corsa.
Nessuna di noi due parlava, eravamo stordite da quella serata. Sentivo
ancora
le urla sulle orecchie e la terra vibrare sotto i piedi.
Mi sedetti a terra per un momento, venendo colpita dalla
verità: tutto si era concluso.
Vedere Bill
felice sul palco mi fece comprendere fosse l’ora di
rassegnarsi e tornare alla
realtà, una realtà senza di lui. Ce la potevo
fare?
Improvvisamente tutte le fatiche della giornata pesarono sul mio corpo
già
debilitato e mi sentì debole. Le mie gambe tremavano, erano
sporche di terra e
con qualche graffio; la testa aveva ripreso a pulsare e girare, la
pancia
sussultava ad ogni respiro.
Posai una mano sulla fronte e trattenni a stento
un’imprecazione. Scottava. Mi
feci i complimenti da sola, tenendo nascosto il mio malessere avevo
solamente
peggiorato la situazione: ignorare la malattia e i sintomi non mi
faceva
guarire. Anzi.
Mi alzai a fatica per raggiungere Julia.
-Hey- mormorò piano, ancora sottosopra.
-Mi fai un favore?- domandai a fatica, la gola bruciava.
-Sì-
-Chiama l’ospedale-
-Che..?- mi fissò spaventata.
-Sto male- sussurrai un attimo prima di abbandonarmi
sull’asfalto e sbattere la
testa a terra.
Brava Mel, ecco cosa succeda quando fai
di testa tua. E ora?
*
* *
C’è
movimento
nella stanza.
Bip, bip.
Gli occhi sono aperti eppure non riesco a focalizzare le cose
intorno a me.
Bip, bip.
Tutto è opaco e offuscato.
Bip, bip.
Sento sto perdendo il controllo del mio corpo.
Bip, bip.
Il respiro rallenta e qualcosa mi viene messo sul viso.
Bip, bip.
L’elettrocardiografo produce suoni più
acuti e ravvicinati.
Bip, bip, bip!
-Signorina Bauer, resista!- sento dire da qualcuno.
“Ci provo”, vorrei rispondere. Non ci
riesco…
Le gocce di pioggia sbattono rumorosamente sui vetri.
Lentamente inizio a sentirmi meglio, in pace.
Il dolore svanisce. L’ambiente viene inghiottito dal nero.
Silenzio. Chiudo
gli occhi.
È estate. Fuori il cielo è in tempesta.
E il mio ultimo pensiero va a lui.
„Ist das der letzte Regen bei dir oben
auf´m Dach?
Ist das der letzte Segen und unsere letzte Nacht?
…Hat unser Ende angefangen!“
Biiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiip.
Mi domando se qualcuno stia ancora leggendo questa storia ahahah
Mi faccio pena da sola, perché l'ho finita da così tanto tempo..
L'epilogo arriverà a breve!