Con
un po' di ritardo posto il terzo capiolo e comunico che, purtroppo,
sarò meno regolare negli aggiornamenti a causa della scuola
e del fatto che, per vari motivi, sto scrivendo questa storia prima a
mano e poi al computer.
In ogni caso spero davvero di non tardare troppo tra un capitolo e
l'altro.
Vi chiedo inoltre un poco di pazienza e sopportazione per l'argomento
politico che, ancora per qualche capitolo, sarà fortemente
presente, andando poi via via diminuendo d'importanza per i motivi
già presenti nella trama,.
Niente, detto questo io vi saluto e a presto.
Un grazie infinito a chi segue, legge e recensisce la storia. davvero,
siete gentilissimi <3
Capitolo
III
La mattina li aveva trovati ancora
abbracciai ma più forti e innamorati.
Avevano fatto l'amore
rimediando alla stanchezza della sera prima.
Non avevano molto
tempo, erano attesi a casa del signor Oreste per il pranzo, ma si
erano presi quegli attimi per loro che ogni coppia così
affiatata si
dedica quando può.
Era stato dolce, come sempre era tra loro, e
alla fine erano rimasti abbracciati, in silenzio, spogli di vestiti e
di pensieri.
Si erano ascoltati respirare e avevano sentito i loro
cuori battere insieme, come se tutte le parole ascoltate da bambini
sull'amore e le favole trovassero concretezza in quel rapporto nato
in pochi mesi tanti anni prima e destinato a rinnovarsi ogni giorno
fino al tramonto dei tempi.
Soltanto quando Davide notò che
l'orologio sul suo comodino segnava le undici accettarono l'idea di
dover interrompere quel loro personale incantesimo per tuffarsi
nuovamente nella vita reale.
E fu davvero come spezzare una magia
quando sciolsero l'abbraccio in cui erano stretti e si alzarono dal
letto, perché d'improvviso ricominciarono a sentire il
traffico e i
rumori provenienti da Viale Marconi e si accorsero di non avere udito
assolutamente nulla nei momenti in cui si erano vissuti, malgrado il
mondo fuori non si fosse certamente fermato.
Fu l'uomo il primo ad
andare verso il bagno per prepararsi, mentre lei ancora temporeggiava
tra le lenzuola madide di sudore.
Si convinse che fosse il loro,
in fondo faceva caldo e non poco, ma i pigiami in terra raccontavano
una storia diversa, con quello di Davide asciutto e il suo di nuovo
molto umido.
Cambiò il letto e la biancheria, sempre sperando che
lui non notasse nulla e facendo il possibile per eliminare i brutti
pensieri che ancora le si annodavano negli angolo più
nascosti della
mente.
Si scambiarono i ruoli tra bagno e camera poche decine di
minuti dopo e l'uomo, ancora in accappatoio, decise di prendersi
tutto il tempo del mondo per scegliere come vestirsi, perché
tra i
tanti pregi Claudia aveva il difetto tipicamente femminile di
impiegare parecchio tempo a prepararsi.
Troppo, pensava lui.
Ma
pazienza, amarsi era anche questo, lo aveva capito da ventenne e non
l'avrebbe dimenticato in quel momento, divenuto ormai uomo adulto,
marito e padre di una famiglia che migliore non poteva desiderare.
Tra una cosa e l'altra si misero in macchina che era da poco
passata l'una.
Il signor Oreste li aspettava per le due, abituato
a mangiare tardi per via della libreria e dell'orario in cui
tornavano a casa i figli quando ancora erano studenti.
Malgrado
fosse domenica, però, Roma era impraticabile come al suo
solito, e
anche partire di casa con parecchio anticipo come avevano fatto loro
poteva non essere sufficiente.
Fortunatamente avevano di che
parlare durante il viaggio, anche perché vedendosi poco
durante la
settimana quelli erano gli unici momenti in cui potevano discutere
come due coniugi normali.
E, di fatti, il discorso intavolato
dalla donna riguardava il figlio che, nel settembre successivo,
avrebbe iniziato le scuole elementari.
- Ieri poi ero troppo
stanca e mi sono scordata di raccontartelo.- Disse Claudia
– Ma
l'altro giorno ho incontrato la Mugnari. Sai, no? Quella del secondo
piano con il marito veterinario e i quattro figli con cui a volte
gioca anche Guido.-
- Ah sì!- Rispose Davide, che per quanto
stesse poco a casa aveva una vaga idea della composizione del
vicinato, soprattutto per quanto riguardava coppie con bambini
dell'età di suo figlio.
- Ecco. Il ragazzino più grande, Fabio,
finirà adesso le elementari e probabilmente le insegnanti
che ha
avuto in questi cinque anni saranno le maestre di Guido ed Erica, la
terza figlia della Mugnari, visto che nella succursale dove sono
stati iscritti c'è una sezione sola.-
Il magistrato ascoltava le
parole della moglie sorridendo. Era una caratteristica che Claudia
aveva da quando era al mondo quella di ricordare e riferire ogni
minimo dettaglio. Nomi, luoghi, date, nella sua memoria c'era spazio
per tutto.
- Beh, e che tipi sono?- Chiese mentre svoltava sul
controviale di una delle arterie principali della città per
imboccare un'altra via che, in breve, li avrebbe portati a casa del
suocero.
- Tipe, casomai.- Rise lei. - Comunque non male, sono
due donne. Quella che insegna Italiano ha qualche anno più
di noi,
mentre l'insegnane di Matematica, da quello che ho capito, deve
essere più vicina ai cinquanta che ai quaranta. Ma la
signora mi ha
detto che si tratta di una donna ancora attiva e capace di stare con
i bambini sia per quanto riguarda le lezioni sia per, che ne so, gli
intervalli o le uscite. Quando c'è da stargli un po'
più dietro,
insomma.-
Senza mai distogliere lo sguardo dalla strada l'uomo
ascoltava e seguiva con attenzione le parole della moglie.
E fu
proprio per questo che pochi attimi dopo ebbe come un'illuminazione.
- Ma certo! Ora che mi dici così ho presente chi potrebbero
essere, credo anche di averle conosciute e di averci parlato quando
sono andato a vedere la scuola con tuo padre questo inverno.-
Finì
la frase con un tono di voce più basso, cupo.
La giornata aperta
alla scuola elementare per le iscrizioni alla classe prima era stata
argomento di discussioni anche forti tra Claudia e il marito.
Era
successo verso la fine di Gennaio, quando ancora la crisi di governo
non pareva essere neanche all'orizzonte ma nelle sedi dei comunisti
già si ventilava qualcosa.
Lei era per questo doppiamente
impegnata e stressata, soprattutto perché logicamente
costretta a
non poter dire niente a nessuno.
Di trovare il tempo per andare a
vedere la scuola non se ne parlava, e per quanto avesse sempre messo
davanti la famiglia rispetto al lavoro il momento era così
delicato
da obbligarla, per una volta solamente, ad invertire l'ordine delle
sue priorità.
Inutile dire cosa non era successo in casa per
quel fatto; Davide e la donna se ne erano dette di ogni e anche il
signor Oreste, se pur con meno foga, aveva avuto qualche screzio con
la figlia sulla questione e, in generale, su quanto trascurasse non
tanto la famiglia ma proprio se stessa.
Alla fine, però, ogni
litigio aveva trovato la sua positiva conclusione in un abbraccio di
pace, pazienza se era andata così, per quella volta
sarebbero stati
padre e nonno ad andare a vedere la scuola per il piccolo di casa.
Si
trattava di una scuola elementare pubblica vicino casa, una scelta
normalissima come normale avevano sempre voluto fosse la vita di
Guido.
Il bambino non aveva ancora ben chiaro che lavoro facesse
la madre, anche se spesso passando davanti a Montecitorio i genitori
gli dicevano che lei lavorasse lì e lo stesso accadeva
quando le
immagini del paese dove aveva sede la Camera dei Deputati passavano
alla televisione.
Ed era proprio con l'apparecchio televisivo che
il piccolo aveva i problemi maggiori, perché ancora non
riusciva a
capire come sua madre potesse essere sia lì dentro, ad
esempio
quando veniva intervistata da qualche telegiornale, sia in casa con
lui e il padre, magari a cena.
Oppure, ancora, quando la donna
era presente nello studio di questo o quell'altro programma di
dibattito e lui, vedendola da dietro lo schermo, provava a chiamarla
anche urlando, fino ad arrabbiarsi nel notare che non lo degnava di
uno sguardo.
Il padre gli spiegava ogni volta con pazienza come
funzionasse la cosa, ma nella sua mente di bambino era davvero
difficile capire perché la madre si potesse sdoppiare o
perché si
facesse vedere senza però guardarlo o ascoltarlo.
Soltanto in
quel periodo, a pochi mesi dal suo sesto compleanno, Guido iniziava a
comprendere qualcosa in più, anche se parole come ministro,
esecutivo o governo gli erano quasi del tutto estranee per quanto le
sentisse da quando era al mondo.
Ma in fondo cosa gli
interessava? Per lui Claudia era solo la sua mamma, quella che gli
leggeva le favole e lo coccolava.
Il resto non era poi così
importante, anche se, doveva ammetterlo, qualche volta sentiva molto
la sua mancanza, specialmente quando quella rincasava tardi.
Per
questo, quella domenica mattina, aspettava con ansia l'arrivo dei
genitori stando seduto per terra sul balcone della cucina di casa del
nonno, quello che dava sulla strada, e guardava attraverso la
ringhiera ogni macchina che passava o si fermava sulla via.
Fu
proprio lui a vederli andare verso il portone del palazzo.
Camminavano
mano nella mano ma il bambino non lo notò neanche, troppo
impegnato
a correre verso il citofono per rispondere subito, appena avessero
suonato.
Il signor Oreste l'aveva visto volare da una parte
all'altra della casa e aveva capito immediatamente cosa fosse
accaduto.
Davide e Claudia erano saliti a pieni per i tre piani
che separavano l'appartamento dal livello della strada.
Lo
facevano sempre, ma quel giorno alla donna erano parsi almeno il
doppio.
Si promise che dopo le elezioni si sarebbe presa davvero
una pausa, anche solo qualche giorno per staccare e riprendere le
forze.
Guido li attendeva come sempre nascosto dietro la porta
del bagno, dalla parte opposta del corridoio, pronto a correre verso
la mamma e il papà subito dopo il loro ingresso.
Si buttò
immediatamente tra le braccia di Claudia che lo tirò su da
terra e
se lo portò stretto al petto, sfregando il nasino del
piccolo con il
suo in un modo di salutarsi che era solo loro.
Fu nel farlo
scendere che accusò un dolore allucinante alla schiena.
Un
attimo, durò un attimo solo che però
bastò a farle contrarre il
volto in una smorfia di dolore proprio davanti al padre.
- Claudia
stai bene?- Le chiese subito l'uomo, preoccupato dallo sguardo
sofferente che aveva appena fatto la figlia.
-
Sì, sì.- Rispose quella accennando un sorriso che
si ritrovò a
dover sforzare. -È solo che questo signorino inizia a
diventare
sempre più grande e a pesare non poco.- Continuò
accarezzando i
capelli del bambino che, forse per fortuna, non aveva capito cosa
fosse appena accaduto.
- Lui cresce ma tu fai l'esatto contrario,
figlia mia. Ogni volta che ti vedo sei più magra!-
Sospirò l'uomo.
Erano settimane, forse anche un mesetto buono, che voleva
dirglielo, ma non sapeva mai come iniziare il discorso, preoccupato
dall'idea di poterla in qualche modo ferire od offendere.
Così,
appena gli si era presentata l'occasione giusta – appena
pochi
attimi prima- l'aveva colta al volo.
La donna, però, aveva
risposto col suo solito modo scherzoso, sorridendo di nuovo
lievemente perché il dolore si era irradiato dalla schiena
al fianco
e non voleva certamente farlo capire.
- Spero che tu abbia
cucinato qualcosa di buono e ipercalorico, allora, perché
sto
morendo di fame.- Disse al padre abbracciandolo e baciandogli la
guancia proprio come faceva da ragazzina.
Si diressero verso la
cucina parlando di tutt'altro e pregustando il pranzo domenicale del
signor Oreste, un appuntamento fisso e mai deludente.
La casa dove
Claudia era cresciuta era rimasta uguale a quando era piccola, il
padre non aveva voluto cambiare nulla neanche nelle stanzette dove un
tempo dormivano i figli.
Anche il quartiere dove la ragazza aveva
passato i primi ventuno anni della sua vita non era poi così
diverso
da quando l'aveva lasciato, né dal punto di vista
architettonico né,
tanto meno, da quello sociale.
Fortunatamente, a differenza di
quello che aveva temuto un decennio prima, la libreria del nonno di
Guido non aveva avuto problemi dopo la sua decisione di entrare nel
partito e abbandonare la zona; i pochi clienti abituali erano rimasti
tali, e gli sporadici turisti di certo non potevano conoscere la
storia che si celava dietro al librario e alla sua famiglia.
Soltanto quando era stata nominata ministro erano comparse, sotto
casa e vicino al negozio, scritte poco carine riguardanti la donna,
ma per il resto non era accaduto niente di rilevante.
Neanche i
pochi amici che la deputata aveva avuto in quel quartiere da
giovanissima erano più saltati fuori, nessuno di loro.
Compreso
Oscar, il migliore amico di un tempo.
L'unico, tolta la famiglia,
che aveva mostrato almeno per un attimo gioia per la sua scelta,
anche se alla fine aveva preferito lasciare che le loro strade si
separassero.
Claudia pensò a lui mentre si sedeva al tavolo dove
a lungo avevano studiato, mangiato e giocato insieme.
Chissà
dov'era, lui.
Come stava, cosa faceva, se si era sposato, se era
andato via da lì o vi viveva ancora, se aveva sentito come
lei era
riuscita almeno in parte a realizzare tutti i suoi sogni.
La
donna ricordava con precisione tutti i dettagli della loro amicizia,
ma in particolare non aveva mai scordato le sue ultime parole, quella
richiesta di ricordarlo guardando il sole che calava e illuminava
Roma proprio come in quel loro ultimo pomeriggio.
Lo faceva
sempre, ogni volta che per caso o per volontà si trovava ad
ammirare
il tramonto pensava ad Oscar.
Ma chissà se lui ancora ricordava
e faceva lo stesso.
Fu
il signor Oreste a distrarre la figlia dai suoi pensieri, portando la
discussione su qualcosa di banale come i capelli che –
stranamente
– quel giorno lei portava sciolti.
- Li tengo sempre raccolti
per lavoro, papà, per essere in ordine. Almeno quando sono
in
famiglia lascia che li tenga liberi.- Si era giustificata.
- Sì,
sì, certo, non devi mica darmi una spiegazione. Pensa,
Davide, anche
da piccola era così fissata con i capelli legati. Tu non sai
quanto
mi vergognai la volta in cui, era in seconda elementare, mi avvicinai
alla madre di una sua amichetta per chiederle di insegnarmi come si
facesse una treccia.-
Il procuratore rise.
Suo suocero aveva
sempre da raccontare qualche aneddoto divertente riguardante
l'infanzia di Claudia o di suo fratello Gianluca.
- Immagino che
crescere da sola una figlia femmina non sia stata una cosa semplice.-
Commentò sospirando.
- Oh, i figli sono difficili da tirare su
anche se si è una coppia. Certo, come padre solo mi era
più facile
capire il maschietto, anche perché era più
grande, ma sono certo
che pure voi due abbiate problemi a crescere Guido ogni tanto, o no?
Qualche screzio tra di voi, qualche suo capriccio di troppo.-
I
genitori si guardarono.
L'uomo aveva perfettamente ragione; tra
tutti i loro impegni, di lavoro e non, essere madre e padre era di
certo il più complicato.
Ed il più bello, ovviamente.
Passarono
il resto del pranzo a parlare di tutto un po'.
Discussero anche
di politica, delle elezioni ormai alle porte e della partenza di
Claudia per Torino la mattina seguente, dove sarebbe stata impegnata
due o tre giorni sempre per la campagna elettorale.
- Ma sei
sicura amore mio?- Domandò il padre guardandola con occhi
che erano
un misto tra triste e preoccupato. - Non sei stata affatto bene
questa settimana, forse sarebbe il caso che ti riposassi, no?-
-
Papà tu ti preoccupi sempre troppo, non ho avuto altro che
una
brutta influenza fuori stagione, te l'avrò detto mille
volte. La
febbre è stata alta, è vero, ma non è
durata che due giorni. E poi
già ho deciso che subito dopo le elezioni mi prendo qualche
giorno
di riposo, se ci tieni vengo a passarli qui così sei sicuro
di ciò
che faccio. - Provò a tranquillizzarlo e farlo sorridere
insieme.
Mangiarono bene; come sempre, quando si avvicinava la
bella stagione, il signor Petrolini si allontanava dai fornelli e
preparava insalate di ogni genere, da quella di riso a quella di
mare.
Al momento del caffè la donna spiegò che sarebbe
presto
dovuta scappare alla sede del partito per prendere alcuni documenti
che le servivano per il giorno successivo, e il marito
acconsentì a
lasciarle la macchina proponendo al figlio di fare un giro in centro
per gustarsi un gelato prima di tornare a casa.
Proposta che,
neanche a dirlo, Guido accettò con grande gioia.
Rimasero ancora
un poco a fare compagnia al signor Oreste, il quale per quanto fosse
ormai abituato alla solitudine gradiva sempre avere attorno i suoi
cari, genero e nuora compresi.
Poco dopo le quattro, quando si
salutarono, Claudia promise che sarebbe andata a trovare il padre in
settimana, appena tornata dal capoluogo piemontese, mentre Davide
avrebbe rivisto il suocero solo la domenica successiva, quando al
nuovo pranzo ci sarebbero stati, evento raro ma piacevole, anche
Gianluca con la moglie e i figli.
Guido e il padre attesero che
la donna partisse prima di andare verso la metropolitana che li
avrebbe portati in centro.
La deputata sapeva bene che sarebbe
stato più il tempo impiegato per arrivare in sede e poi
tornare a
casa che quello realmente utilizzato lì dentro per fare
ciò che
doveva, ma non aveva alternative e quindi pace, avrebbe passato una
domenica diversa dalle altre.
Salì fino al secondo piano, quello
dove si trovavano gli uffici che le interessavano, e cercò
con calma
ed ordine i documenti di cui aveva bisogno.
Ci mise parecchi
minuti a trovarli, colpa di tutto il materiale che si era accumulato
negli armadi, nei cassetti e sulle scrivanie tra il governo, la sua
caduta e il pre-elezioni.
Finalmente con in mano ciò che le
sarebbe servito a Torino, dopo aver tentato di sistemare qualcosa
almeno sui tavoli del salone principale, si avviò verso lo
scalone
che l'avrebbe portata all'uscita.
Fu costretta a fermarsi
d'improvviso pochi attimi dopo; lo strano dolore che aveva accusato a
casa del padre – quella fitta a schiena e fianco che aveva
imputato
al crescere di Guido – si era ripresentato sempre negli
stessi
punti ma ancora più acuto, tanto da crearle
difficoltà di
respirazione.
Arrivò il più rapidamente possibile a una panca
simile ad un divanetto posta sempre nel corridoio, a pochi metri da
lei, e vi si sedette in modo disordinato, cercando almeno di
recuperare una frequenza respiratoria normale.
Il dolore rimase
forte per poco proprio come era successo quella mattina, ma poi ci
mise parecchio a svanire del tutto, sfumando lentamente e lasciando a
Claudia troppo tempo per rimuginare su quello che le era appena
accaduto.
Forse suo padre aveva ragione, lei non era affatto in
forma e quel viaggio a Torino, rapido e dai tempi molto ristretti,
non avrebbe di certo giovato alla sua salute.
Ma non poteva né
voleva disdirlo.
Mentre il dolore si era ormai ridotto ad un
semplice fastidio e il respiro tornava il solito la donna sorrise da
sola pensato a come le paresse di essere tornata indietro di quindici
anni, quando ai tempi del liceo arrivava a fine maggio stremata, se
ne interessava poco e tirava dritto fino a giugno senza perdere un
colpo, convincendo anche la sua stanchezza ad attendere l'arrivo
dell'estate e de momento in cui si sarebbe potuta
riposare.
Evidentemente, avendo smesso, ormai da parecchio quel
tipo di discussioni con il suo corpo, aveva perso l'abilità
necessaria a lottare contro la stanchezza, perché poco dopo
si
ritrovò, senza neanche accorgersene, addormentata su quel
divanetto
che alcuni minuti prima l'aveva accolta dolorante e leggermente
preoccupata.
Fu svegliata diverso tempo dopo, non aveva chiaro
quanto, da una mano sicuramente amica che le scosse dolcemente la
spalla chiamandola per nome.
- Claudia? Sei sveglia? Che ci fai
qui a dormire a quest'ora della domenica pomeriggio?-
La donna
impiegò alcuni istanti a trovare le risposte, anche
perché aveva
altrettante domande da fare al collega che l'aveva distolta dal suo
sonno.
- Eh?! No, è che ero venuta a prendere dei documenti che
mi servono per domani, a Torino, e poi mi sono sentita poco bene
e... ma tu piuttosto? Come mai da queste parti?-
L'uomo davanti a
lei era Ettore de Giovanni, lo stesso deputato che alcune sere prima,
quando le era presa quella brutta influenza, le aveva sfiorato la
fronte bollente e le aveva proposto di accompagnarla a casa.
Ettore
aveva qualche anno più di Claudia e i due si conoscevano da
ben
prima dell'elezione alla Camera.
Militavano insieme praticamente
da quando la donna si era iscritta al partito e lo aveva sempre
considerato come un mentore, anche se con il passare degli anni
avevano stretto un buon rapporto di amicizia.
Non vivano neanche
troppo lontano e, alla lunga, lo stesso era accaduto tra le loro due
famiglie.
L'uomo era padre di quattro figli e con un quinto in
arrivo, motivo per cui Claudia lo invidiava molto.
Lo aveva visto
spesso con i bambini e sapeva che era un ottimo papà proprio
com'era
un ottimo deputato.
Anche lei avrebbe voluto essere capace di
avere una famiglia più numerosa e allo stesso tempo riuscire
a
lavorare dignitosamente.
Ma, in fondo, per lui, essendo un uomo,
doveva essere sicuramente più semplice, anche per il solo
fatto che
nell'avere un bambino non era di certo lui a dover portare avanti la
gravidanza.
- Passavo per caso in zona e ho visto le luci accese,
cosa che mi ha fatto strano, quindi sono salito. Ma stai di nuovo
male?- Le chiese con un po' di ansia nel tono di voce, come se fosse
anche lui preoccupato per la sua salute.
- No, no tranquillo. Ho
mal di schiena e sai come funziona, a volte se è forte
arriva a
farti mancare il fiato. Così mi sono seduta un attimo e devo
poi
essermi addormentata. A proposito, che ore sono?- Domandò un
po' per
cambiare argomento e un po' per reale interesse.
- Sono quasi le
sette.-
Claudia sospirò e si mise in piedi aiutata da Ettore. -
Maledizione, ma è tardissimo! - Tirò
istintivamente fuori dalla
tasca dei pantaloni il cellulare e lo controllò.
Come immaginava
aveva ben più di una chiamata persa da parte del marito.
Fece
segno al collega di scusarla un attimo e telefonò a Davide
per
spiegargli cosa fossa accaduto e dirgli di non stare in pensiero
perché entro poco sarebbe rincasata.
I due onorevoli uscirono
dalla sede del partito insieme, continuando a parlare di lavoro. Si
salutarono davanti alle rispettive macchine, per puro caso
parcheggiate vicine, e si diedero appuntamento per la seconda
metà
della settimana, quando Claudia sarebbe rientrata da Torino e tornata
a Montecitorio.
Pur su due veicoli differenti fecero un pezzo di
strada insieme, fino a quando lei non svoltò per entrare
nella zona
in cui viveva.
Arrivò a casa per le otto, Davide aveva già
preparato la cena e la famiglia si mise subito a tavola.
Il
magistrato non fece domande alla moglie sul perché fosse
crollata
addormentata in quel modo nel pomeriggio – che potesse
avergli
mentito non lo pensava neanche, la donna non ne era capace –
ma
rimase per tutta la serata dubbioso sulle sue condizioni, proprio
come quello stesso giorno erano stati dubbiosi il signor Oreste e
l'onorevole De Giovanni.
Non lo diede troppo a vedere e lei non
se ne rese neanche conto, anche perché il piccolo aveva
monopolizzato le attenzioni della madre raccontandole cosa avessero
fatto nel pomeriggio.
Se c'era una cosa che Guido aveva preso
dalla sua mamma era la passione per i dettagli.
Malgrado
fosse ancora un bambino aveva – per la sua età
– un ottimo
vocabolario ed era in grado di esprimere concetti di diverso tipo in
modo preciso e dettagliato, a volte lasciando anche stupiti gli
adulti attorno a lui.
Dopo cena Claudia mise a letto il figlio
spiegandogli che nei tre giorni successivi non ci sarebbe stata per
via del lavoro.
Guido aveva leggermente sbuffato, era stufo di
vedere la mamma andare e venire; anche quando se lui aveva bisogno
lei c'era senza problemi gli dispiaceva quando partiva,
perché
spesso temeva che una volta o l'altra non sarebbe tornata.
- Tra
qualche settimana la mamma potrà stare di più con
te perché avrà
finito il lavoro importante che sta facendo adesso.- Gli promise
cercando di convincerlo a farsi passare il broncio.
Rimase
accanto al letto del suo bambino finché lui non si
addormentò,
continuando a coccolarlo dolcemente come solo una mamma sa fare.
Anche lei sentiva terribilmente il dolore della separazione
quando la sera non tornava a casa da Guido.
Per fino la sera che
era rimasta a dormire in centro perché ammalata il suo
ultimo
pensiero era andato al piccolo e alla nostalgia che provava per non
essere tornata da lui.
Spenta la luce nella cameretta la deputata
era andata nella sua stanza a preparare la borsa che le sarebbe
servita a Torino.
Era una piccola valigia trolley rosa con cui
viaggiava sempre quando doveva fare brevi e rapidi spostamenti per
motivi di lavoro.
Insieme a questa portava con sé la sua borsetta
per tutti i giorni e quella che conteneva il portatile e i documenti
vari ed eventuali di cui aveva bisogno.
Anche quest'ultima, dove
già aveva ordinatamente riposto il computer e i fogli
recuperati nel
pomeriggio, era rigorosamente rosa, e Davide spesso la prendeva in
giro dicendole che comunista com'era avrebbe dovuto puntare
più sul
rosso che sul rosa.
Glielo ricordava praticamente ogni volta che
la vedeva partire con le due valigette, ma quella volta non lo
fece.
Il procuratore era rimasto per tutta la serata in cucina,
aveva lavato i piatti e rigovernato la stanza tenendo in sottofondo
la televisione accesa su un programma di satira politica.
Quando
andò in camera per coricarsi la moglie stava finendo gli
ultimi
preparativi e lui non la degnò neanche di uno sguardo.
Claudia
era però una donna attenta, e aveva notato lo strano
comportamento
dell'uomo, quel marito che solitamente era così premuroso e
così
interessato allo stare con lei il più possibile, soprattutto
prima
di una sua partenza.
-
Cosa c'è?- Gli domandò guardandolo prepararsi per
la notte.
-
Niente, cosa deve esserci?-
-
Ah non lo so, dimmelo tu. Stamattina eri così dolce, mentre
adesso... tutta la cena non mi hai degnata di uno sguardo e dopo te
ne sei stato in cucina come se io non esistessi.-
-
Dato che domani parti e stavi mettendo a letto Guido e finendo i
bagagli ho pensato che qualcuno dovesse lavare i piatti e sistemare
la cucina, o no?-
Claudia
sbuffò. - Ma smettila, Davide, ti prego!-
- Vuoi sapere cos'ho?
Ho che non voglio che tu parta.- Sospirò l'uomo. - Ho paura
che tu
non stia bene e temo che questo viaggio a Torino sia solo
un'ammazzata, per te. Un'ammazzata inutile. -
La donna sorrise
lievemente e si andò a sedere sulle sue gambe baciandolo
dolcemente
- Te l'ha messa in testa mio padre questa paura,
vero?-
- Un po' sì, ma anche l'influenza dell'altra settimana non
mi ha tranquillizzato, anzi. Ho semplicemente paura che tu ti stia
massacrando e che, prima o poi, il tuo corpo ne possa
risentire.-
Claudia accarezzò i capelli del marito. Ne aveva
sempre avuti tanti e molto morbidi, così che per lei era
sempre
stato rilassante passarci una mano in mezzo.
- Te l'ho già
detto.- Gli sorrise di nuovo. - Va tutto bene, davvero.
E poi l'ho già detto a Guido; dopo le elezioni mi prendo
qualche
giorno. Magariu stacchiamo un po' tutti e tre, ce ne andiamo al mare.
O tutti e quattro.- Rise. - Visto che ho promesso a mio padre di
farmi controllare per evitare che mi riposi solo per
finta.-
Finalmente sorrise anche il magistrato e la strinse forte
a sé, quasi da farle mancare il respiro.
Ma tanto meglio così,
aveva pensato Claudia.
Se il respiro doveva mancarle tanto meglio
lo facesse tra quelle braccia piuttosto che nella sede vuota del
partito.