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Autore: RandomWriter    23/09/2014    6 recensioni
Si era trasferita con il corpo, ma la sua mente tornava sempre là. Cambiare aria le avrebbe fatto bene, era quello che sentiva ripetere da mesi. E forse avevano ragione. Perchè anche se il dolore a volte tornava, Erin poteva far finta che fosse tutto un sogno, dove lei non esisteva più. Le bastava essere qualcun altro.
"In her shoes" è la storia dai toni rosa e vivaci, che però cela una vena di mistero dietro il passato dei suoi personaggi. Ognuno di essi ha una caratterizzazione compiuta, un suo ruolo ben definito all'interno dell storia che si svilupperà nel corso di numerosi capitoli. Lascio a voi la l'incarico di trovare la pazienza per leggerli. Nel caso decidiate di inoltrarvi in questa attività, non mi rimane che augurarvi: BUONA LETTURA
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'In her shoes'
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RIASSUNTO DELLA PUNTATA PRECEDENTE:
 
E’ la serata del concerto: durante il karaoke, Rosalya fa un’esibizione commuovente, pensando al suo amore non corrisposto per Nathaniel.
Quando tocca ad Erin salire sul palco, la ragazza si blocca e non riesce a cantare perché aggredita dal ricordo della sorella, finchè non riceve un inaspettato aiuto da Ambra.
Eseguono il pezzo in modo impeccabile guadagnandosi la loro fetta di applausi. La bionda cerca poi Charlotte ma quest’ultima le annuncia la sua ferma intenzione di tagliare i ponti con lei. Ambra si reca poi al ristorante cinese dove chiede scusa a Lin, la quale, diversamente da Charlotte, è disposta a credere in quell’amicizia.
I ragazzi scoprono che si esibiranno all’aperto a causa del gran numero di spettatori e nel dietro le quinte c’è un primo riavvicinamento tra Castiel e Nathaniel, anche se i due ne sembrano inconsapevoli. Dopo la prima canzone, Lysandre accusa problemi alla gola. Senza pensarci due volte, il chitarrista si precipita dal biondo e lo incita a salire sul palco. Nathaniel accoglie quella richiesta, sancendo la fine di ogni ostilità.
Il concerto è un successo strepitoso, grazie all’abilità dei musicisti e alla presenza scenica del cantante. Il riarrangiamento musicale curato da Castiel è talmente apprezzato che viene avvicinato da un produttore discografico.
Prima che quest’ultimo possa annunciare l’esito del colloquio, Alexy sale sul palco e rivela che il rosso è stato assunto per lavorare all’album di una band emergente in Germania, per sei mesi. Dopo un iniziale sconcerto, tutti accolgono la notizia con entusiasmo, tranne Erin che si allontana silenziosamente dal gruppo.
L’idea di non vedere l’amico per tutto quel tempo l’ha sconvolta al punto da buttarsi sull’alcol per non pensarci. Lo raggiunge poi sul tetto dove, dopo una chiacchierata allegra, la ragazza si lascia assalire dalla malinconia e lo supplica di non partire.
In tutta risposta, Castiel non riesce a trattenersi dal baciarla.

 
 
 
   
 
CAPITOLO 31: PARTENZE
 

Mai il trillo della sveglia fu più insopportabile per Erin.
Le risultò quasi assordante, rimbombando nella sua testa come se fosse stato portato a un volume incompatibile con l’oscillazione del timpano umano. Nel tentativo di alzarsi, avvertì una forte emicrania e un fastidioso senso di nausea che la costrinsero a restare seduta.
Era colpa sua se si trovava in quello stato pietoso: la notte precedente si era ubriacata come non accadeva da tempo e ora il suo fisico le presentava il conto, fin  troppo salato e ingiusto a suo avviso.
Cercò di ricordare cosa l'avesse spinta a bere così tanto e le comparve istantaneamente l'immagine di Castiel.
Giusto. Il suo amico avrebbe lasciato l'America per sei mesi.
Avrebbe lasciato tutti.
Avrebbe lasciato lei.
Riuscì a portarsi in posizione eretta e si diresse verso il bagno, camminando con un’andatura incerta, tanto da sbatacchiare un paio di volte contro le pareti del corridoio. Sentiva la gola talmente secca che avrebbe bevuto tutto d'un fiato due litri di acqua e forse ancora non le sarebbero bastati.
Mentre incespicava verso la toilette, ricordò tutta la scena che tanto l'aveva turbata: Alexy che saliva sul palco attirando l'attenzione dei presenti, che annunciava l'ingaggio offerto al rosso e che aggiungeva che questo nuovo lavoro comportava la sua partenza per la Germania.
A quel punto Erin rimembrò la rapidità con cui la sua esplosione di gioia si era tramutata in una dilaniante inquietudine. Le pareva che il cuore avesse saltato due battiti quasi a prendere la rincorsa per l’accelerata che aveva poi dato, martellandole il petto.
Teneva lo sguardo fisso su Castiel, che come se avesse avuto la percezione di essere osservato, si era voltato verso di lei. Il ragazzo aveva un'espressione indecifrabile, che l’aveva confusa e sconvolta, più di quanto già non fosse.
Più aumentavano gli schiamazzi entusiasti verso il chitarrista, e più lei aveva sentito il suo animo lacerarsi in mille pezzi.
Sarebbero spariti i loro battibecchi, i sabati mattina sul campo da basket, le chiacchierate fugaci durante le lezioni.
Accanto a lei, da quel giorno fino alla fine dell’anno scolastico, ci sarebbe stato solo un banco vuoto.
Mentre tutti erano impegnati a complimentarsi con l’aspirante celebrità, lei si era staccata silenziosamente dal gruppo aveva raggiunto lo stanzino con gli alcolici.
Da quel momento in poi, nella sua mente aleggiavano solo immagini confuse.
Gli venne in mente, ancora una volta, lui, Castiel.
Per qualche motivo che non riuscì ad afferrare, avevano parlato del film Memorie di una geisha ma non era in grado di riesumare altro di quella serata.
Non riusciva a ricordare nemmeno come fosse riuscita a tornare nell’appartamento della zia.
"ti ha accompagnata Nathaniel" le spiegò Pam mentre facevano colazione "comunque sia, non dirò nulla a tuo padre delle condizioni in cui ti sei presentata a casa ieri. Ma che sia l'ultima volta"
"ci puoi giurare" promise Erin che sentiva pulsarle le tempie.
Nonostante l’abbondante colazione preparata dalla zia, la nipote si limitava a mangiucchiare il bordo di un biscotto al cioccolato.
"e terrò per me anche quel pianto"
Erin la scrutò senza capire. Studiando l’espressione sorpresa della ragazza, sua zia la liquidò:
"beh, meglio così se non te lo ricordi" commentò, spennellando un po’ di marmellata su una fetta biscottata.
"che pianto zia?" insistette Erin.
Pam appoggiò il coltello sporco di marmellata, avendo cura di non macchiare la tovaglia di lino e le raccontò:
"dopo che Nathaniel se ne era andato, ti sei precipitata in camera tua e quando sono venuta a vedere come stavi, continuava a singhiozzare.
Eri inconsolabile.
Chiamala sbornia triste, ma non ti ho mai vista così e devo ammettere che mi hai pure un po' spaventata. Continuavi a ripetermi "non andartene" eppure io insistevo con il rassicurarti che sarei rimasta accanto a te"
Erin incassò quella notizia cercando di non apparire particolarmente turbata.
Non ricordava assolutamente di aver pronunciato ossessivamente quella frase, ma sapeva perfettamente a chi l’aveva rivolta.
"Comunque sia, cerca di riprenderti per oggi pomeriggio. Voglio vederti in piena forma” tagliò corto la donna, versandosi del caffè nella tazza del latte.
Per la seconda volta, la nipote la guardò senza capire così la zia fu costretta a ricordarle che quel pomeriggio c’era l’inaugurazione della boutique.
“hai ragione” mormorò Erin, massaggiandosi le tempie.
“e domani mattina, partiamo alle undici va bene? Così posso salutare Jason e per pranzo saremo a casa”
Per un attimo Erin rimase interdetta ma, prima che Pam si rassegnasse a rinfrescarle la memoria, ricordò:
“sì d’accordo. Se non troviamo troppo traffico arriveremo ad Allentown poco dopo mezzogiorno”
La sua città natale. Erano passati tre mesi dall’ultima volta che l’aveva vista e un po’ ne sentiva la nostalgia. Tuttavia non era sua intenzione passare in famiglia tutte le vacanze natalizie: sarebbe tornata a Morristown almeno altre tre o quattro volte: la viglia per vedere Nathaniel e qualche altro giorno per stare con i suoi amici, d’altronde Rosalya e Alexy si erano già organizzati per una seduta estrema di shopping con lei ed Iris.
 
Il cellulare di Lysandre squillò quattro volte prima che il ragazzo rispondesse:
"Lys, devo parlarti"
Il ragazzo riconobbe all’istante la voce di Castiel ma decise di risparmiargli l’appunto sulla sua mancanza di buone maniere. L’amico infatti aveva esordito con un tono talmente serio e grave che Lysandre preferì passare subito al nocciolo della questione.
"dimmi"
"ci vediamo da te tra venti minuti?"
Preso in contropiede per quella proposta, l’amico si limitò ad acconsentire, chiedendosi il perché di tutto quel mistero:
"ti aspetto"
 
Sotto le direttive di Jason, nelle settimane che avevano preceduto l’apertura della boutique, Pam si era impegnata in un notevole sforzo pubblicitario, appendendo volantini e sponsorizzando l’evento anche tramite i social network.
Tutto il suo impegno dimostrò i suoi frutti quando il locale cominciò a riempirsi inesorabilmente di potenziali clienti. Si trattava per lo più di donne, molte delle quali si complimentarono con lei per il successo della sua impresa e per il buon gusto con cui era stato arredato il locale.
La proprietaria non poteva fare a meno di sorridere e presentare a tutti il suo benefattore, che un po’ in difficoltà per tutti quei complimenti, aveva finito per isolarsi con un paio di amici, a parlare dell’ultima partita di baseball.
Erin sbirciò oltre la vetrina, vedendo arrivare, Iris, Rosalya, Alexy e, Violet. Quest’ultima sembrava a disagio in mezzo alla calca di persone, così la mora si precipitò ad accoglierli:
“allora signorina? Come va con la post sbornia?” le sorrise Rosalya.
“ero presa proprio male?” chiese la ragazza, invitando gli amici a seguirla al tavolo dove era stato organizzato un aperitivo.
“mi hai salutata chiamandomi Cappuccetto Rosso!” protestò Iris offesa facendo ridere Alexy e Rosalya.
“sempre meglio che sentirsi chiamare Fata Turchina” rise il gemello, alludendo evidentemente al soprannome che Erin gli aveva affibbiato la sera prima.
La ragazza spalancò gli occhi con un’espressione interrogativa stampata sulla fronte. Non aveva il minimo ricordo di quello scambio di battute, come del resto non ce l’aveva di molte altre cose accadute quella sera.
“Castiel l’hai sentito?” indagò Rosalya, ammirando un vestito in chiffon grigio perla.
Erin scosse il capo. Se anche l’avesse chiamata, non sapeva cosa dirgli. Era ancora troppo scossa dalla sua partenza, per riuscire a congratularsi con lui.
“partirà a gennaio giusto?” indagò, rivolgendosi ad Alexy.
“così pare” confermò il ragazzo, deludendo l’amica che sperava di aver capito o ricordato male.
In quel momento soggiunse Pam, ansiosa di conoscere il resto degli amici di Erin.
Si ricordava di Iris ma le mancavano all’appello il resto del quartetto.
Sin dal prima scambio di battute, Pam si innamorò della vivacità di Alexy, si intenerì per la timidezza di Violet, ma soprattutto, si interessò a Rosalya.
Erin infatti le spiegò che l’amica era un’aspirante stilista e che aveva curato i costumi della recita.
“ma erano meravigliosi! Pensavo che la scuola li avesse comprati!” esclamò Pam ammirata.
Rosalya sorrise leggermente, cercando di non dare a vedere quanto fosse arrossita.
In quattro e quattr’otto la donna sequestrò la stilista e si misero a parlottare, isolandosi dal resto degli ospiti.
“Castiel e gli altri non vengono?” chiese Iris, rivolgendosi ad Alexy.
“no, mi avevano già detto che avevano altro da fare… e poi non è che lo shopping sia la loro passione”
Erin si sentì sollevata per quella notizia.
Per quanto si sforzasse, non riusciva a ricostruire gli eventi della sera precedente, ma il suo istinto le suggeriva che era meglio lasciar passare un paio di giorni prima di rivedere l’amico.
 
L’inaugurazione fu un successo e solo verso ora di cena gli ospiti cominciarono ad abbandonare il locale, promettendo di ritornarci non appena avesse aperto ufficialmente, dopo Natale.
Alexy e Violet si congedarono per primi, augurando ad Erin buone vacanze e promettendo di rivedersi non appena quest’ultima fosse tornata a Morristown.
Pam aveva presentato a Rosalya un venditore di stoffe e la ragazza era impegnata in una conversazione con l’uomo, confrontando le loro opinioni circa la qualità di determinati tipi di tessuti.
Iris e Erin erano così riuscite a restare un po’ da sole, mentre scrutavano la loro amica e il suo interlocutore. Nonostante la differenza di età, la stilista non si era fatta mettere in soggezione e conversava con disinvoltura. Mentre la mora la osservava con ammirazione e tenerezza, Iris attirò la sua attenzione:
“Erin” la chiamò.
L’amica si voltò, distogliendo la sua attenzione da Rosalya:
“che ti è preso ieri? Quando usciamo non bevi mai”
Dopo la prima serata in cui avevano conosciuto Dake e Leigh, Erin era uscita molte altre volte con i suoi amici e in ogni occasione, la mora si era sempre rifiutata di toccare anche solo un goccio d’alcol.
“volevo solo dimenticare la partenza di Castiel” ammise con sincerità che spiazzò lei stessa.
“ci sei rimasta così male?” chiese Iris sorpresa “e se fosse stato Nathaniel ad andarsene, cosa avresti fatto? Ti saresti buttata giù dal tetto?” sdrammatizzò.
Anche se Iris aveva sottovalutato la dichiarazione dell’amica, deridendola, Erin considerò quel nuovo punto di vista: se al posto di Castiel ci fosse stato Nathaniel, come avrebbe reagito?
“comunque sai, sto iniziando a rivalutare un po’ Dake” sbottò Iris, distraendola dalle sue riflessioni. L’amica la scrutò con crescente perplessità:
“Dake?” ripetè dubbiosa, temendo di aver capito male.
La rossa annuì:
“ieri sera, c’era anche lui al concerto, ma è rimasto per lo più con quelli di 5^ C… aveva dei suoi amici in quella classe”
“d’accordo, ma come mai questo cambio di opinione su di lui?”
Iris scrollò le spalle e dopo aver sorseggiato un po’ del punch che era stato offerto al buffet, dichiarò:
“beh, semplicemente ieri è stato molto più discreto delle altre volte… meno appiccicoso… penso si sia rassegnato e questo è un sollievo per me. Frequentandoci da amici, potrei andare molto d’accordo con lui”
Pur non conoscendo da molto Dake, Erin aveva qualche dubbio sul fatto che il surfista si fosse rassegnato così facilmente, ma d’altronde, non le andava di intaccare quella pacifica sicurezza in cui si era rifugiata l’amica. Forse aveva ragione lei dal momento che non aveva esitato un secondo a far capire al ragazzo di non essere interessata alle sue morbose attenzioni.
 
Verso ora di cena, i clienti cominciarono a lasciare il locale, così come Iris e Rosalya.
Quest’ultima era su di giri, dal momento che Pam aveva deciso di darle un’opportunità più unica che rara: le aveva chiesto di fabbricare un vestito e, se il risultato l’avesse soddisfatta, avrebbe provato a venderlo all’interno del negozio.
“hai delle amiche strepitose” commentò la zia, mentre le guardava allontanarsi. Le due ragazze furono le ultime ad abbandonare il locale, nel quale quindi erano rimasti solo Erin, Pam e Jason, impegnato a sistemare degli scatoloni sul retro.
“lo so” ammise Erin.
“tesoro, che c’è che non va? E’ tutto il giorno che sei strana… devi ancora riprenderti dalla sbornia?”
“sì è per quello” mentì, gettando nella spazzatura i residui di cibo.
“Jason qui finiamo noi” lo chiamò Pam appena lo vide rispuntare e, nonostante le proteste del ragazzo, riuscì a zittirlo con un bacio.
Erin si allontanò con discrezione, intrufolandosi nel retro bottega, mentre la zia eliminava la traccia di rossetto che aveva stampato sulle labbra del suo compagno:
“è stato un successo, che dici?”
“dico che dovremo concludere i festeggiamenti da qualche altra parte… e questa volta noi due da soli” sorrise malizioso, accarezzandole la schiena, dopo che lei gli aveva cinto le braccia al collo.
“allora aspettami a casa… io ed Erin finiamo qui e poi vengo direttamente da te”
“se lasci che vi aiuti, finiamo prima” replicò impaziente.
Pam sbuffò divertita, sollevando per un attimo gli occhi al cielo:
“mai sentito dire che l’attesa accresce il desiderio?”
“appunto… mi pare di avere aspettato anche troppo” convenne Jason baciandola con passione. Le portò una mano dietro la nuca, sorreggendole la testa, mentre Pam gli posava una mano sulla spalla mentre faceva scivolare l’altra lungo il fianco.
“davvero Jason… io non so come ringraziarti”
“io un’idea ce l’avrei” insistette il ragazzo, con una smorfia carica di desiderio che fece ridacchiare la donna:
“ho capito, ho capito. Allora bando alle ciance e lasciami finire qua” e dopo qualche altro svenevole scambio di battute, la coppia si divise.
Erin tornò nella stanza giusto in tempo per salutare il fidanzato della zia, la quale tornò a risistemare la merce sugli scaffali. La nipote allora recuperò una scopa e cominciò a spazzare il pavimento.
Dopo una decina di minuti passati a svolgere in silenzio i rispettivi compiti, Pam la chiamò:
“Erin…”
La nipote staccò lo sguardo dal pavimento, interrompendo le pulizie:
“Rosalya mi ha detto che Castiel partirà”
“lo so”
“ovvio che lo sai” si indispettì Pam “voglio dire… c’entra qualcosa questo con la tua malinconia di oggi?”
“mi dispiace che parta, tutto qui” rispose vaga.
“beh, ma c’è ancora tempo no? Parte a gennaio”
La ragazza annuì leggermente. Era vero, c’era ancora tempo.
La zia però sembrò insoddisfatta di quella reazione. Era da troppe settimane che non vedeva Erin così passiva e temeva che quel suo atteggiamento si perpetuasse nei giorni successivi. Appena Pam si era accorta del miglioramento caratteriale della nipote, diventata molto più forte, ecco che questa smentiva la sua osservazione, chiudendosi in se stessa, un po’ come era successo quando Sophia se n’era andata.
“e poi tesoro, se devo dirla tutta” continuò la zia “è egoistico da parte tua tenere il muso in quel modo. Per Castiel questa è probabilmente la più grande opportunità che la vita gli abbia mai riservato… e proprio per questo tu dovresti essere contenta per lui”
“se fosse stato Jason a partire, tu saresti stata felice?” replicò seccamente Erin, quasi senza dare il tempo alla zia di finire la frase.
Pam la fissò perplessa per poi obiettare:
“ma Erin, Castiel non è il tuo ragazzo”
La mora sospirò e appoggiò la scopa contro la parete.
“sì scusa, hai ragione… pessimo esempio” mormorò, accucciandosi verso un secchio posizionato accanto ad un spigolo del muro. Recuperò una confezione di detersivo per pavimenti e ne dosò una piccola quantità che si disciolse nell’acqua, diffondendo nell’aria circostante un’aroma di lavanda.
La zia sospirò osservando quella silenziosa nipote mentre, mestamente, passava lo staccio sul pavimento lucido.
Anche se aveva incrociato Castiel solo una volta, Pam era convinta che buona parte del merito per il cambiamento di Erin fosse imputabile a quel ragazzo.
Spesso e volentieri aveva scoperto la nipote mentre rispondeva ai messaggi dell’amico con un tenero sorriso sulle labbra, anche se appena due minuti prima si era rabbuiata al ricordo della gemella.
Lui sapeva rasserenarla come nessun’altro prima.
Per quanto Nathaniel fosse un ragazzo adorabile e impeccabile, la zia non riusciva a scacciare l’idea che sua nipote avesse scelto la persona sbagliata.
Specie dopo che Jason le aveva raccontato di quanto Castiel si fosse rivelato un ragazzo gentile quando era andato nel suo studio. Con il suo cagnolone accanto, il rosso si era molto ammorbidito, sorrideva e faceva anche battute divertenti.
 
“devo cominciare ad essere gelosa di Castiel?” l’aveva punzecchiato lei, la prima notte che avevano trascorso assieme, dopo che avevano fatto l’amore per la seconda volta.
Quella sera erano talmente su di giri che il sonno aveva tardato parecchio ad arrivare e quindi avevano trascorso tutta la notte a chiacchierare.
Jason era scoppiato a ridere ed aveva replicato:
“sai, non conosco questo Nathaniel, ma a me sta proprio simpatico Castiel… ce lo vedrei bene con tua nipote”
 
“sai cosa diceva Victor Hugo sulla separazione?”
Erin alzò gli occhi verso la zia, scrollando poi le spalle con evidente disinteresse, il quale però non bastò a scoraggiare la donna, che proseguì:
“in amore, la separazione avvicina” 
La ragazza non replicò e Pam si accontentò della speranza che quelle parole le fossero per lo meno di consolazione.
 
Il giorno successivo, Erin era in piedi accanto al letto, imbambolata a fissare lo schermo del cellulare. L’ultimo messaggio che le aveva mandato Castiel risaliva alla sera del concerto e aveva un che di profetico “…giuro che stasera ti farò piangere”
C’era riuscito eccome, anche se nemmeno il ragazzo aveva potuto prevedere la piega che avevano preso gli eventi.
La ragazza teneva lo sguardo ancorato sul riquadro bianco della casella messaggi, arrovellandosi sul come riempirla: non aveva idea di cosa scrivergli.
Voleva salutarlo prima di partire alla volta di Allentown, ma ogni frase le sembrava inopportuna.
Sospirò sconfitta e spense lo schermo, riponendo poi il telefono nella borsa.
 
Lysandre chiuse il voluminoso saggio di Kant e assunse un’aria pensierosa. Nella sua mente, rivisse la conversazione avuta il giorno prima con l’amico:
 
“avevi ragione Lys. Lei mi piace”
Il poeta aveva incassato quella notizia senza battere ciglio. Castiel lo guardava con serietà e dal suo tono di voce traspariva una grande amarezza:
“dì pure che te ne sei innamorato Castiel. Ti prenderei a calci se non fosse così lontano dalla mia natura. Sono settimane che cerco di fartelo capire e dovevi arrivarci proprio ora che te ne vai?”
Castiel si grattò il capo in difficoltà:
“beh, se dobbiamo dirla tutta, non potevo scegliere momento migliore: non ce l’avrei fatta ancora a lungo a vederla con Nate. Così questi sei mesi mi serviranno per dimenticarla. Vedrai, quando tornerò, Erin sarà solo un’amica come le altre”
“ne sei sicuro?”
“ne sono convinto” asserì il rosso, guardandolo con determinazione “lo sai come sono fatto no? Se mi metto in testa una cosa…”
“quanto ci hai messo per dimenticare Debrah?” lo interruppe Lysandre.
Di fronte al disorientamento dell’amico, il poeta proseguì:
“ammesso che tu non pensi più a lei”
“qualche volta ci penso” riconobbe il ragazzo, frugandosi nelle tasche alla ricerca del pacchetto di Marlboro “ma lei è solo un ricordo senza amore… e sarà lo stesso per Erin. Devo solo trovarmi una ragazza che non conosca Nathaniel, tutto qua” rise amaro.
Dopo una breve esitazione, seguita da un sospiro sconfitto, Lysandre replicò:
“è così impossibile per te, credere che esista qualcuno che possa preferire te a lui?”
“sarei un povero illuso se credessi una cosa del genere, non ti pare?”
Il poeta si zittì. Discutere con Castiel di certi argomenti era un’impresa che gli prosciugava ogni energia ma non poteva demordere:
“sai, ho sempre pensato che il tuo problema più grande fosse l’incredibile stima che nutri verso Nathaniel che ti ha fatto maturare una sorta di complesso di inferiorità verso di lui… adesso mi rendo conto che, semplicemente, tu sei un codardo Castiel. Tu hai solo paura di rischiare, nascondendoti dietro patetiche scuse… non sopporti di essere ferito nell’orgoglio ma non ne hai neanche un po’ visto che continui a comportarti da ragazzino”
 
Nonostante quella provocazione, Castiel non aveva reagito.
Si era acceso la sigaretta, tenendola in bilico sulle labbra e aveva sollevato il mento verso il cielo. Quell’arrendevolezza non era da lui e fu questa a turbare Lysandre: il suo amico era come un soldato che aveva perso una guerra senza avervi preso parte.
Il poeta chiuse gli occhi e cercò di pensare ad altro.
Sentiva però crescergli ineluttabilmente l’irritazione per quell’amico tanto orgoglioso quanto idiota e cominciò a torturare il gatto della sorella che giaceva inerme accanto a lui.
“lascia stare Romeo!” lo riprese Rosalya, evidentemente sorpresa per lo strano comportamento del fratello “si può sapere che ti prende? Cos’è, un nuovo disturbo della tua demenza senile?”
 
Nel viaggio in macchina, Erin non parlò, e la zia rispettò quel suo silenzio.
Conosceva la nipote e sapeva che aveva bisogno del tempo per riflettere. Dopo la loro discussione del giorno precedente, aveva deciso di provare a darle fiducia, intervenendo solo qualora il mutismo della ragazza si fosse prolungato.
Durante la notte aveva concluso che, se Erin era davvero cambiata, non si sarebbe lasciata abbattere a lungo da quella situazione e avrebbe trovato il modo per reagire.
Dal canto suo, Erin si sentiva frustrata: anziché abituarsi all’idea che Castiel se ne andasse, la sua mente sembrava sempre più ossessivamente incentrata sul pensiero che lei sarebbe rimasta sola. Prima Sophia, ora lui.
Ma diversamente dal caso della sorella, il suo amico sarebbe partito con la gioia nel cuore. Era questa l’importante differenza tra i due casi ed era su questo punto che lei doveva focalizzarsi.
Non doveva compiangere se stessa, al contrario doveva essere felice per lui: Castiel aveva bisogno di quell’iniezione di fiducia, aveva un’estrema necessità che qualcuno riconoscesse il suo talento.
In lei cominciò finalmente allora a farsi strada la consapevolezza di aver sbagliato tutto, con il suo atteggiamento immotivatamente vittimista.
Era maturata molto da quando si era trasferita a Morristown, era diventata una persona forte e determinata, che non si lasciava abbattere facilmente.
Avrebbe deluso tutti se continuava a tenere quel muso lungo; le balenò così una mezza idea che pian piano si completò in un intero: avrebbe organizzato per Castiel la miglior festa a sorpresa possibile, per salutarlo degnamente prima del suo sbarco in Germania.
Avrebbe fatto tutto ciò che era in suo potere per vederlo partire con un sorriso stampato sulla labbra; avrebbe fatto l’impossibile per quella smorfia che in lui era così rara e peratanto così carismatica.
 
La macchina percorse un lungo tragitto tra i boschi che tanto Erin adorava, costeggiando il Little Lehigh Park. Era molto affezionata a quel luogo in cui lei e la sua famiglia trascorrevano spesso i fine settimana. Era stato proprio tra quegli alberi che, una domenica, un bambino con i capelli neri e un’espressione un po’ impacciata, le aveva restituito il prezioso braccialetto che aveva perso.
Non aveva ancora detto a Castiel che era lei la bambina con il vestitino giallo ad avergli stampato il bacio sulla guancia, ma per qualche motivo, le piaceva custodire tutto per sé quel ricordo. Dall’alto della sua innocenza, aveva sempre considerato quello il suo primo bacio, anche se si era trattato di un castissimo segno lasciato sulla guancia di un bambino di nove anni.
Quando cominciarono a lasciarsi la foresta alle spalle, Erin cominciò a intravedere il profilo familiare della città: in tre mesi, Allentown non poteva certo aver stravolto la propria immagine, tuttavia la semplice aggiunta delle decorazioni natalizie e delle luci non ancora accese, bastarono a sottolineare in lei un senso di estraneità.
“Allentown ci accoglie” scherzò Pam, passando sotto un arco con la scritta Welcome.
Imboccò la Martin L. King Dr e sfrecciarono accanto al famoso parco di divertimenti Dorney Park & Wildwater Kingdom in cui Erin e Sophia andavano spesso assieme ai loro amici.
Le sembrava fossero passati secoli dall’ultima volta che era uscita con loro. Ormai a Morristown si era ricostruita una vita e aveva cancellato quella precedente.
Dopo la sua chiusura al mondo, a seguito dell’incidente, persino la sua amica Leticia non si era più fatta viva.
Dopo essersi spostati dal centro urbano, Pam si inoltrò nella campagna svoltando infine per una stradina sterrata. Al termine della via, imboccò il vialetto di ghiaia di una graziosa casetta a due piani.
La muratura era in mattoni faccia a vista, di colore chiaro mentre gli infissi erano stati verniciati di verde bosco. L’abitazione era di modeste dimensioni ma vantava un bellissimo giardino. Sulla cassetta della posta, in metallo rosso era inciso il nome Travis.
Sentendo il rumore degli pneumatici contro il suolo, Amanda si precipitò all’esterno, squittendo per la gioia.
Indossava un grembiule da cucina, macchiato in un angolo da sugo di pomodoro, con la scritta la cucina di mamma è sempre la migliore perché fatta con amore. Era molto affezionata a quell’oggetto, poiché si trattava di un regalo delle sue figlie.
Asciugandosi frettolosamente le mani umide, cominciò a sbracciarsi verso la vettura.
"non vedevo l'ora che arrivaste!" le accolse, appena Pam aprì la portiera.
Abbracciò quest’ultima, mentre Erin scaricava le valigie.
"tesoro, le valigie prendile dopo! Sono tre settimane che non ci vediamo!" la rimproverò amorevolmente, allargando le braccia e attendendo che la figlia le si fiondasse contro.
Erin però si limitò ad un timido abbraccio passivo, lasciandosi cullare per un attimo, mentre la psicologa, si insospettì:
"Erin stai bene?"
"certo" la tranquillizzò
“e con Nathaniel?”
“a meraviglia…ora mamma scusa, ma c’è una cosa che devo fare" la liquidò, precipitandosi in casa.
Amanda ricercò lo sguardo della cognata, che sorrise indulgente, mentre si accingeva a recuperare i bagagli.
 
Erin varcò la soglia di casa e attraversò il salotto, senza curarsi di salutare prima suo padre, disperso in qualche angolo del bosco attorno alla loro proprietà.
Salì le scale e si trovò di fronte una porta chiusa con quel nome appeso all’esterno e che non era il suo. Passò oltre e si precipitò nella stanza accanto, la sua vecchia camera, trovandola esattamente come l’aveva lasciata.
Si sedette pesantemente sul letto e tirò fuori il cellulare dalla borsa.
Da quando aveva pensato alla festa a sorpresa per Castiel, la trepidazione era aumentata sempre più. Era riuscita a canalizzare tutta la sua tristezza in energia positiva.   
Con gesti rapidi, cercò il numero di Lysandre e avviò la chiamata.
 
È universalmente noto che per una nonna, un nipote non sia mai adeguatamente nutrito. Per quanto fosse una persona fuori dagli schemi, nemmeno la nonna White sfuggiva a questo stereotipo e aveva riempito lo stomaco del povero Lysandre ben oltre la sua capienza massima.
Ciondolando come un ippopotamo e abbandonando la leggendaria eleganza dei movimenti che lo contraddistingueva, il ragazzo si era abbandonato sul divano, in attesa che il sonno si impadronisse completamente di lui.
Il suo programma però era incompatibile con le intenzioni del resto del mondo: il cellulare cominciò a vibrare fastidiosamente, costringendolo ad allungarsi sul comodino:
"Ciao Lys, hai un minuto? Mi è venuta un'idea per festeggiare Castiel: una festa a sorpresa! Ma tu sai quando parte? Immagino dopo le vacanze"
La voce eccitata di Erin lo spiazzò, specie dopo averla vista così abbattuta la sera del concerto. Rosalya inoltre gli aveva raccontato che il giorno prima l’amica era piuttosto silenziosa, nonostante tutti attorno a lei fossero di ottimo umore.
"Erin" le sussurrò.
"poi dovremo decidere dove farla… secondo te è da maleducati se la organizziamo a casa sua?"
"Erin" la richiamò con tono fermo.
“beh, ma è per il suo bene! Sono sicura che alla fine gli farà pi-“
“Erin!” la riprese Lysandre seccamente.
Finalmente sentì silenzio dall’altra parte del ricevitore.
Si massaggiò la fronte, sospirando sommessamente mentre lei sbottava:
"che c'è?"
"Castiel è già sull’aereo per la Germania"
 



 
NOTE DELL’AUTRICE:
Dopo due capitoli davvero pieni, eccone uno più tranquillo… tranne il finale direi.
Niente scene strappalacrime, Castiel se ne è andato così, in silenzio e solitudine…
Perché? Beh, mi sembrava che ci stesse, visto il personaggio -.-‘’…
Vi avverto (almeno questo ve lo devo): i prossimi capitoli vorrei che fossero tra i più deprimenti della storia (quello di oggi è stato solo l’antipasto)… visto che a me piace l’elemento malinconico/drammatico, non potevo non inserirlo anche nella mia storia…
Tralasciando l’ultimo paragrafo, spero di essere riuscita a trasmettervi un po’ di malinconia (non è cattiveria, giuro, è per immedesimarsi meglio nello stato d’animo di Erin)… per sforzarmi di rendere questa tristezza mi sono messa di sottofondo un video con musica deprimente… l’unico risultato di cui ho la certezza di aver raggiunto è che ora sono depressa -.-‘’…
 
Tuttavia devo accantonare la depressione per segnalare, come sempre, il disegno che mi ha spedito  
_Nuvola Rossa 95_ (in realtà sarebbero due ma per il secondo mi ci vorrà qualche giorno per colorarlo). Lo trovate al capitolo precedente, nella parte in cui Rosalya si preoccupa (?) del fatto che Armin possa cadere dal tetto ^^)… visto che questa santa donna (parlo di Nuvola) sembra leggermi nel pensiero, devo ringraziarla, perché ha rappresentato una delle scene che avrei voluto disegnare io (ma mi ero rifiutata per una questione di tempo)… e l’ha rappresentata in una versione decisamente migliore di quella che si era figurata nella mia testa, perciò:
 
GRAZIE! \(^^)/
 
Ah, ultima noticina prima di andarmene: Morristown ed Allentown esistono veramente, sono due città della zona orientale degli USA che distano circa un’ora di macchina l’una dall’altra. Per descrivere la città di Erin mi sono affidata a Google Maps (ovviamente alcune cose le ho inventate) e all’omino giallo (non so come altro chiamare quella funzione per vedere la strada in 3d -.-).
 
That’s all^^) Alla prossima e grazie per aver letto il capitolo^^)
 

 
  
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