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Autore: Shade Owl    24/09/2014    1 recensioni
Sconfiggere il destino è un'ardua battaglia. Lo sa bene Nathan Clarke, il quale si è preso sulle spalle più di un fardello, il più recente dei quali lo ha trovato in un bosco durante la caccia. Ma lui ha qualcosa che molti sembrano considerare solo una mera illusione, e che secondo il suo giudizio può portare enormi cambiamenti nel futuro: ha una speranza.
E la speranza di un uomo da sola dovrà tenere testa a mille difficoltà, sostenendo la piccola Athena attraverso un mondo ostile a chi, come lei, sembra avere un solo cammino davanti: quello della morte.
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STORIA MOMENTANEAMENTE SOSPESA
Genere: Dark, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Athena era ancora a metà strada tra l’incoscienza e la veglia quando venne sollevata di nuovo e portata dentro un altro edificio, lontana dall’incendio. Intravide a malapena il volto scuro dell’uomo che la trasportava a forza di braccia, o Margareth che apriva la porta davanti a loro. Poco dopo venne adagiata su un letto, e finalmente chiuse gli occhi.
Al suo risveglio la pioggia aveva smesso di cadere, anche se dalla finestra filtravano raggi di un sole debole e incerto. Forse era l’alba, ma di sicuro c’erano ancora molte nuvole in cielo, e l’aria portava con sé l’odore di fumo e di cenere: l’incendio si era estinto. Qualcuno le aveva tolto il cappello, che trovò appoggiato su un rozzo sgabello di legno accanto al letto; si protese cautamente per prenderlo e sentì la spalla lanciarle un grido di avvertimento: dopo la brutta avventura del giorno prima era ancora rigida e dolorante, probabilmente viola per i lividi.
Accidenti, che botta… pensò scocciata. E che figura del cavolo… se Nate fosse qui…
Però non c’era. Non poteva rimproverarla per la sua imprudenza.
Inspirando a fondo per scacciare quel pensiero, si guardò attorno con maggiore attenzione, scoprendo di essere in una delle abitazioni che aveva ispezionato il giorno prima con Margareth, in precedenza appartenuta, con ogni probabilità, a una famiglia non molto grande. Quella era l’unica stanza da letto, e infatti trovò Margareth non lontana da lei, che dormiva nel giaciglio che un tempo era appartenuto ai genitori.
Che brava… io sono svenuta e lei se ne approfitta per accaparrarsi il letto più grande…
Poi si accorse di un terzo respiro, diverso dal suo o da quello della compagna. Era quasi impercettibile, poco più di un refolo prodotto da una porta che si apriva. Solo allora, ricordando che c’era anche un uomo con loro, uno sconosciuto che l’aveva portata fuori dalla stalla, vide una terza figura, seduta con le spalle contro una parete, a gambe incrociate. Un lungo mantello lo copriva da capo a piedi, nascondendogli il corpo e buona parte del volto, anche se la chioma candida ricadeva liberamente verso il basso, penzolandogli dalle spalle.
Lo osservò per un istante, finché quello non alzò il capo, lentamente ma così all’improvviso che Athena ebbe un sussulto: aveva creduto che fosse addormentato. Invece, i suoi occhi erano bene aperti, di un viola intenso. Sul volto color ossidiana aveva dipinti dei complicati disegni dall’aria elegante e articolata, anche se non riusciva a coglierne il significato: una sottile linea curva gli attraversava la fronte, scendendo fino alle guance per poi arrestarsi in due tratti leggeri che la facevano sembrare appuntita. Proseguendo, altre linee ancor più sottili si diramavano sui suoi zigomi e lungo il setto nasale, come spine e arbusti di rovo.
I suoi lineamenti erano netti e definiti, senza tracce di rughe particolari. Sembrava avere un viso del tutto senza tempo, nonostante l’espressione seriosa, quasi fredda.
- Gre’as’anto, l’essnil.- disse lentamente. Aveva una voce cadenzata e profonda, con una nota quasi musicale nel timbro - Non fare sforzi eccessivi. Hai respirato molto fumo ieri notte.-
Athena esitò, sistemandosi meglio il cappello sulla testa.
- Ehm… io… cos’è che hai detto, scusa?-
- Gre’as’anto, l’essnil.- borbottò Margareth dal suo letto, girandosi dall’altro lato senza nemmeno aprire gli occhi - In Drowish: pace, ragazza.-
- Oh. Ehm… grazie. È un… un saluto?-
Il Drow annuì.
- Il mio nome è Kibir Dûl Khazdîn, Qu’abban del casato De’Drextan.-
- Ah… ehm…-
- Non sa di cosa stai parlando, Kibir.- sbuffò Margareth, mettendosi a sedere sul letto con aria rassegnata - Allora… Kibir Dûl Khazdîn, è un Qu’abban… cioè, è un diplomatico del casato Drow Drextan, la casta che governa Llenxia, ovvero la città dove siamo dirette. È venuto da queste parti perché da settimane hanno perso i contatti con Viniva senza una ragione.-
- E… voi due vi conoscete?-
- Certo che sì.- rispose Margareth - Sono stata qui in passato, te l’ho detto, no?-
Kibir non fece commenti e si alzò in piedi, estraendo da sotto il mantello un otre di cuoio, mostrando abiti scuri e aderenti, modellati attorno a un fisico muscoloso e tonico. Si avvicinò ad Athena e le tese la ghirba.
- Tieni.- disse - Devi avere sete. Ieri ti ho inumidito le labbra, ma altra acqua ti farà certamente bene. Non temere, ho usato la pioggia, stanotte.-
Athena mormorò appena un “grazie”, prendendo l’otre e portandolo alle labbra. Mentre lei si dissetava Margareth si infilò gli stivali e sistemò alla meglio i propri capelli, guardandosi nell’unico specchio presente.
- Nnnnh… ho bisogno di un bagno come si deve… e di una spazzola. Ho i capelli in uno stato pietoso!-
- A Llenxia troverai tutto ciò di cui necessiti, Sel Tresk’ri’s Beldroin.-
- Oh, lo spero davvero!- esclamò lei, sorridendogli - Cielo, sono passati anni dall’ultima volta che ho visitato Llenxia… come sta la Matrona Shi’nill?-
- La Ilharess Shi’nil De’Drextan è in buona salute. Sarà lieta di ricevere te e la tua giovane compagna, Sel Tresk’ri’s Beldroin, anche se turbata dalle notizie che le proterò.-
- Già… potrai darle il benvenuto nella compagnia.- mormorò Margareth a capo chino, senza più sorridere. Scosse la testa, agitando i boccoli increspati dal maltempo e dalla sporcizia, e sospirò - Athena, come ti senti? Ce la fai a camminare?-
Athena annuì, allungandosi per prendere gli stivali.
- Cos’è successo ieri? Mentre ero nella stalla, intendo. Dov’è quella donna?-
- Fuggita.- rispose Kibir - Quando sono arrivato io ha preferito ritirarsi.-
- Puoi biasimarla?- disse Margareth con una smorfia - Peccato solo che sia una nemica… è brava, mi ha messa davvero in difficoltà.-
- Pensi che si rifarà viva?- chiese Athena.
- Se non lei qualcuno dei suoi amici. Comunque ne parleremo più tardi, quando saremo a Llenxia. Qui non siamo di certo al sicuro.-
 
Senza più i cavalli dovettero procedere a piedi. Kibir si mise silenziosamente alla guida del loro piccolo gruppo, senza proferire più parola dopo le poche frasi che aveva scambiato con loro quella mattina presto. Anche Margareth si chiuse in un mutismo cupo per la maggior parte del tempo, e perlopiù rimase sulle sue lungo tutto il tragitto.
Il Drow le condusse nei meandri più profondi del gruppo di colline che circondava la città, scegliendo solo all’inizio un sentiero battuto e ben riconoscibile, per poi sportarsi ben presto nell’erba alta, ancora così umida per la pioggia che presto i loro abiti si bagnarono fino al ginocchio. Athena dovette aguzzare la vista e usare tutta l’abilità di cacciatrice che le era stata inculcata da Nate, ma alla fine riuscì a distinguere le tracce evidenti di un passaggio prolungato e relativamente frequente in quell’area, per quanto i piedi di chi ci aveva camminato fossero leggeri e prudenti: uno stelo piegato, un arbusto rotto, un piccolo affossamento pieno d’acqua, creato senz’ombra di dubbio da un passo frettoloso e pesante…
- Ci passate spesso di qui?- chiese alla fine, anche per spezzare quel silenzio tremendo, che ormai iniziava a non sopportare più.
Kibir si voltò a malapena, sena mostrare emozioni degne di nota, scoccandole un’occhiata penetrante, mentre le colline intorno a loro si facevano più alte e gli alberi lentamente più fitti.
- Questo è il cammino più breve per la mia casa, l’essnil. Ma non usiamo mai per più di una settimana lo stesso percorso. Non amiamo le visite.-
- I Drow sono piuttosto riservati.- spiegò Margareth - Cambiano strada spesso, e le loro città sotterranee sono difficili da raggiungere senza una guida. Finché staremo a Llenxia non correremo pericoli.-
- Mh… e gli hai anche spiegato perché dovremmo correre dei pericoli?-
- Ho avuto modo di porre le mie domande.- disse senza voltarsi Kibir - Ora starà alla Ilharess ascoltare l’intera storia e giudicare.-
- Qualsiasi aiuto vorrete dare ai Sel Tresk’ri’s Beldroin sarà bene accetto, Kibir.- disse Margareth.
- Meno parole strane, per favore…- implorò stancamente Athena.
- Scusa. Dimenticavo che tu non parli il Drowish.- sospirò la compagna - La “Ilharess” è la Matrona, ovvero colei che governa un clan Drow. È la massima autorità.-
- Ah… e quel poema di prima? Quel sel teski–qualcosa?-
- Sel Tresk’ri’s Beldroin.- recitò Kibir - Così noi chiamiamo le persone come la tua compagna.-
- I Drow non hanno una parola adatta per “Architetto”.- spiegò Margareth, stringendosi nelle spalle - Quindi ci chiamano in quel modo, che letteralmente vuol dire “creatore del nuovo mondo”. Comunque…- concluse rivolgendo verso l’alto i palmi delle mani - … se non ti dispiace rimanderei la lezione di Drowish a più tardi. Abbiamo un bel po’ di cose da fare, senza dimenticare la tua prova.-
Athena annuì e non aprì più bocca, proprio come loro, anche se così facendo finì col suggellare l’atmosfera cupa che si era venuta a creare intorno a loro. Nel frattempo la quantità e l’altezza delle piante era aumentata, tanto da trasformare il paesaggio collinare in un bosco irregolare e tortuoso, pieno di sentieri serpeggianti più o meno visibili tra le frasche; Kibir scelse i passaggi più difficili da scorgere, fino ad arrivare a un’apertura nel fianco di un colle pietroso, seminascosta dietro una coppia di tronchi gemelli.
- Qui.- disse il Drow, facendo appena un cenno prima di precederle.
Si infilò agilmente nell’apertura buia, e i suoi passi riecheggiarono a malapena, quasi si muovesse sulle piume. Athena entrò subito dopo di lui, ritrovandosi all'istante nell’oscurità quasi totale. Riusciva a malapena a distinguere Kibir davanti a lei, che armeggiava con qualcosa appeso alla parete della piccola grotta. Sulle prime pensò che stesse accendendo una luce, ma dopo almeno un minuto che il buio proseguiva si rese conto che stava facendo altro. Margareth le passò davanti, camminando di lato contro la parete troppo vicina, e afferrò quello che Kibir le tendeva, che si rivelò essere il capo di una fune non troppo lunga.
- I Drow vedono bene anche nell’oscurità.- spiegò, passando la cima della corda ad Athena - Quindi non usano quasi mai fonti di luce durante gli spostamenti sotterranei. Afferra questa e non lasciarla, perché se ti perdi qui sotto ti assicuro che ne passerà di tempo prima che tu riesca a rivedere il sole.-
Athena annuì senza fare domande e si avvolse la fune attorno al polso, stringendola forte nel palmo, mentre Margareth faceva altrettanto verso il centro. Kibir si legò il suo capo alla cinta e, dopo essersi assicurato che entrambe si fossero aggrappate saldamente, riprese a muoversi in silenzio.
Il tragittò sotterraneo durò molto a lungo, e per tutto il viaggio gli unici suoni che sentirono furono quelli dei loro passi. E con tutto quel buio e l’assenza di un modo per misurare il tempo effettivamente trascorso fu impossibile dire, in seguito, quanto a lungo continuarono a seguire Kibir, che dal canto suo non fece nulla per alleggerire l’atmosfera, così come non la fece Margareth; il loro atteggiamento non incentivava la conversazione, e l’atmosfera pesante servì solo a dare libero sfogo alla depressione che Athena covava dentro da giorni.
Mi manca tanto Nate… pensò.
Si sfregò nervosamente la fronte sotto il cappello, che aveva improvvisamente cominciato a prudere: quella dannata cicatrice… per causa sua aveva dovuto rinunciare ad avere una vita normale, si era sempre nascosta per paura di essere uccisa, e ora veniva usata come pretesto per incolparla di un crimine non suo. E l’unica persona in grado di tirarla fuori da quella situazione a malapena le rivolgeva la parola.
Che rabbia…
 
Astrid strinse forte la fascia di stoffa attorno alla mano, tirando coi denti per tenerla in tensione e poi tagliandola col coltello. Messo via il rotolo, immerse il resto nel secchio d’olio al suo fianco, insieme a tutti gli altri che ci aveva già messo. A quel punto si abbandonò sul tronco caduto sospirando per la stanchezza: quattro ore di sonno erano poche, nonostante la sua resistenza, specie dopo tante notti passate a cavallo.
Comunque, doveva darsi una mossa e finire in fretta: non aveva idea di quanto a lungo sarebbero rimaste a Llenxia, e per allora voleva farsi trovare preparata. Quelle due erano già fuggite abbastanza a lungo.

Onestamente volevo impostare il capitolo in un altro modo, ma mi è venuto così... beh, ormai è fatta.
Dico come sempre grazie a Ely79, Alice Spades, Shiho93, Kira16, NemoTheNameless, FabTaurus, Lune91, Iryael, KuRaMa KIUUBY, King_Peter, Jasmine1996, Terry5 e Wendy90, che mi stanno seguendo. A presto!

   
 
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