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Autore: BellaLuna    28/09/2014    4 recensioni
purtroppo, la pace non dura mai per sempre ... e stavolta il destino del pianeta Wonder è nelle mani di una antica profezia. nell'eterna lotta tra luce e buio le principesse gemelle scopriranno come ,per ritornare a esseri liberi e ritrovare se stessi, basti rispecchiarsi nella propria ombra e come l'amore sia capace di spezzare anche la più crudele delle maledizioni ... "Rein abbassò lo sguardo nascondendo le calde lacrime che le solcavano il viso provato dalla battaglia. la presa sui suoi polsi e sulle sue caviglie divendava ogni istante più ferma e pungente. -Dimmi perchè!- le ordinò scrutandola come se cercasse di entrare nei meandri più segreti della sua anima. E lei sorrise, amara ,come se quelle due parole nascondessero un significato più profondo. - Dimmi perchè continui a sperare che la luce ti salvi?- la sua voce è dura,tagliente e sprezzante ... vuota di qualsiasi emozione. E pensi che in realtà non lo sai nemmeno tu il perchè! poi li rivedi, nella tua mente, le figure dei tuoi cari,dei tuoi amici,di lui che ti sorride. loro non ti abbandoneranno ... lo sai! ed è per questo che ora riesci a fronteggiare di nuovo quello sguardo di fuoco ... più sicura,più speranzosa ... più innamorata. - perchè sono sicura che lui verrà a salvarmi!-"
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Fine, Nuovo Personaggio, Rein, Shade
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nessuna Via di Fuga (Parte 2)
 


Rein venne scagliata con forza, da una spira di ghiaccio e acqua di Calipso, contro la fredda e dura roccia alle sue spalle.
La principessa sentì il fiato spezzarsi in gola, seguito da un dolore indescrivibile all’altezza del costato.
I suoi polmoni sembravano essersi svuotati e sentiva un ronzio persistente alle orecchie, come se il suo cervello fosse all’improvviso andato in tilt e il rumore del corto circuito si stesse diffondendo per tutto il suo sistema uditivo.
Annaspò dolorosamente per una manciata di secondi, sentendo il sapore ferroso del sangue in bocca e la presa gelida e salda della frusta d’acqua ancora intorno alle braccia che la stritolava all’altezza del suo diaframma.
Calipso emise una risatina soave ma inquietante e scosse lievemente i suoi boccoli color dell’oro mentre, alzando la mano verso l’alto e stringendo le dita palmate, la teneva ancora imprigionata nella sua stretta mortale, senza mostrare alcun minimo sforzo.
A causa della presa che la frusta aveva sul suo corpo, la dea costrinse la turchina a lievitare in aria fino a che il suo viso non fu che a un paio di centimetri di distanza dalle affilatissime stalagmiti che affollavano il tetto della grotta.
Rein abbassò lo sguardo sotto di sè e vide le sei sirene più piccole nuotare in cerchio, come degli squali affamati che aspettavano solo che la preda cadesse finalmente in acqua.
La prescelta deglutì amaramente e, sentendo il dolore per le costole inclinate diffondersi in ogni più piccola fibra del suo corpo, cercò nuovamente di concentrarsi solo su Calipso.
Era, davvero, incredibilmente forte.
Di sicuro, il nemico più forte e terribile che Rein avesse mai affrontato in tutta la sua vita.
Per tutti gli Dei, lei era una Suprema!
Come avrebbe fatto a sconfiggere una Suprema!?
Tossì forte e piccole goccioline di sangue cremisi le uscirono dalla bocca insieme a un gemito di dolore.
<< Non dirmi che ti sei già arresa, stupidina. Speravo in un combattimento molto più stimolante.>> la beffeggiò apertamente Calipso, lo sguardo compiaciuto di chi sa fin dal principio di avere la vittoria in tasca e non si fa alcun problema a mascherare la propria superiorità.
Rein ringhiò come un leone in gabbia e cercò di muovere le braccia per diminuire la presa della frusta, ma il tutto si rivelò inutile e lo sforzò le costò un’altra tremenda fitta al costato che le fece riempire gli occhi di lacrime.
Il dolore non le permetteva di ragionare lucidamente e l’arco delle ombre era sparito dalle sue mani non appena aveva perso la concentrazione durante gli scontri precedenti.
Calipso – dopo che, all’inizio del loro duello, la ragazza era balzata di lato, per schivare le frecce di ghiaccio che le aveva scagliato contro – era riuscita ad afferrarla per la caviglia e l’aveva tenuta con la testa sott’acqua per lunghissimi e strazianti minuti in cui Rein aveva davvero pensato che fosse arrivata la sua fine, e insieme alla sua speranza di sopravvivenza aveva visto svanire anche l’arco in tutta quell’acqua grigia e fredda che la circondava.
Ma la Dea sembrava aver in mente piani ben diversi e, poco prima che iniziasse a respirare l’acqua dell’oceano, l’aveva tirata su e le aveva concesso giusto qualche secondo per riprendersi e sputacchiare per poi iniziare a inseguirla (aiutata dalle angeliche figliolette) e torturare così ulteriormente il suo stato mentale in un’interminabile gioco al gatto e al topo, a cui Rein non era stata in grado di sfuggire nemmeno dopo aver invocato le ali di Elias e aver iniziato a fluttuare in aria.
Le ali non avevano resistito che pochi e vani minuti di fronte all’attacco persistente delle sei sirene che balzavano fuori dall’acqua e con i denti affilati come zanne le strappavano via a morsi o a colpi di coda il suo unico strumento di fuga.
Ora si sentiva davvero troppo stanca e debole e dolorante per riuscire a rievocare i suoi poteri ed era del tutto alla mercé di quella perfida megera!
Ma non poteva arrendersi! No, non l’avrebbe mai fatto! Non dopo aver subito un umiliazione del genere!
Tutto quello che le serviva era un diversivo, un piano, qualcosa che le permettesse di mettersi in contatto con Piimi e Terence.
Qualcosa che distogliesse l’attenzione di Calipso su di lei, giusto il tempo necessario affinchè i due amici accorressero a darle una mano.
Ma cosa?
Cosa le poteva garantire un simile vantaggio?
La ragazza cercò di riportare alla mente tutti gli insegnamenti che Terence le aveva dato su i vari poteri e i vari punti deboli delle Armi Leggendarie.
<< Ogni elemento è sottomesso a un altro. Ricordartelo sempre.>> le aveva detto una volta, dopo che l’aveva fatta allenare per ore attaccandola senza sosta con la sua spada nera che lanciava fuoco nero e saette.
Quel giorno Rein era stata vicina all’ustionarsi gravemente per almeno una decina di volte, mentre Terence la rimproverava in continuazione perchè non riusciva mai a rimanere concentrata per più di cinque minuti di fila!
La turchina lo fissava storto urlandogli contro che se solo avessero potuto fare cinque minuti di pausa ogni tanto! Ma il giovane le aveva digrignato contro i denti e con fare adirato aveva replicato che non esistevano pause durante un combattimento. Se sei pronta bene, se non lo sei, muori. E fine della storia.
Solo adesso Rein riusciva a capire le parole di Terence, e avrebbe davvero voluto stare più attenta durante le sue lezioni su come rimanere in vita.
Con tutti gli altri nemici era riuscita a cavarsela, ma Calipso era davvero troppo forte per lei.
Invincibile.
Non sarebbe mai stata in grado di batterla da sola.
Le serviva quel maledetto diversivo! Una cosa qualunque! Le andava bene anche l’arrivo dell’intero esercito di irritanti fate valchirie della Regina Ortensia, a quel punto!
Perché no, magari quelle piccole stronzette sarebbero riuscite a spruzzare un po’ di quella loro subdola e appiccicosa polvere magica addosso a Calipso e quella si sarebbe rimpicciolita, diventando delle dimensioni di una formichina innocua, o magari l’avrebbero inzuppata con qualcosa di ancora più malvagio che l’avrebbe trasformata con un puf! in un fiore tutto azzurro e verde e carino, che non sarebbe mai più riuscito a far del male a nessuno.
E, magari, sarebbero pure potute essere così gentili da riservare lo stesso trattamento alle sue adorabili figliole con i denti affilati.
Perché no? Lei poi le avrebbe ringraziate e avrebbe regalato loro tanto miele ( era il miele il cibo preferito dalle fate, no? O il polline? O quelle erano le api?) e le avrebbe convocate alla corte di Destion come ospiti d’onore e Selen le avrebbe nominate come le prime Ammazzasirene di tutta la storia del Mondo.
E ci sarebbero stati applausi e lacrime da parte di Piimi e balletti della vittoria da parte sua e brontolii da parte di Ter e tutti si sarebbero felicemente lasciati il capitolo Calipso – pazza suprema sociopatica divoratrice di cuori umani – alle spalle.
E tanto di baffo all’Arma suprema dell’acqua!
Quello sì, che sarebbe stato un piano davvero geniale, perfetto, da autentica Prescelta!
Peccato, che la suddetta prescelta non conoscesse nessuna fata valchiria e che quest’ultime ce l’avessero a morte con lei dopo che Piimi si era impossessata del loro preziosissimo Specchio.
Tuttavia, sarebbe stato davvero divertente vedere Calipso trasformata in una formica!
La ragazza, come ( follemente) faceva sempre quando si trovava in situazioni di estremo pericolo – per gli Dei, Calipso avrebbe potuto ucciderla solo sbattendo le ciglia in quel momento! – cercò di trovare un lato comico e ironico di tutta la situazione.
Qualcosa che la tirasse su di morale, nonostante fosse tenuta prigioniera da una Dea millenaria, avesse tre costole inclinate, nessun’arma a disposizione e nemmeno la più pallida idea di dove fossero i suoi compagni di squadra.
Perché l’umanità intera aveva improvvisamente deciso di complottare contro di lei?!
Che fine aveva fatto la sua buona dose di fortuna giornaliera?
Rein sentì involontariamente incurvarsi le labbra in un sorrisino a tratti folle e cercò di nasconderlo, meglio che potette, dalla vista della Sirena.
Quella però riuscì ad intercettarlo e, muovendosi alla velocità di un fulmine, le si parò davanti al viso con aria indignata.
<< Cos’hai da sghignazzare? Non lo vedi che sei già stata sconfitta? >> le domandò, in tono alterato, le squame lungo tutto il suo profilo sembravo assumere tonalità più scure quando si arrabbiava.
Rein deglutì amaramente - più sangue che saliva, in realtà - e cercò di mostrarsi strafottente e di assumere un tono apparentemente neutro.
<< Io pensò >> esordì, accorgendosi di come il dolore aumentasse in maniera allucinante ad ogni boccata d’aria che prendeva << che se tu mi avessi voluta morta, mi avresti già fatta fuori da un pezzo.>>
Okay, non ne aveva la certezza assoluta ma, in fondo, che cosa aveva da perdere?
Avrebbe provato a giocarsi quella carta e al diavolo il raziocinio e il più a lungo puoi mantenere la bocca chiusa meglio è per tutti! che Terence le aveva sempre raccomandato.
Dov’era quell’imbecille scorbutico quando serviva sul serio?!
Ehy, avrebbe voluto dirgli imitando il suo tono canzonatorio da principino sul piedistallo, c’è qui una grande e cattiva Dea Millenaria con una malsana intenzione di divorarmi viva, mentre tu sei rimasto all’asciutto ad aspettarmi fuori!
FUORI!
Per l’amore del cielo, era forse impazzito?!
Calipso la osservò attentamente a lungo, con aria corrucciata, prima di scoppiarle a ridere in faccia, come se le avesse appena raccontato una barzelletta super divertente.
Uno dei suoi perfetti boccoli biondi le colpì il viso, mentre la Dea scuoteva la testa in preda alle risa, tenendosi la pancia.
Per l’amore del cielo, era forse impazzita anche lei?
Più pazza di com’era già prima?
Ovviamente, le sue adorabile figliole, che vorticavano in acqua sotto i suoi piedi penzolanti nel vuoto, imitarono la madre e in un secondo la grotta fu solo questo grande concerto di risate melliflue e raccapriccianti.
Rein avrebbe voluto tapparsi le orecchie per non sentirle, ma le sue braccia erano ancora tenute attaccate lungo i suoi fianchi a causa della presa della frusta d’acqua su di sé.
<< Sì, sì è vero... >> mormorò, mettendo il broncio << è tutto così divertente. Anch’io, sapete, mi sto proprio divertendo un mondo. Mi sto divertendo da morire.>> commentò con sarcasmo, rifilando un’occhiata storta in direzione delle sei sirene sotto i suoi i piedi.
Di colpo Calipso mise fine alla sua risata folle e ritornò a fissarla con quei suoi folgoranti occhi color zaffiro.
Il suo sguardo era strano, ma strano cattivo, pensò Rein.
<< Oh, mia cara, hai proprio lo stesso temperamento fastidioso di Vivien! Anche lei aveva la cattiva abitudine di dar fiato alla bocca per niente. Non che la cosa mi sorprenda. Dopotutto, ogni volta è sempre la solito storia! >> commentò la Dea, fissandola come una madre guarderebbe il figlio dopo averlo visto nascondere le lenzuola bagnate di pipì sotto il letto.
Rein avrebbe voluto dirle che non si era mai fatta la pipì addosso! Mai! Nemmeno quando era una bambina!
Ma, d’altro canto, molte volte aveva nascosto le lenzuola bagnate di Fine, prima che Camelot si accorgesse delle “scorribande notturne” della sua sorellina.
Il che poteva essere considerata come una semi colpa, o no?
<< Ehy, non credo di aver capito bene... >> la giovane bloccò il flusso senza senso dei suoi ricordi da infante, per concentrarsi meglio sulle parole della Sirena << Chi sarebbe questa Vivien a cui assomiglio tanto? >> le chiese, spaesata.
Era un’altra delle sue figlie?
Una di quelle che faceva la pipì a letto da bambina?
Ma le sirene la facevano la pipì?
Per un attimo, ma solo per un attimo, alla turchina parve di vedere un lampo di sincera sorpresa attraversare gli occhi della Dea e le sue biondissime sopracciglia scattare verso l’alto.
Ma, punto uno: Calipso non aveva sopracciglia, né peli, perché era una sirena. Punto secondo: la sua confusione poteva essere attribuita al fatto che, magari, si stesse domandando perché la tenesse ancora in vita.
Rein se lo stava domandando eccome!
Era semplicemente sadica o quello era un trattamento speciale che riservava solo alle prescelte?
Boh.
<< Parli sul serio? Mi stai dicendo che, proprio tu, non sai chi è Vivien? >> le domandò, incrociando le braccia al petto e fissandola con sguardo scettico.
Rein si morse l’angolo del labbro inferiore in maniera nervosa.
Era un’interrogazione?
No, perché, era davvero troppo stanca e dolorante e aveva perso davvero molto sangue per sostenere anche un’interrogazione.
Probabilmente aveva pure sbattuto forte la testa o ingoiato troppa acqua di mare, perché il suo cervello non era più in grado di formulare un pensiero coerente o anche solo minimamente serio.
<< Oh, ti prego...>> sospirò alla fine, stravolta << potremmo lasciar perdere la parte in cui tu mi dai dell’ignorante, per arrivare direttamente a quella in cui tu mi illumini con la tua immensa conoscenza?  >>
Calipso la fissò accigliata, come se si stesse chiedendo se stesse dicendo il vero o se la stesse solo prendendo in giro.
Poi prese a girarle attorno, rimanendo sospesa in aria grazie alle sue spire d’acqua che la reggevano.
La squadrò con occhi di fuoco per una buona manciata di secondi, prima di pararsi di nuovo a un paio di centimetri dal suo viso con aria sardonica.
<< A quanto pare, Selen non ti ha raccontato proprio tutto, eh, portatrice dell’ombra? >>
Ecco che riattaccava con le domande ambigue!
Cosa avrebbe dovuto risponderle?
<< Mi ha raccontato un mucchio di cose... >> mugugnò con fatica, sentendo sempre più male in ogni muscolo del suo corpo.
Calipso strinse più forte la presa intorno al suo stomaco per incitarla a continuare e a non fare battute e la principessa si lasciò sfuggire un urlo straziante di dolore.
Rein pensò che molto probabilmente le avesse anche rotto un braccio, e il dolore fu così forte da toglierle il respiro e provocarle quasi uno svenimento.
Resistette solo perché sapeva bene cosa le sarebbe accaduto se fosse svenuta.
Molto probabilmente, le sei sirene sotto di lei l’avrebbero trasformata nel loro dessert preferito.
Una prescelta farcita con sangue reale, con un contorno di ombre gommose.
Buona anche al forno!
<< Mi ha spiegato... >> continuò allora, quando il respiro ritornò con fatica a strisciare dentro i suoi polmoni e le forze le permisero di alzare la testa e fissare la Dea negli occhi << Selen mi ha spiegato... che è importante che io sopravviva. Che devo recuperare tutte e otto le armi Leggendarie. Che solo con quelle la Guerra fra Luce e Buio avrà fine.>> concluse, ansimando, mentre un rivolo di sangue le colava giù dal mento.
Calipso ghignò, tirandosi indietro di alcuni centimetri.
<< Ma davvero? è questo che la grande Regina di Destion ti ha detto? Otto son le armi Leggendarie. Dieci le Terre in cui poter viaggiare. Solo Due i regni che non hanno riposo. Cinque i Guardiani dal sigillo luminoso. Il cui... >>
<< So già come continua quella stupida filastrocca.>> borbottò Rein, combattendo contro il dolore e la pesantezza che le faceva chiudere le palpebre da sole.
Di nuovo – come se non fosse capace di fare null’altro! Pensò la turchina – Calipso ghignò compiaciuta.
<< E cos’altro sai della profezia? Di noi Supremi? Di come sono nati i tre regni oltre il Labirinto di Nebbia? Cos’altro sai sulle origini del tuo retaggio, principessa Rein del regno solare? >>
<< Ora ne ho davvero abbastanza! Come fai a sapere tutte queste cose su di me? Come?! Se sei rimasta rinchiusa qui dentro per non so quanti decenni! >> sbottò la sedicenne, sperando solo che quella maledetta tortura finisse al più presto.
Cavoli! Quanto ci mettevano Terence e Piimi a trovarla?
Quanto?
Quanto?
Quanto?
Dov’erano?!
Non erano in pensiero per lei?
Calipso la gelò con uno sguardo al vetriolo, digrignando i suoi denti affilati come rasoi.
<< Sarei in grado di distinguere una discendete di Grace fra ogni abitante di questo sudicio pianeta! È stata proprio quella maledetta che mi ha condannata per sempre a quest’inferno! Me! Che avrei dovuto dominare tutti i mari e gli oceani del Mondo! Rinchiusa in una putrida grotta! >> si infuriò la Dea, trasformando il suo viso perfetto in una maschera di pazzia e furia omicida.
Emise un verso simile allo stridio delle unghie sul vetro e si gettò in acqua per poi risalire su con uno spruzzo e una schiera di frecce di ghiaccio dietro di sé.
Rein deglutì a vuoto, sbarrando gli occhi terrorizzata.
Okay, forse era stato un po’ avventato alzare la voce a quel modo.
Okay, forse la raccomandazione di Terence più tieni la bocca chiusa, meglio sarà per tutti noi! aveva le sue fondamenta.
Rein, a quel punto, avrebbe solo voluto gonfiare le guancie e con tono canzonatorio ricordare a Calipso che se solo te ne fossi andata via insieme con tutti i tuoi fratelli, tutto questo non sarebbe mai accaduto, scema!
Ma si tenne gli insulti per sé e si limitò solo a gonfiare le guance irritata.
<< Grace ha fatto quel che doveva per proteggerci tutti.>> Rein non poteva attribuirle nessun torto.
Certo, se magari l’avesse avvisata prima che uno degli Otto Supremi era intrappolato vivo all’interno delle Grotte di Inumi, non è che sarebbe stato poi così maleducato da parte sua...
<< No. Grace ha fatto quello che Selen voleva che facesse.>>
Quella volta fu Rein a spalancare gli occhi allibita e le sue sopracciglia scattarono – veramente, non come quelle di Calipso! – verso l’alto.
<< Ma di che parli? Selen è la reincarnazione di Grace! >> affermò Rein, sicura al cento e uno per cento delle sue parole.
Calipso sbuffò e si scostò i capelli dal viso con fare seccato.
<< Sì certo, e io sono una povera, piccola anima sperduta nel mondo in cerca di conforto. Credi davvero ad ogni cosa che ti dicono, Rein? Sei davvero così ingenua? >>
La ragazza si sentì confusa e spaesata, ed era come se un martello continuasse a inferire sulla sua testa.
Fissò a lungo Calipso con espressione perplessa, fin quando questa sbuffò di nuovo, mettendo su un’espressione impettita.
<< Per tutte le creature marine, persino Grace, che non è che spiccasse tanto d’astuzia, l’aveva capito prima di te.>>
<< Oh per l’amor del cielo, capito che cosa?! >>
<< Il vero gioco delle ombre.>>
  
 

Era da molto tempo, ormai, che Gon combatteva contro le ombre nere.
Le aveva combattute già prima di scoprire di essere un Guardiano, quando le sue braccia erano diventate abbastanza forti da reggere un’arma.
Le aveva combattute affianco a suo padre, prima che lui morisse ucciso da un agguato di Lady Dark.
Le aveva combattute quando gli era stata regalato il suo pugnale nero e si era ritrovato a giurare che sarebbe dovuto rimanere in vita a qualunque costo per tenere in vita il ricordo di un drago esiliato e di una fenice arsa dal suo amore.
Quindi, ormai, sapeva prevedere quasi con certezza matematica il momento esatto in cui quei mostri si sarebbero abbattuti con la loro furia distruttrice su tutti loro, incenerendo ogni cosa con quel maledetto fuoco nero che veniva fuori dalle loro fauci spalancate.
All’inizio era solo una sensazione. Se la sentiva strisciare addosso come una serpe, giù lungo tutta la spina dorsale, ghiacciandogli il sangue nelle vene.
Poi era come un sibilo, lungo, fastidioso e vibrante, che gli percorreva i timpani.
Infine era una fiammata. La sensazione di bruciore nel punto in cui, sulla sua fronte, splendeva lucente, come un piccolissimo sole, il suo simbolo da guardiano.
Quando la fiammata arrivava, e l’adrenalina gli faceva venire le vertigini e il cuore cominciava a pulsare con più velocità il sangue in tutto il suo corpo, Gon capiva che era arrivato il momento.
Il momento della lotta. Il momento della guerra. Il momento in cui avrebbe dovuto dimenticare cosa significasse essere un bambino e concentrarsi solo sul Guerriero che era in lui.
Aveva già il suo fedele pugnale stretto in mano quando, voltandosi verso Castel e Shade che si stavano dirigendo a passo spedito all’entrata della Grotta, gridò: << A TERRA!! >>
Shade non ebbe nemmeno il tempo di voltarsi del tutto per osservare l’amico alle sue spalle, che Castel lo afferrò per la cotta metallica dell’armatura trascinandolo a terra insieme a lui.
Mezzo secondo dopo, un corvo nero e gigantesco si scagliò sopra di loro mancandoli di pochi centimetri.
<< Da dove è saltato fuori?! >> sbraitò Shade, balzando in piedi insieme a Castel che aveva già sguainato la spada.
Il principe della Luna alzò gli occhi verso il cielo plumbeo, osservando con orrore lo spettacolo macabro che si stava profilando davanti a lui.
Il corvo che li aveva appena attaccati non era da solo.
Proprio come nella foresta di Halle del regno di Spazio, ce ne erano a decine dietro di lui.
Shade ne contò una ventina, e a questi si aggiunsero anche una decina di enormi serpenti neri e striscianti che si stavano pian piano materializzando davanti ai suoi occhi sconcertati, sbucando fuori dal terreno come famelici parassiti.
<< Oh... Dannazione... >> grugnì scioccato, per poi voltarsi di scatto verso i due amici che avevano già pronte le loro armi wonderiane e tenevano anch’essi gli occhi fissi nel cielo.
Il cobalto si avvicinò a loro con fare ansioso << mi spiace dirvi che quelle armi non servano a niente contro di loro. Io ho provato ad attaccare una di quelle ombre, una volta, con la mia frusta e non è servito a granchè! >> spiegò loro velocemente.
Castel gli lanciò una velocissima occhiata di sottecchi, prima di commentare << non è l’arma che conta. Te l’ho già detto: noi siamo Lumos. >>
<< E siamo dei Guardiani >> puntualizzò, con un mezzo sorriso sornione, anche l’undicenne.
Shade notò con la coda dell’occhio lo stesso corvo, che li aveva puntati poco prima, riprendere una picchiata verso di loro, pronto ad attaccarli frontalmente.
Aveva ali enormi, lunghe almeno due metri e mezzo ciascuna.
Il busto era stranamente un pò più piccolo, così come la testa su cui spiccava solo il becco lungo e affilato.
Se non possedeva un’arma né per attaccare né per difendersi da quella bestia, allora sarebbe stato completamente inutile, pensò arrabbiato il giovane principe.
E - per tutti gli Dei! - lui detestava sentirsi così inutile e vulnerabile, più di qualsiasi altra cosa al mondo!
Voleva combattere!
Voleva distruggere in fretta tutti quei mostri per poi entrare finalmente in quelle grotte e trovare Rein!
Ecco, quella era la sua missione principale!
Digrignò i denti, fuori di sé dalla collera e dall’impazienza di mettere fine una volta per tutte a quella caccia alla principessa scomparsa << e non c’è un’arma che anche un Wonderiano può usare contro di loro?! >> chiese, stringendo forte i pugni lungo i fianchi, gli occhi che splendevano di determinazione.
Gon e Castel si lanciarono un’occhiata complice e poi il castano sospirò, allungandogli il suo prezioso pugnale dalla lama nera.
<< Prendilo. È un’arma speciale. Forse funzionerà.>>
Il principe lanciò un’occhiata meravigliata prima alla lama, che Gon gli stava porgendo, e poi all’amico.
Sapeva – anche se non ne conosceva il motivo – che quell’arma era molto importante per Gon.
Una volta gli aveva confessato che era stato un regalo fattogli da una persona molto speciale, una persona che non c’era più.
Shade non aveva indagato oltre – non era di certo un pettegolo e un curiosone come Rein! – ma aveva notato come Gon trattasse quell’arma con un attenzione maniacale.
Lo teneva sempre con sé, sempre.
Si sentì molto lusingato quindi, quando il ragazzino glielo porse con un sorriso gentile sulle labbra.
Gli sorrise a sua volta, afferrando l’elsa del pugnale fra le mani.
<< Grazie, Gon.>> gli disse, riconoscente e pronto a dimostrargli il suo valore.
<< Fanne buon uso.>> ammiccò l’undicenne, lo sguardo rivolto, di nuovo, verso i nemici che ormai li avevano accerchiati dall’alto.
Shade piegò le labbra in un sorrisetto irriverente << puoi starne certo. Non vedo l’ora di squartare qualcuno di quei mostri.>>
Castel, affianco a lui, gli mostrò un ghigno soddisfatto << questo è lo spirito giusto, Principe di Wonder.>>
  


Prima che Rein avesse l’opportunità di chiedere a Calispo cosa intendesse dire con il vero gioco delle ombre, il sibilo di una scarica elettrica si diffuse nella grotta e, nell’istante successivo, un’ondata di scariche incontrollabili invase la superficie dell’acqua, costringendo le sirene a defilarsi dalla zona di propagazione.
Persino Calipso fu costretta ad allontanarsi da lei, se non voleva rimare fulminata e correre il rischio di bruciare i suoi perfettissimi riccioli biondi.
<< Rein, eccomi! >> la raggiunse in iperventilazione Piimi, gli occhi grondanti di preoccupazione.
A causa della scossa Calipso si era distratta, e la presa della frusta d’acqua lungo tutto il suo corpo si era allentata quanto bastava alla prescelta, aiutata da Piimi, per liberarsi.
<< Presto, vieni con me! >> affermò la folletta, posandogli una mano sul viso come una carezza.
L’attimo dopo, Rein si ritrovò teletrasportata proprio nella prima arcata della grotta, a soli dieci metri dall’uscita.
Terence se ne stava lì. La sua spada, conficcata per metà nel fondale, emetteva scintille e le mani del ragazzo sembravano quasi fumare.
Rein pensò che aveva davvero compiuto uno sforza immenso, per propagare le scariche elettriche dalla sua spada a tutta l’acqua della grotta.
Non appena le vide arrivare, il Tenebros - che aveva il viso stremato dalla fatica semi nascosto da un frammento di mantello – le fissò accigliato.
<< Terence, che ci fai ancora qui? Non avevamo detto di ritrovarci fuori dalle grotte? >> gli chiese Piimi, mentre cercava di reggere in piedi Rein.
La ragazza si accasciò al suolo, nel fondale basso, tremando e gemendo.
<< Beh, c’è stato un piccolo contrattempo.>> sentenziò in tono spiccio il ragazzo.
Rein si lamentò più forte, lanciandogli un’occhiata implorante.
Qualcosa come “ti prego, portami fuori di qui. ADESSO!”
Ma Terence la ignorò bellamente, come faceva sempre, in pratica.
Questo era ciò che si meritava per non stare mai attenta durante tutte le sue noiose lezioni di strategia militare, pensò seccata la turchina.
<< Che succede? >> gli domandò quindi Piimi, svolazzando in tondo in preda al panico.
Ter puntò un pollice proprio dietro di sé, dove si trovava l’uscita delle grotte.
<< Siamo circondanti da un battaglione di Ombre nere.>>
Rein ringraziò gli Dei del fatto che avesse mezzo costato fratturato e un braccio rotto perché così nessuno avrebbe potuto rinfacciarle l’espressione molto poco principesca che in quel momento le uscì fuori dalla bocca.
 
 

Poomo fu il primo a intuire che qualcosa non andava.
Osservando attentamente le grotte, si accorse di come le nuvole paressero più nere e dense all’interno del suo perimetro e su come si muovessero a cerchio, quasi roteando su loro stesse, condensandosi sempre di più e assumendo forme dall’aria spettrale.
Fine, che stava tranquillamente camminando al suo fianco, la testa vai a vedere in che parte dell’universo, scivolò poco elegantemente su uno degli scogli che delimitava il sentiero scosceso che stavano percorrendo per arrivare alle famose grotte.
<< Ahio! Dannazione, perché finisce sempre così!? >> piagnucolò la ragazza, massaggiandosi il sedere dolorante.
Poomo la fissò, con occhi spalancati dalla paura.
<< Principessa Fine, credo che stia succedendo qualcosa di strano alle Grotte di Inumi.>>
Fine, perplessa, seguì la direzione dello sguardo di Poomo e si scontrò con l’incubo nero che era appena piombato sul regno di Mirlo.
<< Oh santissimi-... quelle non sono solo delle nuvole particolarmente minacciose, vero, Poomo? >> domandò all’amico, rimettendosi in piedi e sentendo ogni fibra del suo corpo scossa dalla paura.
Poomo fece un segno negativo con la testa, incapace di distogliere lo sguardo dallo spettacolo senza precedenti che si stava verificando solo a qualche chilometro da loro.
<< Temo proprio di no, Principessa.>>
 


Quando il corvo scese nuovamente in picchiata verso di loro, Shade fu pronto a colpirlo e, con il fiato sospeso e il cuore pesante che batteva nel petto come un tamburo, si accorse con soddisfazione di come la lama – seppur piccola – perforasse alla perfezione la carne fatta di fumo e ombra della bestia.
Funzionava!
Il pugnale di Gon funzionava anche se ad impugnarlo era lui, un Wonderiano!
<< Evvai! Lo sapevo che avrebbe funzionato! Il mio pugnale funziona sempre! È infallibile! >> esultò l’undicenne, orgoglioso della sua arma.
Shade osservò compiaciuto la lama che stringeva fra le mani, poi si posizionò di nuovo accanto a Castel.
<< Qual è il loro punto debole? >> gli chiese, desideroso di abbattere la sua ira su quei mostri.
<< Sono ombre, Shade. Sono creature immateriali. Non puoi semplicemente infilzarli con la lama e ucciderli. Ricordatelo.>> gli spiegò, schivando poi la coda di un serpentone enorme che si abbatteva su di loro.
Tutti e tre i ragazzi si spostarono appena in tempo, schizzando in lati diversi.
La terra tremò e frammenti di roccia iniziarono a scivolare giù dalle scogliere a strapiombo che sovrastavano il perimetro delle grotte.
<< Allora cosa devo fare?! Come faccio a farli sparire del tutto?! >> urlò in direzione del maggiore dei Lumos, che intanto si era prodigato in un lungo salto e aveva affondato la sua spada – fatta di normalissimo acciaio di Wonder – sul muso del serpente.
Shade si accorse che una strana luce aveva iniziato a propagarsi dalle mani del Guardiano, luce che era esplosa del tutto quando la lama della sua spada era stata affondata nel corpo dell’ombra nera.
Quest’ultima emise uno stridulo acuto, si riempì di una luce accecante e poi esplose in mille pezzi che sembravano inchiostro nerissimo.
<< Così.>> rispose Castel, alla sua domanda precedente, un sorrisino di vittoria ad arricciargli le labbra.
Shade sbuffò contrariato << fantastico! Sono di nuovo al punto di partenza quindi! >>
<< Precisamente.>>
 
 

<< Mi stai dicendo... che l’arma leggendaria dell’acqua in realtà è Calipso stessa?! >> le tuonò contro Terence, una volta che gli ebbe spiegato tutta la situazione.
Rein, seduta ancora sul fondale, la schiena appoggiata contro la roccia e il braccio sinistro ormai inutilizzabile, gli sibilò un doloroso come risposta.
Terence scagliò un poderoso pugno contro la parete di roccia e ghiaccio accanto a lui << dannazione! >> sbraitò, il volto contratto dalla rabbia.
<< E ora come facciamo? >> domando preoccupata la folletta, accarezzando amorevolmente i lunghi e fradici capelli della principessa.
Rein le regalò un mezzo sorriso per rassicurarla, anche se in realtà non aveva idea di come riuscisse a tenere ancora gli occhi aperti, quando continuava a sentirsi sul punto di perdere i sensi da un momento all’altro e il dolore al braccio e alle costole la stava quasi facendo impazzire!
<< Che ne dite di una... ritirata strategica? >> propose la turchina, rivolgendosi principalmente al Tenebros.
Questi – come si era ovviamente aspettata – la fulminò con gli occhi.
<< Scordatelo! Non abbiamo fatto tutta questa strada per poi ritirarci! >> esclamò con fervore, gesticolando con i pugni serrati.
In realtà, Terence aveva valutato anche quella opzione durante tutto il lungo periodo in cui aveva cercato di far uscire la folletta dall’illusione prodotta dalle sirene.
Sarebbe stata di sicuro l’opzione migliore, soprattutto perché non credeva che la principessa potesse essere abbastanza forte da poter reggere un attacco su due fronti.
Ma poi, quando aveva raggiunto l’entrata della grotta e Piimi si era teletrasportata da Rein per liberarla da Calipso, aveva avvertito alcune presenze familiari.
A quanto pareva, i Tenebros non erano stati gli unici a seguire la prescelta su Wonder.
A pochi metri dall’entrata della grotta, infatti - sebbene Ter non sapesse come spiegarsi la presenza di due Lumos sul pianeta – c’erano i famosi Guardiani della profezia.
Più il principe – di – non – si – ricordava – più – quale – regno, a far probabilmente loro da guida.
Perciò, se quei tre paladini fossero riusciti a tenere a bada le ombre nere il tempo necessario affinchè loro potessero mettere nel mentre le mani sull’Arma dell’Acqua e poi svignarsela senza farsi notare da nessuno, perché non approfittarne?
Naturalmente, la ragazzina avrebbe dovuto rimanere all’oscuro di tutto, altrimenti si sarebbe di sicuro rifiutata di mettere a rischio la vita di persone innocenti, solo perché loro avessero la possibilità di recuperare l’arma Leggendaria.
Classico ragionamento da persone idiote, quali Rein.
Proprio per questa ragione, Terence aveva fatto finta di nulla e si era comportato come da manuale, respingendo ogni possibilità di ritorno a Destion senza un trofeo leggendario da portare con loro.
Ovviamente né la folletta né la sedicenne parevano dalla sua parte.
Piimi gli volò incontro con espressione conciliante << ma Rein è ferita, non può combattere in queste condizioni.>> provò a far ragionare il ragazzo che in risposta scosse la testa con veemenza.
<< Ha ancora il braccio destro, mi sembra, e le gambe le funzionano, perciò... >>
<< Non posso usare l’arco con un braccio solo, stupido che non se altro! >> gli ricordò la prescelta, rifilandogli un’occhiata ostile.
<< Allora lo farai usare alla tua ombra. Riesci ad invocare la tua ombra, non è vero? >> la provocò, sfilando l’elsa della sua spada dal fondale con un gesto deciso.
Rein gli fece il verso e poi provò a concentrarsi per bene.
La testa le martellava per il dolore, ma riuscì comunque a raccogliere le energie necessarie affinchè Luna si materializzasse davanti ai loro occhi, proprio sul filo dell’acqua.
Farlo sarebbe stato impossibile per chiunque, tranne che per lei, e Rein si sentì più forte notando quel piccolo dettaglio.
<< Perfetto. Ora passale l’arco.>> aggiunse Terence, in tono pratico, mentre Piimi gli lanciava occhiate di rimprovero.
Rein rifilò un’occhiata al moro che diceva “ quando saremo tornati a casa faremo i conti!” e poi si sforzò quel tanto che bastava per far materializzare il suo prezioso arco d’argento nelle mani di Luna.
La sua ombra la fissava in apprensione, con i suoi occhi vuoti in cui Rein riusciva a guardare attraverso.
Il braccio sinistro di Luna funzionava alla perfezione e la sua ombra strinse l’arco con forza al suo petto.
<< Come faremo a battere Calipso? >> domandò angosciata Rein al compagno di squadra, non osando guardarlo negli occhi.
La situazione era davvero pessima già da prima che arrivassero i Tenebros, adesso era proprio catastrofica!
Il moro le lanciò un’occhiata di sottecchi, le braccia incrociate sul petto.
<< Ci inventeremo qualcosa.>> borbottò, mentre un lampo inquieto gli attraversava lo sguardo.
 
oOoOoOo


Già da prima che scoprisse che la Lumos - che lo aveva accolto in casa sua quasi fosse una persona qualsiasi e non il suo peggior nemico - fosse una Guardiana, Ter aveva intuito che ci fosse qualcosa di speciale in lei.
Non lo avrebbe mai ammesso, nemmeno sotto le più brutali torture, ma c’era quel particolare scintillio nei suoi occhi, quella luce di vita che le illuminava lo sguardo, che assomigliava molto alla fiamma eterna e immortale raffigurata nello Stemma della Fenice della casata Reale di Spazio.
Tutto nella Lumos trasmetteva forza, coraggio, passione e bellezza.
Era come avere a che fare costantemente con una fiera elegante e imprevedibile, a cui bastava un solo sguardo e una lingua più tagliente di qualsiasi arma per devastare il nemico.
Ter lo trovava estremamente irritante, perché per una creatura a sangue freddo come lui - che era figlio di un drago oscuro, dalle ali nere come il cielo di Tempo e gli occhi rossi come sangue - quel fuoco ardente era la più subdola e affascinante delle attrazioni
Non c’era mai stato nient’altro che avesse attirato il Tenebros come riusciva a fare, senza nemmeno impegnarsi troppo, quella dannata ragazzina dai capelli rossi.
Terence dovette ammettere che era di sicuro il nemico più temibile con cui si fosse fino ad allora scontrato.
Un nemico che invece di evocare ombre di luce, gli medicava le ferite con mani gentili. Un nemico che invece di lanciargli contro incantesimi paralizzanti, gli rivolgeva sorrisi luminosi e sguardi penetranti.
E Ter aveva da tempo dovuto accettare l’evidenza di non essere affatto preparato ad affrontare un nemico del genere, e di non avere nessuna arma a disposizione – se il suo carattere odioso, gli sguardi sdegnati, le smorfie cattive non aveva funzionato allora cosa? -  da usare contro di lei o per difendersi dai suoi imprevedibili attacchi.
Nessun’arma pareva essere in grado di respingere una volta per tutta quella piccola Lumos.
Inizialmente – quando ancora i pregiudizi lo accecavano e l’odio era stato il sentimento più forte che aveva prevalso in lui, come una belve che sfonda la gabbia e annienta chiunque attorno a sé, senza fare distinzioni – aveva solo pensato che fosse una stupida contadina, con stupide manie di grandezza.
Ma passando ogni santissimo giorno al suo fianco, a guardarla mentre preparava i suoi infusi e le pomate lenitive con occhi attenti e mani esperte, o i suoi movimenti furtivi mentre sgattaiolava fuori di casa, durante la notte, per andare al fiume a svagarsi un pò o per aiutare i suoi amici a difendere il villaggio;  e allora si batteva con coraggio e forza, e non c’era paura nel suo sguardo, né sottomissione, ma c’era orgoglio quello stesso orgoglio e quella stessa determinazione che Ter avrebbe saputo distinguere fra milioni... perché erano anche i suoi... quello era anche il suo sguardo.
Ecco, durante tutto quel tempo in cui aveva imparato a decifrare alcuni delle sue occhiate distratte e a intuire tutta una serie di intimidazioni nei suoi rari silenzi, qualcosa nel suo modo di vederla era definitivamente cambiato.
Non era più solo una Lumos – una feccia fra le tante, carne da macello, la personificazione di tutto ciò che Terence più odiava al Mondo - ma era anche una ragazza.
Una ragazza davvero molto carina tra l’altro, a dispetto del fatto che fosse una Luminiana.
Suo fratello – il grande esperto in fatto di donne! – gli aveva sempre descritto le giovani di Spazio come delle donne bruttissime, tutte pelle ossa e foruncoli e capelli crespi e occhi e capelli davvero TROPPO chiari.
Niente a che vedere, quindi, con le sventole del regno di Tempo.
Di sicuro non aveva mai incontrato Lei, altrimenti si sarebbe rimangiato tutto, quel deficiente.
Principalmente, Ter si chiedeva come potesse solo esistere una ragazza così innocente e pura come la Lumos... nonostante la Guerra.
Dal modo in cui parlava e anche dal modo in cui si muoveva, la giovane sembrava tutto meno che una contadina.
Molto probabilmente non lo era davvero, visto che i Guardiani, solitamente, nascevano solo all’interno di famiglie d’elité.
Magari la sua era solo una copertura, una recita messa su per paura che i Tenebros potessero scoprire il suo segreto e attaccare il suo villaggio.
Probabilmente anche quell’insopportabile ragazzino dagli occhi gialli e i capelli arancioni sapeva la verità.
Ecco perché teneva la Lumos costantemente d’occhio e le stava appiccicato tutto il tempo.
Erano stati davvero bravi a nasconderla in quel modo, nessuno dei Tenebros avrebbe mai pensato di cercare dei Guardiani fra i piccoli villaggi nelle montagne.
La loro strategia non era stata poi così stupida.
Di sicuro doveva essere stata un’idea della stessa Lumos.
Il ragazzo dai capelli arancioni non sembrava così intelligente, e nemmeno Re Leonida, con i suoi stendardi rosso fuoco e il suo palazzo di marmo bianco nascosto fra le Alpi, puah!
La Lumos invece era solo questa piccola peste dai capelli rossi e sorrisi impertinenti e risposte sagaci.
Gli occhi le brillavano di intelligenza e arguzia, ed era stata in grado di trasformarsi in lince, nonostante l’influenza delle sirene, per correre ad aiutarlo.
Ora, dopo essere stati entrambi d’accordo che l’unico modo per sconfiggere le sirene era utilizzare armi di ferro – il punto debole di tutte le creature fatate - si erano rifugiati in prossimità della boscaglia e lei aveva preso il suo pugnale – anche se “fregato sotto gli occhi” sembrava essere la definizione più esatta - e stava squagliando il metallo con un incantesimo, per plasmarlo di nuovo a suo piacimento e formare tanti piccoli shuriken.
Entrambi avevano conferito che un solo pugnale non era un’arma adatta per uccidere una sirena.
Richiedeva, infatti, una distanza troppo ravvicinata e invece loro avevano bisogno della distanza e della furbizia per vincere.
Gli shuriken garantivano loro questo vantaggio.
Secondo Ter sarebbe stato molto più saggio creare anche qualche lancia, perciò, mentre la rossa – con i suoi poteri da Guardiana – stava lavorando e piegando e liquefacendo il metallo, lui aveva trovato dei rami abbastanza robusti da creare delle lance.
Le stava scalfendo con delle pietre visto che la Lumos gli aveva preso il pugnale.
<< Non avrei mai detto che eri così bravo nelle attività manuali.>> lo aveva beffeggiato la ragazza, seduta accanto a lui in mezzo ai cespugli rigogliosi e l’ombre allungate del bosco, lanciandogli poi un’occhiata divertita da sopra la spalla.
Lui l’aveva trinciata con lo sguardo e le aveva risposto di “risparmiare il fiato e darsi da fare!”
La Lumos era scoppiata a ridere e aveva piegato un pò del ferro incandescente e liquefatto affinchè assumesse la forma di una punta da lancia.
Gliela passò, facendola volteggiare in aria.
<< Lascia che si raffreddi un po’, prima di prenderla.>> gli disse, e poi continuò a concentrarsi sulla formazione degli shuriken, dividendo il metallo rimasto in tante piccole parti uguali.
Terence lanciò un’occhiata alla punta da lancia che gli volteggiava sopra la testa e provò un getto di ammirazione nel constatare che era perfetta.
<< Non avrei mai pensato che una ragazza sapesse lavorare il metallo.>> affermò in tono provocatorio, rivolgendo alla Lumos un sorrisino sghembo.
La rossa sospirò con una finta aria melodrammatica << Gilda dice che una brava donna di casa deve saper far tutto. Io non sono d’accordo. Secondo me una donna in generale deve saper far tutto, per rimediare al fatto che gli uomini, al contrario, non sanno fare niente.>>
Ter se la sarebbe presa se il commento non fosse stato rivolto SOLO ED ESCLUSIVAMENTE agli uomini Lumos.
Anche secondo lui, infatti, gli uomini Lumos non erano in grado di fare niente.
I Tenobros erano molto più istruiti, più forti, più preparati e più disciplinati rispetto a tutti gli altri.
La ragazza non poteva di certo saperlo, visto che l’unico esemplare di ragazzo Tenebros con cui era venuta a contatto era proprio lui, fortunatamente.
Tuttavia Terence prese la palla in balzo e, schiarendosi la gola, le domandò un tantino nervoso << pensi la stessa cosa di quel tuo amico dagli occhi inquietanti? >>
La Lumos lo guardò di sbieco, anche se aveva un mezzo sorriso divertito stampato sulle labbra << ma che problema hai con i nomi delle persone? “Quel tuo amico con gli occhi inquietanti” non è nemmeno un bel soprannome, comunque. È troppo lungo.>>
<< Rispondi e basta.>>
<< Beh, Castel è un po’ un’idiota... in certe occasioni. Ma è apposto, penso che potreste diventare amici, se solo non vi ringhiaste contro tutto il tempo. Lui è un bravo guerriero e un buon amico, anche se certe volte è un po’ troppo protettivo.>> cercò di spiegarsi la giovane, senza mai guardarlo negli occhi.
All’inizio il Tenebros pensò che fosse solamente troppo concentrata sul suo incantesimo su come plasmare e modellare il metallo, poi invece si accorse dell’ombra cupa che le gravava sugli occhi.
<< C’è qualcos’altro? >> le domandò sospettoso, fissandola intensamente.
Sentiva una strana sensazione serpeggiare dentro di lui.
Una sensazione di fastidio e di ansia insieme.
Qualcosa che non aveva mai provato prima.
La rossa, senza ancora degnarlo di uno sguardo, gli rispose con un neutro << no, nulla.>> che mise fine al discorso.
Il moro non capì per quale ragione gli premesse così tanto sapere cosa la Lumos pensasse di quell’altro idiota, o cosa pensasse degli altri ragazzi Lumos in generale.
Forse era solo curiosità.
Forse temeva solo che la Lumos potesse essere già...
No! Era un pensiero ridicolo!  
Cosa poteva importagliene a lui comunque?
Che differenza avrebbe fatto sapere che la ragazza era già promessa a qualcuno?
Aveva diciassette anni, in fondo, di conseguenza era abbastanza probabile che la sua famiglia l’avesse già destinata a qualche babbeo luminiano.
Terence trovò quel pensiero rivoltante e irritante e decise di non pensarci più, decise che non gli avrebbe dato più importanza perché in realtà non gli ne poteva fregare di meno.
Davvero.
Non gli interessava affatto.
Per niente!

E comunque non avrebbe potuto che provare pena per quello sciagurato che l’avrebbe presa in moglie!
Insomma, chi voleva restare per tutta la vita legato a una ragazza così insolente e testarda ed egocentrica e totalmente fuori di controllo?
Nessuno.
Di certo non lui.
Oh, era una cosa così ridicola!
Perché, per tutti gli Dei sanguinari, ci stava ancora pensando?!
 
oOoOoOo
 

<< Devo berlo per forza? Tutto, tutto? >> brontolò Rein, fissando disgustata lo strano infuso che Piimi le stava porgendo.
La folletta sospirò esausta << sì, Rein. Te l’ho già detto. Servirà per calmarti i dolori.>>
<< Ma ha un odore così... bleaah! >> continuò a lagnarsi la turchina, facendo strane smorfie e sventolandosi una mano davanti al naso.
Piimi sospirò di nuovo, massaggiandosi la fronte con due dita.
Terence pensò che se la folletta fosse stata qualcun altro – una persona qualunque in tutto l’intero universo, ad esempio – avrebbe iniziato a sbraitare frustrata in direzione della principessina, che non aveva fatto altro che lagnarsi e brontolarsi e piagnucolare per tutto il tempo da quando la folletta aveva preso a fasciarle il braccio e poi ad esaminarle le ferite sul costato e a rifilarle pozioni curative che teneva conservate dentro il suo carillon da trasporto.
Lui aveva già i nervi a fior di pelle e, se fosse stato al posto di Piimi, avrebbe già mandato la ragazzina al diavolo o l’avrebbe costretta con la forza a bere l’infuso antidolorifico tirandola per i capelli.
<< Piantala di fare la mocciosa e dà retta a Piimi! Ci stai facendo perdere un mucchio di tempo con tutti questi tuoi stupidi capricci! >>
<< Sul serio Rein, sei davvero una pessima paziente.>> gli diede man forte anche la folletta, fissando Rein con disapprovazione.
La sedicenne gonfiò le guancie e si accarezzò la fasciatura sul braccio sinistro, prima di rispondere scocciata << e va bene, va bene, dammi quella poltiglia maleodorante. Vorrei vedere te al mio posto, Ter! Mister non ho bisogno di cure, io posso sempre cavarmela da solo! >> lo sbeffeggiò, per poi bere l’infuso tutto d’un fiato.
Rabbrividì quando il liquido le scivolò giù lungo la gola.
Il sapore era persino peggiore dell’odore! pensò Rein disgustata, restituendo la piccola bottiglietta a Piimi.
<< Che schifo! Bleah! >> cominciò a fare smorfie buffe e a passarsi ripetutamente il dorso della mano sulla bocca come se ciò la aiutasse a far andare via quel saporaccio.
<< Sapeva di vomito di gatto! Perché le medicine non hanno lo stesso sapore del tè o, che ne so, della crème brùlèe? >> continuò a lamentarsi, cercando poi di alzarsi in piedi.
Piimi le sorrise e la aiutò, afferrandola per il braccio sano.
<< Ti farà effetto in un lampo, vedrai. Ho preparato quell’elisir con le mie stesse mani, seguendo le istruzioni di un grimorio molto antico.>> le spiegò la folletta, orgogliosa del suo infuso disgustoso.
Rein annuì condiscendente, per non ferire i sentimenti di Piimi, e poi gettò un’occhiata seccata in direzione del moro.
Terence se ne stava con lo sguardo fisso nel vuoto, la fronte aggrottata e le mani tenute ben salde intorno all’elsa della sua spada.
Sembrava essersi estraniato in pensieri lontani, anche piuttosto tristi, visto l’ombra scura che gli incupiva lo sguardo.
<< Che ti succede? >> gli domandò curiosa la giovane, avanzando verso di lui.
Il dolore alle costole era ancora insopportabile e la faceva muovere molto più lentamente e in maniera totalmente sgraziata.
Ah, quanto detestava Calipso!
Ter sobbalzò, sentendosi chiamare in causa e si affrettò a lanciarle un’occhiata particolarmente storta.
<< Niente! Sei pronta? Hai capito il piano? >>
<< Le costole mi fanno ancora un po’ male.>> pigolò nuovamente Rein, rivolgendo uno sguardo dispiaciuto e un broncio adorabile in direzione dell’amica.
Piimi le accarezzò la testa con fare amorevole << stringi i denti, Rein. Tra pochi minuti il dolore diminuirà, promesso.>> le ripetè, annuendo convinta.
Rein sospirò sconsolata e poi si rivolse di nuovo in direzione del Tenebros << d’accordo, andiamo.>>
Terence annuì e Piimi afferrò le mani di entrambi per teletrasportarli in un punto preciso della grotta.
 
Le ombre nere avevano del tutto circondato le Grotte di Inumi, tenendosi comunque il più lontano possibile dalla superficie increspata dell’oceano.
All’inizio Castel aveva pensato che le ombre avessero scelto quel posto particolare dell’intero Regno a causa loro.
Le ombre nere, infatti, seguivano le grandi fonti di luce e di magia e, visto che loro erano gli unici Lumos presenti in tutto il pianeta Wonder, era ovvio che le ombre avessero puntato su di loro.
Ma, a quanto pareva, il suo ragionamento non era del tutto esatto.
Le ombre nere apparivano, in realtà, parecchio confuse.
Non combattevano in maniera ordinata e compatta come al solito, ma continuavano a gettare sguardi a terra nella loro direzione, poi alla grotte e infine alle loro spalle, al di là dello strapiombo, verso il castello della principessa Mirlo, come se non sapessero esattamente da che cosa fossero state attratte fin lì.
<< Qui su Wonder abbiamo un vantaggio! >> affermò Castel, rivolto ai due amici << le ombre nere sono disorientate, perché il controllo dei Tenebros è meno forte a causa della lontananza enorme che li divide. >>
<< Me ne sono accorto anch’io! >> asserì Gon, tagliando poi la testa a un altro corvo gigante che era gli era appena piombato addosso.
La luce si propagò dalle sue mani fino all’elsa della spada e l’ombra nera esplose, come di consueto, in tanti frammenti luminosi.
<< Se le teniamo occupate qui, forse riusciremmo ad evitare che facciano danni seri al Regno e alla popolazione.>> suggerì Shade, schivando una fiammata oscura che un serpente gigante gli aveva sparato contro.
Aveva il respiro affannato, abrasioni alle mani e la faccia coperta di cenere, proprio come i due amici.
Castel annuì alla sua proposta, per poi gettare un’occhiata verso l’alto, lì dove le ali dei corvi avevano quasi del tutto oscurato la praticamente inesistente luce del sole, che splendeva dietro la coltre di nubi grigie come piombo.
Era come se quelle ombre maledette stessero cercando qualcosa in particolare, ma cosa?
Loro? O chiunque fosse rimasto intrappolato dentro quelle grotte?
A un certo punto, però, lo strano comportamento di uno stormo di corvi distrusse tutte le sue supposizioni.
Le ombre nere, infatti, avevano appena preso la picchiata in direzione di un punto fuori dal perimetro.
 
Fine si accorse appena in tempo del gruppo di tre ombre nere che aveva preso a volare nel punto in cui si erano fermati lei e Poomo, a metà strada fra il castello di Mirlo e le grotte di Inumi.
Tremante si gettò a terra, tenendosi la testa fra le mani, prima che uno di quei mostri gliela staccasse dal collo con un colpo di becco.
<< Principessa, dovete combatterle! >> la spronò Poomo, aiutandola a rimettersi in piedi e a rifugiarsi dietro uno scoglio sporgente.
Le ombre stavano già facendo dietrofront ed erano pronte a ricadere in picchiata verso di lei, cercandola con i loro occhi vuoti e oscuri.
Fine, tremante e insicura, strinse forte il suo scrigno solare fra le mani.
<< E se i miei poteri non dovessero funzionare di nuovo? >> domandò angosciata a Poomo, gli occhi spauriti e colmi di incertezza.
Poomo la fissò intensamente, cercando di infonderle più sicurezza possibile.
Era in occasioni come quelle che la mancanza di Rein nella loro squadra si faceva maggiormente sentire.
Fine non aveva mai avuto nessun dubbio, quando aveva avuto la gemella al suo fianco.
<< Non preoccupatevi, funzionerà. Dovete solo avere fiducia in voi! >> le disse.
Fine abbassò lo sguardo e scosse la testa.
<< Sono troppo forti, Poomo! Hai visto quello che uno solo di quei mostri ha fatto nel Regno dei Mulini a Vento. Questi sono decine. Non posso, non sono abbastanza forte da sconfiggerli tutti da sola! >> affermò Fine, prendendosi la testa fra le mani, assediata dal panico.
I corvi planarono sopra di loro, sputando fuoco nero dalle fauci spalancate.
Le fiamme fortunatamente si abbatterono solo contro la roccia, corrodendola in superficie.
Fine si era rannicchiata su se stessa e si era presa il capo fra le mani, nascondendo Poomo sotto il suo petto.
Chiuse gli occhi e iniziò a gridare per sovrastare il gracchiare inferocito dei corvi e il ruggito delle fiamme.
Quando l’attacco cessò, gettò subito un’occhiata allarmata al folletto << Poomo! >>
Quest’ultimo però le riservò uno sguardo duro e severo e le puntò un indice contro il naso << Principessa Fine, dovete combattere! Pensate a Rein. Cosa vi avrebbe detto vostra sorella se fosse stata qui con voi? >> gli chiese, cercando di scuoterla.
Fine trasalì e sentì le lacrime pungerle gli occhi, mentre l’odore di bruciato le pizzicava le narici.
Rein le avrebbe dato forza e sicurezza, le avrebbe trasmesso il suo coraggio e l’avrebbe rassicurata dicendole che insieme erano imbattibili, che il loro legame era più forte di ogni cosa.
Ma adesso?
Adesso che Rein non c’era più, come poteva ritrovare di nuovo quella forza? Come poteva sprigionare di nuovo quell’energia?
<< Rein non si sarebbe tirata indietro, non è vero? Vi avrebbe detto di non avere paura! Voi siete molto forte principessa, davvero. Possedete un potere e una luce che nemmeno immaginate. Dovete solo crederci! >> continuò a incoraggiarla il folletto, continuando a tener d’occhio i movimenti delle ombre che volavano a cerchio sopra di loro pronte a un nuovo attacco.
Fine si asciugò gli occhi lucidi di lacrime passandoci sopra il braccio e con la mano destra strinse sempre più forte il suo scrigno.
Sarebbe di sicuro stato molto più facile starsene rannicchiata nel suo nascondiglio, ma Fine sapeva bene che non poteva.
Il potere di Prominence era una responsabilità, questa era una lezione dolorosa che aveva già imparato anni addietro, la prima volta che si era ritrovata faccia a faccia con il male.
Le immagini del Regno dei Mulini a Vento, preso d’assalto da quel mostro vorace ed enorme, riapparvero immediatamente nella sua mente, devastanti e atroci come se le stesse rivivendo di nuovo proprio in quel momento.
Rivide il povero soldato esalare il suo ultimo respiro fra le braccia di Auler, tutte quelle guardie bruciate vive con un solo colpo da quella oscura creatura.
Rivide le tenebre e la paura diffondersi ovunque, insinuarsi negli occhi di tutti i suoi amici, nei cuori di tutte le persone coinvolte, nei corpi carbonizzati delle vittime.
Non poteva permettere che la stessa cosa accadesse anche nel Regno della Goccia.
La prima volta si era ritrovata impreparata ed aveva fallito.
Questa però non poteva essere una scusa per non provarci di nuovo.    
<< Hai ragione, Poomo.>> esclamò la giovane, gli occhi puntati sullo scrigno solare che stringeva nella mano.
<< Devo combattere, non posso arrendermi così, senza neanche averci provato. Il regno di Mirlo è in grave pericolo e io non posso permettere che venga fatto del male a delle persone innocenti! Non di nuovo! >>
<< Ben detto, principessa! >>
Fine gli sorrise fiduciosa e poi invocò il potere di Prominence e la benedizione del Sole.
Il suo scettro le apparve nelle mani, infondendole nuova forza e nuova energia, cancellando la sua insicurezza e colmandola di coraggio.
La sua luce si irradiò con così tanta potenza, che le ombre nere che si trovavano sopra di lei vennero letteralmente spazzate vie in un lampo, inghiottiti dai bagliori accecanti della benedizione del Sole.
Ma la battaglia di Fine era appena all’inizio.
 
Così come Gon era diventato un esperto in materia di Ombre Nere, così Shade capì immediatamente che quella luce incredibile, che si era diffusa fuori dal perimetro delle Grotte, non poteva essere nient’altro che il potere di Prominence.
<< Fine...? >> bisbigliò fra sé e sé, sorpreso che anche la giovane principessa del Sole si trovasse lì.
Possibile che fosse solo una coincidenza?
<< Che cos’era quella luce? La prescelta? Era la prescelta?! >> domandò loro Gon, completamente su di giri e quasi saltellando sul posto, nonostante il fatto che fossero circondati da ombre nere e fiamme oscure, e avessero i visi sporchi di cenere e le armature semi carbonizzate.
Castel scosse la testa impercettibilmente << la prescelta è la portatrice dell’ombra. A meno che non sia entrata in possesso dell’Arma Leggendaria della Luce, dubito che potrebbe...>>
<< Frena un secondo! L’Arma Leggendaria della Luce? Di cosa stai parlando? >> saltò su il cobalto, sempre più curioso sull’argomento.
<< La prescelta usa le otto Armi Leggendarie per combattere, non lo sapevi? Le armi create dagli Otto Supremi in persona! >> gli spiegò Gon, l’espressione euforica di chi ha appena vinto il primo premio in una corsa.
Questi Lumos sono proprio fissati con questa prescelta! pensò Shade, per poi riflettere più attentamente sulle parole del castano.
Un’Arma Leggendaria che discendeva direttamente dai Supremi...
Sbarrò gli occhi scandalizzato, come se avesse appena preso uno schiaffo in pieno viso.
<< Fine utilizza lo scettro di Prominence... >> mormorò, attirando su di sé l’attenzione dei due Guardiani.
<< Chi è Fine? >> gli chiese Gon e, contemporaneamente, Castel gli domandò << Lo scettro di Prominence?! Quella Prominence?! >>
<< Quante altre Prominence credi che esistano? >>
 
 
Il piano di Terence era abbastanza buono, ragionò Rein, mentre tutti e tre insieme aspettavano che Calipso e le sue sei figliolette si facessero di nuovo vive.
Aveva chiesto a Piimi di teletrasportarli nel loro cimitero – che in pratica era una specie di piscina naturale che si apriva in maniera ovale per tutta la larghezza dell’antro che la ospitava, e dove l’acqua aveva preso un inquietante color vermiglio a causa di tutti i cadaveri galleggianti a cui Rein stava disperatamente cercando di non far caso.
Era passato già qualche minuto e, in effetti, il disgustoso infuso di Piimi che sapeva di vomito aveva sul serio iniziato a farle effetto.
Le costole inclinate le facevano meno male, così come il braccio sinistro, e riusciva a stare dritta senza più sentire il respiro spezzarsi in gola.
Terence si guardavo sospettoso e guardingo in giro, come se si aspettasse che da un momento all’altro uno squalo gigante saltasse fuori pronti a divorarli in un sol boccone.
Teneva ancora metà viso coperto da un frammento del suo mantello e si era anche fatto materializzare da Piimi un paraorecchie.
Sembrava davvero molto ridicolo così conciato, ma Rein non era in vena di spirito, in quel momento, perché era davvero così furiosa con Calipso e così al tempo stesso preoccupata per la riuscita della missione che il suo cervello non era riuscito a elaborare una battuta decente fra l’ansia, la rabbia e il dolore che l’affliggevano in quel momento.
L’attesa era snervante e Rein sapeva con certezza quanto a Calipso piacesse giocare al gatto e al topo.
Quella stronza stava solo aspettando che loro abbassassero la guardia o che le mostrassero un punto debole o una qualche falla nel loro piano.
Ma Terence era stato categorico e severo e saccente e un sacco di altre cose insopportabili, mentre glielo spiegava e le raccomandava vivamente di seguire il piano e di non fare di testa sua, per nessuna ragione al mondo!
Era davvero insopportabile quando faceva così! aveva pensato Rein, fissandolo storto mentre Piimi le fasciava il braccio.
E c’erano state discussioni e battibecchi e lamentele e un sacco di insulti gratuiti fra loro due intanto che Piimi la medicava, in un antro particolarmente nascosto e oscuro delle Grotte di Inumi, cercando nel mentre di calmarli.
Il piano di Terence era davvero buono, ma Rein continuava a contestarlo solo perché questo la divertiva, distogliendola dal dolore.
Non glielo avrebbe mai detto, per non dargli soddisfazione, ma era chiaramente il giovane Tenebros la mente del gruppo.
Piimi era la crocerossina, mentre Rein era la testa calda, ma era anche la prescelta, quindi poteva vantare di possedere un sacco di assi nella manica in più rispetto al ragazzo.
Ed era anche molto più simpatica e socievole di lui, su questo non c’era alcun dubbio!
Ed era anche il bocconcino più prelibato e questo garantiva loro che sarebbe di sicuro stata la preda preferita della Dea.
Infatti...
La prima freccia d’acqua le schizzò a soli pochi centimetri di distanza dall’orecchio di sinistro, mancandola di striscio.
La seconda e la terza piombarono addosso a Terence e a Piimi che le schivarono all’ultimo istante.
Le sei sirene apparvero a filo dell’acqua, in mezzo ai cadaveri, proprio come si era aspettato il Tenebros che si lasciò sfuggire un ghigno sadico.
Rein fu pronta a evocare sulla mano destra il Guanto di Deianira, che le conferiva un potere assoluto sulla poca terra presente nella grotta.
Prima che una delle sirene balzasse fuori dall’acqua e si scagliasse contro di lei con uno strillo acutissimo, Rein si abbassò e scagliò un pugno contro la dura roccia su cui si trovavano in piedi lei e i due amici.
L’impatto della sua mano contro la piattaforma di roccia e ghiaccio fece propagare un’onda d’urto tale che l’intero antro prese a scuotersi in preda a delle scosse sismiche.
Rein sentì un gridolino di vittoria risalirle in gola quando alcune affilate stalagmiti iniziarono a piovere giù dal cielo come enormi lance di ghiaccio e ad affondare a tutta velocità nei corpi delle sirene.
La maggior parte di loro riuscì a schivarle, mentre una venne colpita in pieno nel petto e un’altra si ferì alla coda.
Tuttavia Rein si concentrò principalmente sull’entrate del cimitero che ora era bloccata dai detriti.
<< Perfetto, adesso nessuno di noi ha più una via di fuga, piccole stronze! >> affermò Terence, il solito baluginio eccitato a infiammargli gli occhi e un ghigno di sfida ad arricciargli le labbra.
Si strappò via il mantello dalle spalle, mostrando tutto l’arsenale di armi che aveva portato con sé.
Oltre alla sua enorme spada nera che teneva fedelmente attaccata al fianco in un fodero, aveva dei pugnali affilati infilati negli stivali e degli strani oggetti a forma di stella sistemati ai lati della cintura.
Inoltre, attaccata dalla parte opposta della spada, stava una specie di catena a grossi anelli che finiva con un arpione.
A vederlo così, Rein si chiese come riuscisse a muoversi tanto velocemente con tutto quel metallo pesante addosso.
Ma si tappò la bocca, prima che un esclamazione stupida le uscisse dalle labbra, quando vide il Tenebros afferrare la catena e iniziare a far ruotare l’arpione intorno al braccio.
Le sirene gettavano sguardi minacciosi ad entrambi e tenevano i denti digrignati.
Le loro squame sembravano nere come il petrolio, a causa dell’oscurità che era piombata nell’antro dopo che Rein aveva chiuso definitivamente l’entrata per intrappolarle lì dentro con loro.
I loro capelli erano come lunghe alghe verdi e umide attaccate alle loro teste, i cui visi pallidissimi risaltavano in perfetto contrasto.
Rein stava ansimando per la fatica - e un po’ anche per il dolore - quando le vide scattare tutte quante contemporaneamente verso di loro, balzando fuori dall’acqua come se avessero messo le ali ai pied-… ehm... alle pinne.
La sedicenne si limitò a stringere i denti e a sollevare  – grazie al potere dell’Arma Leggendaria della Terra - un polverone di detriti contro le due sirene, che vennero colpite proprio sugli occhi, quindi arretrarono accecate, gettandosi di nuovo in acqua.
Intanto Terence aveva sollevato sopra la testa il suo arpione e lo aveva gettato addosso alle altre due sirenette, che si erano precedentemente scagliate contro di lui.
Riuscì ad afferrarne solo una, stringendole la catena di ferro tutta intorno al busto.
La sirena emise un strillo gorgogliante, come il rumore di una cascata che colpisce la roccia, e a contatto con il ferro dell’arma del Tenebros iniziò a dimenarsi e la sua pelle a macchiarsi di rosso cremisi.
Rein la vide contorcersi e ululare di dolore e muovere freneticamente la coda da destra a sinistra, mentre la sua pelle diventava un’unica grande macchia rossa.
Terence la lasciò andare – ormai priva di vita - solo quando la seconda sirena si scagliò contro di lui.
<< Rein! >> Piimi la richiamò all’attenzione giusto in tempo, visto che le altre due sirene stavano di nuovo puntando verso di lei, gli occhi più furiosi che mai  e le fauci aperte e pronte a divorarla.
La turchina fece dissolvere il Guanto della Terra dalla sua mano e si concentrò sulle ombre che la superficie dell’acqua proiettava sulle pareti di roccia e ghiaccio.
Da una di quelle ombre, vide Luna già pronta a schioccare le frecce.
Prima che una delle sirene le afferrasse le gambe, trascinandola affondo dell’acqua, si gettò di lato e la freccia scagliata dal suo arco, lanciata dalle mani esperte di Luna, si conficcò nello sterno della sirena.
Sebbene le sue frecce fossero fatte d’argento e non di ferro, il colpo inflitto fu più letale di quello dell’arpione vagante di Terence.
Il potere della freccia d’ombra, infatti, infettò dall’interno il corpo della sirena che si contrasse, spalancando bocca e occhi, e poi esplose in tanti frammenti viscidi di carne e sangue, alcuni dei quali colpirono in pieno il viso di Rein che si era voltata di lato e aveva strizzato gli occhi disgustata da quella visione.
Adesso ne rimanevano solo tre, di cui una era già ferita, pensò la ragazza, cercando di incoraggiarsi visto che nella caduta le sue costole incrinate erano ritornate a farsi sentire, mozzandole il fiato per il dolore.
Gettò uno sguardo in direzione di Piimi che se ne stava in disparte dalla battaglia a lanciare occhiate preoccupate ai suoi amici, e poi a Terence che cercava di colpire le sirene con il suo arpione.
Rein si rimise in piedi barcollando e tastandosi il costato con il braccio sano.
Spostò gli occhi sulla superficie - ora ancora più rossa - dell’acqua, cercando di individuare la sirena con la coda ferita per finirla una volta per tutte.
Ma non riuscì a vederla in tempo, perché questa balzò su di lei alle sue spalle affondando i suoi denti affilati come quelli di uno squalo sulla sua spalla sinistra.
La giovane urlò di dolore e con il braccio sano cercò di scrollarsi la sirena di dosso, tirandole i lunghi capelli umidi.
Rein sentì le zanne affilate lacerarle le carne, strapparle via brandelli di tessuto e vasi sanguigni, e un bruciore accecante e fastidioso diradarsi in tutto il suo corpo come se fosse in preda a un veleno.
Tuttavia non durò che una manciata di lunghissimi secondi, perché Terence intervenne quasi subito in suo soccorso, estraendo uno dei suoi strumenti a stella dalla cintura e lanciandoli nella schiena della sirena.
Quella si staccò dalla spalla di Rein con un urlo agghiacciante, e poi cadde a terra iniziando a contorcersi per cercare di estrarsi le stelle di ferro dalla schiena.
Spinta da una rabbia ceca e impetuosa che la giovane non sapeva neanche di possedere, richiamò la sua faretra nella mano destra, estrasse una delle sue frecce e poi la conficcò con un lungo grido furente proprio nel cuore della sirena.
Stavolta Rein non provò né disgusto né chiuse gli occhi quando quella esplose in mille pezzi di fronte a lei, infettata dal suo potere.
La spalla le bruciava da morire, gli occhi le pungevano per le lacrime, il suo viso era contorto in una smorfia di ira e dolore e aveva le mani imbrattate di sangue scuro.
Persino Terence, dopo aver ucciso la penultima sirena, ora la fissava con sguardo allucinato, come se non la riconoscesse.
E Rein, riscuotendosi, riuscì quasi a sentire la risatina perfida di Calipso nelle orecchie, insieme al tono lascivo e soave della sua voce mentre continuava con la sua macabra filastrocca.
 

“... Il cui coraggio è legato a una sola sorte,
Per colei che nell’ombra non teme la morte.
Tempo è figlio di un demone dannato,
Spazio è la luce di chi quel demone ha perdonato.
Fra essi Destion regna nella sua solitaria desolazione,
E attente l’arrivo di colei il cui cuore non prova più emozione.”

 
 
 
 
 

 
 
  
Angolo dell’Autrice.

Dopo mesi e mesi e mesi di totale silenzio, eccomi con il nuovo capitolo! ^W^
So che non ci sono scuse per un ritardo del genere, visto che è quasi passato un anno dacchè ho pubblicato il ventisettesimo capitolo.
Posso dire di aver lavorato molto su quest’ultimo, e di aver scritto varianti su varianti di cui non ero mai del tutto soddisfatta.
All’inizio il capitolo avrebbe dovuto concludersi con la sparizione totale di Calipso, poi – come mio solito! - mi sono resa conto che era già troppo lungo e che continuando così voi lettori avreste impiegato due giorni solo per finire di leggerlo tutto ^_^”.
Di conseguenza, l’ho tagliato – di nuovo! – ma non riuscivo lo stesso a trovare un finale decente.
Dall’inizio di Agosto a oggi ho praticamente riscritto l’ultimo paragrafo diciamo solo... una ventina di volte? >__>
E vabbè, spero che comunque quest’ultima versione vi piaccia, a me ha convinto molto più delle altre.
Vorrei precisare che nonostante io non si affatto costante negli aggiornamenti non ho comunque intenzione di abbandonare la storia.
Assolutamente no! Ci sono così affezionata, che non ci riuscirei proprio ad abbandonarla anche se dovessi finirla a trent’anni! xD
Purtroppo il mio tempo libero e la mia ispirazione non coincidono mai troppo bene: quando ho del tempo libero non ho ispirazione e quando ho ispirazione non ho tempo libero.
Perché? Perché mondo crudele?!
Comunque, ora basta parlare delle mie crisi creative e concentriamoci soprattutto sul capitolo.
La cosa che – credo – vi sarà saltato subito agli occhi è Rein che inizia a delirare cose senza alcun senso all’inizio del capitolo.
Non è una scelta a caso: per esperienza personale so che quando si sta davvero, davvero, male le persone iniziano a delirare e a dire cose senza senso.
Piccola parentesi personale: ricordo ancora molto bene quando un mio amico si è rotto il braccio cadendo dal motorino e io e altri siamo dovuti andare ad accompagnarlo di corsa in ospedale.
Lui era tutto questo grande borbottio dolorante e imprecazioni sputate lì a casaccio, e maledizioni lanciate al cielo e alla terra e a tutti i motorini del mondo ed era tutto un “non salirò più su una moto per il resto della mia vita” ecc... ecc...
Ovviamente il mio amico è risalito sul suo stupido motorino non appena gli è stato tolto il gesso -__- ma non questo il punto!
In pratica quel giorno ho capito che ognuno di noi reagisce al dolore in maniera diversa: c’è chi piange a dirotto e strepita, chi stringe i denti e geme soltanto, chi esce fuori di testa e chi, semplicemente, sviene.
Io spero di non appartenere a nessuna di queste categorie e di non dover sperimentare mai una cosa simile >__>
Voi che ne pensate?
Fine piccola parentesi personale: ecco, inspirandomi a questo episodio ( non molto piacevole) della mia vita – ringrazio il mio amico per avermelo fatto citare! xD – ho creato la mia versione un po’ comica di Rein delirante e dolorante.
Spero che via piaciuta! xD
Io mi sono divertita molto, in effetti, ma non è perché sono sadica ( forse solo un pochino! >__<) semplicemente ho trovato questa nuova Rein dolorante e delirante incredibilmente divertente ^W^
Tutta al contrario è la Rein del paragrafo finale.
Qui vediamo una Rein accecata dalla rabbia che conficca frecce e grugnisce e combatte come una furia.
Penso che quest’esplosione di rabbia sia anche giusta.
Insomma, ne ha sopportate talmente tante, ed è stata ferita così tante volte per tutto il capitolo, ed è così sottopressione che un piccolo sfogo le ci voleva proprio, poveretta!
Comunque, tanto per la cronaca, a lei non piacerà molto e ci saranno drammi a non finire a causa di questo suo sfogo finale T__T
Un altro personaggio che si evolve un po’ nel capitolo è Fine, che finalmente si avvicina alla lotta.
Era ora! Me lo sono ripetuta anch’io, non preoccupatevi ^^”
Da adesso in poi Fine sarà una specie di bomba ad orologeria targata Prominence. Seeh!
All’inizio, la ragazza non aveva idea di come reagire alla vista dei mostri ( ricordo che Fine li chiama “mostri” perché non sa ancora che siano “ombre nere”!) perché la prima volta che ne ha visto uno, questo stava praticamente radendo al suolo il Regno dei Mulini a Vento ( vedi i capitoli 10 e 11) e i suoi poteri avevano fatto cilecca, lasciandola in balia di quel demone distruttivo.
La sua incertezza è pertanto giustificata: si blocca, ha paura di fallire di nuovo e non sa a chi aggrapparsi visto che ha perso Rein, che tra le due era comunque sempre stata quella più coraggiosa.
Il blocca svanisce quando si rende conto che è lei – ancora una volta – ad essere l’unica speranza per fermare l’ira dei mostri oscuri.
È a lei che la principessa Grace ha affidato la benedizione del Sole ed è lei l’unica a possedere un potere così grande da sperare di avere la meglio.
Questi pensieri la spingono a reagire e Fine reagisce sempre piuttosto bene, fortunatamente!
Così anche per lei si prospetta una battaglia piuttosto ardua da affrontare.
Nel frattempo Shade si rende conto che, essendo un Wonderiano, non ha possibilità di eliminare del tutto le ombre nere, nemmeno con l’aiuto del famoso pugnale di Gon, che ha tutta una sua storia particolare dietro.
La situazione dei Guardiani è completamente differente, visto che quei due uccidono ombre nere con la stessa facilità con cui io grattugio il formaggio... e forse ci mettono anche meno forza! xD
Non so cosa aggiungere su di loro, a parte che combattere insieme fino alla morte di solito - e per una insensata ragione - tende ad unire di più i ragazzi.
Non so il perché, ma dopo aver combattuto fino alla morte insieme, fianco a fianco, anche fra quelli che fino a un secondo prima si odiavano a morte, ecco che nasce questa sorta di fratellanza e solidarietà maschile.
Ecco perché Castel non spedisce direttamente Shade all’inferno quando quest’ultimo comincia a lagnarsi di voler combattere, distruggere, squartare quei mostri anche lui.
Suppongo, che sia un po’ come la solidarietà che si viene a creare fra due ragazze che sono costrette a rimanere a bordo piscina la giornata di ferragosto a causa di problemi di... stomaco?
Sì, su per giù credo che si scateni la stessa empatia xD
Poi abbiamo il flash back con i ricordi di Terence: ne ho messo solo uno per lo stesso motivo per cui ho tagliato il capitolo, altrimenti questo sarebbe diventato il cap infinito.
Penso che nel prossimo al massimo ne metterò altri due e poi niente più flash back per un bel po’! Almeno credo... boh, vedremo xP
In questo Flash Back non succede granché, a parte alcuni minuscoli indizi che comunque non vi svelo per non rovinarvi una sorpresa futura ^U^
L’ultima parte in corsivo è un frammento della Profezia della Prescelta, così come la parte che Calipso cita durante la sua conversazione con Rein.
Ah, poi c’è tutta la storia di Calipso e di Vivien.
Vi incito a tenere a mente questo nome perché sarà mooolto importante per Rein scoprire chi è.
Infine un ultimo appunto: così come le fate anche le sirene sono “allergiche” al ferro.
Ho letto un libro quest’estate sulle leggende delle sirene e c’era questo piccolo particolare che ho voluto utilizzare e che, devo ammettere, mi è tornato abbastanza utile.
Ora l’unico problema è come Rein, Terence e Piimi riusciranno a eliminare Calipso.
Ma, soprattutto, ci riusciranno davvero?
Come si fa a uccidere un Supremo?
Intanto che io mi scervello per trovare una soluzione a questi quesiti xD ringrazio di cuore chi mi segue silenziosamente, chi ha messo la mia storia in una delle tre categorie, le mie lettrici fedeli che recensiscono sempre, ovvero: LittelMoon, tata_angel e Jacel bluemoon_dark, e un grazie speciale anche a due nuove lettrici: Twilight2006 e orange and blue roses.
Un bacio grande-grande a tutti! ^^
Alla prossima,

BellaLuna
 
  
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