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Autore: The son of rage and love    28/09/2014    1 recensioni
Kurt Gallagher è un ragazzo buono, intelligente, suona la chitarra da quando era piccolo e ha una band.
Ma il destino gli ha fornito delle pessime carte, portandolo su cattive strade e rendendo la sua esistenza un totale fallimento. La musica è l'unica a non averlo mai abbandonato, e con lei è riuscito a rialzarsi e a riprendere in mano la sua vita.
I problemi ci sono ancora, sempre, ma tutto sommato la sua vita ha preso una piega positiva, finché un giorno non incontrerà qualcuno: una ragazza, un esempio per molte persone, ma che in quel momento non può essere l'esempio di nessuno. Come lui, avrà perso la sua strada e Kurt cercherà di aiutarla a ritrovarla.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Hayley Williams, Jeremy Davis, Nuovo Personaggio, Taylor York
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dopo quella sera non avevo più parlato con Hayley, problema che non si presentava con Taylor, Justin, Jeremy e sua moglie, che evidentemente mi trovavano simpatico e che ogni mattina si prendevano la libertà di offrirmi la colazione. Non che qualcuno pagasse, dato che il cibo era compreso nel contratto, ma recarmi ogni mattina alla caffetteria e trovarmi qualcuno della band con una brioche e una tazza di caffè già pronte per me mi metteva un po' in imbarazzo. In modo positivo, s'intende.
Tutt'altra storia invece con Hayley che, escludendo le esibizioni e l'usale consegna di acqua e asciugamani, non l'avevo neanche più vista in giro. Come d'altronde anche Chad, lui aveva fatto le valige e se n'era andato la sera stessa in cui l'avevo minacciato di spaccargli le gambe. Ma lei c'era, era lì, si presentava ai Meet & Greet e faceva i suoi concerti, e le mie paranoie mi avevano portato a pensare che mi girasse alla larga di proposito.

Finalmente era arrivato il quattro luglio. Arrivammo nel parcheggio dell'arena destinata al concerto del giorno successivo praticamente all'alba, eravamo in una qualche città del Wisconsin, non ricordo quale, non mi interessava neanche.
Sarà stata quasi ora di pranzo quando sentii bussare alla porta del bus. Eppure se n'erano andati tutti, il bus era completamente vuoto e restavo solo io con la mia inesistente voglia di alzarmi dal letto.
Mi girai su un fianco sperando che, chiunque fosse, si stancasse e se ne andasse.
Niente da fare.
Sentii un altro paio di colpi, così aprii gli occhi.
- Arrivo! - Esclamai sbuffando e tirandomi su, battendo miseramente la testa sul soffitto della cuccetta.
- Ma vaff... - Mi morsi la lingua, massaggiandomi la testa.
Il tipo fuori dalla porta bussò ancora.
- ARRIVO! - Esclamai di nuovo, ormai esasperato, uscendo dalla cuccetta e dirigendomi verso la porticina del bus, cercando di non inciampare o scontrarmi con qualcosa.
Aprii la porta e mi sporsi appena - Si? - Chiesi stropicciandomi un occhio con fare assonnato.
- Dai! Stavi ancora dormendo? - Mi chiese una vocina squillante piuttosto familiare.
Abbassai lo sguardo su quella ragazzina con un paio di skinny jeans e una maglietta dei Clash.
- Io? Cos... Hayley! - Esclamai quando il mio cervello ingranò la marcia giusta, il che mi fece ricordare di essermi presentato davanti a lei in mutande.
Sgranai gli occhi - Hayley! - Esclamai di nuovo mentre afferravo la maniglia della porta e la socchiudevo, nascondendomi dietro ad essa. La sentii ridere di gusto, mentre io mi maledivo per l'ennesima figura di merda.
- C-cosa ci fai qui? - Chiesi ad un certo punto.
Non mi rispose subito - Volevo chiederti se ti andava di passare il quattro luglio... Con me. - Mi disse poi, facendomi sussultare.
Aprii di poco la porta, quanto bastava per mettere il capo fuori - Con te? - Chiesi con tono stupito e confuso.
Teneva le mani in tasca e si guardava la punta dei piedi, dondolando appena avanti e indietro come una bambina.
- Si, con me, s-se non vuoi non fa niente. - Mormorò e io scossi subito la testa.
- Certo che voglio! - Esclamai, forse con un po' troppo entusiasmo e lei sollevò la testa e mi guardò.
Mi schiarii la voce - Cioè, quindi... Tu... Vuoi passare il quattro luglio con me. - Dissi con un tono quasi stranito.
- Si. - Rispose secca.
- Con me. - Ripetei, indicandomi e guardandola.
- Si, cosa c'è di strano. - Chiese lei sorridendo. Avrei potuto elencarle almeno dieci motivi per i quali ci sarebbe stato qualcosa di stano, ma il mio buon senso mi ordinò di tacere.
- Era da tanto che cercavi di svegliarmi? - Sollevai lo sguardo verso di lei.
Scosse la testa - Giusto un paio di minuti. - Rispose sorridendo.
- Scusa. - Sospirai - Me ne concedi un altro paio per mettermi qualcosa addosso? -
Lei sorrise e annuì - Sbrigati, ti prendo il tempo. - Ricambiai il suo sorriso e mi ritirai nel bus, poggiando per alcuni istanti la fronte contro la porta di esso.
Ok, sta calmo, trova qualcosa di decente da metterti e esci da questo cavolo di bus. E' solo il quattro luglio! mi dissi, staccandomi finalmente dalla porta e tornando verso la mia cuccetta.
Solo il quattro luglio, si, il quattro luglio con Hayley Nichole Williams, ero davvero sicuro che non stessi ancora sognando?
Mi infilai il primo paio di jeans che trovai, accorgendomi solo dopo averli indossati che avevano uno squarcio infinito su un ginocchio, dovuto all'ultima volta che ero salito su uno skateboard. Ma poco importava, ormai i pantaloni strappati facevano moda.
Afferrai una maglietta degli Operation Ivy e la guardai per alcuni istanti no! Lei ha una maglia dei Clash, non puoi metterne una degli Operation Ivy!, sembravo una ragazzina di dodici anni al primo appuntamento, ma non ero una ragazzina, ormai avevo ventuno anni e quello non era un dannatissimo appuntamento! Maledette paranoie.
Per fortuna trovai una di quelle magliette bicolore del baseball che andavano tanto negli anni novanta, dire che sembravo uscito da uno dei primi album dei Green Day era poco.
Mi sciacquai il viso, mi lavai i denti e, dopo innumerevoli insulti ai miei ricci che come sempre se ne andavano dove volevano, mi infilai le mie All Star datate e finalmente uscii dal bus.
- Scusa, problemi tecnici. - Dissi ridacchiando, cercando di giustificare il mio ritardo e di placare le farfalle che avevano organizzato una sommossa nel mio stomaco.
Lei mi sorrise e mi fece cenno di seguirla. Uscimmo dal parcheggio e le domande nella mia testa cominciarono ad ammucchiarsi l'una sull'altra.
- Di preciso come sapevi che mi avresti trovato nel bus? - Le chiesi ad un certo punto.
- Non lo sapevo. - Rispose secca - Ma ti ho trovato. - Aggiunse voltandosi verso di me, sorridendomi.
Ricambiai quel sorriso e abbassai inevitabilmente lo sguardo.
- Pensavo che avresti passato il quattro luglio con il tuo ragazzo. - Dissi guardandomi i piedi, ma non sentendo una sua risposta risollevai lo sguardo e mi resi conto solo allora di quanto fossi stupido. Dopo ciò che era successo e dopo che lui se n'era andato, in quale universo parallelo avrebbero passato insieme il quattro luglio? Ma perché non pensavo mai prima di parlare?
- Scusa, io non... - Non riuscii a terminare la frase che lei mi interruppe.
- No, tranquillo, ci sono solo stati dei cambi di programma. - Disse sorridendo, mentre si fermava sul ciglio della strada, controllando che non ci fossero macchine - Vieni, conosco un posto niente male per pranzare. - Aggiunse voltandosi verso di me, mentre attraversava la strada.
A quanto pare le era tornato il buon umore.
La seguii, cercando di non essere investito, e poco dopo raggiungemmo un piccolo locale steakhouse. Ci diedero un tavolo in un angolo della piccola sala quasi deserta e una cameriera ci portò subito due menù.
Cominciai a sfogliare il mio senza neanche leggere i vari piatti, ero troppo concentrato ad osservare la ragazza dai capelli allegri seduta davanti a me e a tentare di controllare le tonnellate di domande presenti nella mia testa.
- Hayley... - Mormorai ad un certo punto, maledicendomi subito dopo per aver aperto bocca.
- Si? - Chiese lei, continuando a leggere il menù.
Mi ci vollero alcuni istanti prima di continuare - Perché sei venuta a cercarmi? - Chiesi senza avere il coraggio di guardarla.
Silenzio. Alzai di poco lo sguardo e la vidi poggiare il menù.
- Volevo ringraziarti... - Cominciò, tenendo gli occhi puntati sul tavolo - Come si deve, perciò... Voglio almeno offrirti il pranzo. - Sollevò lo sguardo verso di me.
- Non voglio che mi offri il pranzo! - Esclamai, scuotendo la testa e guardandola - Cioè, non credo che... Che tu debba ringraziarmi per qualcosa, insomma... Ecco... - Abbassai lo sguardo, imbarazzato.
Fantastico, ero andato nel pallone più totale e per "fortuna" lei scoppiò a ridere, perché non vedevo altre vie di fuga.
- E' solo un pranzo, ok? Così non mi sentirò più in debito con te. - Disse ridacchiando e riprendendo a sfogliare il menù.
La osservai. In debito con me? Per quella sera? Di certo non ero intervenuto per farmi offrire un pranzo. Ma sorrisi e presi anche io a sfogliare il menù. Come diceva lei: si trattava solo di un pranzo.
- E pensare che credevo mi stessi evitando. - Dissi ridacchiando.
Silenzio, un'altra volta, forse dovevo prendere in considerazione l'idea di stare zitto.
Ma poi lei prese parola - All'inizio... Si. -
Corrugai la fronte e sollevai lo sguardo dal menù, guardandola, aspettando che continuasse.
- Non sono stati proprio dei giorni allegri, sapevo di doverti parlare e ringraziare, fare qualcosa insomma, ma... - Si interruppe e scosse appena la testa, guardando le sue mani che adesso si stringevano nervosamente a vicenda. - Chad, tu... Quella notte... Io me ne vergogno, e... Ecco... -
- Ehi, non devi spiegarmi niente, ok? - La interruppi e lei sollevò lo sguardo verso di me. Non so con quale forza riuscii a non sciogliermi davanti a quegli occhi verdi e tremendamente tristi, ma percepivo il suo disagio nel parlare di quella sera e non volevo che soffrisse anche quel giorno.
Tornai a guardare il menù appena vidi il suo viso distendersi in un sorriso, e il mio cuore minacciò di scoppiarmi nel petto.
- Aspetta! - Esclamò lei di punto in bianco con un misto di paura e angoscia stampato sul volto, facendomi quasi saltare dalla sedia.
- C-cosa? - Chiesi spaventato.
- Tu non sei vegetariano, vero? - Sembrava così preoccupata.
Mi ci vollero alcuni istanti per capire bene cosa mi aveva chiesto, istanti in cui assunsi prima un'aria di completo smarrimento e poi scoppiai a ridere come un deficiente, coprendomi la bocca con una mano per evitare di infastidire le altre poche persone presenti nel locale.
- Cosa c'è? - Chiese lei, sorridendomi.
- No, è che... Sembravi così preoccupata, pensavo ti fossi ricordata di un impegno o altro, e invece... - Partii di nuovo a ridere il che a quanto pare divertiva anche lei.
- Certo che ero preoccupata! Se tu fossi stato vegetariano avrei completamente sbagliato posto! - Disse ridacchiando - Ma mi pare di aver capito che non lo sei. - Aggiunse.
Riuscii finalmente a ricompormi e a schiarirmi la voce - No, non lo sono. - Scossi appena la testa, continuando a sorridere.
- Meglio così. - Disse sorridendo e chiudendo il suo menù.
Poco dopo arrivò una cameriera per prendere le ordinazioni: prendemmo un paio di bottigliette d'acqua, due porzioni di patatine fritte e due panini, lei un hamburger classico e io un doppio cheeseburger, giusto per fare il "pozzo senza fondo" ogni volta.
Il servizio era veloce e i panini arrivarono subito.
- Mmh questo devi assaggiarlo, è buonissimo! - Disse Hayley con la bocca piena, dopo aver dato un paio di morsi all'hamburger.
Mi allungò il panino e io mi sporsi per prendere un morso. Annuii mentre masticavo, sollevando un pollice di approvazione.
- Assaggia questo. - Dissi mentre le passavo il mio cheeseburger, dal quale prese un morso.
Annuì - Si, se non fosse così grande l'avrei preso sicuramente. - Disse, di nuovo con la bocca piena.
Sorrisi - Ehi non farmi sentire l'affamato di turno! Anche tu non scherzi! - Ribattei.
Lei ridacchiò, portandosi una mano davanti alla bocca - Devo tenermi in forze, ho un tour da portare avanti! Tu che scusa hai? - Chiese divertita.
- Io devo organizzare il tuo tour! - Risposi indicandola.
Scoppiammo a ridere entrambi, rischiando di strozzarci con i nostri stessi panini.
Non mi ero mai sentito così a mio agio con qualcuno, non dopo così poco tempo almeno. Lei era di una semplicità, di una simpatia e di una bellezza uniche, era quella la Hayley alla quale avevo rovesciato un cappuccino addosso e che invece di arrabbiarsi mi aveva sorriso, sapevo che prima o poi avrei ritrovato quella ragazza, ormai non pensavo neanche più al fatto che lei fosse una star di fama internazionale.
Non facemmo che ridere e scherzare per tutto il pranzo, nessuno si azzardava a parlare di cose minimamente tristi o problematiche, solo a mangiare e a ridere. Era incredibile come una ragazzina così piccola riuscisse a mangiare così tanto. E pensare che non la vedevo mai alla caffetteria, ero arrivato a credere che vivesse d'aria!
Il fatto che tra un boccone e l'altro scoppiassimo a ridere non rendeva felici i pochi clienti seduti vicino a noi ma, sinceramente, credo che avessero tutti bisogno di un clistere di felicità. E poi non ci pensavo nemmeno a smetterla, mi piaceva troppo quando lei rideva o anche solo sorrideva: le si illuminava il volto e le si formavano un paio di fossette agli angoli della bocca che mi facevano impazzire.
- Cavolo, sono davvero pieno! - Esclamai quando finalmente buttai giù l'ultima patatina fritta, ma lei non sembrava affatto provata da quel pranzo di dimensioni bibliche.
- Era da tanto che non mangiavo così. - Disse lei con aria quasi soddisfatta.
- Come conoscevi questo posto? - Chiesi guardandomi intorno.
- Quando siamo in tour è normale visitare le città nelle quali ci fermiamo. - Rispose mentre si stiracchiava.
- Oh, quindi ogni volta che vi fermate da qualche parte ripulite i ristoranti del posto? - Chiesi ridacchiando.
- Nooo! Solo che... Dobbiamo pur mangiare qualcosa! - Esclamò quasi a volersi giustificare, mi fece ridere.
In quello stesso istante arrivò una cameriera che ci lasciò il conto, Hayley prese lo scontrino e tirò subito fuori il portafoglio.
- Hayley... - Provai a fermarla, ma lei mi interruppe.
- No. Te l'ho già detto. - Ribatté senza neanche guardarmi, mentre cercava i soldi.
Sospirai - Almeno facciamo a metà. - Provai ancora.
- Kurt, non rompere. - Rispose lei con una nonchalance disarmante che provocò in me un sorriso.
Hayley alla fine ebbe la meglio e fu lei a saldare l'intero conto. Uscimmo dal locale, ritrovandoci sul marciapiede deserto di una strada deserta di una città deserta. La cosa positiva del passare il giorno dell'indipendenza in città? Era l'unico giorno dell'anno in cui non c'era anima viva.
Ci incamminammo lungo una strada totalmente a caso, almeno io pensavo fosse così, Hayley sapeva perfettamente dove stesse andando dato che poco dopo arrivammo in un parco.
Si mise su una panchina e io mi sedetti accanto a lei. La guardai con la coda dell'occhio: si era poggiata allo schienale e teneva il viso rivolto verso il cielo, mentre un venticello incredibilmente fresco le accarezzava i capelli colorati.
- Dimmi qualcosa di te. - Mormorò ad un certo punto, senza staccare gli occhi dal cielo.
- Di... Me? - Chiesi confuso e imbarazzato, abbassando lo sguardo sulle mie gambe. Di me... Cosa potevo dire di me? Non c'era niente nella mia vita che valesse la pena di essere raccontato.
- Si, di te. - Ripeté, stavolta guardandomi - Vuoi prima sapere qualcosa di me? Perché potrei aprirti la mia pagina di Wikipedia, a quanto pare hanno scritto anche che ho origini scozzesi, irlandesi e tedesche. - Aggiunse, contando con le dita mentre elencava le sue origini - Io... Non lo sapevo neanche io! - Esclamò infine, guardandomi e sorridendo.
Ridacchiai, di certo era riuscita a mandar via la mia tensione.
- Qualcosa di me, vediamo... - Mormorai, abbassando lo sguardo e assumendo un'espressione pensierosa - A otto anni ho rotto una lavatrice con della plastilina colorata. - Dissi con un'espressione davvero seria, come se quell'argomento fosse qualcosa di davvero molto importante.
- Cosa? - Chiese lei, sconvolta.
- Ok, decisamente un pessimo argomento. - Mormorai abbassando lo sguardo.
- No! Intendevo... Come cavolo hai fatto a rompere una lavatrice con della plastilina? - Chiese ridacchiando e anche io non riuscii a trattenermi.
- Volevo vedere cosa succedeva a lavarla! - Esclamai per giustificarmi - Così ne misi un po' nel cestello, un bel po', e diedi il via. - Scossi la testa.
La sentii ridere, così girai la testa verso di lei.
- Dopo neanche dieci minuti la lavatrice cominciò a fare dei rumori strani, quando andai a controllare c'era acqua ovunque e pezzettini di plastilina spiaccicati qua e là. - Continuai, godendomi la sua risata - Dire che mia madre era furiosa è poco. - Sorrisi e abbassai un po' la testa.
- Eri un bambino vivace. - Disse lei, guardandomi.
- Troppo. Quando nacque mio fratello divenni ufficialmente la pecora nera della famiglia. - Sorrisi, senza neanche rendermi conto di aver nominato Michael.
- Oh, hai un fratello più piccolo! Come si chiama? - Chiese sorridendo.
La guardai per un istante e, notando il suo entusiasmo, abbassai lo sguardo - Michael. -
Ma perché avevo parlato di lui? Non volevo essere risucchiato nel tunnel dei ricordi e dei sensi di colpa, non adesso che lei sembrava aver ritrovato il sorriso.
- Michael. - Ripeté - E' un bel nome. - Aggiunse e mi lasciai scappare un sorriso amaro.
Forse capì che qualcosa non andava o semplicemente preferiva che fossero gli altri a parlare di se, senza dover rispondere ad alcuna domanda, non lo so, fatto sta che non mi chiese più niente.
Notai con la coda dell'occhio che si stava alzando, così sollevai lo sguardo verso di lei.
- Forza andiamo, il giorno dell'indipendenza è ancora lungo. - Disse sorridendo e mettendosi davanti a me, facendomi cenno di alzarmi.
- Dove? - Chiesi guardandola e restando seduto.
Fece spallucce - Non so, improvviso sul momento. - Sorrise mentre si abbassava e mi afferrava una mano - Su, andiamo! - Esclamò tirandomi.
Ridacchiai nel vederla così impegnata nel cercare di alzarmi da quella panchina. Decisi di darle una mano e mi tirai su.
- Sono curioso di vedere cosa ti inventerai. - Le dissi sorridendo e seguendola verso l'uscita del parco.
 



ANGOLO DELL’AUTORE

Hi guys! Prima di tutto volevo spiegare perché ho deciso di dividere questo ottavo capitolo in due parti: principalmente perché mi era uscita una cosa incredibilmente lunga e temevo che, pubblicandola tutta insieme, avrebbe finito per annoiare e basta. E poi, a quanto pare, adesso va di moda dividere le cose in parte 1 e parte 2 (un paio di film a caso: Harry Potter, Hunger Games… Ci sarebbe anche Twilight ma mi rifiuto di considerarlo un film).
Beh, che dire su questa “parte 1”: sembra che Hayley abbia ritrovato il buon umore, sembra una ragazza completamente diversa rispetto allo scorso capitolo ma… Ogni cosa ha un suo perché e ben presto capiremo davvero cosa sta succedendo, perciò non gioite più di tanto :’)
Bene, credo che con questa ultima frase vi abbia fornito un bel po’ di nuove paranoie, perciò vi dico recensite, enjoyatevi ‘sta storia e alla prossima!! :D
Ah, ringrazio come sempre LaylaParamour e Lonni per le recensioni, e incito tutti gli altri a lasciare un commentino... So che ci siete, vi vedo, vi sento, sono come Sauron... Ok, questo è inquietante, perciò alla prossima! :D

Peace.

Ps. Oh, da quanto non mettevo un post scriptum? Ehm, comunque… Gli Operation Ivy erano un gruppo ska punk/punk rock californiano, originario di Berkeley (come i Green Day) e sono stati attivi per circa due o tre anni nella seconda metà degli anni ’80.
La loro canzone più famosa probabilmente è Knowledge, della quale i Green Day hanno fatto una cover.

Pps. La storia sulla plastilina nella lavatrice, beh, è tratta da un’esperienza personale. Non scherziamoci su, non è stata una bella cosa, mia mamma voleva uccidermi davvero :’)


Ppps. Qualche giorno fa ho pubblicato una mini song fic su "Under The Bridge" dei Red Hot Chili Peppers, datele un'occhiata se vi va! (:
  
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