Giuditta
uscì dal cancello della villa di Serventi, in sella ad una bicicletta. Si stava
recando alla più vicina fermata degli autobus, dove avrebbe preso quello che
l’avrebbe portata in centro città. Aveva deciso di andare in Congregazione per
incontrare quel ragazzo di nome Stefano e cercare di capire qualcosa di ciò che
non ricordava. Le era dispiaciuto, il giorno prima, quando era sopraggiunto
assieme ad Antinori, non potergli dire nulla, ma sapeva bene che Gaspare non
avrebbe voluto e, quindi, non l’aveva fatto. Quella mattina, però, che era
sola, aveva deciso di approfittarne per andare a trovarlo e chiedergli
informazioni.
Fortunatamente, quel giorno, Stefano non
aveva lezioni al mattino e dunque si trovava già nella biblioteca della Congregazione.
Quando vide la ragazza varcare la soglia, ebbe un sussulto e per un poco non
seppe se essere felice o arrabbiato.
La donna si avvicinò al tavolo dove lui
era seduto ed esordì con un semplice: “Salve.”
“Giuditta!”esclamò Stefano, con un
istintivo sorriso, per poi essere speranzoso: “Ti ricordi di me?”
“No, ma vorrei tanto.”
La bibliotecaria fece loro cenno di
stare zitti o uscire, per cui il seminarista fece strada all’altra per andare
nel cortile e, una volta all’aperto, le disse: “Mi fa piacere vederti, senza
quell’imbecille vicino.”
“Di chi parli, scusa?” si accigliò lei.
“Di Gaspare, ovvio!”
“Preferirei che tu non lo chiamassi
così, almeno in mia presenza.” disse severamente la giovane.
“Cosa?!” si meravigliò Stefano “Tu lo
odi!”
“No, non è affatto vero, anzi! È un uomo
straordinario che ammiro moltissimo.” ribatté Giuditta.
“Che cosa ti ha fatto?” si preoccupò il
ragazzo “Tu non diresti mai una cosa del genere su di lui.”
“Invece sì. È vero, quando l’ho
conosciuto non sopportavo alcuni suoi atteggiamenti, ma erano assolutamente
giustificati dalla mia arroganza.”
“Arroganza?” sbalordì Stefano che non
capiva “Volevi solo un minimo di rispetto e che riconoscesse le tue qualità.”
“No, non è vero. Pretendevo che mi
trattasse come sua pari e che mi riconoscesse meriti che non ho. Non stavo
rispettando la gerarchia; senza accorgermene, mi stavo comportando in modo
anarchico, quando mi è stato più chiaro quali differenti posizioni io e lui
occupiamo sulla scala verso la Verità, allora ho iniziato a comportarmi
adeguatamente e le cose sono andate meglio.” la donna aveva usato un tono
deciso.
Stefano era incredulo: “No, Giuditta,
non è così. Il fatto che lui si sia comportato da superiore fin da subito e ti
abbia disprezzata pesantemente, non significa che tu gli sia effettivamente
inferiore. Io ti conosco, ho visto cosa sai fare, e so che sei una donna
straordinaria, dalle conoscenze e capacità vastissime.”
“Certo, sono migliore della maggior
parte delle persone, ma Gaspare è ancora più in alto di me e sono molto felice
che abbia deciso di dedicarsi a me.”
“Non oso pensare in che maniera.”
replicò Stefano, parecchio stizzito “Ti ha messo un campanello al collo come
fossi il suo gatto! Non capisco come Isaia possa tollerare che ti trattino in
quel modo.”
“Mio fratello, a differenza tua, riesce
ad accettare che io, volontariamente, abbia cambiato il mio atteggiamento verso
Gaspare e sono felice.”
“No. Tu sei stata condizionata dal suo
modo umiliante di trattarti e ora ti comporti negando te stessa!”
“Ascoltami bene, io non sono venuta qui
per parlare di me o di Gaspare, io sono venuta qui solo perché volevo cercare
di ricordare qualcosa di te e me.”
“Di me e di te?!” Stefano non era
affatto calmo “Ci siamo conosciuti tre mesi fa, circa, e siamo diventati subito
amici profondi. Mi è bastato conoscerti e ricevere i tuoi incoraggiamenti e
sproni, per vincere le mie gravi insicurezze e poter essere più certo di me,
più pronto all’azione. Eravamo felici in reciproca compagnia; mi hai voluto
vedere, prima di partire per andare in quella dannata casa di Serventi.”
“Può essere, non ricordo …” disse,
mesta, la donna.
“Vuoi delle prove? Mi hai permesso di
sapere che sei nei Franchi Giudici, mentre a Gabriel hai cancellato la memoria
al riguardo. Mi hai rivelato che io sono l’arcangelo Raffaele, mentre tuo
fratello è Michele e Gabriel è Gabriele.”
“Menti! Questo è impossibile, io so
perfettamente che sono cose che non si possono svelare, quindi stai dicendo una
bugia.”
“No, assolutamente, è vero! Me lo
dicesti prima di partire, perché non mi volevi lasciare da solo con i miei
timori e i miei dubbi sui poteri che avevo!” Stefano era molto triste, quasi
disperato: voleva che lei ricordasse, che lei tornasse in sé.
“Senti, credo al fatto che fossimo
amici, anche Gaspare ha detto che lo eravamo, voglio però sapere che cosa sia
successo, perché non mi ricordo di te.”
“Perché quel gran bastardo, che poco ci
manca che ti tenga a guinzaglio, a quanto pare, mi odia e ha deciso di
cancellarmi dalla tua mente, non so se perché ti voglia solo per sé o quale altra
ragione.”
“Ti ho detto di non offendere Gaspare!”
“Io lo offendo quanto mi pare, quello
stronzo che ha privato me della tua amicizia e ha tolto a te il tuo amor
proprio!”
“Lui ha detto che mi hai fatto soffrire,
è vero?”
“Assolutamente no! Lui ti mente! Bah, ma
perché te lo dico? Tanto tu consideri oro colato tutto ciò che dice, tanto fai
tutto quello che ti ordina …”
“Non è vero!” reagì lei, offesa “Lui mi
aveva detto di starti lontana, di non pensare a te e invece sono venuta qui, di
nascosto, perché volevo cercare di ricordare qualcosa di noi, perché credevo ne
valesse la pena, invece parlare con te è praticamente impossibile.”
Stefano, spazientito, agì d’istinto: si
avvicinò alla ragazza e la baciò per qualche istante e poi le disse,
praticamente adirato: “Volevi qualcosa di noi? Ecco!: questo è capitato più di
una volta e sempre per tua iniziativa. Era l’ansiolitico che mi somministravi!”
Giuditta era scandalizzata: “Non è
possibile una cosa del genere! Non è nel mio stile.”
“Eppure lo facevi con grande
disinvoltura. Sai cosa, di certo, non è nel tuo stile? Farti mettere i piedi in
tesa da quello sbruffone.”
“Perché ce l’hai tanto con lui?!”
Stefano cercò di calmarsi un poco e
disse: “Non ce l’ho con lui, ma per come ti tratta. Non vuoi più vedermi? Va
bene. Vuoi stare con lui? Benissimo, purché ti tratti con rispetto e ti lasci
la tua libertà. Tu sei meravigliosa e non è giusto che lui ti disprezzi e
decida per te cosa puoi o non puoi fare.”
La donna digrignò i denti e disse: “Sei
davvero impossibile! Ti ho già detto che non sono qui per parlare di Gaspare,
ma di te e tu non fai altro che nominarlo!”
“Perché, ribadisco, non ci sono mai
stati problemi tra di noi, fino a quando lui non ha deciso che ero di troppo e
ti ha fatto scordare di me. Il semplice fatto che lui ti abbia fatto questo,
dovrebbe farti arrabbiare con lui.”
“Beh, Gaspare ha detto che gliel’ho
chiesto io, perché mi hai fatto soffrire.”
“Ti ho già detto che è una menzogna,
falsa come Giuda!”
“Perché sei tanto furioso?”
“Perché potresti fare di tutto, nella
vita, e invece hai deciso (se insiti a dire che è una tua scelta) di limitarti
ad essere il gingillo di quello!”
“Stai parlando completamente a
sproposito. Io non sto rinunciando a tutto. Adesso sono in una fase in cui devo
capire che cosa voglio fare e lui non mi metterà paletti, ne sono certa.”
Stefano non replicò a questo, rimase un
poco in silenzio e poi chiese: “Giuditta, tu che cosa vuoi? Perché sei venuta?
Volevi sapere la verità? Beh, io te l’ho detta e non ti ho nascosto quello che
penso. Se vuoi provare a ricordare e ad essere di nuovo mia amica, allora devi
accettarmi così, con anche questo rancore e i miei rimproveri.” a questo punto
tornò forte l’ira “Altrimenti stattene col tuo caro Gaspare e basta, ma
dimenticami di nuovo!”
Giuditta lo guardò aspramente e rispose:
“Sarà quello che farò.”
Detto ciò, la ragazza si voltò e uscì a
passi svelti. Stefano la guardò allontanarsi, provò una gran rabbia; appoggiò
una mano su un albero e subito quello iniziò ad avvizzire e seccare. Il giovane
trasecolò, capì subito che era una versione negativa del proprio essere
Raffaele. Rabbuiato e turbato, raccolse le proprie cose in biblioteca ed uscì,
per cercare la maniera di calmarsi.
Giuditta, invece, delusa dall’esito
dell’incontrò, prese l’autobus per tornare alla villa di Serventi: non
immaginava i problemi che le avrebbero causato quell’uscita.
Appena rientrata, la giovane andò in uno
degli studioli che frequentava con Gaspare e lo trovò lì, seduto in poltrona:
la guardava arcignamente.
“B-buongiorno.”
disse lei, sforzandosi di sorridere, nonostante fosse inquietata.
Gaspare continuò ad essere estremamente
freddo e le chiese: “Dove sei stata?”
“Fuori, volevo andare in città.”
“Perché non me lo hai chiesto? Avremmo
potuto andarci assieme.”
“Non volevo disturbarti …” inventò lei,
temendo seriamente le conseguenze che, prima, non aveva immaginato.
“O forse volevi vedere qualcuno a mia
insaputa.”
“N-no, no …”
“Giudittina,
perché menti? Lo sai che non va bene ed è inutile.”
Gaspare era rimasto calmissimo; la fissò
intensamente. La giovane ebbe paura e un attimo dopo sentì una tremenda
emicrania che la fece cadere a terra, praticamente in ginocchio davanti
all’uomo, che le stava guardando i ricordi della mattinata.
Il fitto dolore cessò, Giuditta alzò lo
sguardo, già pieno di sofferenza e pentimento, e osservò l’uomo che era
fortemente indignato, ma rimaneva calmo e gelido.
“Come ti sei permessa di uscire di
nascosto, senza il consenso mio o di mio padre? Per fare cosa, poi, vedere
quell’insulso bamboccio di Pigolo, che vale meno di un due di coppe, quando la
briscola è spade? Ne valeva la pena di essere punita a causa sua?” si allungò
verso di lei, con la destra le afferrò il mento, le sollevò il capo e le
sussurrò: “Ti ricordo che sei quasi la mia fidanzata e di mia proprietà, per
tua libera e spontanea scelta. Se vuoi uscire, devi prima chiederlo a me, ci
siamo intesi, bambina?”
Lei annuì, senza riuscire a dir nulla;
lui la lasciò andare e continuò, sempre con tono offeso: “Hai promesso di
obbedire ed essere sottomessa a me, in cambio del mio affetto. Uscendo di
nascosto per andare a trovare quello scarafaggio, mi hai tradito e mi hai fatto
preoccupare. Io ti cercavo e tu non c’eri. Dimmi, come dovrei sentirmi, adesso?
Sei stata inaffidabile.”
Giuditta, estremamente contrita, con gli
occhi lucidi, iniziò a dire: “Scusami, sono stata stupida! Non mi fidavo di te
e volevo capire chi fosse quel giovane … ma non abbiamo fatto altro che
litigare. Avevi ragione tu, come sempre.”
Gaspare si rilassò e, con tono quasi
amorevole, le disse: “Ti servirà di lezione Giudittina,
devi imparare ad obbedire a chi è più maturo ed esperto.”
“Lo so, perdonami …” si mise a piangere
“Ho sbagliato, sono stata cattiva. Mi dispiace di averti offeso, non volevo …
io ti voglio bene e non vorrei mai fare qualcosa che non ti sia gradito …”
“Su, adesso non farne un dramma: errare
humanum est.” le porse un fazzoletto “Ora che sai
come la penso, non sbaglierai più.”
“No, te lo prometto. Sarò brava, tutta tua
e basta.”
“Ho un’idea, per far sì che tu lo tenga
sempre a mente. Vieni, siediti qui, sulle mie ginocchia.”
Giuditta obbedì senza esitare. Gaspare
le appoggiò l’indice circa sulla clavicola e pian, piano scrisse il proprio
nome, le cui lettere comparivano in rosso sulla pelle della giovane, come se
fossero appena state marchiate a fuoco.
L’uomo ammirò la propria opera e
commentò: “Ecco, questo ti rimarrà per un paio di giorni, adesso, poi
scomparirà, ma la prossima volta che penserai di disobbedire o di fare qualcosa
che non mi aggrada, ricomparirà e ti farà male e resterà finché non tornerai
sulla retta via.”
Giuditta non disse nulla e continuò a
guardarlo mestamente, in fondo contenta che l’uomo non si fosse arrabbiato
molto.
Gaspare aveva ancora la mano adagiata
sul petto della giovane e disse: “Beh, giacché siamo in zona …” fece scivolare
le dita sotto la scollatura della ragazza e le palpò il seno “Anzi, visto che
sei stata una bambina disobbediente, meriti proprio una sculacciata. Alzati e
togliti braghe e mutande.”
Giuditta obbedì senza replicare
alcunché.
“Beh, risparmiamo tempo e togliti anche
il resto.” le disse lui.
Gaspare si era seduto sul divano; la
ragazza si distese su di esso, in modo tale che i suoi glutei fossero sulle
ginocchia dell’uomo. Li sentì accarezzati, prima col dorso, poi col palmo, poi
una patacca e un’altra e ancora …
Arrivata alla decima, Gaspare commentò:
“Ti stai arrossando. Ad ogni modo, non startene lì in silenzio: raccontami
quello che ti sei detta con Pigolo. Hai detto che avete discusso: per cosa?”
“Non faceva altro che insultarti e dare
la colpa a te, se la nostra amicizia era finita.” gridò leggermente, per uno
schiaffo dato con troppa forza “Poi dice che mi hai rovinato, che mi hai tolto
dignità … non capisce! Non conosce l’importanza della gerarchia, è un
anarchico! È vero che ho deciso di obbedirti (e lui continua a credere che sia
stata costretta), ma è perché so che quel che fai è per il mio bene.”
“Tu gliele hai dette queste cose?”
“Certo, ma lui, purtroppo, non capisce.”
“Mi sembra proprio che ti dispiaccia per
Pigolo, perché?” Gaspare non era molto entusiasta, temeva che lei iniziasse a
ricordare qualcosa.
“Non lo so. Forse, al di là della
memoria, a livello emotivo è rimasto un legame. Mi ha fatto un po’ pena il
vederlo così preoccupato per me, mi vuole bene …”
“Ti ha fatta soffrire.”
“Già, ma non ricordo. Come siamo
diventati amici una volta, potremmo tornare ad esserlo … se capisse ch’io sto
bene così. Tu cosa ne pensi?”
Gaspare aveva smesso di sculacciarla e ora
le carezzava la schiena e i glutei; non rispose subito, pensò un poco, poi le
chiese: “Ci tieni a lui?”
“Razionalmente lo manderei al diavolo,
per quello che ha detto oggi. A un livello puramente emotivo, invece, sì,
vorrei pacificarmi, ma non so perché.”
“Gli parlerò io, vedrò di fargli
comprendere la situazione.” ovviamente mentiva “Contenta?”
La ragazza alzò il busto, volse il capo
verso l’uomo, gli sorrise con gratitudine e annuì.
“Ne sono contento. Voglio che tu sia
felice, sempre.” le fece una carezza sul volto “Il meglio di sé lo si dà quando
si è soddisfatti: più sei lieta, meglio puoi compiere il tuo dovere e rendere
felice me. Io mi prendo cura di te e tu fai quello che voglio, è una simbiosi
perfetta.”
“Oh Gaspare, io …” la paura smorzò
l’impeto iniziale e la giovane provò vergogna.
“Tu?” la esortò l’uomo.
Con lo sguardo basso, molto timidamente,
Giuditta disse: “ … ti amo.”
Lo sguardo di Gaspare fu enigmatico e
indecifrabile per alcuni momenti: impossibile sapere che impressione gli avesse
fatto quella dichiarazione.
Poi, compiaciuto, le ordinò: “Ripetilo.”
“Ti amo …” fu incerta.
“Ancora.”
“Ti amo.” la voce era più ferma.
Gaspare fece un verso soddisfatto e
disse: “È adorabile, sentirtelo dire. Di nuovo.”
“Ti amo.” ripeté lei, finalmente decisa
“Dunque, non ti dispiace?”
“Assolutamente, perché mai dovrebbe?”
“Beh, temevo potesse infastidirti.”
“Non lo pensare nemmeno, Giudittina. Io voglio il tuo amore, voglio essere la tua
ragione di vita. Mi fa davvero molto piacere e approvo pienamente i tuoi
sentimenti.” sorridente, le carezzò i capelli “D’altronde, era inevitabile: se
non me, chi potresti amare? È giusto così.”
Più tardi, nel pomeriggio, Gaspare si
ritrovò col padre e i fratelli in un salotto a discutere della prosecuzione dei
loro progetti.
“Padre, il fatto che i templari abbiano
deciso di usare le loro armi ora, affretta di molto le nostre tempistiche, noi
credevamo di avere più tempo a disposizione.” aveva commentato Temistocle, dopo
essere stato informato delle notizie portate da Isaia il giorno prima.
“Me ne rendo perfettamente conto, ma non
vedo la situazione troppo grigia, anzi penso che siamo pronti.”
“Pronti?!” si meravigliò Annibale “Non
siamo ancora riusciti ad avere dalla nostra parte l’Eletto.”
“Abbiamo Isaia.” puntualizzò Serventi.
“Non può bastare, lo sappiamo bene!”
insisté Annibale “Hai affidato a Gaspare il compito di scuotere il suo
fratellino, ma da quel che vedo non fa altro che pensare a divertirsi con
quella ragazzina, che lo ha innamorato, nonostante lui lo neghi.”
“Stiamo rischiando tantissimo, il
pericolo è elevato e noi non possiamo fare molto contro le armi dei templari.”
rincarò Temistocle.
“Non capisco perché vi stiate
preoccupando.” Bonifacio era assolutamente tranquillo “I templari hanno agito
come sapevamo avrebbero fatto, come stavamo aspettando. Gabriel ha fatto ciò
che doveva: rovesciare la Chiesa dall’interno. Ora che sono emerse le verità
circa Calvi e tutto il resto, la cattedra di Pietro non potrà riprendersi e
molti altri scandali la colpiranno, siatene certi. È esattamente ciò che stiamo
aspettando da secoli, ora non dobbiamo spaventarcene: siamo preparati a questo,
è tutta la vita che ci prepariamo. Nel peggiore dei casi ci rifugeremo nella
nostra fortezza, ma non credo sarà necessario.”
I due figli maggiori non sembravano
particolarmente convinti.
“Su una cosa, però, i tuoi fratelli
hanno ragione, Gaspare. Devi darti maggiormente da fare con Gabriel: indurlo a
distruggere un bordello non è servito a granché. Deve sentirsi legittimato ad usare
il proprio potere quando e come gli pare. Fa in modo che ricordi i suoi primi
dieci anni di vita.”
“Va bene, padre. Giacché ieri si era
parlato di una cena, organizziamola. Ne approfitterò per parlare a Gabriel e
questa volta lo condurrò alla nostra causa, sono pronto a metterci la mano sul
fuoco. Così taccerà chi critica, pur non facendo nulla di utile per la causa.”
e guardò di sbieco i due fratelli.
“D’accordo.” annuì Bonifacio
“Organizzati pure, ma al più presto vogliamo avere notizia di un esito positivo.”
“No, vedrete coi vostri occhi. Cena in
grande stile, qui in villa. Non disturbare il cuoco, voglio che prepari tutto
la mia Giuditta. Un po’ di tensione psicologica legata all’ansia da prestazione
le farà bene; anzi, fatemi il favore di lamentarvi di qualcosa che ha cucinato,
così potrò rimproverarla.”
“Sì, ma ti ricordo che l’obbiettivo è
Gabriel.” gli disse Annibale.
“Lo so, lo so!” si spazientì Gaspare “Il
mio fratellino non vedrà l’ora di servire nostro padre, esattamente come il suo
amico. Il Princeps e l’Eletto, ormai, ce li muoviamo
come accidenti ci pare. Nel peggiore dei casi, entriamo nella testa della
Munari e Gabriel le obbedirà senza opporsi, ma vi assicuro che non si arriverà
a questo. Chi veramente mi preoccupa è la Guida, lo stiamo tagliando
completamente fuori dai nostri progetti e non va bene: è una mina vagante, è il
più pericoloso, dovremmo quindi cercare di controllarlo quel minimo necessario
per assicurarci che agisca come vogliamo noi.”
“Deve sacrificarsi.” gli ricordò Bonifacio
“Non credo sarà restio, quando la situazione precipiterà: mi pare abbia
inclinazione a questo genere di cose.”
“Quando sarà il momento, lui vedrà da
una parte uomini di Chiesa, armati di reliquie santissime e dall’altra gente
con poteri strani. Che il suo maestro stia dalla nostra parte, non basterà a
convincerlo che i nemici sono gli altri. Dobbiamo legarlo a noi già adesso.”
Gaspare era estremamente deciso.
“Perché te ne stai preoccupando?”
gli domandò Bonifacio, intuendo che
ci fosse qualcosa sotto.
“Perché, come abbiamo detto
iniziando la conversazione, i tempi si sono nettamente accorciati, rispetto
alle nostre aspettative. Inoltre, quel ragazzo potrebbe non solo creare
problemi, schierandosi dalla parte sbagliata, ma potrebbe anche interferire nel
mio lavoro su Giuditta.”
Temistocle ridacchiò: “Ecco che
cosa ti preoccupa realmente!”
“La cosa dovrebbe preoccupare
anche voi, visto che io e lei siamo un fattore determinante nel progetto di
nostro padre.” Gaspare ci teneva a far capire che il suo non era un capriccio
personale, bensì un timore legittimo.
“Avevi detto che glielo avevi
cancellato dalla memoria.” osservò Bonifacio, preoccupato.
“Infatti, ma lui è rispuntato
fuori e lei continua a sentire una sorta di legame con lui, pur non ricordando
nulla. Sono certo che questo fattore potrebbe creare problemi. Per fortuna la
situazione non è grave, basterà convincerlo che Giuditta è libera e felice,
come in effetti è, anche se lui non lo capisce.”
Bonifacio lo guardò, volendolo
ammonire, e gli disse: “Non ti curare di lui. Adesso concentrati su Gabriel,
poi sarà lui a persuadere la Guida. Per quanto riguarda la ragazza … sta
attento, non commettere il mio stesso errore con tua madre: mi piaceva vederla
vivace, attiva, quindi le ho lasciato troppa libertà e indipendenza e lei si è
persa, si è lasciata offuscare dall’amore materno e ha perso di vista
l’obbiettivo più alto e io sono stato costretto ad ucciderla.” si fece molto
severo in volto “Tienila al suo posto e ben legata a te e questo te lo dico non
tanto perché tieni parecchio a lei, ma perché ci servite entrambi.”
Gaspare assicurò per l’ennesima
volta di avere tutto sottocontrollo e di non essersi lasciato troppo
coinvolgere sentimentalmente. Quando la riunione finì, tuttavia, decise di
andare in città e cercare Stefano: anche se i suoi famigliari si ostinavano a
negare, lui era certo che bisognasse cercare di ingraziarsi il giovane.
Inoltre, in fondo, lui non aveva promesso a Giuditta che avrebbe parlato col
seminarista? Certo, glielo aveva detto per ben apparire ai suoi occhi e non
perché ne avesse intenzione, ma ora sembrava una cosa sensata da fare.
Grazie alle proprie abilità,
Gaspare trovò facilmente Stefano, che era andato a distendere i nervi,
passeggiando per il parco di villa Borghese.
Il ragazzo si era recato
istintivamente in quel luogo, forse perché lì era stato l’ultima volta felice
con Giuditta.
“Stefano!” lo chiamò Gaspare.
Il ragazzo si scosse dai propri
pensieri, si voltò, si sorprese di vedere quell’uomo e subito fu pervaso dalla
rabbia: non poteva sopportare che Giuditta patisse a causa sua.
“Che cosa vuoi?!” quasi gli
ringhiò il seminarista.
“Calma, ragazzo, sono qui per
parlare.” Gaspare sorrideva disinvolto “So che Giuditta è venuta a parlarti
oggi …”
“Le hai fatto qualcosa?!” lo interruppe
Stefano, subito allarmato.
“Nulla che lei non volesse.”
ghignò l’uomo, lasciando sottinteso quanto avevano fatto.
“Beh, e quindi? Sei venuto a
gongolare perché l’hai privata del senso del giudizio e l’hai messa
completamente contro di me?”
“No, non sono qui per questo,
anzi, tutt’altro!”
“Che cosa intendi?”
“Io, fondamentalmente, non ho
nulla contro di te. Giuditta, nonostante tutto, è ancora legata a te.”
“Non si ricorda un accidente!”
“Già e, nonostante ciò, è dispiaciuta
di aver litigato con te e vorrebbe esserti amica.”
“Davvero?!” gli occhi di Stefano
si erano riempiti di gioia e speranza.
“Esatto. Dunque, sia io che te
vogliamo che lei sia felice, giusto?”
“Io sicuramente; tu, ho i miei
dubbi.”
Gaspare gli scoccò
un’occhiataccia ma sorvolò e proseguì: “Sono qui per dirti che non mi da
fastidio se vuoi vederla, parlarle o frequentarla, devi però avere ben chiaro
che il suo fidanzato sono io. Io e lei siamo una coppia e tu puoi essere nostro
amico ma non devi mai e poi mai fare alcunché per cercare di separarci o
mettermi in cattiva luce. Chiaro?”
Stefano era parecchio irritato
per la faccia tosta di quell’uomo, per la sua arroganza, per il suo venire lì,
con falsa gentilezza, ad offrirgli il permesso
di vedere Giuditta, come atto della propria clemenza.
No, a Stefano quelle condizioni
non stavano affatto bene, anzi!
Per una volta non sentì il
bisogno di starsene buono e tranquillo, per una volta non sentì la necessità di
sopportare. No, questa volta era diverso, questa volta la posta in gioco era
una persona a cui teneva tantissimo e lui avrebbe combattuto.
Accidenti, era l’arcangelo
Raffaele, in fondo! Era certo che Gaspare lo sapesse, per cui si fece coraggio
e decise di farsi valere, anche a costo di essere minaccioso o aggressivo e
disse: “Chiarissimo, ma adesso ascoltami tu. Se io voglio essere amico di
Giuditta, lo sarò perché voglio esserlo, non per una tua concessione; lo sarei
con o senza il tuo consenso. Proprio perché le sono amico non mi stancherò mai di
ripeterle che tu la stai trattando male e che lei dovrebbe combattere di più
per se stessa. Se tu proverai ad impedirmelo o le farai del male o le farai
subire costrizioni, io te ne farò pentire amaramente.”
Detto ciò, Stefano toccò un
rametto di un arbusto lì vicino e lo fece avvizzire. Lo sguardo era rimasto
fisso su Gaspare.
L’uomo non si fece impressionare
o, almeno, non lo diede a vedere. Si mise a ridere e, tra le risate disse:
“D’accordo, d’accordo … e dire che ero venuto con le migliori intenzioni …
L’hai voluto tu, Pigolo!”
Con un gesto fulmineo, con la
punta di indice e medio, toccò e premette per qualche secondo sulla gola del
ragazzo, poi si voltò e se ne andò, salutando.
Stefano non capì, confuso provò a
chiamarlo indietro, ma dalla sua bocca non uscì alcun suono. Provò ancora e
ancora, tuttavia non riusciva a parlare, era diventato afono.
Il giovane si agitò parecchio e
fu spaventato. Continuò a girovagare a caso senza metà, disperato, senza sapere
cosa fare. Poi, dopo un paio d’ore, la voce gli tornò e, quindi, decise di
tornare a casa. Il terrore che aveva provato in quei momenti, però, era stato
tremendo: ora si rendeva conto del potere di Gaspare.