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Autore: DirceMichelaRivetti    30/09/2014    4 recensioni
Isaia non vuole uccidere Gabriel, ma non può neppure correre il rischio che la profezia si realizzi. Deve trovare un'altra strada...dovrà, però, scendere a patti proprio con Serventi.
Gabriel, intanto, prosegue la sua vita con Claudia e a Capo del Direttorio. Una gran noia la burocrazia della Congregazione, finché a smuovere la routine interviene l'eccentrica sorella di Isaia, che cerca il fratello.
Caso strano, Stefano riceverà l'incarico di fare una verifica proprio su di lei.
Presto tutti quanti i personaggi dovranno riunirsi per vedere se è possibile trovare una soluzione pacifica a tutte le divergenze.
Gabriel non sarà affatto felice di rivedere Isaia, che afflitto dal dolore deve costantemente ricordarsi di Dio, per potersi concentrare sulla sua missione.
Serventi non si fiderà delle proposte.
Il resto .... ve lo lascio leggere. Ho accennato qui ad alcuni dei punti di maggior rilievo di questa storia, ma non ci sarà solo questo.
Il tutto sarà condito da speculazioni esoteriche-filosofiche-teologiche. Probabilmente anche un po' di romanticismo, ma non sarà il tema centrale.
Genere: Avventura, Introspettivo, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gabriel Antinori, Nuovo personaggio, Padre Isaia, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Giuditta uscì dal cancello della villa di Serventi, in sella ad una bicicletta. Si stava recando alla più vicina fermata degli autobus, dove avrebbe preso quello che l’avrebbe portata in centro città. Aveva deciso di andare in Congregazione per incontrare quel ragazzo di nome Stefano e cercare di capire qualcosa di ciò che non ricordava. Le era dispiaciuto, il giorno prima, quando era sopraggiunto assieme ad Antinori, non potergli dire nulla, ma sapeva bene che Gaspare non avrebbe voluto e, quindi, non l’aveva fatto. Quella mattina, però, che era sola, aveva deciso di approfittarne per andare a trovarlo e chiedergli informazioni.

Fortunatamente, quel giorno, Stefano non aveva lezioni al mattino e dunque si trovava già nella biblioteca della Congregazione. Quando vide la ragazza varcare la soglia, ebbe un sussulto e per un poco non seppe se essere felice o arrabbiato.

La donna si avvicinò al tavolo dove lui era seduto ed esordì con un semplice: “Salve.”

“Giuditta!”esclamò Stefano, con un istintivo sorriso, per poi essere speranzoso: “Ti ricordi di me?”

“No, ma vorrei tanto.”

La bibliotecaria fece loro cenno di stare zitti o uscire, per cui il seminarista fece strada all’altra per andare nel cortile e, una volta all’aperto, le disse: “Mi fa piacere vederti, senza quell’imbecille vicino.”

“Di chi parli, scusa?” si accigliò lei.

“Di Gaspare, ovvio!”

“Preferirei che tu non lo chiamassi così, almeno in mia presenza.” disse severamente la giovane.

“Cosa?!” si meravigliò Stefano “Tu lo odi!”

“No, non è affatto vero, anzi! È un uomo straordinario che ammiro moltissimo.” ribatté Giuditta.

“Che cosa ti ha fatto?” si preoccupò il ragazzo “Tu non diresti mai una cosa del genere su di lui.”

“Invece sì. È vero, quando l’ho conosciuto non sopportavo alcuni suoi atteggiamenti, ma erano assolutamente giustificati dalla mia arroganza.”

“Arroganza?” sbalordì Stefano che non capiva “Volevi solo un minimo di rispetto e che riconoscesse le tue qualità.”

“No, non è vero. Pretendevo che mi trattasse come sua pari e che mi riconoscesse meriti che non ho. Non stavo rispettando la gerarchia; senza accorgermene, mi stavo comportando in modo anarchico, quando mi è stato più chiaro quali differenti posizioni io e lui occupiamo sulla scala verso la Verità, allora ho iniziato a comportarmi adeguatamente e le cose sono andate meglio.” la donna aveva usato un tono deciso.

Stefano era incredulo: “No, Giuditta, non è così. Il fatto che lui si sia comportato da superiore fin da subito e ti abbia disprezzata pesantemente, non significa che tu gli sia effettivamente inferiore. Io ti conosco, ho visto cosa sai fare, e so che sei una donna straordinaria, dalle conoscenze e capacità vastissime.”

“Certo, sono migliore della maggior parte delle persone, ma Gaspare è ancora più in alto di me e sono molto felice che abbia deciso di dedicarsi a me.”

“Non oso pensare in che maniera.” replicò Stefano, parecchio stizzito “Ti ha messo un campanello al collo come fossi il suo gatto! Non capisco come Isaia possa tollerare che ti trattino in quel modo.”

“Mio fratello, a differenza tua, riesce ad accettare che io, volontariamente, abbia cambiato il mio atteggiamento verso Gaspare e sono felice.”

“No. Tu sei stata condizionata dal suo modo umiliante di trattarti e ora ti comporti negando te stessa!”

“Ascoltami bene, io non sono venuta qui per parlare di me o di Gaspare, io sono venuta qui solo perché volevo cercare di ricordare qualcosa di te e me.”

“Di me e di te?!” Stefano non era affatto calmo “Ci siamo conosciuti tre mesi fa, circa, e siamo diventati subito amici profondi. Mi è bastato conoscerti e ricevere i tuoi incoraggiamenti e sproni, per vincere le mie gravi insicurezze e poter essere più certo di me, più pronto all’azione. Eravamo felici in reciproca compagnia; mi hai voluto vedere, prima di partire per andare in quella dannata casa di Serventi.”

“Può essere, non ricordo …” disse, mesta, la donna.

“Vuoi delle prove? Mi hai permesso di sapere che sei nei Franchi Giudici, mentre a Gabriel hai cancellato la memoria al riguardo. Mi hai rivelato che io sono l’arcangelo Raffaele, mentre tuo fratello è Michele e Gabriel è Gabriele.”

“Menti! Questo è impossibile, io so perfettamente che sono cose che non si possono svelare, quindi stai dicendo una bugia.”

“No, assolutamente, è vero! Me lo dicesti prima di partire, perché non mi volevi lasciare da solo con i miei timori e i miei dubbi sui poteri che avevo!” Stefano era molto triste, quasi disperato: voleva che lei ricordasse, che lei tornasse in sé.

“Senti, credo al fatto che fossimo amici, anche Gaspare ha detto che lo eravamo, voglio però sapere che cosa sia successo, perché non mi ricordo di te.”

“Perché quel gran bastardo, che poco ci manca che ti tenga a guinzaglio, a quanto pare, mi odia e ha deciso di cancellarmi dalla tua mente, non so se perché ti voglia solo per sé o quale altra ragione.”

“Ti ho detto di non offendere Gaspare!”

“Io lo offendo quanto mi pare, quello stronzo che ha privato me della tua amicizia e ha tolto a te il tuo amor proprio!”

“Lui ha detto che mi hai fatto soffrire, è vero?”

“Assolutamente no! Lui ti mente! Bah, ma perché te lo dico? Tanto tu consideri oro colato tutto ciò che dice, tanto fai tutto quello che ti ordina …”

“Non è vero!” reagì lei, offesa “Lui mi aveva detto di starti lontana, di non pensare a te e invece sono venuta qui, di nascosto, perché volevo cercare di ricordare qualcosa di noi, perché credevo ne valesse la pena, invece parlare con te è praticamente impossibile.”

Stefano, spazientito, agì d’istinto: si avvicinò alla ragazza e la baciò per qualche istante e poi le disse, praticamente adirato: “Volevi qualcosa di noi? Ecco!: questo è capitato più di una volta e sempre per tua iniziativa. Era l’ansiolitico che mi somministravi!”

Giuditta era scandalizzata: “Non è possibile una cosa del genere! Non è nel mio stile.”

“Eppure lo facevi con grande disinvoltura. Sai cosa, di certo, non è nel tuo stile? Farti mettere i piedi in tesa da quello sbruffone.”

“Perché ce l’hai tanto con lui?!”

Stefano cercò di calmarsi un poco e disse: “Non ce l’ho con lui, ma per come ti tratta. Non vuoi più vedermi? Va bene. Vuoi stare con lui? Benissimo, purché ti tratti con rispetto e ti lasci la tua libertà. Tu sei meravigliosa e non è giusto che lui ti disprezzi e decida per te cosa puoi o non puoi fare.”

La donna digrignò i denti e disse: “Sei davvero impossibile! Ti ho già detto che non sono qui per parlare di Gaspare, ma di te e tu non fai altro che nominarlo!”

“Perché, ribadisco, non ci sono mai stati problemi tra di noi, fino a quando lui non ha deciso che ero di troppo e ti ha fatto scordare di me. Il semplice fatto che lui ti abbia fatto questo, dovrebbe farti arrabbiare con lui.”

“Beh, Gaspare ha detto che gliel’ho chiesto io, perché mi hai fatto soffrire.”

“Ti ho già detto che è una menzogna, falsa come Giuda!”

“Perché sei tanto furioso?”

“Perché potresti fare di tutto, nella vita, e invece hai deciso (se insiti a dire che è una tua scelta) di limitarti ad essere il gingillo di quello!”

“Stai parlando completamente a sproposito. Io non sto rinunciando a tutto. Adesso sono in una fase in cui devo capire che cosa voglio fare e lui non mi metterà paletti, ne sono certa.”

Stefano non replicò a questo, rimase un poco in silenzio e poi chiese: “Giuditta, tu che cosa vuoi? Perché sei venuta? Volevi sapere la verità? Beh, io te l’ho detta e non ti ho nascosto quello che penso. Se vuoi provare a ricordare e ad essere di nuovo mia amica, allora devi accettarmi così, con anche questo rancore e i miei rimproveri.” a questo punto tornò forte l’ira “Altrimenti stattene col tuo caro Gaspare e basta, ma dimenticami di nuovo!”

Giuditta lo guardò aspramente e rispose: “Sarà quello che farò.”

Detto ciò, la ragazza si voltò e uscì a passi svelti. Stefano la guardò allontanarsi, provò una gran rabbia; appoggiò una mano su un albero e subito quello iniziò ad avvizzire e seccare. Il giovane trasecolò, capì subito che era una versione negativa del proprio essere Raffaele. Rabbuiato e turbato, raccolse le proprie cose in biblioteca ed uscì, per cercare la maniera di calmarsi.

Giuditta, invece, delusa dall’esito dell’incontrò, prese l’autobus per tornare alla villa di Serventi: non immaginava i problemi che le avrebbero causato quell’uscita.

Appena rientrata, la giovane andò in uno degli studioli che frequentava con Gaspare e lo trovò lì, seduto in poltrona: la guardava arcignamente.

B-buongiorno.” disse lei, sforzandosi di sorridere, nonostante fosse inquietata.

Gaspare continuò ad essere estremamente freddo e le chiese: “Dove sei stata?”

“Fuori, volevo andare in città.”

“Perché non me lo hai chiesto? Avremmo potuto andarci assieme.”

“Non volevo disturbarti …” inventò lei, temendo seriamente le conseguenze che, prima, non aveva immaginato.

“O forse volevi vedere qualcuno a mia insaputa.”

N-no, no …”

Giudittina, perché menti? Lo sai che non va bene ed è inutile.”

Gaspare era rimasto calmissimo; la fissò intensamente. La giovane ebbe paura e un attimo dopo sentì una tremenda emicrania che la fece cadere a terra, praticamente in ginocchio davanti all’uomo, che le stava guardando i ricordi della mattinata.

Il fitto dolore cessò, Giuditta alzò lo sguardo, già pieno di sofferenza e pentimento, e osservò l’uomo che era fortemente indignato, ma rimaneva calmo e gelido.

“Come ti sei permessa di uscire di nascosto, senza il consenso mio o di mio padre? Per fare cosa, poi, vedere quell’insulso bamboccio di Pigolo, che vale meno di un due di coppe, quando la briscola è spade? Ne valeva la pena di essere punita a causa sua?” si allungò verso di lei, con la destra le afferrò il mento, le sollevò il capo e le sussurrò: “Ti ricordo che sei quasi la mia fidanzata e di mia proprietà, per tua libera e spontanea scelta. Se vuoi uscire, devi prima chiederlo a me, ci siamo intesi, bambina?”

Lei annuì, senza riuscire a dir nulla; lui la lasciò andare e continuò, sempre con tono offeso: “Hai promesso di obbedire ed essere sottomessa a me, in cambio del mio affetto. Uscendo di nascosto per andare a trovare quello scarafaggio, mi hai tradito e mi hai fatto preoccupare. Io ti cercavo e tu non c’eri. Dimmi, come dovrei sentirmi, adesso? Sei stata inaffidabile.”

Giuditta, estremamente contrita, con gli occhi lucidi, iniziò a dire: “Scusami, sono stata stupida! Non mi fidavo di te e volevo capire chi fosse quel giovane … ma non abbiamo fatto altro che litigare. Avevi ragione tu, come sempre.”

Gaspare si rilassò e, con tono quasi amorevole, le disse: “Ti servirà di lezione Giudittina, devi imparare ad obbedire a chi è più maturo ed esperto.”

“Lo so, perdonami …” si mise a piangere “Ho sbagliato, sono stata cattiva. Mi dispiace di averti offeso, non volevo … io ti voglio bene e non vorrei mai fare qualcosa che non ti sia gradito …”

“Su, adesso non farne un dramma: errare humanum est.” le porse un fazzoletto “Ora che sai come la penso, non sbaglierai più.”

“No, te lo prometto. Sarò brava, tutta tua e basta.”

“Ho un’idea, per far sì che tu lo tenga sempre a mente. Vieni, siediti qui, sulle mie ginocchia.”

Giuditta obbedì senza esitare. Gaspare le appoggiò l’indice circa sulla clavicola e pian, piano scrisse il proprio nome, le cui lettere comparivano in rosso sulla pelle della giovane, come se fossero appena state marchiate a fuoco.

L’uomo ammirò la propria opera e commentò: “Ecco, questo ti rimarrà per un paio di giorni, adesso, poi scomparirà, ma la prossima volta che penserai di disobbedire o di fare qualcosa che non mi aggrada, ricomparirà e ti farà male e resterà finché non tornerai sulla retta via.”

Giuditta non disse nulla e continuò a guardarlo mestamente, in fondo contenta che l’uomo non si fosse arrabbiato molto.

Gaspare aveva ancora la mano adagiata sul petto della giovane e disse: “Beh, giacché siamo in zona …” fece scivolare le dita sotto la scollatura della ragazza e le palpò il seno “Anzi, visto che sei stata una bambina disobbediente, meriti proprio una sculacciata. Alzati e togliti braghe e mutande.”

Giuditta obbedì senza replicare alcunché.

“Beh, risparmiamo tempo e togliti anche il resto.” le disse lui.

Gaspare si era seduto sul divano; la ragazza si distese su di esso, in modo tale che i suoi glutei fossero sulle ginocchia dell’uomo. Li sentì accarezzati, prima col dorso, poi col palmo, poi una patacca e un’altra e ancora …

Arrivata alla decima, Gaspare commentò: “Ti stai arrossando. Ad ogni modo, non startene lì in silenzio: raccontami quello che ti sei detta con Pigolo. Hai detto che avete discusso: per cosa?”

“Non faceva altro che insultarti e dare la colpa a te, se la nostra amicizia era finita.” gridò leggermente, per uno schiaffo dato con troppa forza “Poi dice che mi hai rovinato, che mi hai tolto dignità … non capisce! Non conosce l’importanza della gerarchia, è un anarchico! È vero che ho deciso di obbedirti (e lui continua a credere che sia stata costretta), ma è perché so che quel che fai è per il mio bene.”

“Tu gliele hai dette queste cose?”

“Certo, ma lui, purtroppo, non capisce.”

“Mi sembra proprio che ti dispiaccia per Pigolo, perché?” Gaspare non era molto entusiasta, temeva che lei iniziasse a ricordare qualcosa.

“Non lo so. Forse, al di là della memoria, a livello emotivo è rimasto un legame. Mi ha fatto un po’ pena il vederlo così preoccupato per me, mi vuole bene …”

“Ti ha fatta soffrire.”

“Già, ma non ricordo. Come siamo diventati amici una volta, potremmo tornare ad esserlo … se capisse ch’io sto bene così. Tu cosa ne pensi?”

Gaspare aveva smesso di sculacciarla e ora le carezzava la schiena e i glutei; non rispose subito, pensò un poco, poi le chiese: “Ci tieni a lui?”

“Razionalmente lo manderei al diavolo, per quello che ha detto oggi. A un livello puramente emotivo, invece, sì, vorrei pacificarmi, ma non so perché.”

“Gli parlerò io, vedrò di fargli comprendere la situazione.” ovviamente mentiva “Contenta?”

La ragazza alzò il busto, volse il capo verso l’uomo, gli sorrise con gratitudine e annuì.

“Ne sono contento. Voglio che tu sia felice, sempre.” le fece una carezza sul volto “Il meglio di sé lo si dà quando si è soddisfatti: più sei lieta, meglio puoi compiere il tuo dovere e rendere felice me. Io mi prendo cura di te e tu fai quello che voglio, è una simbiosi perfetta.”

“Oh Gaspare, io …” la paura smorzò l’impeto iniziale e la giovane provò vergogna.

“Tu?” la esortò l’uomo.

Con lo sguardo basso, molto timidamente, Giuditta disse: “ … ti amo.”

Lo sguardo di Gaspare fu enigmatico e indecifrabile per alcuni momenti: impossibile sapere che impressione gli avesse fatto quella dichiarazione.

Poi, compiaciuto, le ordinò: “Ripetilo.”

“Ti amo …” fu incerta.

“Ancora.”

“Ti amo.” la voce era più ferma.

Gaspare fece un verso soddisfatto e disse: “È adorabile, sentirtelo dire. Di nuovo.”

“Ti amo.” ripeté lei, finalmente decisa “Dunque, non ti dispiace?”

“Assolutamente, perché mai dovrebbe?”

“Beh, temevo potesse infastidirti.”

“Non lo pensare nemmeno, Giudittina. Io voglio il tuo amore, voglio essere la tua ragione di vita. Mi fa davvero molto piacere e approvo pienamente i tuoi sentimenti.” sorridente, le carezzò i capelli “D’altronde, era inevitabile: se non me, chi potresti amare? È giusto così.”

 

Più tardi, nel pomeriggio, Gaspare si ritrovò col padre e i fratelli in un salotto a discutere della prosecuzione dei loro progetti.

“Padre, il fatto che i templari abbiano deciso di usare le loro armi ora, affretta di molto le nostre tempistiche, noi credevamo di avere più tempo a disposizione.” aveva commentato Temistocle, dopo essere stato informato delle notizie portate da Isaia il giorno prima.

“Me ne rendo perfettamente conto, ma non vedo la situazione troppo grigia, anzi penso che siamo pronti.”

“Pronti?!” si meravigliò Annibale “Non siamo ancora riusciti ad avere dalla nostra parte l’Eletto.”

“Abbiamo Isaia.” puntualizzò Serventi.

“Non può bastare, lo sappiamo bene!” insisté Annibale “Hai affidato a Gaspare il compito di scuotere il suo fratellino, ma da quel che vedo non fa altro che pensare a divertirsi con quella ragazzina, che lo ha innamorato, nonostante lui lo neghi.”

“Stiamo rischiando tantissimo, il pericolo è elevato e noi non possiamo fare molto contro le armi dei templari.” rincarò Temistocle.

“Non capisco perché vi stiate preoccupando.” Bonifacio era assolutamente tranquillo “I templari hanno agito come sapevamo avrebbero fatto, come stavamo aspettando. Gabriel ha fatto ciò che doveva: rovesciare la Chiesa dall’interno. Ora che sono emerse le verità circa Calvi e tutto il resto, la cattedra di Pietro non potrà riprendersi e molti altri scandali la colpiranno, siatene certi. È esattamente ciò che stiamo aspettando da secoli, ora non dobbiamo spaventarcene: siamo preparati a questo, è tutta la vita che ci prepariamo. Nel peggiore dei casi ci rifugeremo nella nostra fortezza, ma non credo sarà necessario.”

I due figli maggiori non sembravano particolarmente convinti.

“Su una cosa, però, i tuoi fratelli hanno ragione, Gaspare. Devi darti maggiormente da fare con Gabriel: indurlo a distruggere un bordello non è servito a granché. Deve sentirsi legittimato ad usare il proprio potere quando e come gli pare. Fa in modo che ricordi i suoi primi dieci anni di vita.”

“Va bene, padre. Giacché ieri si era parlato di una cena, organizziamola. Ne approfitterò per parlare a Gabriel e questa volta lo condurrò alla nostra causa, sono pronto a metterci la mano sul fuoco. Così taccerà chi critica, pur non facendo nulla di utile per la causa.” e guardò di sbieco i due fratelli.

“D’accordo.” annuì Bonifacio “Organizzati pure, ma al più presto vogliamo avere notizia di un esito positivo.”

“No, vedrete coi vostri occhi. Cena in grande stile, qui in villa. Non disturbare il cuoco, voglio che prepari tutto la mia Giuditta. Un po’ di tensione psicologica legata all’ansia da prestazione le farà bene; anzi, fatemi il favore di lamentarvi di qualcosa che ha cucinato, così potrò rimproverarla.”

“Sì, ma ti ricordo che l’obbiettivo è Gabriel.” gli disse Annibale.

“Lo so, lo so!” si spazientì Gaspare “Il mio fratellino non vedrà l’ora di servire nostro padre, esattamente come il suo amico. Il Princeps e l’Eletto, ormai, ce li muoviamo come accidenti ci pare. Nel peggiore dei casi, entriamo nella testa della Munari e Gabriel le obbedirà senza opporsi, ma vi assicuro che non si arriverà a questo. Chi veramente mi preoccupa è la Guida, lo stiamo tagliando completamente fuori dai nostri progetti e non va bene: è una mina vagante, è il più pericoloso, dovremmo quindi cercare di controllarlo quel minimo necessario per assicurarci che agisca come vogliamo noi.”

“Deve sacrificarsi.” gli ricordò Bonifacio “Non credo sarà restio, quando la situazione precipiterà: mi pare abbia inclinazione a questo genere di cose.”

“Quando sarà il momento, lui vedrà da una parte uomini di Chiesa, armati di reliquie santissime e dall’altra gente con poteri strani. Che il suo maestro stia dalla nostra parte, non basterà a convincerlo che i nemici sono gli altri. Dobbiamo legarlo a noi già adesso.” Gaspare era estremamente deciso.

“Perché te ne stai preoccupando?” gli domandò Bonifacio, intuendo        che ci fosse qualcosa sotto.

“Perché, come abbiamo detto iniziando la conversazione, i tempi si sono nettamente accorciati, rispetto alle nostre aspettative. Inoltre, quel ragazzo potrebbe non solo creare problemi, schierandosi dalla parte sbagliata, ma potrebbe anche interferire nel mio lavoro su Giuditta.”

Temistocle ridacchiò: “Ecco che cosa ti preoccupa realmente!”

“La cosa dovrebbe preoccupare anche voi, visto che io e lei siamo un fattore determinante nel progetto di nostro padre.” Gaspare ci teneva a far capire che il suo non era un capriccio personale, bensì un timore legittimo.

“Avevi detto che glielo avevi cancellato dalla memoria.” osservò Bonifacio, preoccupato.

“Infatti, ma lui è rispuntato fuori e lei continua a sentire una sorta di legame con lui, pur non ricordando nulla. Sono certo che questo fattore potrebbe creare problemi. Per fortuna la situazione non è grave, basterà convincerlo che Giuditta è libera e felice, come in effetti è, anche se lui non lo capisce.”

Bonifacio lo guardò, volendolo ammonire, e gli disse: “Non ti curare di lui. Adesso concentrati su Gabriel, poi sarà lui a persuadere la Guida. Per quanto riguarda la ragazza … sta attento, non commettere il mio stesso errore con tua madre: mi piaceva vederla vivace, attiva, quindi le ho lasciato troppa libertà e indipendenza e lei si è persa, si è lasciata offuscare dall’amore materno e ha perso di vista l’obbiettivo più alto e io sono stato costretto ad ucciderla.” si fece molto severo in volto “Tienila al suo posto e ben legata a te e questo te lo dico non tanto perché tieni parecchio a lei, ma perché ci servite entrambi.”

Gaspare assicurò per l’ennesima volta di avere tutto sottocontrollo e di non essersi lasciato troppo coinvolgere sentimentalmente. Quando la riunione finì, tuttavia, decise di andare in città e cercare Stefano: anche se i suoi famigliari si ostinavano a negare, lui era certo che bisognasse cercare di ingraziarsi il giovane. Inoltre, in fondo, lui non aveva promesso a Giuditta che avrebbe parlato col seminarista? Certo, glielo aveva detto per ben apparire ai suoi occhi e non perché ne avesse intenzione, ma ora sembrava una cosa sensata da fare.

Grazie alle proprie abilità, Gaspare trovò facilmente Stefano, che era andato a distendere i nervi, passeggiando per il parco di villa Borghese.

Il ragazzo si era recato istintivamente in quel luogo, forse perché lì era stato l’ultima volta felice con Giuditta.

“Stefano!” lo chiamò Gaspare.

Il ragazzo si scosse dai propri pensieri, si voltò, si sorprese di vedere quell’uomo e subito fu pervaso dalla rabbia: non poteva sopportare che Giuditta patisse a causa sua.

“Che cosa vuoi?!” quasi gli ringhiò il seminarista.

“Calma, ragazzo, sono qui per parlare.” Gaspare sorrideva disinvolto “So che Giuditta è venuta a parlarti oggi …”

“Le hai fatto qualcosa?!” lo interruppe Stefano, subito allarmato.

“Nulla che lei non volesse.” ghignò l’uomo, lasciando sottinteso quanto avevano fatto.

“Beh, e quindi? Sei venuto a gongolare perché l’hai privata del senso del giudizio e l’hai messa completamente contro di me?”

“No, non sono qui per questo, anzi, tutt’altro!”

“Che cosa intendi?”

“Io, fondamentalmente, non ho nulla contro di te. Giuditta, nonostante tutto, è ancora legata a te.”

“Non si ricorda un accidente!”

“Già e, nonostante ciò, è dispiaciuta di aver litigato con te e vorrebbe esserti amica.”

“Davvero?!” gli occhi di Stefano si erano riempiti di gioia e speranza.

“Esatto. Dunque, sia io che te vogliamo che lei sia felice, giusto?”

“Io sicuramente; tu, ho i miei dubbi.”

Gaspare gli scoccò un’occhiataccia ma sorvolò e proseguì: “Sono qui per dirti che non mi da fastidio se vuoi vederla, parlarle o frequentarla, devi però avere ben chiaro che il suo fidanzato sono io. Io e lei siamo una coppia e tu puoi essere nostro amico ma non devi mai e poi mai fare alcunché per cercare di separarci o mettermi in cattiva luce. Chiaro?”

Stefano era parecchio irritato per la faccia tosta di quell’uomo, per la sua arroganza, per il suo venire lì, con falsa gentilezza, ad offrirgli il permesso di vedere Giuditta, come atto della propria clemenza.

No, a Stefano quelle condizioni non stavano affatto bene, anzi!

Per una volta non sentì il bisogno di starsene buono e tranquillo, per una volta non sentì la necessità di sopportare. No, questa volta era diverso, questa volta la posta in gioco era una persona a cui teneva tantissimo e lui avrebbe combattuto.

Accidenti, era l’arcangelo Raffaele, in fondo! Era certo che Gaspare lo sapesse, per cui si fece coraggio e decise di farsi valere, anche a costo di essere minaccioso o aggressivo e disse: “Chiarissimo, ma adesso ascoltami tu. Se io voglio essere amico di Giuditta, lo sarò perché voglio esserlo, non per una tua concessione; lo sarei con o senza il tuo consenso. Proprio perché le sono amico non mi stancherò mai di ripeterle che tu la stai trattando male e che lei dovrebbe combattere di più per se stessa. Se tu proverai ad impedirmelo o le farai del male o le farai subire costrizioni, io te ne farò pentire amaramente.”

Detto ciò, Stefano toccò un rametto di un arbusto lì vicino e lo fece avvizzire. Lo sguardo era rimasto fisso su Gaspare.

L’uomo non si fece impressionare o, almeno, non lo diede a vedere. Si mise a ridere e, tra le risate disse: “D’accordo, d’accordo … e dire che ero venuto con le migliori intenzioni … L’hai voluto tu, Pigolo!”

Con un gesto fulmineo, con la punta di indice e medio, toccò e premette per qualche secondo sulla gola del ragazzo, poi si voltò e se ne andò, salutando.

Stefano non capì, confuso provò a chiamarlo indietro, ma dalla sua bocca non uscì alcun suono. Provò ancora e ancora, tuttavia non riusciva a parlare, era diventato afono.

Il giovane si agitò parecchio e fu spaventato. Continuò a girovagare a caso senza metà, disperato, senza sapere cosa fare. Poi, dopo un paio d’ore, la voce gli tornò e, quindi, decise di tornare a casa. Il terrore che aveva provato in quei momenti, però, era stato tremendo: ora si rendeva conto del potere di Gaspare.

   
 
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