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Autore: SilverSoul    01/10/2014    2 recensioni
La vita di Maka, chiusa in un appartamento in unica compagnia dei suoi amati libri, sta per cambiare.
Riuscirà il mondo reale ad essere all'altezza di un mondo di carta, dove le alte aspettative, i grandi amori e i sogni nel cassetto sono a portata di mano?
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maka Albarn, Soul Eater Evans, Un po' tutti | Coppie: Soul/Maka
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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6) Guerra… e pace?

 
Click.

“Sorgi e splendi, Death City, è appen…”  

Maka era avvolta nel suo bozzolo caldo di coperte quando la sveglia iniziò a trasmettere la radio, costringendola a districare una mano dal fagotto in cui si era avvolta per cercare di spegnere l’aggeggio infernale.

Ancora mezza addormentata, con in testa un unico pensiero  - “Ancora cinque minuti, papà” - , la ragazza sventolò la mano approssimativamente nella direzione da cui proveniva il baccano che, con un grande e prevedibilissimo clank, si interruppe di colpo.

Insospettita dalla resa incondizionata e fulminea della sveglia, Maka aprì un unico occhio verde, strisciando sulla pancia, come se fosse un lombrico, fino al limitare del letto –cosa si fa pur di non lasciare la sua tana calda, eh?-, e guardò il pavimento, dove faceva bella mostra di sé una scatoletta di plastica mezza aperta, contornata da quelli che si potevano definire i suoi organi interni – un insieme confuso di viti, bulloni, molle e ingranaggi.

Sbuffando, la bionda si girò supina, frustrando l’aria con i codini mezzi disfatti che la sera prima si era dimenticata di slegare perché era arrabbiata con Soul.

Arrabbiata con Soul.

“Arrabbiata?!? Furiosa!! Quello stupido criceto ritardato! Mentecatto! Quel cretino di un procione indisponente... Oh ma nooo, non ci voglio pensare adesso”. I pensieri di Maka passarono dall’essere inviperiti a lagnosi in un baleno, mentre si girava su un fianco, chiudendo gli occhi che, per l’ira, si erano spalancati. “Adesso sto così bene, qui al calduccio… posso non pensarci ancora per un po’, anzi posso non pensarci affatto! Non-è-un-mio-problema!” sillabò la bionda, muovendo le labbra e tornando supina.

Be’, forse era un suo piccolo problema, invece. Piccolo quanto la voragine che le aveva aperto in soggiorno  una settimana prima. Quando ci ripensava, l’unica cosa che il suo supremo intelletto sapeva fare era indurla a ringhiare, irata.

Ci aveva provato, oh se ci aveva provato, ad ignorarlo. Nei primi due giorni aveva appiccicato di tutto a quello stramaledetto buco, pur di chiuderlo.

Un poster delle Spice Girls, una pesante tenda di velluto e una ancora più pesante vetrinetta in ferro battuto erano state la sua risposta a quel funesto crollo nel suo appartamento, ma era stato tutto inutile.

Ogni volta che chiudeva il fastidioso passaggio che portava al sul suo personale inferno, quello tornava inevitabilmente ad aprirsi.

Tutto ciò che aveva appeso era stato, nell’ordine:

strappato
(<< No maaa… fai sul serio?? Un poster delle Spice Girls? Cosa sei, una specie di fanatica? Non pensavo ne avessero venduto neanche uno, di quei pezzi di carta straccia… >>),
 incendiato
(<< Ops, scusa, ho perso di vista un secondo la fiamma della candela e boom, tutto va a fuoco! Ahahah! Meno male che non si è incendiata la casa, oltre alla tenda! Ma…perché sei bagnata dalla testa ai piedi? >>)
e fracassato in mille pezzi
(<< Oddio che sbadato, volevo solo chiederti in prestito non-mi-ricordo- cosa e accidentalmente mi sono appoggiato…  To’, è ora di andare a lavoro! >>)
dal suo pestifero vicino albino.

Al che la ragazza si era arresa. Era inutile discutere con gli idioti, si era detta. Com’era quella frase? “Mai discutere con un idiota, ti trascina al suo livello e ti batte con l’esperienza”. Ecco,  di questa massima Maka ne aveva fatto ormai uno stile di vita, dato che viveva gomito a gomito con uno di loro.

Ebbene sì, il caro signorino sono-figo-solo-io aveva decretato che la casa di Maka era molto meglio della sua, e faceva di tutto pur di trascorrere la maggior parte del tempo dal lato sbagliato della voragine, spaparanzandosi beatamente sul divano –non suo-, utilizzando la cucina –non sua-, sbriciolando in giro per il salotto –non suo- e calpestando con le scarpe incrostate di fango il tappeto persiano di inizio secolo –sempre non suo-.

A nulla erano servite le urla, le minacce, i lanci di libri e di scodelle della ragazza, Soul non voleva saperne di schiodarsi da lì, si limitava a sorridere davanti alle sue scenate da pazza isterica. Maka iniziava a sospettare che infastidirla fosse diventato il passatempo preferito del ragazzo. Ma la cosa peggiore era che Soul non voleva saperne di stare zitto un minuto. Parlava sempre, sempre, sempre. La stordiva a forza di chiacchiere inutili. E così Maka rimaneva in un angolo a rosicchiarsi le unghie, cercando di isolarsi dal mondo e controllando ogni movimento del ragazzo con gli occhi fuori dalle orbite, borbottando sottovoce e giurando vendetta.

Ad andare avanti così, si sarebbe rovinata il fegato, lo sapeva.

Ormai la ragazza non riusciva più a scrivere, a leggere, a fissare lo splendido deserto che si vedeva dalle sue amate vetrate. Ogni pomeriggio era una schermaglia continua di battibecchi, risposte acide, urla inconsulte e prove tecniche di risse da bar sul tappeto in salotto, il tutto contornato dal malumore nero della bionda che aleggiava sopra casa come una nuvola temporalesca, mentre Soul continuava a ridere e a blablablare rilassato.

La vita di Maka era stata completamente capovolta nel giro di sette lunghissimi giorni.

La bionda era ormai così stravolta dalla convivenza forzata con il suo nuovo “coinquilino” che non riusciva neanche più ad alzarsi presto la mattina, l’unico momento senza quel cialtrone che le girovagava per casa –“Sia resa grazia a Buddha, Quetzalcoatl e a Shinigami per questo ”e rimaneva a poltrire a letto o, come lo chiamava lei, “a recuperare le forze per l’imminente battaglia” fino a mezzogiorno.

Ma d’altronde, Maka era Maka, non una debole principessina in perenne ricerca di un dannato principe azzurro che la difendesse dall’ancora più dannatissimo drago albino con gli occhi rossi.

Ogni tanto, quindi, giusto per tenere il punto e non farsi mettere i piedi in testa, la nostra leggiadra fanciulla metteva KO Soul con la sua invenzione più recente – il Maka-chop- , che le regalava ancora grandi soddisfazioni e impagabili attimi di pace.

Allora, nel silenzio più assoluto, si accomodava compostamente sul divano, le caviglie unite e le braccia delicatamente posate in grembo, sorridendo al cadavere di Soul che si dissanguava lentamente sui suoi preziosi tappeti e accarezzando la copertina della sua arma preferita, come una madre accarezzerebbe la testolina della figlia più piccola.

Per Maka, ogni goccia di sangue che rimaneva impressa nella stoffa era un trofeo di guerra, ogni macchia aveva il sapore della vittoria.

***

Persa nelle sue elucubrazioni mentali, la bionda aveva fatto l’unica cosa che non doveva.

“Sto ancora pensando a Soul” ammise Maka, imbronciandosi e battendo le palpebre, cercando di riprendere sonno.

Un battito di ciglia.
Un occhio rosso che la scruta, circondato da una massa di ciocche nivee.

Altro battito di ciglia.
Una bocca, dalle labbra sottili ma invitanti, che disegnano il solito ghigno cool.

Battiti di ciglia in successione, per schiarirsi le idee.
Niente, solo il soffitto candido.

“Sono così fissata con Soul che ora inizio anche a immaginarmi le cose, fantastico” pensò la ragazza sarcasticamente, prima di girarsi a pancia in giù e cacciare la testa sotto le coperte, alla ricerca di quel buio che l’avrebbe fatta riaddormentare.

“Devo piantarla di esserne così ossessionata, sto diventando pazza! Questa storia deve finire, non è possibile che io debb-“

<< Guarda che lo so che sei sveglia, è inutile che fingi. >>

Maka si immobilizzò, spalancando gli occhi spaurita, ancora al riparo nel suo bozzolo.

“Sto peggiorando, ora ho anche illusioni uditive… sento le voci! Urge colloquio con uno psicologo, forse potrei prendere appuntamento al telef-“

<< Ehi bellezza, quand’è che ti alzi? Ho fame. Non è che mi offriresti il pranzo? Sempre che tu sappia cucinare qualcosa oltre al tonno in scatola, ovvio >>

Maka si rizzò a sedere, sconvolta, girandosi e osservando il suo nuovo “coinquilino” che se ne stava tranquillamente stravaccato sulla sedia su cui lei in genere appoggiava i vestiti, una gamba sul bracciolo. I vestiti che aveva usato il giorno prima giacevano scomposti sul pavimento, stropicciati, ovviamente.

Soul la fissava, strafottente, l’ombra di un sorriso perfido che gli aleggiava sulle labbra, mentre nella testa di Maka dilagava un unico pensiero.

Il proverbiale omino interiore aveva preso la rincorsa, lanciandosi nel burrone.

Il suo “NOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO” rimbalzava nel cranio della ragazza, amplificandosi sempre di più durante la caduta, mentre fissava, agghiacciata e impotente, il suo diavolo personale.

Il ragazzo dagli occhi di brace allargò il sorriso, squadrandola, proprio mentre l’omino raggiungeva il fondo del precipizio, schiantandosi con soffice e delicato splat.

 
***


C’è solo una cosa al mondo che abbia il sapore più dolce della vittoria, e Soul lo sapeva bene.

E’ la  vendetta.

Quella che lui stava gustando fredda da una settimana a questa parte, poi, era più zuccherosa della pesca matura che si stava gustando in quel momento al tavolo del suo cucinino, appena rientrato dopo un turno al negozio di suo cugino.
 
Ormai, il tormentare Maka rientrava tra le sue personalissime abitudini, ed era inclusa nella Top Five dei passatempi più belli che avesse mai provato: superava persino il rimorchiare il sabato sera nei bar, ma solo perché le povere disperate erano ubriache fradice e al mattino non si ricordavano niente, e cioè costituiva un duro colpo per il suo enorme ego.

Maka, invece, dava parecchie soddisfazioni.

Soul aveva scoperto, infatti, che se ad un primo impatto la bionda poteva sembrare un tipino tutto cervello e razionalità, in realtà Maka affrontava i problemi di pancia: e lui stava diventano un suo grosso problema.

L’aveva tartassata con lunghe sedute ad orari improponibili di musica metal, amplificata dallo stereo che –guarda caso- era appoggiato alla parete che divideva la sua camera dal soggiorno della bionda, trasmettendo le vibrazioni attraverso il cartongesso, alternandola poi a concerti di musica classica, così, giusto per confonderla un po’.

L’aveva costretta a sorbirsi la sua compagnia, ciarlando in continuazione di cose inutili, aggirandosi per casa toccando qualsiasi cosa avesse sottomano e stravaccandosi sul divano a guardare le partite di basket nel grande televisore impolverato che Maka aveva in soggiorno, ungendo intanto i cuscini con le mani sporche dei dolciumi che aveva rubato dalla già povera dispensa della ragazza.

Le era stato sempre, costantemente, perennemente e instancabilmente incollato addosso come un cerotto per un intera settimana, impedendole di riposare, scrivere, leggere e di fare qualsiasi altra cosa che non fosse badare a lui. Aveva occupato i suoi spazi vitali, invadendo la sua casa e la sua vita con la sua presenza.

Sperava di essere diventato un suo grande problema, aveva giurato vendetta, in fin dei conti!

E Soul stava iniziando a notare segni di cedimento in Maka.

Con ogni sua minima provocazione, gesto o parola, Soul andava a colpire con precisione studiata il piccolo bersaglio immaginario posto tra le sopracciglia della ragazza, contribuendo sempre di più all’ingrossarsi della vena sulla sua fronte.

Ogni stoccata di Soul corrispondeva a un passo, sempre più vicino, sempre più veloce, verso  una miccia collegata ad un enorme carico di tritolo sotto il quale si nascondeva la pazienza di Maka: la distanza si stava rimpicciolendo, e Soul correva con l’accendino in mano.

Ma l’albino era perfettamente consapevole di ciò, ed estremamente curioso.

No, forse curioso non era la parola più adatta. Era eccitato. Affascinato come uno scienziato poteva esserlo scoprendo che al di sotto di un vasto ghiacciaio si nascondeva un vulcano ancora più ampio.

Soul voleva vedere cosa succedeva a scatenare quel ciclone di nome Maka: intendiamoci, non è che la ragazza fosse proprio un blocco di ghiaccio, anzi, era una delle creature più bollenti che avesse mai conosciuto.

Maka si arrabbiava, s’infuriava, sbraitava a destra e a manca lanciandogli dietro oggetti di tutte le fogge e i colori, insultandolo con epiteti così fini che anche gli scaricatori di porto sarebbero impalliditi a sentirla.

Non che fosse volgare, ma quando si infiammava,  la fantasia della ragazza prendeva il volo e allora anche una  semplice frase – per quanto i paroloni cervellotici che Maka utilizzava potessero essere considerati semplici – poteva trasformarsi in una freccia acuminata grondante veleno, diretta al tuo cuore.

Comunque, l’albino ci stava prendendo gusto, e non perdeva occasione per passare del tempo a casa della sua preda preferita: aveva addirittura diminuito le sue ore di baby-sitteraggio, pur di tormentare la bionda anche di pomeriggio, complice il fatto che minacciare i genitori di Spirit di andarsene gli era valso un aumento di stipendio del tutto inaspettato.

Al mattino andava a lavorare da Tom, sempre come fattorino, ma già sulla via del ritorno si leccava le labbra pregustando le battaglie che avrebbe combattuto per il resto della giornata.

Certo, come ogni mestiere, anche questo aveva i suoi rischi che, nel caso di Soul, potevano tutti essere classificati sotto il nome di “Maka-chop”: la ragazza, infatti, quando era al limite, si divertiva un mondo a tramortirlo a suon di librate, per poi lasciarlo, sanguinante, al suo destino.

“Ad ognuno il suo, in fin dei conti”

Soul si alzò sbuffando e andò a gettare il nocciolo spolpato nel lavandino, lavandosi poi le mani.

“Okay, okay, ora basta pensieri: è ora di divertirsi!”. L’albinò sogghignò, per avviandosi lungo il corridoio, ciondolando leggermente nel suo tipico modo cool, con le spalle sbilanciate all’indietro e i fianchi in avanti.

In camera sua, Soul aprì l’armadio intenzionato a cambiarsi e iniziò a rovistare tra le sue poche cose.
“Dove l’avrò messa, dove l’avrò messa…”

Il ragazzo raddrizzò la schiena, portando poi la mano destra a grattarsi i suoi ciuffi nivei che ormai stavano ricrescendo ed erano giunti – a detta sua- ad una lunghezza “almeno decente”.

Stava iniziando a pensare che forse la maglia blu che cercava l’aveva dimenticata a casa di Tom, quando un pensiero improvviso gli fece spalancare gli occhi carmini.

“Aaah, deve essere tra i panni sporchi! E’ quella che avevo quando la Gambelunghe ha rovesciato quella sottospecie di gelato.”

Soul sorrise malignamente al ricordo, dirigendosi in bagno dove effettivamente era presente l’oggetto della sua ricerca, ancora impregnato di panna.

 
Soul quel giorno era rientrato dal lavoro più tardi del solito, quindi quando aveva scavalcato la voragine che portava all’appartamento di Maka non l’aveva trovata a leggere rintanata sul divano, come era solita.
Era riuscito a infiltrarsi nell’appartamento non visto e non udito e, già solleticando l’idea di far prendere alla bionda un bello spavento, era andato in esplorazione in punta di piedi, nella speranza di cogliere la ragazza alle spalle.

E, in effetti, ce l’aveva fatta.

Aveva trovato Maka di spalle in cucina che, con un orribile grembiule a fiorellini, canticchiava stonata sottovoce, mescolando energeticamente qualcosa che aveva sul banco di fronte.

Per un momento, Soul si era bloccato, le mani in aria chiuse ad imitare gli artigli di una strega, fissando il sedere della bionda che, incurante della presenza alle sue spalle, si era chinata a prendere una scodella dallo sportello in basso della cucina.

“Maledetta minigonna” ricordava di aver pensato Soul, ancora immobile, gli occhi spalancati nel tentativo di cogliere quanti più dettagli possibili di quel posteriore sodo e di quelle gambe bianche e lisce che si muovevano graziosamente ad un ritmo noto solo alla proprietaria.
Soul aveva udito uno sbattere di metallo contro vetro che l’aveva riscosso così che – ringraziando gli dei per quel rumore provvidenziale-, aveva ripreso a muoversi verso la bionda, che nel frattempo era tornata dal frigo con una ciotola di fragole in mano.

Ormai Soul era alle sue spalle, quando Maka si era girata di scatto, con una coppa di gelato alla vaniglia ornato di panna e fragole in mano.

A onor del vero, Maka non aveva gridato, non aveva emesso i soliti strilli acuti da femminuccia in pericolo.

Era però sobbalzata, e anche tanto, spalancando gli occhi e facendo saltare la coppa per aria.
Il gelato aveva terminato il suo arco acrobatico sulla faccia e sui vestiti di entrambi, ricoprendoli di bianco.

Soul aveva visto le guance di lei imporporarsi, sia per il disastro che aveva combinato che per l’eccessiva vicinanza che c’era tra loro.

In effetti, le loro labbra erano a pochi centimetri di distanza.

Maka aveva aperto la bocca per prendere fiato e urlare una delle sue solite sfuriate, e lui ne aveva approfittato.
Aveva chinato la testa, sorridendo e  avvicinandosi ancora di più alle labbra della bionda, che nel frattempo si era bloccata e lo fissava rigida,  in apnea, in attesa.

All’ultimo momento, poco prima del contatto, il viso dell’albino aveva cambiato direzione: aveva così tirato fuori la lingua, leccando via voluttuosamente la poltiglia biancastra dal naso di Maka, che lo guardava stupefatta.

Soul aveva chiuso gli occhi, assaporando vistosamente il gelato.
<< Mmmm, niente male >>
 

Ridacchiando, l’albino tornò in camera dove si cambiò con una maglietta verde pescata a caso dal mucchio di abiti in suo possesso.
Si guardò allo specchio distrattamente, ma poi adocchiò nel riflesso un libro appoggiato sul suo comodino.

Guerra e pace.

Rise più forte, ricordandosi invece come aveva ottenuto quel cimelio, il giorno prima. Anche la fontanella di sangue che gli era sgorgata dalla testa, annessa al libro, era valsa la pena.
 
Si era allontanato da casa di Maka da dieci minuti, e già la ragazza era sparita.
Il ragazzo dai capelli di luna si guardava intorno nel soggiorno della bionda, indispettio, fissando l’angolo in cui fino a pochi minuti prima era stata seduta Maka.

“Beh, dove è sparita?”

Soul andò ancora una volta in esplorazione della casa.
In salotto e in cucina non c’era, e non era neanche nel piccolo “studio” dove c’erano quelle grandi vetrate e quella poltrona rosso sangue.

“Non è neanche in camera” si disse dalla soglia della stanza in questione un sempre più perplesso Soul, voltandosi per andare a controllare se per caso la bionda fosse in bagno e incappando accidentalmente in qualcosa di bagnato che lo atterrò neanche tanto dolcemente.

Soul si ritrovò così, sdraiato sulla moquette, con addosso una cosa magrissima, bagnatissima, incazzatissima e potenzialmente pericolosa.

Maka lo fulminava con i suoi occhi verde prato al di sotto di una scompigliata chioma bionda e bagnata che le ricadeva sul viso, ancora sdraiata sul suo petto.

Soul ci mise giusto due secondi a capire che l’asciugamano in cui si era avvolta la ragazza era quell’ammasso bianco che giaceva qualche metro più in là.

E mentre incuriosito tentava di convincere  i suoi occhi a sbirciare le forme della ragazza nuda stesa sopra di lui, la mano di Maka fu più veloce del suo pensiero.
La testa di Soul andò incontro al libro, all’urlo belluino di << MAAAKAAA-CHOOOOP! >>.

Un rivoletto di sangue scese dalla testa del povero albino, andando a congiungersi con il rivoletto gemello che usciva dal naso del ragazzo svenuto.
 

Soul gettò un’ultima occhiata al libro, il respiro pesante e le guance accaldate. L’albino scosse la testa, tornando in sé, fece due passi e si infilò a piè pari all’interno della fessura del muro.

“Signore e signori, si va in scena!”
 
 






 
                                                                                                                                                                  SOLITO ANGOLO
Mes amis, pardonnez-moi pour le ritardo inimmaginabile, ma non sapevo come scrivere questo cap e il colpo di genio (si spera) è arrivato solo ieri sera.
Per dirla tutta, non sono molto soddisfatta di quanto ho scritto sopra, soprattutto la parte centrale mi sembra mal gestita però va be’, mi sono detta: “O la va o la spacca”.
Francamente, spero che vada e che non mi spacchiate niente in testa.
Colgo l’occasione per ringraziare tutti quelli che stanno seguendo, preferendo e recensendo tutto ciò, e anche a chi legge e basta.
Spero di strapparvi un sorriso, ogni tanto :)
Adieeeeeeeeeuuuuu <3
SilverSoul
  
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