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Autore: BellinianSwan    05/10/2014    3 recensioni
"Posò poi lo sguardo su di un ritratto che lo attrasse magneticamente con cieca irrazionalità. Vide due occhi neri fieri, apparentemente impregnati di uno scopo, di un mordente per cui vivere, allargò lo sguardo all'intera figura e si sentì ancora più solo al mondo, lei, chiunque fosse sembrava esperta dell'arte del vivere, quell'arte che era sempre stata refrattaria ad adattarsi alle sue sgradevoli sembianze. Eppure, uno sguardo più attento mise in luce gli angoli della sua bocca, carnosa e ben disegnata, leggermente piegati verso il basso, in un vano sforzo di resistere. [...] Sentì quella figura nel ritratto vicina, dannatamente vicina eppure distante anni luce, a causa di quella vaga luce che le ardeva negli occhi. Lei nonostante tutto aveva trovato un mordente, o forse indossava una maschera oramai divenuta un tutt'uno con il suo volto fiero."
- Gertrude Degl'Innocenzi è stata ispirata al personaggio protagonista del manga "La Rosa di Versailles", Lady Oscar -
Genere: Azione, Drammatico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: L'Ottocento
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Il gelo dell’inverno, 
si confonde col freddo 
del tuo cuore. 

Il dolore lo avvolge 
lame sottili lo trafiggono. 
Sanguina di disperazione. 


Grida d’aiuto non sentite. 
Sogni fatti a pezzi dalla vita; 
la notte sembra fatta per morire.
[...]
Il niente appare meglio 
del presente. 

Il dolore trova pace nel sonno, 
quel domani è un peso troppo grande. 

Un gesto folle, è lui la disperazione;
[...]


Silvana Stremitz- Un gesto folle
                        

“Papà…” Lo chiamò piangendo sfiorandogli il viso “Papà guardatemi vi prego… Aprite gli occhi…” Alcide sentì quella supplica accorata e volle guardarla, fosse soltanto per l’ultima volta, affidando allo sguardo ciò che le parole non potevano più comunicare, ma gli venne negato. Giacomo a fatica si inginocchiò accanto a lui terribilmente afflitto da un tremendo senso di colpa.

Il medico giunse dopo poco e Gertrude, prendendolo fra le sue forti braccia, lo sollevò e lo portarono nella sua camera da letto, facendolo sdraiare. Lo lasciò alle cure del medico e lei aspettò fuori con Giacomo. Si lasciò cadere sulla poltroncina nell’anticamera, prendendosi il viso fra le mani. Giacomo rifletté sull’assurdità della vita. Lui, nientepopodimeno che lui avrebbe dovuto consolare una fanciulla apparentemente indistruttibile dalla vita.  Non poteva e non voleva non farlo. Dopotutto in quell’istante era sola al mondo, non aveva che lui, e lui ci sarebbe stato per lei, sempre. “Non può morire… non può morire” Mormorò per poi scoppiare nuovamente in lacrime. Era così che funzionava per le persone forti. Ogni volta che il muro veniva distrutto si scoppiava e poi, lentamente, quello stesso muro si sarebbe ricostruito. “Non morirà!” Esclamò improvvisamente Giacomo, intimamente convinto che la sorte, per quanto crudele, dovesse avere dei limiti.

“E’ tutto ciò che mi rimane della mia famiglia, è stata colpa mia, tutta colpa mia” il pianto divenne più convulso mentre si piegava in avanti. “Non… è stata colpa vostra… la colpa è mia. Ho saputo solamente gettare scompiglio nella vostra famiglia, meriterei di essere al posto di vostro padre”  Mormorò Giacomo con voce strozzata. Subito sollevò il capo, il viso era umido di lacrime. “Non ditelo nemmeno per scherzo… sono stata io… in ventitré anni ho ucciso mia madre venendo al mondo… io ho sempre mancato di rispetto a mio padre, lui è arrivato ad odiarmi e oggi ne paga le conseguenze, per colpa mia… il suo cuore ha ceduto” Parlava fissando il vuoto davanti a sé.

Giacomo la guardò negli occhi quasi volesse giungere alla meravigliosa visione della sua anima. La immaginò pure come il più splendido dei cristalli, anche se irrimediabilmente frantumata. “Non… avete ucciso vostra madre, non avete scelto voi questa vita. Come potete imputarvi tale colpa?”  Le afferrò una mano tremante. “Mia madre ha avuto un parto terribile per mettermi al mondo e si è vendicata al più che ha potuto con me. Non è colpa vostra, credetemi.” Lei lo guardò per tutto il tempo con gli occhi ancora lucidi, lasciando che le stringesse la mano. Infine quando ebbe finito di parlare rispose dopo qualche secondo di silenzio “Chissà che mi abbia perdonato, ce l’aveva tanto con me per la storia di ieri mattina, nella carrozza…” “Non avreste mai assalito un innocente, ne sono certo. I vostri occhi rilucono della preziosa luce dell’onestà. Avete commesso un errore, ma non certo per indisporre vostro padre. Sono certo che…” Le strinse ancor di più la mano “Voi non avreste voluto far del male a nessuno, tanto meno a vostro padre. Avete attaccato per non essere attaccata, ucciso per non essere uccisa, ma non trovate alcun godimento nel farlo. Ciò fa di voi una persona degna, vostro padre dovrebbe essere fiero di voi, credetemi” Le sussurrò con tono rassicurante. Gertrude cercò si sorridergli dolcemente, più tranquilla. “Siete un uomo come pochi, Eccellenza. Restate sempre così” E si asciugò le lacrime per poi bussare alla porta. Il dottore, lo stesso che lo aveva medicato aprì loro la porta. Giacomo vide colui che l’aveva invitato strappandolo al dolore che Bologna gli aveva mortalmente inflitto coricato sul letto, inerme, oramai incapace di ascoltare qualsiasi suo componimento. Si odiò ferocemente per questo, per la reazione inconsulta provocata dai suoi stessi versi e cercò disperatamente di non pensarci, di non pensare al potere deleterio di quel pensiero fisso. Vide Gertrude pallida come la morte. Si chiese come si potesse essere, anche solo per un istante, crudeli con lei. “Dottore..." Cominciò fissando il padre, che era sdraiato sul grande letto con la schiena appena sollevata poggiato sui grandi cuscini e le coperte che lo coprivano fin sotto il petto. "dDottore, come sta?" E mentre quello iniziava a parlare quasi farfugliando, lo interruppe. "Senza se e senza ma, senza giri di parole, siate diretto e spiccato” "Ha avuto un duro colpo al cuore, viscontessina, sono portato a pensare che vostro padre abbia avuto un infarto cardiaco. Ditemi, soffriva forse di attacchi di ira?” "Sì, dottore." disse mentre la sua voce s'incrinava appena.vivrà? "Ditemi che vivrà, vi prego"

Si accarezzò lentamente il mento, la osservò di sottecchi e mormorò: "Il fatto che viva o meno, Viscontessina, dipenderà esclusivamente da voi, dovreste... come dire… eliminare la fonte dell’ira funesta di vostro padre…” "D'accordo..." sussurrò, poi si voltò verso il Conte. "Eccellenza, se mio padre chiede di me, ditegli che sono andata ad estinguere la fonte della sua ira." Gettò tutte le armi per terra lasciando solo lo spadino legato al fianco “Addio Eccellenza.”. e fuggì fuori senza salutare il medico Giacomo comprese all'istante, conosceva bene quel macigno opprimente che occlude ogni via d'uscita fuorché la morte, troppe volte aveva soffocato il suo corpo ossuto, troppe volte l'aveva sedotto con languide attrattive. "Perdonatemi!!!" gridò al dottore e con enorme sforzo si impose di correre, contro il tempo e la sorte che avrebbero voluto stroncato il tenero stelo di una giovane vita, inquieta come il tuono, ardente come la fiamma viva. Sentì il cuore uscirgli dal petto, voleva chiamarla nel tentativo di fermare quella furia, ma chiedeva troppo al suo povero fisico, debole e minato da innumerevoli malanni. Non gli restava che correre. Gertrude scoppiò a piangere e sfoderò lo spadino, tagliando i bottoni per aprire la giacca. Si aprì la camicia tagliandola al centro, seguendo l'apertura sul petto tagliò le bende sul petto, scoprendo un seno ben fatto, seppur non prosperoso e un corpo scolpito, da sembrare una dea.

Cadde sulle ginocchia, cominciando a recitare il Mea Culpa, mentre le lacrime le solcavano copiose le guance pallide
Giacomo rimase ancora più provato dal gesto di Gertrude, era una sorta di iniziazione alla morte, o forse la certezza di non avere difese di fronte alla lama, passaggio obbligato per! suo padre. Le bastava aver ucciso sua madre, ora che si trovava nella stessa tragica situazione non"avrebbe scelto se stessa. Le si avvicinò da dietro, tremando. "Gertrude... se lo farete vostra madre sarà morta invano. Non fatelo, non siete sola di fronte alla sorte aguzzina, vale la pena vivere fino a che esiste un solo essere umano che ha cura di noi. Non meriterebbe tale sofferenza." La supplicò appoggiando delicatamente i palmi delle mani sulle spalle della fanciulla

"Invece sono sola, Eccellenza. Lo sono sempre stata. Per vent'anni della mia vita ho lottato. Non ho fatto altro che questo. E se il Destino vuole la mia morte, l'avrà. So che questo è l'unico modo per metter fine sia alle mie sofferenze che a quelle di mio padre. Nessuno ha mai avuto cura di me. Non ho motivo di continuare a vivere. Lascerò che la lama mietitrice, spezzi infine la vita di quest'assassina a sangue freddo. Mia madre è morta segnando il mio destino d'assassina. Un'assassina che se si volta ha dietro una scia infinita di sangue. Nessuno soffrirebbe. Nemmeno mio padre. Anzi, gli sto facendo un immenso favore. Ed io non ho nulla di caro." E puntò la lama contro sé stessa e fece per lasciarsi cadere sullo spadino, per mettere fine alla propria travagliata vita.
   
 
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