Fanfic su artisti musicali > One Direction
Segui la storia  |       
Autore: emotjon    08/10/2014    5 recensioni
QUESTA STORIA E' IL SEGUITO DI "HIGHER.".
SE NON AVETE LETTO LA PRIMA, NON CAPIRETE QUESTA.
--------------------
"Una volta mi hanno chiesto come facessi ad amarli entrambi.
All'inizio non capivo. Amare entrambi nello stesso momento.
Era folle. Totalmente fuori di testa.
Poi ho capito.
Io amavo ognuno di loro in modo che non mi mancasse l'altro.
Ed era folle. Ma era il meglio che potessi chiedere..."
Genere: Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Un po' tutti, Zayn Malik
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


 
ad Anita, perchè le voglio bene.
perchè sclera che è una meraviglia per gli occhi.
e perchè si merita un capitolo in regalo, perchè shippa Mayn anche più di me.


 
Deeper // Capitolo 4 - Love me, I love you.
 


Il demone dalla pelle color cioccolato stava cercando una scusa da più di mezz'ora, una scusa che gli permettesse di filarsela da Los Angeles senza insospettire gli angeli, e una scusa per portare con sé l'unica ragazza che di stare nella città degli angeli proprio non ne poteva più.
Sbuffò, infilando a forza in una borsa di tela nera qualche maglietta e un paio di jeans. Sulla scusa per filarsela in fondo non c'era chissà quale problema da risolvere. Ma, come convincere la ragazza dai capelli neri e gli occhi celesti che se ne stava seduta a terra da almeno due giorni, sentendo la ferita rimarginarsi? Si concentrava sul dolore della pelle che si tirava per non pensare ad altro; al modo in cui l'avevano ferita, ad esempio.
Poi, Skylar ebbe un'idea. Per una volta poteva semplicemente essere sincero.
Di sicuro non gli avrebbe fatto male.
Gettato il piccolo zaino in fondo al materasso e infilata una canottiera nera, le si avvicinò, sedendolesi dietro, in modo che se lei avesse voluto avvicinarsi di qualche centimetro avrebbe potuto posare la schiena contro il suo petto. Non si aspettava che lo facesse, a dire il vero; come non si aspettava l'accenno di singhiozzo che le sfuggì.
«Rem...», le sussurrò scostandole i capelli da una spalla, per poi lasciarle un bacio in corrispondenza della spallina della canottiera e strofinarle una guancia contro il collo, facendola sciogliere in più di un singhiozzo. «Ti ha distrutta», mormorò ancora, mentre lei gli si accoccolava contro annuendo appena e piangendo. Per quanto non le piacesse farlo, piangere era l'unica cosa che in quel periodo sembrava farle bene, almeno un po'. E per quanto odiasse piangere in pubblico, Skylar era l'unico che capisse senza fare domande, ma che solo guardandola negli occhi - anche solo attraverso il riflesso dello specchio - riuscisse a capire come stesse e cosa fare per farla stare un po' meglio del momento precedente.
Distrutta. Era decisamente la parola giusta.
«Fa male».
«Dove?».
«Qui», mormorò la mora prendendo la mano dell'altro demone con la propria e posandole unite sul proprio petto, sul seno sinistro, all'altezza del cuore. Il ragazzo deglutì, davanti a tanta debolezza, perché Remember non si mostrava debole, mai, davanti a nessuno che non fosse Cherubiel. «Preferirei essere morta con quella pugnalata, sai?», aggiunse serissima, guardandolo dallo specchio mentre le lacrime le si asciugavano sulle guance nel tempo di un respiro un po' più fondo degli altri.
«Io preferirei che fosse morta lei...». La mora si irrigidì, a quelle parole. Poi scosse la testa, mentre il moro si limitava a sorridere appena, con le labbra posate delicatamente sui capelli di lei, che stava per chiedere perché, mentre lui già elaborava una risposta a quella domanda che ancora non aveva sentito. «Soffriresti decisamente meno, tesoro», le sussurrò in un orecchio, stringendola a sé senza smettere di guardarla negli occhi.
Ma Remember si limitò a scuotere ancora la testa, poco convinta; perché avrebbe comunque sofferto per la sua perdita, e mentre in quel momento aveva ancora una seppur flebile speranza di riaverla - molto flebile - se Cherubiel fosse morta lei avrebbe sofferto allo stesso modo, se non peggio. Anzi, sicuramente avrebbe sofferto peggio.
«Non hai idea di come stia».
Skylar la vide abbassare pianissimo le palpebre, mentre lui dal canto proprio pensava alle sue parole, dette con una tristezza assurda, difficile da sopportare. Non hai idea. Al contrario, lui un'idea ce l'aveva eccome; ogni volta che Madeleine moriva era come se ne morisse lui stesso, ogni volta che lei passava una vita - o anche pochi attimi - con qualcun altro che non fosse lui, era come se venisse trapassato da mille e più lame. Soffriva da cani, e Remember lo sapeva perfettamente.
«Rem...».
«Lo so, scusa. A volte parlo senza pensare, mi spiace». Lui scosse la testa con un sorriso piuttosto rassicurante, per la situazione in cui si trovavano. Poi fu un attimo, e alla ragazza cadde l'occhio sulla borsa lasciata aperta in fondo al letto che condividevano per sentirsi almeno un po' meno soli. «Dove stavi andando?».
«Qualche giorno via dalla città degli angeli». Il sorriso che gli si formò sul volto stavolta era vero, il più sincero che avesse tirato fuori da giorni, forse da anni. Ed era convincente, quel sorriso, perché quando si alzò dal pavimento tendendo una mano alla ragazza, lei la prese e lasciò che la aiutasse a tirarsi su. «Dovresti venire...», aggiunse mentre lei lo abbracciava nascondendo il viso nell'incavo del suo collo, annuendo leggermente.
In fondo, non c'era voluto quanto pensava per convincerla.
«Ad una condizione, Sky», gli sussurrò ironica in un orecchio. Per tutta risposta lui la prese in braccio per guardarla direttamente negli occhi, facendola ridere di gusto. Mormorò un "quale" contro la punta del suo naso, tenendola su e ridacchiando appena per la sua espressione. Epica, a dir poco. «La moto la guido io», gli disse in un soffio.
E la risata di Skylar fu l'unica cosa che la ragazza sentì, mentre si buttavano su quel letto di fortuna l'uno sull'altra. I suoi occhi neri furono l'unica cosa che vide mentre gli stampava un bacio sulle labbra, totalmente privo di malizia e con un sorriso sulle labbra che per un attimo guarì entrambi.

 
***
 

Un bacio sotto l'orecchio. Due labbra a succhiare appena il lobo, per poi spostarsi sulla mascella e lasciare una scia di baci e di solletico, che fecero ridere la ragazza dai capelli castani, appoggiata di schiena al muretto appena fuori dal parcheggio, con le buste dello shopping posate malamente a terra e un demone dagli occhi scuri a distrarla e farla sorridere, scacciando via qualsiasi pensiero cattivo dalla mente.
«Ho chiesto a Skylar di venire a farti compagnia se io...». La risata della ragazza si spense all'improvviso, mentre si voltava di scatto verso di lui per lanciargli un'occhiataccia. Se io, cosa? «Dovrò tornare a Los Angeles per parlare con una persona di nostra conoscenza». Era chiaro che si riferisse ad Harry, e la ragazza inarcò un sopracciglio per non mettersi a piangere ancora.
«Ti fidi?», mormorò solamente.
«Tu ti fidi», ribatté il ragazzo facendo spallucce giocando con una ciocca dei suoi capelli e accarezzandole poi una guancia. La fece sorridere, almeno un po', prima che annuisse e gli sfiorasse di rimando una guancia, passando le dita nel centimetro abbondante di barba che la ricopriva.
«Mi fido anche di te, di più se è per questo».
«Davvero?».
Madeleine scoppiò a ridere, davanti al sopracciglio inarcato del ragazzo e alle labbra un po' dischiuse. Irresistibile e davvero tanto bello. Troppo bello. «Stupido», scherzò lei, lasciandogli un bacio leggerissimo a fior di labbra. «Se non mi fidassi non ti amerei», aggiunse a voce quasi inudibile, vergognandosi delle proprie parole un attimo dopo.
Vederla arrossire era incredibile. Osservare il rossore espandersi dalle gote al resto del viso e lungo il collo prima che lei portasse le mani a nascondere sia il viso che il sorriso che comparve subito dopo, era da far mancare il fiato. La fece persino ridere, stringendole appena un po' di più i fianchi, cercando di portare via tutto il nervosismo che sembrava esserle comparso addosso all'improvviso, mentre gli diceva di amarlo.
Il demone fece risalire le mani dai suoi fianchi fino ad arrivare alle mani della ragazza, fino ad intrecciarne le dita con le proprie e scostargliele dal viso. La guardò e basta, Zayn. La guardò negli occhi color miele come se quella fosse in effetti la prima volta che si azzardava a guardare tanto in fondo; cercò di distinguere ogni minimo particolare di quegli occhi, proprio come lei stava facendo con lui nello stesso istante.
Il demone vedeva mille e più sfumature di oro e miele e nocciola. La ragazza poteva contare almeno una decina di colorazioni, all'interno della stessa iride; c'era lo stesso color nocciola presente nelle proprie, e l'oro, l'ambra, il cioccolato fuso. E il nero, in quelle iridi, sempre più nero a mano a mano che i secondi scorrevano, inesorabili.
Pochi secondi ancora, prima che lo sguardo del demone scivolasse via da quello della ragazza, scendendo poco più in basso, fermandosi su quelle labbra rosee che avrebbe toccato e baciato all'infinito, anche se avesse significato finire il fiato e rischiare di morire. E ancora, il suo sguardo si rincatenò a quello della castana, come se le stesse chiedendo il permesso di baciarla.
Incredibile che un demone stesse chiedendo il permesso.
Incredibile che si stesse comportando in quel modo.
Un demone.
Lui, che avrebbe potuto uccidere chiunque solo con uno sguardo. Lui, che quando spiegava le ali terrorizzava chiunque non fosse abituato a vedere la luce scomparire e il freddo arrivare fischiando anche in piena estate, di quel freddo che penetrava fin nelle ossa. Lui, che quando la guardava la rendeva debole e piccola e più fragile di quanto già non fosse.
Lui, stava chiedendo il permesso di baciarla. Di toccarla. Di andare oltre.
E solo guardandolo, Madeleine si accorse di quanto in realtà Zayn fosse buono. Di quanto potesse amarla davvero, se si stava abbassando a chiedere. Avrebbe potuto tirarla su, portarla dentro e sbatterla contro il primo muro disponibile senza dire una parola, senza nemmeno guardarla negli occhi. Al contrario, non riusciva a smettere di guardarla; e non si azzardò a sfiorarla di più finché non la sentì annuire, con la punta del naso che gli sfiorava la guancia.
La ragazza portò le gambe a circondare il bacino del moro, sentendo le sue labbra posarsi contro le proprie. Piano, lentamente, senza staccarsi da lei nemmeno mentre la sollevava dal muretto e iniziava a camminare dentro l'edificio, o mentre pigiava il pulsante di chiamata dell'ascensore, o mentre la portava dentro e la adagiava contro il vecchio specchio crepato, staccandosi solo allora, e solo per riprendere fiato.
«Non ho idea di cosa stia facendo», ammise la ragazza mentre lo assecondava, sollevandogli la maglietta e reggendosi più forte alle sue spalle, forse graffiandolo. Non le importava, per nulla, troppo occupata com'era a sentire le labbra di Zayn sul mento, e sulla gola, e tra le due clavicole. «Amore...», lo chiamò, costringendolo a tornare su con la testa e guardarla mentre cercava di tornare a respirare normalmente.
«Mi sei mancata troppo», le soffiò contro le labbra, facendola rabbrividire e perdere ancora il filo del respiro. Col fiato spezzato e le guance rosse, la castana mormorò un "piano" contro la sua bocca, che lo fece ridacchiare, succhiandole il labbro inferiore e annuendo quanto bastava da convincerla. «Abbastanza da rovinare tutto, piccola», aggiunse scostandole una ciocca di capelli scuri dietro l'orecchio.
«Non stai rovinando niente».
Le porte dell'ascensore si aprirono cigolando sul parcheggio sotterraneo che stavano occupando da quella che già le sembrava un'eternità. Ma il tempo di pensare le svanì davanti agli occhi non appena Zayn la prese di nuovo di peso - rischiando di farle perdere l'equilibrio già di per sé precario - e la portò in una manciata di secondi attraverso tutto il parcheggio, nell'angolo più lontano, dove c'era quella che avevano adibito a loro stanza.
Un letto, uno scaffale dove il moro buttò le borse dello shopping, e poco altro.
«Sicura?», la provocò facendole posare la schiena contro la parete di cemento, non proprio delicatamente. La ragazza si lasciò sfuggire un gemito, mentre la sensazione di dolore e l'eccitazione del momento si mischiavano a diventare una cosa sola. E fece l'unica cosa che le venne in mente, davanti a quella provocazione.
Annuì, prendendogli il viso tra le mani e osservando le sue iridi schiarirsi è illuminare la penombra. Sorrise, ignorando la parete fredda dietro di sé. Sorrise, prendendo i lembi della maglietta del demone e tirandoli su, fino a sfilarla.
«Voglio vedere le ali». Per un istante Zayn si ritrovò ad esitare, fermando le labbra sul suo collo e stringendo la presa sui suoi fianchi. «Voglio vedere tutto, perché tu non sei questo», gli disse, mormorando l'ultima parte. Madeleine era davvero convinta che lui non fosse cattivo, che i suoi occhi diventati d'un tratto più scuri fossero solo... desiderio. «Voglio il vero Zayn, senza filtri».
Il demone chiuse gli occhi, trattenendosi dallo scuotere la testa.
Aprì le ali. Ampie, enormi. Terrificanti, ad una prima occhiata. Imponenti e massicce. Nere. Tenebra pura. Tanto scure da generare buio, una volta spiegate; tanto scure da assorbire la luce e far cadere il parcheggio sotterraneo nelle tenebre. L'unica luce, agli occhi della giovane, erano le iridi nere punteggiate d'oro di Zayn.
Prese un respiro profondo, e senza smettere di guardarlo allungò una mano tremante verso una delle due ali. Lo sentì trattenere il fiato, e le parve addirittura di sentire il suo cuore smettere di battere, non appena le sue dita entrarono in contatto con tutto quel buio. Bastò quel semplice contatto, perché il buio svanisse a poco a poco, lasciando spazio ad uno strano luccichio proveniente dalle ali stesse.
Luccichio dorato, polvere di stelle.
Luccichio che fece sorridere la ragazza e le illuminò lo sguardo.
Luccichio che un poco alla volta illuminò la stanza come tante piccole candele.
«Non ho idea di cosa tu mi stia facendo», ammise il moro osservando incantato quanto lei la strana luce che stava riempiendo l'aria con uno strano odore di fiori secchi e forse di sangue. Ma non dava fastidio alle narici, era quasi familiare, a dire il vero. «Come ci riesci?».
«Non ne ho idea... tienile aperte però, ti prego», mormorò lei di rimando, baciandogli il mento e salendo verso le labbra, facendole rincontrare con le proprie ancora e ancora, fino a lasciarsi andare ad un gemito, con le mani di Zayn che riprendevano il possesso del suo corpo da dove si erano interrotte pochi minuti prima.
Stringendole i fianchi e baciandole le labbra.
Scostando la canottiera e scivolando con le dita sempre più in alto, fino a scontrarsi col pizzo del reggiseno e superandolo, sempre più su. Fino a toglierle la maglietta colorata e tornare indietro. Fino a farla scendere ma continuando a baciarla, e cercando a tentoni il bottone dei pantaloncini di jeans, scatenando una risata, tra gli ansimi della ragazza.
Lasciandole una scia di baci lungo il collo a partire da sotto l'orecchio fino ad arrivare alla clavicola, poi scendendo verso la spalla. Madeleine chiuse gli occhi, portando la testa indietro, posandola piano contro il muro, con le labbra schiuse cercando di non andare in iperventilazione sotto i baci di Zayn.
«Sarà sicuramente meglio di quel ragazzino...».
«E dei ragazzini che sono venuti dopo», lo assecondò lei, stringendo la presa sui suoi capelli mentre le sue labbra scendevano e le sue dita si portavano dietro una spallina del reggiseno alla volta, incappando poi nel gancetto, sfilandolo con un sospiro. «Comunque... - mormorò dopo una manciata di secondi, sentendo il fruscio della stoffa cadere sul cemento - anche tu mi sei mancato, tanto».
Era vero. Le era mancato come l'aria, e lo ricordava solo ora che ce l'aveva di nuovo.
E Zayn non poté fare a meno di sorridere, dimenticando automaticamente la prima volta della ragazza in quella vita; dimenticando come l'avesse vista entrare mano nella mano in casa di quel ragazzo di cui credeva di essere innamorata; dimenticando come l'avesse sentita ansimare e gemere; dimenticando i singhiozzi che aveva sentito dopo, quando lei aveva detto quelle due parole e quello stupido ragazzino non le aveva risposto.
«Mi dispiace non essere stato il primo».
«Shhh, parli troppo», esalò lei in un soffio, parlando contro la sua pelle.
Lo fece ridere. Roco, a voce bassissima, ma abbastanza da farla andare a fuoco e farla rabbrividire. Solo sentirlo ridere le fece inarcare la schiena e fece scontrare i loro petti. Solo sentirlo ridere le fece ricordare com'era stato averlo nelle vite precedenti. Solo sentirlo ridere in quel modo le fece scordare Harry, totalmente. O quasi.
Un altro fruscio, e i pantaloncini di jeans raggiunsero la maglietta e il reggiseno sul pavimento, insieme con la maglietta del demone. Fruscio dopo fruscio, senza nessun altro rumore che non fosse dato dai loro respiri o dagli schiocchi dei loro baci; fino a ritrovarsi quasi completamente nudi l'uno davanti all'altra, ad un paio di passi dal vecchio letto in ferro battuto col materasso malconcio e il copriletto bucato che il demone era riuscito a rimediare da chissà dove.
Non importava.
Sarebbe bastato un pavimento impolverato con un tappeto buttato sopra.
«Sei troppo romantico per essere un demone, sai?».
«E tu parli troppo, sai?», le fece il verso, a voce abbastanza alta perché potesse sentirlo; sarcastico oltre ogni limite, come sempre. Ogni parola, un bacio sempre più in basso, mentre la riprendeva in braccio per adagiarla qualche secondo dopo sul materasso, facendola ansimare sempre più forte, tanto da non riuscire a trattenersi, mentre lui continuava a scendere e leccare e baciare e succhiare di tanto in tanto.
Nonostante lui fosse un demone, quello era decisamente il paradiso.
Le si mise sopra puntellandosi sui gomiti per non pesarle, ancora con le ali aperte e ben visibili, come a farsi da scudo contro il mondo esterno, come se fossero solo loro e il resto non importasse affatto. Prese fiato qualche secondo contro le labbra della ragazza, guardandola e accarezzandole il viso, imprimendo in un solo sguardo... tutto. Tutto quanto, indecisione compresa.
«Non ho paura di te», gli disse lei con voce stranamente ferma accarezzandogli ancora una delle ali; quella, ancora una volta, da essere più nera delle tenebre stesse assunse lo strano luccichio dorato di qualche minuto prima. E Madeleine era più seria che mai; non aveva paura né di Zayn in sé né della sua natura di demone. Non aveva paura di nulla, se c'era lui, era un semplice quanto efficace dato di fatto.
«Dovresti».
«No, invece», mormorò ancora lei cercando di reprimere - senza troppo successo - uno sbuffo di frustrazione; e senza smettere per un istante di guardarlo in viso, cercando di distendere il sopracciglio inevitabilmente inarcato. Zayn pretendeva sempre di avere l'ultima parola, voleva sempre avere ragione anche quando si fosse trovato nel torto; e succedeva sempre, in continuazione. Da sempre, soprattutto con lei. «Non mi hai mai fatto del male...».
Non te lo ricordi, avrebbe voluto dirle.
Non disse nulla.
Al contrario, si limitò a fidarsi del giudizio della ragazza che amava. Si limitò a tenere le ali bene aperte e bene in vista, mentre le divaricava le gambe e ne sfiorava una delicatamente e per tutta la lunghezza della coscia, portandola a circondargli il bacino. «Occhi aperti, principessa», la ammoni con l'accenno di un sorriso, vedendola sfarfallare le ciglia a quel gesto.
Era evidente come la luce del sole, quanto Madeleine fosse eccitata.
Come era evidente quanto lo fosse Zayn.
Eppure, la castana riuscì comunque a risollevare le palpebre, seppure deglutendo. Riuscì a guardare i suoi occhi farsi ancora una volta più scuri e le ali illuminarsi. Riuscì a non distogliere lo sguardo mentre si allontanava appena da lei per liberarla degli slip e liberarsi dei boxer. Riuscì persino a tenere gli occhi aperti quando percepì le ali tendersi nell'aria mentre lui tornava a sovrastarla.
«So che non sei una ragazzina e tutto il resto, ma...».
«Ti fermo se mi fai male, non sono tanto masochista», finì per lui, con una nota di divertimento nella voce. Lui le rivolse un sorriso che era tutto tranne che malizioso o voglioso. Più che altro sembrava sollevato che lei avesse capito senza che dovesse finire quella che pareva decisamente una stupida frase di rito, uno stupido clichè che non aveva alcun senso.
E sembrava incredibile, ma improvvisamente tenere gli occhi aperti non era più un problema per Madeleine, se significava poter guardare le iridi di Zayn scurirsi tanto da non distinguere più la pupilla. Come non era un problema per lui tenere le ali spalancate mentre sfiorava l'intimità della ragazza con la propria, se poteva guardare le sue iridi passare dal nocciola al verde all'oro puro.
La ragazza chiuse appena gli occhi solo quando sentì il demone entrare in lei con un'unica spinta, seguita da un lungo sospiro mentre lei affondava le unghie nelle sue spalle per tenersi, come se avesse paura di crollare, di sprofondare. E si accorse di trattenere il fiato solo quando si rese conto che Zayn era fermo dentro di lei, in attesa che il dolore passasse, in attesa che lei riaprisse gli occhi.
Fermo in lei, al moro sembrava di essere tornato ad essere l'angelo di un tempo, tanto che «Guardami, piccola», mormorò, sorpreso dalla luce chiara che emanavano le sue ali. E forse fu proprio il suo tono di voce a riempire la ragazza di curiosità e a farle aprire gli occhi. Sgranati sulla luce di quelle ali una volta nere e ora quasi bianco puro.
«Angelo», riuscì a mormorare la ragazza lasciandosi andare ad una lacrima, che il demone prese prontamente con un polpastrello che poi si portò alle labbra. Perché se credeva che baciarlo fosse il massimo, si sbagliava, perché farci l'amore era il paradiso, e quelle ali così chiare ne erano la prova più concreta che Madeleine avesse.
Gli sfiorò l'attaccatura delle ali con un sorriso e un sospiro, facendolo rabbrividire, prima di muovere leggermente il bacino verso l'alto e muovere le mani da sotto le scapole alle spalle, per finire sulla nuca, tra i capelli. Mosse di nuovo il bacino, stringendo la presa su di lui con una delle due gambe, allora lo sentì gemere contro il proprio orecchio.
Il suono migliore del mondo.
Suono che fece gemere anche lei, e fece finalmente muovere il demone. Piano, dentro e fuori. Piano, con le mani di Madeleine piantate nella schiena e il suono dei suoi ansimi e gemiti e sospiri nelle orecchie. Piano, con lei a stringerlo come se avesse paura che potesse scappare da lei, lasciandola sola e terribilmente vuota.
«Zayn...». Il suo nome era una richiesta, una supplica taciuta ad andare avanti, ad andare più veloce, a farla propria completamente, in ogni modo possibile. «Ho bisogno... di più...», esalò, col fiato che quasi le mancava e il bacino che cercava di dettare il ritmo, senza successo.
Pochi secondi, prima che il demone la accontentasse e ribaltasse le posizioni, facendola stare sopra di lui, con le gambe ancora avvolte intorno a lui e le mani nei suoi capelli. E lui, seduto, che la guardava negli occhi lucidi di desiderio mentre le teneva una mano sulla coscia e una alla base della schiena.
Zayn mormorò un "vai, piccola" contro il seno della ragazza, facendola andare a fuoco e facendole stringere i muscoli attorno a sé, prima che iniziasse a muoversi piano e delicatamente su di lui. Fino in fondo, fino a sentirsi totalmente piena. E poi su, fin quasi a farlo uscire da sé. Di nuovo giù, con un gemito spento a stento contro le sue labbra, e di nuovo su, con la schiena inarcata dal piacere e il nome del demone che le usciva dalle labbra come una preghiera.
E mentre venivano uno dentro l'altra, all'unisono, a chilometri di distanza un angelo dai capelli castani e ricci e gli occhi verdi stringeva i pugni fino a conficcare le unghie nel palmo. Fino a far diventare bianche le nocche. Fino a sanguinare.
«Ti amo».
«Anche io, piccola».
Fu come se l'angelo sentisse quelle parole. Come se fosse stato nella stessa stanza con loro. Come  se avesse sentito ogni sussurro, ogni fruscio e ogni gemito. Come se potesse sentire ogni minima emozione scaturire dai loro corpi sudati e percepirla sulla propria pelle. Ed era come se una furia assurda gli montasse, rendendolo cieco e sordo e incapace di mettere due parole in fila a formare una frase che avesse senso.
Ci volle poco perché uscisse sul balcone più vicino e aprisse le ali, prendendo un respiro profondo e buttandosi nel vuoto, per poi salire e salire, all'altezza delle nuvole e forse più in alto. Ci volle ancora meno perché un urlo prendesse vita dalla sua gola alle sue labbra. Un attimo, e lo lasciò andare nell'aria, mentre le nuvole si scurivano e si addensavano, tanto da far presagire un temporale.
Un urlo che poterono sentire tutti.
Per gli umani un semplice tuono.
Per gli angeli un grido disperato, da far rizzare i peli sulle braccia.
Per i pochi demoni rimasti a Los Angeles il segno di una rivincita, o qualcosa di molto simile.
Parecchi metri più in basso, Cassiel rabbrividì. Fermò a mezz'aria il pugno che stava scagliando contro il sacco da boxe, con Louis dietro di esso pronto a parare i colpi. Aprì la bocca come per dire qualcosa, mentre il dolore di Harry la riempiva facendola quasi soffocare, e il castano non riuscì a dire nulla, né a fare nulla. Non ce ne fu il tempo. Semplicemente, rimase a bocca aperta a vedere proprio Harry entrare nella palestra coi capelli scompigliati e le ali che gli si chiudevano dietro la schiena.
«Harry...», mormorò la mora facendo per avvicinarsi. Louis le si piazzò davanti prima che potesse muovere un muscolo, mentre l'altro angelo grugniva qualche parola e tirava un gancio contro il vecchio muro di mattoni, sfondandone una parte. «Har, non significa nulla...», riprovò l'angelo dalla pelle color ebano, guardando oltre la spalla del demone che stava cercando di proteggerla.
Il riccio rise. Una risata amara, quasi isterica. Una risata piena di rancore, e quando lo videro voltarsi quasi mancò loro il respiro al vedere i suoi occhi, di solito verdi, decisamente più scuri e minacciosi, quasi neri. «Nulla, uh? Nulla... pensi che sentire i loro gemiti nella mia testa sia nulla?». Stava alzando sensibilmente la voce, avvicinandosi a mano a mano che parlava, una parola dopo l'altra più vicino a Cassiel, con il desiderio di uccidere che gli si poteva vedere in viso da lontano chilometri.
«Va bene, sei incazzato? Sfogati allora», lo invitò il castano con un sopracciglio inarcato. Sfilò i guantoni che indossava la ragazza dietro di sé e glieli lanciò contro, colpendogli il petto. Caddero a terra, ma Cassiel aveva già capito tutto e stava già scuotendo la testa. «Vuoi prendertela con un demone perché Zayn sta finalmente avendo quel che gli spetta? Prego, sei il benvenuto, colpisci dove vuoi», continuò, scostandosi da Cassiel e mettendoglisi di fronte, alzando appena lo sguardo per guardarlo in viso.
«Non dirai sul serio...».
«Serissimo, avanti», insistette il demone toccandosi uno zigomo con due dita, indicandogli il punto dove avrebbe dovuto colpire se avesse trovato la rabbia o il coraggio di farlo. Ignorò persino i deboli lamenti della mora a pochi metri da lui, che gli pregava di non provocare, di lasciar perdere. «Avanti, spaccami la faccia, dirò alla cara Maddie che...».
Ma non fece in tempo a finire la frase, interrotto da un pugno dritto sullo zigomo, tanto forte da farlo volare contro la parete opposta, sentendo nelle orecchie solo l'urlo di Cassiel e il crepitio del muro dietro di lui che si spezzava, seguito dal respiro affannato dell'angelo, le cui ali avevano cambiato colore.
Dal loro solito candore, al grigiore denso del fumo delle sigarette.


 


allora... non ho idea da che parte cominciare.
inizialmente credevo che il capitolo si spiegasse da solo...
ma beh, forse no. quindi, cercherò di spiegare i punti salienti nel caso qualcosa non si fosse capito.
e nel caso continuasse ad essere confuso, potete scrivermi dove volete...

1. Remember/Skylar. nel capitolo precedente Zayn chiama Sky, se vi ricordate, quindi lui fa le "valigie" e si prepara a partire. decide di portarsi dietro Rem più che altro per distrarla. lei è distrutta, totalmente, da Cher. è distrutta dal fatto che la bionda l'abbia salvata e poi sia comunque sparita con Liam. Rem non sa delle canne, non sa del dolore di Cher (giusto per essere chiari e precisi). Sky è sorpreso dalla debolezza  della mora, ovviamente, ma fa di tutto per farla stare meglio. riesce a farla sorridere e la convince ad andare con lui, yeeh. per la cronaca il bacio alla fine non significa nulla... sia chiaro, non si confesseranno amore eterno. proprio no.

2. Zayn/Madeleine. credo che come parte sia abbastanza chiara, no? beh, insomma... fanno l'amore, è evidente quanto si amino eccetera. però, qualche appunto per voi. Mad per qualche secondo dimentica Harry, quasi del tutto. non ho nulla contro Harry, ma, ehi, riuscite a biasimarla? lui l'ha trattata di merda, e lei è davvero troppo innamorata di Zayn per starsene con le mani in mano e semplicemente aspettare l'angelo. altra cosa: le ali di Zayn si schiariscono perchè Madeleine tira fuori il buono che c'è in lui. niente di troppo complicato. forse un po' astratta come cosa, ma niente di trascendentale.

3. Harry. zan zan. lui sente tutto perchè è come se fosse connesso a loro, a Mad. li sente gemere, li sente dirsi che si amano, eccetera. è normale che si incazzi, e sinceramente sono stata male per lui scrivendolo. come sono stata male per Cas quando si sente riempita del suo dolore, perchè Harry, come già detto in non ricordo quale capitolo, è il suo migliore amico. nulla di più. (Cas non lascerà Louis, sia chiaro). comunque. Harry è incazzato, cerca di sfogarsi urlando, ma poi chissà come si ritrova a volare verso la palestra. Louis protegge Cas, perchè la ama. ha paura di Harry, dei suoi occhi pieni di rabbia, rancore e frustrazione. gli offre uno scontro perchè non sa come altro farlo sfogare. non vuole che distrugga tutto un pianeta solo perchè Mad ha fatto l'amore con Zayn. Harry viene provocato. e lo colpisce. (troppo forte, forse, ma okay). ultima cosa; le sue ali si scuriscono per il motivo opposto rispetto allo schiarimento di quelle di Zayn. il dolore che prova per l'"abbandono" di Mad lo porta a far prevalere la sua parte di demone.

okay, ho scritto un poema.
non so se a questo punto le note siano più lunghe del capitolo.
non mi interessa.
e niente... venerdì parto, e il capitolo 5 è pronto per metà.
quindi penso che ci vorrà un po' prima che io possa aggiornare.
recensite, mi raccomando. voglio i pareri, gli scleri, e chi più ne ha più ne metta.
ora sparisco, va...
alla prossima, un abbraccio
- emotjon.


twitter: @_emotjon
facebook: https://www.facebook.com/federica.efp
gruppo facebook: https://www.facebook.com/groups/598553143554452/?fref=ts
ask: www.ask.fm/FedericaEfp
tumblr: www.emotjon.tumblr.com
wattpad: http://www.wattpad.com/user/emotjon

gruppo whatsapp: se volete essere aggiunte basta che mi mandiate un messaggio privato col vostro nome e numero :))
   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: emotjon