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Autore: gloriabarilaro    12/10/2014    2 recensioni
"La mia storia d’amore inizia così: una ragazza dagli occhi ipnotici che mi chiede una sigaretta in una fredda mattina di ottobre. Allora non sapevo cosa significasse tenere davvero qualcuno, rimanergli accanto nonostante la sua presenza ti corrodesse piano a ogni suo semplice respiro. Allora non sapevo nulla, solo che quella ragazza sembrava troppo bella per essere vera: e con la vista un po’ annebbiata dall’alcool, l’unica cosa che i miei occhi catturavano con chiarezza era il colore dei suoi. Quell’azzurro ghiaccio, quel mare ghiacciato in cui mi sarei perso volentieri.
Quello sguardo di ghiaccio, quel sorriso rotto, quella mente contorta, lei: tutto quello di cui avevo bisogno; tutto quello che mi avrebbe distrutto."
[Jack O' Connell, Lily Loveless, Kathryn Prescott e Logan Lerman (crossover)]
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo due.
Take me somewhere new,
I don't know who you are,
But I, I'm with you
I'm with you

[A. Lavigne, I'm with you]


Uscii dalla discoteca che ormai ero piegato in due dalla stanchezza. I miei polmoni sfiancati dalle sigarette gridavano pietà, mentre mi guardavo attorno alla ricerca di quell’angelo. Per un attimo credetti che fosse stata solo la mia immaginazione, a farmela vedere, ma in quell’istante una figura slanciata spuntò da dietro un cassonetto zeppo di sacchi neri.
Indossava una gonna aderente a vita alta e una maglia stampata larga e corta. Una striscia di pelle bianca rimaneva scoperta, di tanto in tanto, quando alzava le braccia: brillava, alla luce dei lampioni, e mi faceva rimanere abbagliato.
«Yo-hey! » esclamò, in modo poco femminile, alzando le braccia al cielo. Un singhiozzo la scosse, ma lei parve non accorgersene nemmeno. Rimase lì, a fissarmi, con un’espressione poco lucida e divertita.
« Mi sono scordato di chiederti di uscire, Lily. » dissi con non-chalance, infilando le mani nei jeans e sfoderando un sorriso ammiccante. Lei mi guardò immobile un istante, tenendo mollemente la bottiglia di vetro che aveva in mano e trovando, apparentemente, un po’ di equilibrio su quei tacchi vertiginosi. Mi resi conto solo in quel momento di quanto fosse davvero messa male, quanto, ormai, la bottiglia fosse a fine e i suoi occhi lucidi. Incominciai ad agitarmi, togliendo le mani dalle tasche e facendo un passo verso di lei, ma un piccolo spasmo dell’angolo della sua bocca, simile a un sorrisetto, mi fermò. Forse stava bene.
Mi tranquillizzai, fermandomi davanti a lei e rilassando le spalle. Non ebbi nemmeno i tempo di immaginarmi una sua possibile risposta che lei si piegò in avanti, e vomitò sulle mie scarpe.
 
« Mi dispiace davvero, Jacky Jack. » biascicò Lily mentre la tenevo tra le braccia. I suo lungo indice pallido e affusolato tamburellava sul mio naso mentre la portavo letteralmente di peso in macchina: non sapevo perfettamente le mie vere intenzioni, avevo solo un indistinto piano in testa, cui primo passo era quello di portarla a casa, a fare una bella doccia fredda e a servirle una bella tazza di caffè caldo.
« Tranquilla, Lily. Dovresti, anzi, esserne onorata: sei la prima persona che rimette l’anima sulle mie scarpe a non ricevere un pugno in pieno viso. »
Lily rise convulsamente, rigirandosi e posando la fronte sul mio petto. Ormai eravamo arrivati alla macchina.
« Sta girando tuuuuuutto. »
« E’ solo la sbronza, ora passa » la rassicurai, posandola a terra per cercare le chiavi del SUV bianco che avevo fregato a mio padre.
« Ma guardalo, come si sente superiore solo perché è schifosamente lucido » mi rimbeccò lei, mentre scalciava via i tacchi e faceva dietro-front. Non fece nemmneno due passi barcollanti prima di sbattere il muso contro il lampione.
Mi ci volle molta forza di volontà per non scoppiare a ridere, mentre lei faceva alcuni passi indietro e guardava confusa il palo contro il quale aveva sbattuto. « Ahia! » esclamò, poi, dandosi una pacca forse un po’ troppo forte sulla fronte. Scuotendo la testa, recuperai le sue scarpe e la raggiunsi.
« Vieni, piccola sbadata – Le sussurrai, cingendole la vita con un braccio e riconducendola verso l’auto – Ti porto a casa. »
Lei, inizialmente, non parve realizzare appieno ciò che le dicevo, perché si accovacciò contro di me, affondando in viso nel mio petto e lasciandosi trascinare. Quando, poi, sentì il rumore della portiera che si apriva, s’irrigidì e puntò i piedi scalzi sul cemento.
« No! » urlò, e cercò di divincolarsi dalle mie braccia che la tenevano troppo saldamente per essere allontanate dai suoi deboli sforzi.
« No, con te non ci vengo! – Gridò ancora, scalciando quando la sollevai da terra per riuscire a caricarla in macchina – Mi porterai dove mi portano tutti gli altri, mi costringerai a fare cose che non voglio, come tutti gli altri! » riuscì a tirarmi un calcio al ginocchio e costringermi a liberarla. La lasciai, piegandomi per il dolore. Lei corse via, svelta come una lepre, ma ben presto fu costretta a fermarsi per dei cocci di vetro a terra che aveva calpestato. Urlò per il dolore e cadde a terra, mentre io, zoppicando, la raggiungevo allarmato; quando le fui sopra, mi accorsi dei singhiozzi che le scuotevano le spalle e delle lacrime che le rigavano il viso. Mi fermai, interdetto, fissandola senza sapere che fare.
« Mi farai male! » esclamò infine, senza fiato, mentre mi guardava con gli occhi rossi e pieni di lacrime salate.
« Come tutti gli altri? » le domandai piano, e lei annuì, mordendosi forte il labbro. Si teneva il piede ferito con le mani, dondolava su sé stessa senza nemmeno accorgersene. Sospirai, e mi chinai su di lei.
« Ehi, Lily. Guardami. » la incitai, col tono di voce più dolce che riuscii a fare. Lei obbedì, tremante. E io accennai a un sorriso, ma un sorriso fidato, stavolta, uno di quelli che ispira tranquillità e sicurezza. Tremava ancora, ma aveva smesso di piangere.
« Io non sono “tutti gli altri”. Io sono Jack, il ragazzo che ti ha offerto la sigaretta su quella terrazza, una settimana fa. »
Lei deglutì forte, e distolse lo sguardo. Continuava a dondolare su sé stessa, fissando il vuoto e tenendosi il piede ferito; le sue dita pallide erano piene di sangue, ora.
« Di me ti puoi fidare – Le sussurrai, azzardando una carezza alla quale lei si irrigidì – Non ti farò del male. »
Lei inspirò molta aria, mi scoccò un’altra occhiata, in apnea.
« Me lo prometti? » mormorò infine, liberando l’aria che aveva trattenuto.
Chiusi gli occhi un breve istante, prima di riaprirli e annuire, rispondendole con un filo di voce: « Te lo prometto. »
Lei annuì a sua volta, guardandosi attorno. Poi rivolse lo sguardo al piede che stringeva tra le mani, come se si accorgesse solo in quel momento della ferita che si era fatta. Stupefatta, alzò lo sguardo verso di me.
« Mi fa tanto male il piede, e ho freddo. E ho anche fame, e non dormo da trentadue ore. »
« Wow, quante cose. » le risposi, sorridendole dolcemente. Mi sembrava una bambina che si era persa, e i suoi occhi rossi brillavano come non mai, e aveva ancora delle tracce di lacrime sulle guance e le labbra screpolate dal freddo.
Inspirò ancora, ma il suo respiro fu spezzato dai singhiozzi.
« Mi posso fidare di te, Jacky? »
« Sì. Sì, ti puoi fidare di me. » la rassicurai. Lei chiuse gli occhi, ma non li riaprì più. I suoi bellissimi occhi azzurri, quei diamanti dal valore immenso.
Sospirai ancora, e la presi in braccio. Il suo piede era gonfio e grondava di sangue, ma lei sembrava tranquilla. Si strinse a me, abbandonandosi contro il mio collo. Io inspirai il suo profumo e la portai dentro la macchina, posandola con delicatezza sui sedili e scostandole i capelli dal viso prima di chiudere la portiera.

 

Ci ho messo un po' per aggiornare.
Perdonatemi.
Ultimamente non ho la testa né per scrivere, né per pubblicare, quindi vi chiedo di avere solo un po' di pazienza.

Ecco il secondo incontro di Lily e Jake. Una piega un po' insolita, non credete? Cosa spinge, secondo voi, Jake ad essere così gentile? O Lily ad essere così diffidente?
Scopriremo tutto pian piano, tranquilli.
Intanto ricordo che le vostre recensioni sono SEMPRE beneaccette, e io vi voglio bene.

Baci,
Glo.
   
 
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