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Autore: Miriel_93    12/10/2014    2 recensioni
Per poter andare avanti, bisogna riuscire prima a far pace con il proprio passato.
Solo allora il futuro si snoderà davanti ai nostri piedi.
Nota (su consiglio di Solandia -> thank you very very very much): la mia ff si basa principalmente su quanto accade nell'anime dato che, purtroppo, ancora non sono riuscita a leggere tutto il manga per mancanza di tempo.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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capitolo diciotto

Kaoru

Forse avevo sbagliato ad andarmene così. Avrei almeno potuto avvisare qualcuno, lasciare un biglietto, qualcosa. Se lo avessi fatto, però, non mi avrebbero lasciata partire. Ne sono più che sicura.
È un dato di fatto. Nel tentativo di proteggerci a vicenda, finiamo sempre per tarparci, in un certo senso, le ali. Ecco perché quella notte, dopo aver “litigato” con Kenshin, avevo raccolto quelle poche cose che potevano servirmi e me n’ero andata senza dire nulla a nessuno. Avevo bisogno di riflettere, di capire che cosa ero disposta a sacrificare, se i miei sentimenti o la mia salute mentale.
Ad ogni modo, che io abbia sbagliato o meno, sono a Chiba da quasi dieci giorni ormai e il fatto che nessuno (in special modo Kenshin) sia venuto a riprendermi significa che non hanno idea di dove sia finita. Sempre che non se ne siano lavati le mani. No, ecco, questo è un pensiero stupido.
«Kaoru, tutto bene?» La padrona di casa, nonché vecchia amica di famiglia che mi ha accolto a braccia aperte in questi giorni, dev’essersi accorta della mia aria pensierosa.
«Sì, diciamo di sì», rispondo, non troppo convinta.
«C’è qualcosa di cui vuoi parlare? Sai, per quanto la tua visita mi abbia fatto piacere faccio fatica a credere che tu sia passata di qui per puro caso», aggiunge, sedendosi accanto a me sul tatami.
Mi fisso per un momento le mani, mordicchiandomi un labbro.
«Ecco…a dire il vero…»
«C’entra un ragazzo, non è vero?» Dritta al sodo.
«Circa», farfuglio, sentendo il sangue colorarmi le guance.
«Anzi, ti dirò di più. Si tratta di un ragazzo che ti piace ma che non sai se ricambia, dico bene?» Continua.
«Temo sia più complicato di così», sospiro.
«Accidenti, è peggio di quanto immaginassi. Ti ha per caso presa in giro?»
«No, assolutamente no!» Sbotto, difendendo prontamente Kenshin, per quanto, forse, non se lo meriterebbe. Non mi avrà presa in giro, ma un po’ mi ha illusa. Forse più di un po’.
«Tranquilla, tranquilla, non voglio certo parlar male di lui»
«È una persona un po’ particolare, con un passato un po’ travagliato…credo sia per questo che si comporta così…», bofonchio.
«Mh, capisco», commenta la padrona di casa.
«Quand’era più giovane sua moglie è morta a causa sua e ora non riesce a darsi pace, né a lasciarsela alle spalle fino in fondo», spiego, glissando con nonchalance sui dettagli.
«Ti piace parecchio, non è così?» Mi sento chiedere.
«Sì», ammetto, dopo un istante di esitazione.
«Allora non hai molta scelta», mi comunica, alzandosi. «Dagli tempo. Potrebbe rivelarsi tutto inutile, ma almeno avresti la certezza di aver provato il tutto e per tutto», dice. «Non che questo voglia dire che se andrà male sarà colpa sua. Vorrà semplicemente dire che non era destino», conclude, stringendosi nelle spalle con un sorriso a tenderle le labbra. «Bisogna aver pazienza con gli uomini», sospira, prima di andarsene scuotendo la testa.
Non so se ha ragione oppure no. È vero che Kenshin ha i suoi ottimi motivi per comportarsi come si comporta, ma è anche vero che, proprio perché sono così validi, potrebbe volerci un sacco di tempo prima che decida di lasciarseli alle spalle. Sempre che non abbia già deciso di volerseli tenere ben stretti a sé.
Questo pensiero mi fa scendere un brivido lungo la schiena.
L’unica cosa certa, comunque, è che non potrò mai sapere che cosa ha deciso se resto nascosta qui. Ammesso e non concesso che abbia preso una qualche decisione.
D’improvviso quello che mi sembrava un atto di coraggio, di ribellione, in un certo senso, mi appare come un gesto da codardi, degno di chi non ha abbastanza coraggio per affrontare i problemi.
«Io non sono una codarda», bofonchio tra me e me, alzandomi in piedi. Stringo i pugni fino a farmi male con le unghie, paralizzata per un attimo da quella presa di coscienza.
Mi avvio a grandi passi verso la stanza che i padroni di casa mi hanno gentilmente assegnato, raccogliendo tutto quello che mi ero portata dietro.
«Obasan*», chiamo entrando in cucina.
«Sì, Kaoru?»
«Io volevo ringraziarti. Di tutto, ma proprio tutto…», comincio.
«Affrettati, se vuoi tornare prima di sera. Non è bello viaggiare col buio», mi interrompe l’amica dei miei defunti genitori. Ha già capito tutto quanto.
«Grazie», ripeto, stringendole le mani con un sorriso e gli occhi lucidi. Dopo avermi spronato di nuovo ad avviarmi mi abbraccia e, poco dopo, corro a rotta di collo verso il porto, impaziente di tornare a casa a farmi perdonare o, quanto meno, a cercare di spiegare il mio comportamento. Inutile dire che ho il cuore in gola.
La fortuna sembra essere dalla mia parte, dal momento che riesco, per un soffio, a saltare su una piccola barca diretta proprio a Tokyo. Per quanto sia ancora relativamente presto, essendo passato mezzogiorno solo da un paio d’ore, quella nave era la mia unica speranza di arrivare entro sera. Le altre non sarebbero salpate prima di sera, e la traversata del golfo di Tokyo richiedeva comunque una manciata di ore.
Appoggiata al parapetto di legno smangiato dalla salsedine osservo il mare che si apre davanti a noi, in attesa di scorgere la costa opposta. Pensare a qualcosa da dire non sarebbe una mossa poi tanto sbagliata, ma appena mi ci metto sento il cuore perdere un battito e lo stomaco arricciarsi dolorosamente. Una volta a casa troverò le parole.
 
Il sole è quasi tramontato. La traversata ha richiesto più tempo del previsto a causa di un guasto ad uno dei piccoli motori dell’imbarcazione, che non è stato possibile riparare prima di un paio d’ore. Per scusarsi dell’inconveniente, il capitano aveva offerto ai pochi passeggeri presenti un ottimo banchetto a base di pesce freschissimo e verdure di tutti i tipi, al vapore, alla griglia, marinate e in pastella, il tutto accompagnato da generose quantità di sakè che avevo prontamente evitato. Non potevo certo tornare a casa ubriaca.
Una volta raggiunto il porto ero saltata giù di corsa, ringraziando l’equipaggio e volando letteralmente verso casa.
Ora, però, rimpiango di non aver approfittato del viaggio per studiare un piccolo discorso.
Qui, in piedi davanti alla porta del Dojo in cui sono cresciuta, esito mordicchiandomi le labbra, faticando a trovare il coraggio di spingere il portone di legno per entrare in cortile.
Dall’altra parte sento delle voci stanche, pesanti, spossate.
«Ancora nessuna notizia?» Mugola Yahiko.
«Zero, il vuoto più assoluto. È come se fosse sparita», gli risponde Sanosuke, con un sospiro pesante.
«E Kenshin?»
Il mio cuore si ferma un istante.
Un lungo secondo di silenzio.
«Il solito. È sul retro a fare la bella statuina», sbuffa Sano.
Il retro.
I miei piedi prendono vita, portandomi sull’altro lato del Dojo, dove si apre il piccolo cancello di legno che dà sul cortile interno.
Senza esitare, ma cercando comunque di fare meno rumore possibile, lo spingo, scivolando nel buio rischiarato da un paio di torce.
E poi lo vedo.
Seduto là, sotto il portico, con la Sakabatō appoggiata vicino alle gambe, il viso rivolto vero il cielo con un’espressione tanto seria da far paura.
E poi lui vede me.
 

*Obasan: "zia"


***L'angolo di Miriel_93***
Ma che mi scuso a fare, tanto sono sempre le solite cose che dico ._.
La mia unica giustificazione è che ho ricominciato i corsi all'università (e grazie al cielo è l'ultimo anno). Per di più questo capitolo ha richiesto un sacco di tempo, non sapevo come impostarlo né come concluderlo. Poi, per fortuna, è uscito da solo dalla tastiera :3
Spero che vi sia piaciuto, anche se ha lasciato un po' il tempo che ha trovato. Se non altro Kaoru è tornata, e ora avrà un bel da fare a farsi perdonare da Kenshin per essere letteralmente scappata via (o sarà lui a doversi scusare per averla spinta a tanto? Mah, vedrete).
Detto questo mi dileguo. Alla prossima!
Baci baci :3
  
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