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Autore: Ale_xandra    12/10/2014    12 recensioni
L'equazione di Dirac afferma che se due sistemi vengono a contatto per un periodo di tempo, anche se poi vengono separati continuano ad influenzarsi a vicenda, per cui non possono più essere considerati come due sistemi distinti. Lorenzo e Damiano sono due sistemi che, pur a chilometri di distanza, continuano ad essere impercettibilmente incastrati insieme, come avevano previsto o temuto fin da principio:
"Cosa ne sarebbe stato di quella felicità, quel desiderio?
Sarebbe arrivato il dolore del ricordo, prima o poi, a travolgerlo quando meno se lo sarebbe aspettato, trovandolo nudo e indifeso, in lotta contro un istinto a cui non aveva dato ascolto. E avrebbe passato i giorni in riva a quel mare insondato che era la sua coscienza a rinfacciarsi il coraggio mancato di dire no: a se stesso, a Damiano, alla felicità, al formarsi di quei ricordi che avrebbero annientato ogni nuovo presente nell'insostenibile confronto con il passato. Mai nulla e nessuno gli avrebbe dato ciò che era capace di dargli Damiano con un semplice battito di ciglia. Mai nulla e nessuno gli avrebbe impedito la sofferenza per un'ennesima, definitiva perdita."
PS titolo modificato in nome di un'antica promessa fatta a LadyDepp :)
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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- Questa storia fa parte della serie 'Damiano e Lorenzo'
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Genova, abbi cura di lui

 

Strinsi Claudia a me alla vista di quelle immagini, quasi nel tentativo di proteggerla, ma il mio pensiero intanto era corso veloce esattamente lì dove evitavo che andasse la maggior parte del tempo.

Viveva in centro, mi ero quasi sembrato di scorgere la sua, la nostra casa tra le riprese del telegiornale.

Mi accorsi di non respirare. Con uno scatto mi sollevai dal divano lasciandola lì. Non sapevo dove andare, non sapevo cosa cercare. Mi rifugiai in bagno nel tentativo di recuperare un respiro regolare.

Se gli fosse successo qualcosa... No, dovevo essere razionale. Abitava al quarto piano.

E se invece si trovava fuori quella notte? Se era da Alessio o chissà da quale altra parte? Se era rimasto bloccato in macchina?

Ma soprattutto, adesso, come stava?

Claudia era lì tranquilla, ancora sul divano, la mia vita perfetta ed equilibrata era oltre la porta di quel bagno, ma il mio passato aleggiava ora libero tra le mura di piastrelle bianche, nonostante tentassi di recuperarlo e impedirgli di esplodere.

Vivi come se non l'avessi mai incontrato, mi ero detto per tutti quegli anni. Ti ha concesso la possibilità di essere felice senza di lui, di liberarti dalla dipendenza che ti teneva paralizzato, ora dimenticalo. Dai il tuo contributo.

Ma aveva importanza tutto ciò in un momento come questo? Il mio castello di carte virtuale poteva impedirmi di correre lì fuori a cercare Damiano tra le strade martoriate di Genova?

Sentii bussare e fu come svegliarsi da un sogno, ma l'incubo non era finito. L'incubo era la realtà, era lei a bussare a quella porta chiedendomi di scegliere se lasciarmi contaminare col rischio di ammalarmi nuovamente o se procedere indifferente.

Lui cosa avrebbe voluto che io facessi? Non lo sapevo. Probabilmente mi avrebbe intimato di stargli lontano, quasi avesse la peste, purché il suo sacrificio non fosse stato vano.

Ma Claudia dall'altra parte bussava ancora e mi chiedeva se stessi bene.

Girai la chiave nella toppa e abbassai la maniglia. Non la guardai. Mi lasciai guardare. Lasciai che si preoccupasse senza capire.

“Cos'è successo? Hai qualcuno lì a Genova?”
“Amici...” La lucidità iniziava a tornare, la mia maschera era ormai troppo resistente per sfaldarsi anche in un momento come questo “Spero stiano bene. Non so, è da tanto che non li sento ormai”
“Prova a chiamarli”
“Non ho più il loro numero” continuai avanzando e chiudendomi la porta alle spalle. Era vero. D'un tratto mi tornò alla mente quel giorno in cui aveva scelto l'opzione elimina e confermato senza più possibilità di ritorno. Esattamente tre anni prima. Aveva resistito per ben un anno, ma poi, finalmente, mi ero sentito pronto. Se lo fossi davvero non saprei dire, sta di fatto che aspettare era troppo rischioso. Ora, per la prima volta, potevo pentirmene senza sentirmi in colpa.

Non c'era più alcun tipo di legame. Il filo invisibile che ci aveva tenuti uniti si era spezzato per sempre. Io ancora non me ne capacitavo. Quattro anni erano passati così velocemente. Scomparsi in pratica. Lui nella mia memoria non era minimamente cambiato. E il fatto che fosse stato lui a chiudere quella ultima conversazione l'avevo rimosso. Ecco perché inconsciamente sapevo che non si sarebbe mai fatto vivo, che, nel caso, io e solo io l'avrei cercato.

Nei primi sei mesi gli avevo scritto per email, due o tre volte. Mi aveva risposto l'ultima, su richiesta. Cinque righe in risposta ad una mia confessione lunga forse una decina di pagine. Un'ammissione anzi: ammettevo tutto. Le mie paure, il mio orgoglio, il mio egoismo, il mio carattere borderline. E lui, lui che diceva di sapere, di aver sempre saputo. Lui che, lo capii in quel momento, ci arrivava prima di me alle cose. E mi conosceva meglio di quanto non facessi io. Che mi smascherava e mi umiliava. E mi augurava una buona vita.

Ma ora che ero sempre più solo dentro me stesso, mi mancava. Più di quanto avessi immaginato. E stupidamente pensavo che non fosse cambiato di una virgola. Pensavo mi aspettasse a braccia aperte, pronto ad accogliermi nel suo letto, ad accarezzarmi i capelli.

Le mie fantasie si riducevano a incontri casuali, infiniti incontri, sempre diversi, variegati, colorati. Sognavo di farlo ingelosire, di farlo innamorare ancora e ancora di me. Sognavo ancora noi due, in un mondo impossibile.

Eppure all'università non l'avevo più visto. Ero rimasto in macchina sotto casa sua alle ore più improbabili della notte, pur di sentirlo più vicino, in quell'ultimo anno, ma visto mai.

Era un fantasma del passato che, nonostante le innumerevoli prove della sua scomparsa, io continuavo a credere di poter far risorgere a mio piacimento da un momento all'altro.

In realtà non avevo mai avuto il coraggio di renderlo irraggiungibile. Il suo indirizzo email era ben impresso nella mia memoria come anche in quella della mia casella elettronica, e il suo numero l'avevo eliminato solo per non vederlo più comparire nella lista dei contatti whatsapp: comunicavamo sporadicamente tramite gli stati del profilo, come nel caso del suo compleanno. E diventava difficile giustificare certe affermazioni senza un senso apparente agli altri membri della mia rubrica, Claudia innanzitutto. Oltre al fatto che dipendessi dalla visualizzazione del suo ultimo accesso: il mio umore era legato alla durata della scritta “online” accanto al suo nome: passati i tre minuti sapevo per certo che stava scrivendo a qualcuno e improvvisamente la mia voglia di parlare o anche solo di avere contatti col mondo scompariva.

Gli dedicavo frasi estrapolate da canzoni che non poteva non conoscere, che non poteva non collegare a noi. Una volta era successo addirittura che le copiasse nel suo stato. E allora era come se fosse lì accanto a me, sul divano, tra le mie mani. Mi pensava.

Poi improvvisamente, o forse in maniera graduale – non ricordavo – aveva smesso. L'avevo visto sorridere di più nelle foto e i suoi stati non avevano più alcun collegamento col sottoscritto, anzi. Erano inni alla gioia che visto il contenuto non potevano in alcun modo richiamare a me.

E anche solo vedere il suo volto mi faceva male. Sapere di averlo avuto tutto per me, quel viso perfetto, e di averlo perso per sempre non mi faceva onore.
Senza contare poi che Claudia aveva preso la cattiva abitudine di prendere tra le mani il mio telefono, di commentare i profili nella mia rubrica whatsapp. Ed era meglio che lui non ci fosse. Non volevo sapesse della sua esistenza, in alcun modo. Lui non doveva esistere. E forse era arrivato il momento che smettesse di esistere anche per me, mi ero detto.

Ma le domeniche di pioggia in cui ancora mi ritrovavo a rimpiangerlo forse non sarebbero mai finite davvero.

Anche quella era una domenica di pioggia. Al telegiornale le immagini della mia povera Genova mi scavavano una voragine dentro al cuore. Lo sfondo del nostro amore, delle nostre passeggiate, delle nostre liti: erano rimasti fango e detriti, auto sommerse. Ecco cosa ne era stato di noi.

Ma il suo numero, da qualche parte, dovevo averlo trascritto. Se solo fossi stato in grado di ricordare dove.

“Sicuro? Non hai nemmeno le email?” continuò lei stringendosi nell'accappatoio blu cobalto, in tinta con quegli occhioni enormi che si ritrovava.

“Non penso” dissi scuotendo il capo rassegnato, ma già progettavo di mettere a soqquadro la scrivania in cerca di quel quaderno o quell'agenda in cui avessi avuto lo folle idea di annotare il suo numero “Proverò a cercare”

Dovevo essere parso poco convinto, quasi indifferente. Come se tutto ciò fosse insignificante. Invece cercai per ore, senza alcun risultato. Ricordavo persino di aver scritto il numero in diagonale sulla seconda pagina, con un pennarello blu quasi senza più inchiostro. Ma mi mancava il dato principale.

Mi arresi nel primo pomeriggio. Claudia era a letto a guardare Breaking Bad sul computer, aprii la porta della camera per avvisarla di portarmi il computer quando avesse finito.

Purtroppo internet sul mio telefono era inutilizzabile. La rete, con la pioggia incessante, era precaria Non sapevo bene cosa stessi facendo. Non sapevo quali fossero le mie intenzioni. Sapevo però che non aver ritrovato il suo numero non mi stava allarmando, e non perché avessi accettato di rinunciare, ma anzi perché la mia volontà era talmente ferrea in quel momento da risultare immune agli ostacoli o alle difficoltà.

Si era addormentata col portatile sulle ginocchia, come avevo immaginato ben conoscendola.

Quindi l'avevo portato in cucina, chiudendomi ogni porta alle spalle. E una volta seduto a quel tavolo iniziai a sentire la pressione. Se non fossi stato in grado di trovare un contatto tramite internet, ero praticamente destinato a rincontrarlo solo nei miei sogni. Ma forse non era questa la mia più grande paura: era piuttosto la perdita di quell'illusione a spaventarmi.

Sperare ingenuamente di poterlo rivedere o sentire, prima o poi, mi aveva permesso di non cadere nella disperazione in tutti quegli anni. Non volevo nemmeno immaginare cosa avrebbe comportato rinunciare per sempre a questa possibilità.

Certo potevo sempre parcheggiare sotto casa sua e aspettare di vederlo uscire di casa, all'alba, ma questo richiedeva già una dose di coraggio che io non avrei mai raggiunto.

Dunque, col cuore in gola, nonostante l'avessi già fatto innumerevoli volte in passato, digitai il suo nome su Google. Solite cose: profilo facebook privato, visitato già troppe volte e troppo spesso perché la foto profilo, come anche lo sfondo, mi fossero nuovi.
Riprovai con una nuova ricerca e stavolta sostituii “Damiano Reginato” con “Damiano Vincenzo Reginato numero”.

Nulla poteva prepararmi per ciò a cui mi trovai di fronte.

 

 

 

 

 

 


Perdonate la lentezza e la brevità di questi capitoli, ma nonostante a livello di elaborazione mentale abbia ripreso alla grande, faccio fatica ad aggiornare a causa del poco tempo. L'unico momento in cui posso scrivere è la sera, ma nell'ultimo mese la stanchezza, arrivata ad una certa ora, mi ha impedito anche solo di avvicinarmi al computer. Quindi pazientate un po', tornerò ad aggiornare con regolarità il prima possibile con capitoli più lunghi, è che per ora pubblicare capitoli lunghi significa far passare più di due mesi... quindi preferisco usare il contagocce, per così dire, ma farvi sapere che ci sono perlomeno.

Altra cosa: avendo collocato Damiano e Lorenzo a Genova, non posso che soffrire per ciò che sta accadendo in questi giorni. Certo nella storia nessuno dei due vive più in città, ma comunque mi tocca ciò che è successo. Il loro palazzo, Alessio, la pizzeria... immaginare tutto circondato da acqua e fango mi mette i brividi. È come se avessi vissuto lì insieme a loro dopotutto.


PS Certi dettagli putroppo non li ricordo: come ad esempio cognomi, nomi di parenti e così via. Se per caso notate qualche incongruenza nella storia rispetto alla prima parte fatemelo sapere. 

  
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