Dopo
una decina di giorni dall’inspiegabile fuga di notizie, tutti i giornali
parlavano ancora delle vicende legate a Calvi, Sindona e la miriade di intrighi
ad essi collegati, era anche ritornata alla ribalta la teoria secondo cui Papa
Giovanni Paolo II avesse finanziato la rivolta polacca contro l’URSS,
provocando così, in fine, il crollo del Fronte Rosso.
Ovviamente
non ci si limitava a scrivere articoli e fare inchieste, bensì erano sorti innumerevoli
comitati e movimenti di protesta che esigevano indagini accurate, che
manifestavano, che organizzavano sit-in, che invocavano l’abolizione dei
privilegi del Vaticano, altri volevano imporgli una multa. Data l’atmosfera
tumultuosa, anche il fratello di Manuela Orlandi per l’ennesima volta era
partito alla carica per scoprire la verità sulla morte della sorella; alle
proteste si erano aggregati, giusto per farsi forza spalleggiandosi a vicenda,
anche comitati di protesta contro i preti pedofili e movimenti per il diritto
di matrimonio agli omosessuali.
Si
sa, quando l’elefante è ferito a morte, tutti i carnivori della savana si
avvicinano, nella speranza di strappare qualche brandello di carne. Insomma,
era proprio una gara per dare il calcio dell’asino[1],
ormai.
Gruppi
di atei e anticlericali erano spuntati come funghi su tutti i fronti e agivano
in modi assai differenti, dalla raccolta firme ad atti violenti. Si era verificata
già più di una sassaiola in piazza San Pietro e le guardie svizzere, per la
prima volta a memoria d’uomo, avevano dovuto intervenire e combattere per
contrastare gli assalti dei più feroci e invasati degli oppositori della
Chiesa.
La
situazione era molto confusa e pareva ormai fuori controllo, il Vaticano non
aveva idea di come contenere le proteste, di come difendersi da quelle accuse,
che ormai erano supportate da prove, e di come poter fare ammenda, senza
perdere il proprio potere, per calmare la gente.
Numerosissimi,
a centinaia, se non migliaia, si erano accampati nelle vie confinanti col
Vaticano, per protestare, pronti a menare le mani alla prima occasione; la
polizia non se la sentiva di allontanarli o di arrestarli per occupazione di
suolo pubblico, come invece avrebbero potuto fare.
In
tutta Italia, i vescovi e i cardinali si erano rinchiusi nei propri palazzi e
non osavano mettere il naso fuori; i preti, alcuni si erano anch’essi rifugiati
sotto l’ala episcopale, altri resistevano fieri nelle proprie parrocchie. Il
solo organo che continuava ad andare avanti senza farsi spaventare era proprio
la Congregazione della Verità.
Pronti
a vendicare l’onore di San Pietro e a punire quei biliosi infedeli,
c’erano i Templari.
Sartori,
ormai preso completo possesso del comando dell’Ordine del Tempio, aveva
recuperato le tre antiche reliquie, gelosamente custodite per nove secoli.
Aveva deciso, anche, che era il momento di rivelarsi nuovamente al mondo.
Quel
giorno, molti cittadini di Roma si meravigliarono nel vedere cavalcare per le
strade della città una cinquantina di cavalieri che parevano usciti da un
antico affresco. Uomini in cotta di maglia, rivestiti da una tunica bianca
attraversata da una croce rossa, con spade appese al fianco, con gli scudi
bianchi e neri, montanti nobili palafreni: ecco come sfilarono quel giorno i
templari.
Non
erano però soli, altri armati, vestiti in guisa di versa ma coi medesimi
colori, li seguivano numerosi.
Sartori
in testa al manipolo, teneva ben stretto in mano un alto e nodoso bastone, al
suo fianco cavalcava l’unico uomo in abiti differenti, poiché non aveva
armatura, ma una larga e vaporosa veste bianca, con una croce rossa sul torso,
e con le maniche rosse. Dietro di loro una decina di cavalieri circondavano i due
che trasportavano l’Arca dell’Alleanza, seguivano gli altri.
I
Romani furono piuttosto stupiti nel vedere quel pittoresco corteo che sembrava
sbucare dal nulla, in molti si misero a scattare fotografie coi cellulari e le
condivisero su facebook e altri social network.
I
cavalieri incedevano incuranti della gente attorno, proseguivano come se
fossero soli. Infine arrivarono nei pressi di San Pietro, soltanto la massa di
contestatori li separava dalla Cattedra Pontificia.
Fu
allora che si scatenò l’orrore.
Senza
un preavviso, senza un’intimazione di resa, i templari e i loro alleati
sfoderarono le spade e si scagliarono contro la folla lì radunata. Rimasero
indietro soltanto i due che reggevano l’Arca, Sartori e l’uomo che lo
fiancheggiava. Sartori, però, pur restando fuori dalla mischia, non era
inattivo, bensì, levato in alto il bastone, colpiva la gente con misteriose
energie mistiche provenienti da chissà dove; insomma, magia!
Rendendosi
conto di quel che stava accadendo, i contestatori iniziarono a correre in ogni
direzione per mettersi in salvo, gridando, chiedendo aiuto, qualcuno tentando
di chiamare polizia e ambulanze. I cavalieri cercarono di colpire la maggior
parte di gente possibile: volevano sterminarli, non semplicemente allontanarli.
Venti
minuti dopo, per le strade attorno al Vaticano, restavano solo i cadaveri della
strage e i suoi autori; per fortuna, molti erano riusciti a scappare, ma dai
tempi di Mario e Silla mai tanto sangue aveva bagnato i ciottoli di una via
romana.
Sartori,
poi, guidò i suoi dentro ai palazzi pontifici e si presentò davanti al Papa.
“Santità,
la Chiesa è responsabile delle anime degli uomini, Gesù disse che ciò che noi
leghiamo, sarà legato anche in Paradiso e ciò che noi sciogliamo, sarà sciolto
pure in Cielo. Noi abbiamo delle responsabilità e non possiamo permettere che
un branco di buzzurri, ignoranti e pretenziosi ci mettano in difficoltà!” così
aveva parlato con decisione Monsignor Sartori, dinnanzi al Pontefice “La Chiesa
ha sempre agito nel migliore dei modi e se ha dovuto operare in segreto non è
stato perché ciò che facesse fosse male, bensì perché sapeva che il volgo
ignorante non avrebbe potuto comprendere. Ora i nostri nemici ci aggrediscono
da tutti i fronti, urlando senza sapere nulla e ci additano come il male,
quando, invece, siamo la sola strada. Io, Santità, vi prego di accordarci il
permesso di intervenire. Solo una vera lotta per la Fede e per la Chiesa ci può
salvare. Gli illuministi e i razionalisti hanno gettato fango su di noi e
acceso la rabbia. Noi siamo stati umili e ciò non ha fatto altro che accrescere
la spavalderia degli stolti. È giunto il momento di reagire e di punire ed
eliminare gli infedeli e i nemici della Chiesa.”
“Non
so, se …”
“Santità,
avete visto anche voi che cosa hanno osato fare! un affronto simile non è
tollerabile, loro ci hanno dichiarato guerra e noi dobbiamo rispondere,
altrimenti la Luce di Cristo rischia di sparire dal mondo. Noi dobbiamo
eliminare la pula, affinché non soffochi il grano!”
“E
va bene, vi concedo libertà d’azione.”
“Grazie,
Santo Padre. Io, Monsignor Augusto Sartori, Gran Maestro dei Templari, porterò
avanti la nuova crociata. Vi chiedo di mettere sotto il mio comando anche i
Cavalieri di Malta e i Cavalieri del Santo Sepolcro. Ai miei ordini rispondono
già i Cavalieri di Santo Stefano Papa e Martire, il cui Gran Maestro, il qui
presente Sigismondo di Asburgo-Lorena, è mio primo
aiutante.” accennò all’uomo che lo affiancava.
“D’accordo.”
acconsentì il Pontefice “Emanerò una Bolla Papale che vi permetta di agire
senza limitazioni.”
Il
Papa prese carta e penna e compose un editto che firmò, contrassegnò col
proprio sigillo e la consegnò a Sartori che ringraziò e poi aggiunse: “Farò
qualunque cosa per difendere la Chiesa. Ora, come primo atto è necessario
eliminare due nostri nemici che si celano proprio nel nostro cuore.”
Avendo
il nulla osta della Santa Sede, Sartori prese una decina dei suoi templari e si
diresse verso il palazzo della Congregazione.
Nella
biblioteca della Congregazione, stavano tenendo una piccola riunione Gabriel,
Isaia, Alonso e Stefano, ignari di quel che stava accadendo fuori da quelle
mura. Si sentivano ormai certi di poter chiudere il capitolo succubi,
non le avevano stante tutte e cento, ma almeno un buon numero e, quindi,
ritenevano che potevano smettere di considerarle una priorità assoluta.
Soltanto Isaia avrebbe continuato ad occuparsene assiduamente, mentre gli altri
avrebbero ricominciato ad occuparsi dei soliti casi della Congregazione.
Mentre
stavano discutendo di ciò, uno dei segretari della Congregazione entrò e,
accostatosi a Gabriel, gli disse: “Signor Antinori, è appena sopraggiunto
Monsignor Sartori, pare piuttosto belligerante ed è accompagnato da uomini in
armi.”
Gabriel
si stupì ed accigliò: che diamine poteva essere accaduto? Sartori, inoltre,
doveva essere morto da tempo o, almeno, così credeva.
“Templari
...” disse Isaia, gravemente, con voce spenta.
“Che
cosa?!” esclamò Stefano “Sono tutti morti! Li abbiamo visti sterminati!”
“Non
tutti.” precisò Isaia “La notte in cui c’è stato il massacro, alcuni sono
fuggiti.”
“D’accordo,
ma cosa centra Sartori?!” chiese Gabriel.
“Anche
lui è un templare!” spiegò Morganti “È stato lui a
spingermi a indagare su Castello e … beh, ne parleremo, penso che ora sia più
importate capire la faccenda attuale.”
“Non
credo ce sia muy da capir!” intervene Alonso “Vengono
por voi, seguramente!”
“Allora
usciamo dalla biblioteca.” replicò Isaia “Se ci sarà uno scontro, i libri non
devono essere danneggiati.”
Alonso
sorrise, Stefano rimase perplesso che in un simile frangente Isaia riuscisse a
preoccuparsi dei libri, ma immediatamente dovette riconoscere che tale
apprensione era assolutamente giustificata data la rarità di quei volumi e
provò ammirazione per il fatto che l’uomo avesse anteposto la cultura alla
propria salvaguardia.
“Andiamogli
incontro, allora.” propose Gabriel e si avviò verso la porta.
Gli
altri tre lo seguirono senza indugio. Quando si trovarono a metà dello scalone
che portava al pin terreno, si imbatterono in Sartori e i templari. Entrambi i
gruppi si bloccarono per qualche secondo e rimasero a fissarsi interdetti, poi
il Monsignore disse, con fierezza nella voce: “Ecco i nostri nemici peggiori!
L’Eletto del Candelaio e il traditore che ha fatto sterminare i nostri
fratelli!”
“Monsignore,
cos’è questa follia?!” chiese Gabriel, che non riusciva a capacitarsi granché
di quella situazione.
Sartori
non gli diede ascolto e disse: “In nome di Domenidio,
con l’autorità conferitami dall’Ordine del Tempio e il potere affidatomi da sua
Santità, io vi condanno a morte!”
Detto
ciò levò in alto il bastone e comparvero una miriade di falchi che si
scagliarono contro Gabriel e i suoi amici, beccandoli e colpendoli con gli
artigli, lasciando graffi profondi e cercando di strappare gli occhi. Dopo una
manciata di secondi, l’Eletto, senza pensarci su un solo istante, fulminò tutti
quanti i volatili. Dopo, guardò i templari per un istante e poi scagliò anche
contro di loro la furia del proprio potere: non ebbe effetto. Il bastone magico
di Sartori aveva formato una barriera protettiva attorno ai templari.
Isaia
si accostò a Gabriel e gli disse: “Quella dev’essere
la verga di Mosè, penso sia saggio allontanarci alla svelta e raggiungere
Bonifacio.”
“Non
faremo in tempo a fare due passi che loro ci saranno di nuovo addosso.” replicò
Gabriel, che continuava a lanciare palle di fuoco e fulmini contro i templari.
Isaia
dovette ammettere che l’amico aveva ragione. Che fare, allora? Mettersi a
scagliare anche lui fulmini d’oro, come aveva fatto pochi giorni prima, quando
Gabriel lo aveva attaccato?
No,
non voleva. Una cosa, però, forse la poteva fare. Quando aveva scoperto di
poter ricorrere ai fulmini anche non in presenza di demoni, Isaia aveva subito
cercato di capire come impiegarli e si era dunque reso conto che non solo
poteva scagliarli, ma anche plasmarli. Decise, quindi, di tentare un’idea che
gli era venuta in mente, anche se non ne era certo. Isaia si chinò a terra,
appoggiò i palmi sul pavimento e si concentrò; sentì l’energia attraversarlo la
fece fuoriuscire dalle mani e iniziò a modellarla, dandole la forma di una
gabbia di fulmini che andava creandosi attorno ai templari, che non sapevano
come reagire.
In
un paio di minuti la gabbia fu terminata. Gabriel e Isaia si scambiarono una
rapida occhiata, poi guardarono gli altri due amici e infine si misero a
correre verso il piano terreno, lasciandosi alle spalle Sartori e la sua
combriccola che inveivano.
Arrivati
fuori dal palazzo, ognuno prese il proprio veicolo e partirono per andare alla
villa di Serventi; lo fecero sia per essere più sicuri in caso di inseguimento,
sia perché non avevano idea di ciò che sarebbe stato e, dunque, era meglio non
lasciare indietro nulla.
Per
fortuna i templari non ebbero modo di rincorrerli e loro arrivarono a
destinazione senza difficoltà. Quando suonarono il campanello, fu Temistocle ad
aprire loro la porta, ma non fu affatto sorpreso di trovarseli davanti.
“Entrate.
Alla televisione stanno dando notizie di quanto sta accadendo, immaginavamo
sareste arrivati qui presto.” disse l’uomo.
“Grazie.”
disse Gabriel, entrando “Non ci aspettavamo un attacco, siamo stati colti alla
sprovvista. Aspetta, hai detto che ne stanno parlando in televisione?! Perché?!
Che altro sta accadendo? Io credevo se la fossero presa solo con me ed Isaia!”
Anche
gli altri tre rifugiati erano alquanto stupiti da quell’informazione: nella
fretta non si erano accorti di nulla.
“Venite
con me di là. Mio padre vi racconterà con precisione.”
Temistocle
fece strada e condusse i quattro ospiti nel salotto dove già si trovavano i
suoi fratelli, Bonifacio e Giuditta.
“Padre,
sono arrivati esattamente come avevi previsto.”
Serventi
sorrise e disse: “Ecco l’Eletto e i suoi compagni che finalmente hanno capito
dov’è il male e, quindi, nel bisogno vengono a me.”
“Bonifacio,
che succede?” chiese in fretta Gabriel, che non voleva stare a discutere.
“L’Apocalisse,
nulla di più.” rispose l’uomo, tranquillamente.
Stupore
e perplessità presero i quattro sopraggiunti, forse Isaia fu il meno sorpreso,
perché ormai se lo aspettava, anche se non in quel modo.
“L’Anticristo
è arrivato a portare l’Inferno in Terra.” Bonifacio continuò a spiegare.
“COSA?!”
Gabriel era decisamente sorpreso “Io …”
“Non
sei tu, l’Anticristo.” sentenziò Serventi.
“Come?
E perché me lo hai fatto credere, allora?”
Pure
Isaia era parecchio basito circa quest’affermazione.
“Gabriel,
tu dovevi semplicemente rovesciare la Chiesa e l’hai fatto, lo sai bene;
benché, lo ammetto, mi aspettavo una maniera differente.”
Gli
altri tre non compresero, ma Antinori capì al volo che si trattava della
faccenda dei segreti vaticani.
“Questo
tuo gesto ha provocato la venuta dell’Anticristo e dell’Apocalisse, ma questo
non deve preoccuparti: è l’occasione per eliminare ciò che c’è di male e
ricominciare da capo e tu, Gabriel, tu guiderai questa purificazione e la
rinascita: questo vuol dire essere l’Eletto.”
Antinori
rimase ammutolito, colpito e incerto su questa rivelazione e responsabilità.
Padre
Morganti non riusciva a capire e, perdendo un poco la
pazienza, domandò seccamente: “Non capisco, chi è l’Anticristo, allora?!”
“Ancora
non hai compreso, Isaia?” lo rimproverò Serventi “Non è da te; eppure Giacomo e
Giuda parlano molto chiaramente.”
Morganti rifletté un
attimo, per poi dire, turbato: “Entrambi sostengono che loro hanno la vera
rivelazione di Cristo, mentre i Dodici hanno un’idea fallace perché rivolti al
Creatore, un idolo.”
“Esatto.
Dimmi, nei vangeli, quando viene usato il nome Pietro?”
“
… Quando l’apostolo dice qualcosa di sbagliato …” un’amara consapevolezza stava
prendendo Isaia.
“Molto
bene e se invece dice qualcosa di giusto, come viene chiamato?”
“Simone
…”
“Questo
non ti fa supporre che Pietro e la Chiesa siano in errore? Un’ultima domanda,
che cosa ammette Papa Leone XIII nel suo esorcismo?”
“Che
il drago antico siede nella cattedra di Pietro per corrompere la Chiesa e
l’umanità …” Isaia era sconvolto e rattristato “Mi ero reso conto che la Chiesa
adorasse il Creatore e non Dio, ma mi sembra eccessivo dire che …”
“
… la Chiesa sia l’Anticristo?” lo interruppe Bonifacio “Eppure è così.”
Gabriel,
Isaia, Stefano e Alonso erano basiti e molto scossi: era difficile accettare
una simile verità.
“Voi
avete sempre creduto di essere dalla parte giusta e che io fossi cattivo, ma
non è affatto così.” Serventi continuava “Avete dovuto sbatterci la testa, per
comprendere, ma almeno alla fine vi siete resi conto della realtà delle cose.”
“Stai
dicendo davvero che questa è l’Apocalisse?” Gabriel era ancora incredulo,
ovviamente.
“Sì,
ci sono anche i quattro cavalieri: templari, Cavalieri di Malta, del Santo
Sepolcro e di Santo Stefano Papa e Martire.”
“Non
può essere … se la prenderanno con noi e basta, ma non può esserci
un’Apocalisse.”
“Sì,
invece: loro distruggeranno e voi li fermerete e ricostruirete. Loro, ora,
sentono minacciato il proprio potere e toglieranno di mezzo tutto ciò che si
oppone. Ci sarà una tabula rasa, a voi decidere se il nuovo mondo sarà
organizzato da loro o da noi.”
“Adesso
basta!” sbottò Gabriel, frustrato “Sono tutte menzogne! A me non importa nulla
dei tuoi deliri! Io voglio una vita normale!”
“L’altra
sera avevi detto che accettavi la tua missione.”
“Ho
accettato il mio potere, voglio aiutare la gente dotata di poteri ad avere una
vita normale. Normale! Non voglio occuparmi di fine del mondo e così via.”
“Normale?
Perché accontentarsi della mediocrità, se si può avere di più, essere di più,
senza neppure un grande sforzo? Inoltre, la tua vita normale sarà molto triste,
visto ch Claudia se n’è andata.”
“Questo
non sarebbe successo se io fossi rimasto fuori da queste faccende, come avevo
deciso.”
“Gabriel,
queste cose sono reali e tu ne fai parte. Puoi cercare di non vedere, di non sentire,
puoi impegnarti per ignorarle, ma esse ci sono comunque. Ora, i templari, la
Chiesa, l’Anticristo, scateneranno la loro ferocia e porteranno avanti una
tremenda mattanza, non solo di gente coi poteri, ma anche persone comuni,
unicamente nel nome di un’inesistente punizione divina. Tu, certamente, puoi
scegliere di non occupartene e cercare di vivere normalmente, così loro
agiranno indisturbati. Io mi opporrò ai templari, i miei figli saranno al mio
fianco e probabilmente anche Isaia, ma chissà se basterà. Tu e il tuo potere
siete indispensabili per la vittoria. Scegli dunque ciò che vuoi, ma pensa alle
conseguenze!”
Gabriel
rimase in silenzio, pensieroso, per alcuni istanti; poi chiese, basito: “Tu hai
voluto ch’io provocassi un’Apocalisse per poi farmela fermare???”
“Gabriel,
loro hanno portato a sé stessi la propria rovina, tu gli hai dato solo una
piccola spintarella: era necessario, altrimenti avrebbero continuato in eterno
a portare avanti i loro soprusi!”
Dopo
di ché Bonifacio li ragguagliò su quello che i templari avevano fatto appena
giunti in città e quello che stavano iniziando a fare.
Alla
fine di quel racconto, Antinori chiese: “Io, quindi, sono l’’unico in grado di
fermarli?”
“Tu
sei l’Eletto: è questo che devi fare. Sia noi che i tuoi amici siamo pronti a
seguirti in questa lotta. Adesso, però, non sei pronto: hai appena accettato il
tuo potere e dovrai imparare molto, prima di poterlo usare contro i nemici. Vi
esorto tutti e quattro a rimanere qui, in attesa del momento dello scontro. Questo
è il luogo più sicuro per voi, al momento.”
Tutti
e quattro ne convennero, ma non fu con grande entusiasmo che accettarono
l’invito a rimanere. Bonifacio diede ordine di preparare le loro stanze e,
intanto, nell’attesa, fece servire del tè per tutti. Fu allora che Gaspare fece
cenno a Stefano di mettersi un attimo in disparte per poter parlare. Trovatisi
a quattr’occhi, lontano dagli altri, Gaspare iniziò: “Senti, Pigolo, mettiamo
subito le cose in chiaro: anche se nei prossimi giorni vivrai con noi, devi
stare lontano da Giuditta e non infastidirla. Tu mantieni le distanze e io ti
lascerò tranquillo. Siamo d’accordo?”
“Io
sono un suo amico e lei apprezza la mia compagnia.” ribatté Stefano, irritato.
“Ha
voluto cancellarti dalla sua memoria.”
“No,
quello lo hai voluto tu. Non crederò mai che sia stata lei a chiedertelo.”
“Resta
il fatto che lei non si ricordi e che, quando è venuta a parlarti, l’hai solo
fatta arrabbiare. Non vuole più avere a che fare con te e sai perché? Poiché,
oltre ad essere insignificante e patetico, hai pure la sfacciataggine di odiare
me: l’uomo che lei ama.”
“Impossibile.”
sibilò Stefano, a denti stretti, guardando fisso negli occhi l’uomo.
“Ha
detto apertamente di amarmi.”
“Non
è amore! Al massimo, erroneamente crede lo sia, ma presto si accorgerà che non
è così, quando le farò riscoprire che cosa vuol dire essere rispettata e
apprezzata.”
Gaspare
ridacchiò divertito, prima di dire: “Inutile che cerchi di prendertela: lei
amerà soltanto me.”
Stefano
si innervosì: “Non mi importa del suo amore, mi importa della sua felicità! Se
davvero vuole stare con te, non sarò certo io ad impedirglielo: le ricorderò,
però, che deve esigere rispetto.”
“Metterle
stupide idee in testa non è un buon modo per impiegare le energie.”
“Non
a mio avviso.”
“Dovresti
dedicarti a qualcosa che sai fare e non importunare la gente, Pigolo. Abbiamo
una grande biblioteca, qua, sono sicuro che ti ci troverai benissimo. Tu hai
talento per quello, quindi sfruttalo. Credimi, se lei ti sta veramente a cuore,
allora le starai lontano, perché io sono un maestro severo e punirò anche il
minimo colpo di testa da parte sua, ci siamo intesi?”
Stefano
non disse nulla, ma guardò con furia l’uomo.
Gaspare
sogghignò e, prima di voltarsi ed andarsene, aggiunse: “Buona permanenza!”