Il ninja caduto: una storia di vendetta
Quando
si mise in viaggio, Smoke aveva una sola cosa in mente: trovare Hanzo
Hasashi e fargliela pagare. Nulla lo avrebbe fermato. Avrebbe
affrontato ogni pericolo pur di mettere le mani sul suo nemico. Erano
giorni che camminava senza sosta, senza nemmeno prendersi un attimo
di tregua. Il tessuto della sua veste iniziava ad essere pesante, ed
il vento freddo che scuoteva i suoi folti capelli grigi lo
schiaffeggiava ripetutamente e violentemente. Il sudore era copioso,
le gambe iniziavano a dolergli, e per la prima volta da giorni, Smoke
desiderava riposarsi. Ricacciando quel desiderio, il ninja decise di
continuare a muoversi, incurante della stanchezza e del dolore che i
suoi muscoli, seppur possenti, gli procuravano. Dopo pochi altri
metri, però, una forza più potente di qualunque altra
lo bloccò, costringendolo ad un rantolo: aveva fame. Il suo
stomaco era stato silenzioso per giorni interi, ma anch'esso, alla
fine, aveva deciso di far sentire la sua voce. Vuoto da tempo
incalcolabile, emetteva dei lamenti tanto forti da costringere uno
come Smoke a fermarsi e cercare cibo. Si trovava in un'immensa
pianura, con solo montagne ed alberi ad assisterlo nel suo viaggio di
vendetta. Nel disperato tentativo di fare qualche altro passo, Smoke
si accorse di una luce. Facendo appello alle sue ultime energie,
tramutò il suo essere in fumo e si avvicinò a quella
luce, sospinto dal vento gelido. Arrivatone nei pressi, riprese forma
umana e fu allora che realizzò. Si trovava davanti ad una
taverna. Se ci fosse stato qualcuno lassù, questo sarebbe
stato il momento migliore per rendere grazie, pensò Smoke,
prima di aprire la porta ed entrare.
“Il fuorilegge”,
lesse. Pensò che si trattasse di un nome abbastanza eloquente,
notando le facce dei clienti. Gente con denti d'oro, marchi sulla
pelle, e soprattutto armati fino ai denti: coltelli, mazze, pugnali,
e qualche freccia furono quelle che notò per prime. Con una
piccola smorfia, il ninja si addentrò nel locale, sedendosi su
uno sgabello in legno accanto al bancone. Guardandosi intorno, ebbe
la possibilità di ammirare meglio il luogo, scorgendo al suo
interno tutti i particolari che rendevano quel posto un'esclusiva per
gente poco raccomandabile. Vari “trofei di caccia” erano
esposti sulle pareti, e per il ninja non fu difficile capire che si
trattava delle teste degli sfortunati viandanti che si erano
imbattuti nel “Fuorilegge”. Con suo piacere, notò
che c'era un buco vuoto. Non gli fu nemmeno difficile capire che
sarebbe stato destinato a lui. Ma lui questi teppistelli se li
mangiava a colazione.
“Salve, amico. Non ti ho mai visto
da queste parti prima d'ora, sei di passaggio?” gli chiese il
barista, un energumeno grasso, sudato, e senza denti.
“Direi
di sì.” gli rispose Smoke, fissando il bancone sporco di
birra e altri liquidi, di cui non voleva sapere l'origine.
Gli
altri avventori della taverna lo fissavano prolungatamente, attratti
da quel suo aspetto così strano... e dalle ricchezze che
poteva avere con sé.
“Come ti chiami, forestiero?”
gli fece il barista, sputacchiando ripetutamente.
“Non penso
di interessi sapere il mio nome.”
“Ah, fai il
misterioso, eh? Va bene, allora ti chiameremo Argento!” disse
il tenutario, rivolgendosi poi agli alti nella taverna: “Ragazzi,
salutate il nostro nuovo amico, Argento!”
Urla fragorose
di benvenuto si sollevarono al “Fuorilegge” e Smoke
decise di giocare un po' con loro.
“Ho fame, amico. Cosa
puoi offrirmi?”
“Mangia pure tutto quello che vuoi,
Argento. Tutto quello che vuoi!”
“Fanno le persone
gentili, e poi ti fanno fuori per derubarti. Un trucco vecchio come
il mondo”, pensò Smoke mentre divorava un coniglio
arrosto. “Mi tornerà utile approfittarmi di loro.
Gentaglia del genere sarà sicuramente piena di informazioni...
e se sono fortunato, hanno anche quella che serve a me. Mi faccio
dire dov'è Hasashi, e poi tanti saluti.”
[…]
“Cosa
ti porta qui, amico?” domandò un cliente, un ometto
piccolo e maleodorante con due denti d'oro.
“Ecco il
momento.” pensò il ninja, prima di rispondere.
“Sto
cercando qualcuno.”, disse, tracannando un boccale di
vino.
“Qualcuno da uccidere?” chiese il barista,
esplodendo in una fragorosa risata.
“Perspicace.”
commentò Smoke, abbozzando un sorriso.
“E perchè
vuoi farlo fuori?”
“Se te lo dicessi, poi dovrei
uccidere anche te.”
Il silenzio calò nella
taverna. Il tono con cui Smoke aveva proferito quelle parole aveva
zittito tutti gli avventori. Tranne uno. Il tizio con i due denti
d'oro continuò a fissarlo, con un sorriso da ebete stampato in
faccia. Il classico sorriso di chi vuole immischiarsi in faccende più
grandi di lui. Il sorriso che Smoke voleva vedere.
“Tu...
quanto conosci la zona?” gli chiese l'enenra.
“Io? La
conosco meglio di chiunque altro qui. Conosco questo schifo di posto
come le mie dannate tasche, amico!” gli rispose il
tizio.
Bingo.
“Sai chi è
Hanzo Hasashi?” domandò Smoke, sicuro di aver ottenuto
ciò che cercava, mentre si faceva portare un altro piatto a
base di cacciagione.
“Ma certo che so chi è! E so
anche dove si trova, amico.” rispose il tizio, fissando il
ninja dritto negli occhi.
“Perfetto. Allora mi farai da
guida, e quando lo avrò trovato, ti ricompenserò.”
“Nessun
anticipo?” chiese avidamente lo sdentato, fissando con sguardo
famelico la scarsella di Smoke.
“Parleremo del tuo compenso
a cose fatte. Quanto dista da qui il suo nascondiglio?”
L'uomo
riflettè un poco, poi esclamò:
“Non è
lontano, circa tre o quattro leghe. Ti ci porto, forestiero.”
“Bene,
fai strada. Signori.” disse Smoke, alzandosi dallo sgabello e
uscendo, accompagnato dallo sdentato.
“Ehi, Argento!”
fece il tenutario.
“Cosa c'è?”
“Non
vorrai andatene senza pagare il conto, vero?”
“Certo
che no.” disse il ninja, lanciando dietro di sé una
moneta d'oro.
Alla vista di quella moneta, gli occhi dello
sdentato si illuminarono. Sarebbe diventato ricchissimo, Smoke era
uno che pagava bene.
[…]
La
radura in cui camminavano si trovava all'incirca a tre leghe dalla
taverna. Ormai mancava poco. Il luogo ideale per nascondersi:
tranquillo, praticamente isolato, contornato da alberi, cespugli e
montagne. Per tutto il viaggio, lo sdentato aveva continuato a
chiedere a Smoke il perchè cercasse Hasashi tanto
caparbiamente, e il Lin Kuei lo aveva ignorato, o zittito, o ancora,
gli aveva ordinato di continuare a camminare. Fu così fino
all'imbrunire, quando alla luce del giorno stava iniziando a
sostituirsi il buio della notte. Lo sdentato continuava a girare, ma
di Hasashi nessuna traccia. Fu allora che Smoke intervenne:
“Stiamo
girando in tondo da ore. Sei sicuro di sapere dove si trova Hasashi?”
chiese all'uomo.
“Certo, amico! È da questa
parte!” disse lui, facendo qualche altro passo avanti. “Sai,
mi piace molto questa radura. È così vasta, così
silenziosa, e questi alberi poi!”.
Con un guizzo, lo
sdentato mise una mano nella tasca del suo giustacuore.
“Si
dice che il loro legno... sia ottimo per farne casse da
morto!”
Lo
sdentato tirò via la mano dal giustacuore, tirandone fuori un
pugnale. Con uno scatto fulmineo, si voltò e portò un
fendente all'altezza del cuore di Smoke, che restava lì fermo
ed immobile dietro di lui...
“COSA?” urlò
lo sdentato. Il suo colpo era andato a segno. Lo aveva visto. Il suo
pugnale aveva perforato il petto di quel tipo dai capelli grigio
argento. Eppure, questo era lì, davanti a lui, impassibile,
imperturbabile, con le mani in una strana posizione. E... tremava.
Come se fosse aria.
“Sono qui.”
Lo sdentato si
voltò di scatto. Gli occhi spalancati, la fronte madida di
sudore ed un brivido lungo la schiena. Il tipo dai capelli grigio
argento era dietro di lui... ma allora il suo pugnale cosa aveva
colpito?
Non ebbe il tempo di finire di porsi la domanda. Con
un calcio, Smoke gli colpì la mano, facendogli volare via il
pugnale, e poi...
“Uha!” le dita di Smoke
penetrarono negli occhi dello sdentato. Il sangue usciva copioso,
macchiando le dita del ninja, ed il viso dell'uomo. Il viso
dell'enenra era contratto in una smorfia, come se si stesse
concentrando, e dalla sua mano fuoriuscì del fumo, che entrò
nel corpo dello sdentato attraverso i fori degli occhi, ormai
cavi.
“Ho capito
che volevi fregarmi non appena siamo usciti dalla taverna. Tu non
avevi assolutamente idea di chi fosse Hanzo Hasashi, o di dove fosse.
Eri bravo, ma i tuoi occhi ti hanno tradito. Hai scelto la persona
sbagliata da rapinare.” Sentenziò Smoke, prima di
togliere le dita da ciò che rimaneva degli occhi dello sdentato.
Subito dopo, l'uomo iniziò ad urlare a squarciagola. Non
poteva vedere più nulla, ma si sentiva esplodere. Un calore
tremendo lo assaliva, fino a quando non si sentì più i
piedi. Poi le gambe, poi il busto, ed infine il nulla. Il corpo dello
sdentato si era sciolto, come neve al sole. Di lui restava solo il
suo scheletro martoriato, mentre in bocca risplendevano i denti
d'oro. Smoke gli si avvicinò e glieli strappò via.
“Con
questi mi ci comprerò altro cibo. Basta taverne.” disse,
prima di proseguire il suo cammino verso Hanzo Hasashi.