Nonostante
fossero già passati tre anni da quel maledetto terremoto,
l'Urbe ancora
faticava a riprendersi. Le violenze dilagavano, l'esercito era in
fermento e si
vocifera che alcune città tramassero per ribellarsi. Inoltre
alcune tribù
nomadi stavano scendendo da nord e minacciavano i confini
settentrionali del
paese. Serviva qualcuno di forte, che fosse capace di sistemare tutto,
o che
almeno ci provasse. Le descrizioni di Liburnio d'altronde sembravano
non
lasciare quasi speranze per la Città Eterna, ma qualcosa
successe veramente.
Nel
Per
prima cosa sedarono l'esercito, facendo sostituire il debole magister militum Marco Papirio Lucano
dal ben più serio Marco Umbrenio Nerva, comandante della Legio I. Egli lasciò al
comando della prima legione il suo secondo
Massimo Plozio Natalino, e si recò di persona dai soldati
dell'esercito, tutti
radunati poco lontano da Roma. Con un abile discorso, riportato
successivamente
dallo storiografo Sornazio, Nerva seppe calmare gli uomini e riportare
l'esercito dalla sua parte.
In
meno di due settimane fu risolto anche il problema delle violenze nella
capitale. Fu imposto quello che oggi chiameremmo coprifuoco, all'epoca
noto
come incessus circolationem. Fu
allora effettuata una seduta straordinaria nel senato, dove si discusse
sul da
farsi.
A
sud c'era Acropolis, la città greca conquistata pochi anni
prima, che era
diventata incandescente subito dopo la notizia del terremoto di Roma, e
stava
premendo sempre di più per riottenere l'indipendenza. Da
nord invece stavano
scendendo i Pioraci, una popolazione appenninica proveniente forse
dalla
Pianura Padana. Essi potevano contare su circa diecimila
unità, di cui la metà
erano combattenti o comunque guerrieri, che all'epoca era tantissimo.
Erano
queste le due principali minacce.
Dopo
molte ore si ebbe un piano: l'esercito sarebbe stato diviso in due per
affrontare simultaneamente le minacce. Ritenendo i Pioraci
più pericolosi
rispetto agli Acropolesi, a sottomettere i greci vennero inviate la
quarta e la
quinta legione, con a capo il console Surio. Egli assediò
Acropolis, che
capitolò dopo poco tempo a causa della mancanza di provviste.
Più
arduo si rivelò invece sconfiggere i Pioraci. La
popolazione, dopo varie
scorribande in Sabinia, penetrò nella repubblica
saccheggiando Crustumerium e
mettendo sotto assedio Nomentum. La
prima, seconda e terza
legione (al comando di Allezio e Nerva) si recarono in soccorso delle
città
settentrionali, riuscendo a riconquistare Crustumerium
e a ricacciare a nord gli invasori da Nomentum.
A
causa della fine dell'anno i consoli furono costretti a rientrare a
Roma per le
elezioni, ma raccomandarono ai successori Pomponio Trebellio e Osto
Cocceio
Eumenio. In quel periodo ricorreva anche il centenario della fondazione
della
repubblica, ma per ovvie ragioni le festività furono
accantonate.
I
nuovi consoli diedero presto segnali positivi. I Pioraci stavano
infatti accennando
a rientrare nella repubblica, così i due decisero di
anticiparli. Si
attestarono con l'esercito sulla collina di Virnum,
un piccolo rilievo da cui si poteva dominare la Pianura Sabina
meridionale. I
guerrieri pioraci, non avendo nozioni di strategia, attaccarono senza
pensare,
e vennero presto sconfitti e massacrati.
Trebellio
ed Eumenio rientrarono a Roma come eroi, e assieme ai loro predecessori
sfilarono in trionfo (seppur in maniera modesta). Subito i due si
misero al
lavoro per cominciare veramente la ripresa dello stato. Impiegarono il
resto
del loro mandato a progettare il modo per risollevare le sorti della
nazione, e
tale piano fu iniziato dai successori Decio Tullio Bibulo e Arrunte
Socellio
Pelagio.
Note dell'autore
E' successo il miracolo, ho trovato un buco di tempo per scrivere questo capitoletto. Non fraintendete, è solo uno sprazzo, non credo che ancora riprenderò a scrivere questa storia qui. Lo faccio solo per non far dimenticare (sia a me che a voi) che esiste e che è ancora in corso.