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Autore: Soraya Ghilen    18/10/2014    1 recensioni
Dalla morte di Nico sono trascorsi un anno e quattro mesi, durate i quali è successo di tutto: tra matrimoni, parti e misteri che tornano a galla. Cristina è diventata ma moglie di Riario ma non passa giorno in cui non pensi a Nico. Ma, intanto, il libro delle Lamine e le chiavi della volta celeste ricordano al Conte e a Leonardo che si deve andare avanti e trovare la soluzione dell'arcano.
Questa ff è basata sulla seconda stagione ed è il continuo di "Un anno a Forlì"
Genere: Avventura, Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Girolamo Riario, Leonardo da Vinci, Nuovo personaggio, Zoroastro
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Storia di un amore quasi impossibile'
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Image and video hosting by TinyPic < Cap 7: Paura- II
P.O.V. Zoroastro
La noia mi attanagliava come un falco tiene un coniglio fra gli artigli.
La mia cabina era una sorta di buca, divisa da un sottile pannello di legno da quella di Giulia.
Nel pannello c’era un  buco che faceva si che io potessi vedere quello che succedeva nella cabina di fianco. Avrei voluto non sbirciare ma non era nella mia natura, così guardavo la dama di compagnia della mia migliore amica su questa terra e mi eccitavo come non avrei mai pensato fosse possibile.
Non credevo di poter provare attrazione per lei, ma il mio fisico diceva tutt’altra cosa. Così, mentre la notte il suo respiro mi cullava, all’alba, quando lei andava da Cristina a prepararla per il continuo nel nostro viaggio, io cercavo di adempire ai miei bisogni carnali.
Non potevo né volevo continuare così, non era da me!
Una sera, circa il ventitreesimo in mare, andai nella stiva della nave dove, con la compagnia dei topi, iniziai a bere, cercando di non pensare alla mancanza di Nico, alla lontananza di Leonardo e al cambiamento di Cristina. Mi mancava Firenze, mi mancavano per fino Botticelli e il capitano Dragonetti.
“Sto messo proprio male, amico!” dissi, guardando un piccolo roditore che rosicchiava un pezzo di formaggio ormai secco.
“Se parli con un topo, Zoroastro, sei molto vicino al capolinea!” Sentii quella voce che mai più nessuno avrebbe potuto usare.
“Se ti sento sono molto più ubriaco del previsto!”
“O forse è arrivato il momento di affrontare i tuo demoni”
“Fanculo, Nico!” lui rise. Era incredibile! Vestito nello stesso modo in cui lo avevo visto l’ultima volta, con lo stesso sorriso, gli stessi occhi giovani  e sinceri “Mi manchi tanto, amico”
“Questo è uno dei motivi per cui sono qui, ho dei conti in sospeso con te, Zo” sbuffai.
“Certo, l’unica volta in cui il mio migliore amico mi viene a trovare è perché deve riscuotere qualcosa!” Nico si mise a ridere. Quanto un semplice suono poteva scaldare il cuore?
“Non devo riscuotere, devo pagare” lo guardai “Come ho detto a Cristina, devi andare avanti”
“Quando hai visto Cristina?”
“Non è questo il punto!” un fantasma poteva davvero arrabbiarsi?
“E allora quale sarebbe questo punto, Nico?”
“Mi devi dimenticare, amico mio”
“Come posso dimenticare mio fratello, Nico?” mi venne incontro, poggiandomi una mano sul gomito, come faceva sempre quando ero teso o arrabbiato.
“Mi dispiace molto, amico mio, fratello mio” lo abbracciai e fu davvero come stringere un corpo ma era freddo e distante. Era come stringere un pezzo di ghiaccio “Quante cose passate insieme, quanta gioia e quante sofferenze abbiamo condiviso ma ora è tempo di intraprendere una strada diversa, nuova e irta di insidie” lo guardai, senza capire fino in fondo quello che stava dicendo “Nel posto in cui state andando vi scontrerete con qualcosa che nessuno prende in conto fino in fondo: la morte”
“Cosa dici, Nico?”
“Io so cosa accadrà e se voi non prederete decisioni diverse, grandi sciagure si abbatteranno su di voi” prese fiato. Forse quelle parole stavano facendo più male a lui che a me “Uno tra voi non rivedrà l’Italia, Zoroastro”
“Chi?” lo stomaco mi si contorse in una morsa .
“Questo non posso dirtelo, ma le morti che accadranno devono accadere” si staccò e iniziò a indietreggiare “Ora devo andare, non ho molto tempo”
“No!” urlai “Nico, no, ti prego!” ma lui non si fermò. Mi sorrise e poi sparì trasportato via da un alito di vento.

Tornai in camera mia, stendendomi sul letto a peso morto.
Non potevo credere a quello che era successo. Avevo visto un fantasma, quello del mio migliore amico, che mi aveva predetto un destino di morte e di sofferenze e che poi era scomparso nel nulla.
Mi sentivo più pazzo di Leonardo quando parlava del Turco o del Libro delle Lamine o di qualsiasi altro suo marchingegno.
“Mio Dio, che cosa accade a bere di notte in mare!”
“Il Conte vi spella vivo se lo viene a sapere” sussurrò la vocina di Giulia da dietro il pannello.
“Cosa ci fate ancora sveglia a quest’ora tarda?”
“Nulla, Zoroastro, rifletto”
“Siete uno specchio e non ci avete mai informati?” lei rise. Che bel suono che era la sua risata.
“No, non lo sono, Zoroastro” sospirò “Mi sento così sola, però”
“Mi sento solo anche io” ammisi “Talmente solo che ho visto il fantasma del mio migliore amico”
“Avete paura?”
“Più di quanta immaginate, anche se so bene che poco virile come cosa” in quel momento il pannello sparì e io mi ritrovai Giulia sul mio letto.
“Voi siete l’uomo più virile che abbia mai conosciuto!” era arrossata, probabilmente accaldata, splendida nella sua camicia di lino lunga fino alle caviglie “Si può definire tale un uomo che, per ottenere ciò che vuole da una donna, usa la violenza?”  cosa cercava di dirmi? “O che la sminuisce in tutto e per tutto e la fa sentire più insignificante di un moscerino quando l’unica cosa che vorrebbe è una parola gentile o una carezza!” le lacrime le bagnavano le guance.
“Cosa cecate di dirmi, Giulia?”
“Mio padre”
“Cosa vi ha fatto?” avevo il sospetto avessimo condiviso lo stesso tipo di infanzia. Mio padre, in un primo momento, aveva cercato di comportarsi da tale ma le cose, tra noi, non erano mai andate bene. Lui mi picchiava. Ero solo un bambino, la sola fase della mia vita in cui, volente o nolente, ero stato onesto e le avevo prese fino a sanguinare ugualmente. Forse era il destino di noi figli bastardi o di poveri essere presi a bastonate perché eravamo un’ulteriore bocca da sfamare che sbilanciava la già precaria situazione finanziaria di famiglia o ,forse, eravamo solo l’effetto collaterale di una scopata. Però io una sola cosa ho sempre saputo nella mia estrema ignoranza: io non avevo chiesto a nessuno di venire al mondo.
“Mi picchiava tutti i giorni perché non valevo abbastanza, non in confronto alla vita di mia madre”
“Non è colpa vostra”
“Se Dio non ha fatto uno scambi equo, dite?”
“No, se siete venuta tra i vivi!” presi le sue mani tra le mie “Nessuno di noi l’ha chiesto e un genitore che spreca la fortuna che ha picchiando il proprio miracolo personale è un povero idiota!” e lei mi abbracciò, tenendomi strettissimo, singhiozzando sulla pelle del mio collo, mentre le mie dita scorrevano tra i capelli come la nostra nave scivolava tra le onde.

Angolo dell’autrice: buona sera! Chiedo venia per il capitolo, so bene che non è il massimo! Volevo raccontare il punto di vista di Zoroastro ma temo di non essere riuscita nell’impresa.
Chiedo venia a tutti se il capitolo non è bello, spero di rifarmi in futuro.
Un bacio a tutti,
a preso
Sol!
 
  
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