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Autore: ChristineMGreenLeaf    19/10/2014    3 recensioni
Nel tentativo di far rimanere i detenuti nell'Arkham Asylum, Bruce Wayne fornisce loro i fondi per fare una personale versione del film "Titanic". Nessuno è preparato al risultato finale.
Traduzione.
Genere: Comico, Commedia, Demenziale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Joker, Un po' tutti
Note: Lime, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Quando il film iniziò di nuovo, la scena si era spostata nell'elegante e lussuosa cabina di Harley. Lei fissava lo specchio, lacrime nei suoi grandi occhi blu mentre guardava il riflesso.

La porta si aprì all'improvviso, e Poison Ivy entrò. “Voltati, fatti vedere”, le disse, prendendola per le spalle e facendola girare per guardarla in faccia. Notò le sue lacrime e sospirò rumorosamente, prendendo un fazzoletto e asciugandogliele via. “Davvero, Harley, le lacrime non sono piacenti”, mormorò. “Non vuoi apparire al meglio per la tua proposta di matrimonio?”

Harley non rispose. “Io... io non lo voglio sposare, madre”, mormorò infine.

“Non importa ciò che vuoi, Harley, per la centesima volta”, replicò Ivy. “Harvey è un uomo ricco, e un scelta eccellente per te. È giovane, bello, carismatico e ha un grande futuro davanti. Non capisco perché dovresti opporti al matrimonio in qualche modo”.

“Io non... lo amo”, balbettò lei.

Ivy la fissò sorpresa. “L'amore, l'amore ha a che fare con qualcosa?” sospirò. “Credi che amassi tuo padre quando l'ho sposato? No. È stata semplicemente una questione di circostanze. Lui era ricco, e io non lo ero. Sto cercando di risparmiarti la sorte che io ho dovuto soffrire per così tanti anni cercandoti un uomo ricco, e salvandoti da una vita di povertà. Dovresti ringraziarmi, non fare la difficile. Avrei ucciso per un uomo come Harvey quando avevo la tua età”.

“E allora perché non te lo sposi?” mormorò Harley.

“Perché a lui non interesso io- gli interessi tu”, replicò Ivy. “Sappilo, sarebbe diverso se io fossi ancora una ragazza: nella mia giovinezza, potevo avere ogni uomo che volevo. E tu hai la mia bellezza, tesoro”, disse, togliendole i capelli dalla faccia. “Quindi non sprecarla. Traine vantaggio, e usala per avere un uomo che può provvedere ai tuoi bisogni”.

Harley non disse nulla. Ivy raggiunse il suo comodino e prese il romanzo che lei stava leggendo. “Questo è il tuo problema”, disse, reggendolo. “Troppi libri. A nessuno piace una ragazza che legge: i suoi occhi diventano storti e la rendono poco attraente. E le danno un'idea stupida dell'amore. Non esiste. È tutto senza senso”.

Gettò il libro nella spazzatura. “Ora ascoltami”, disse, prendendola di nuovo per le spalle. “Sono tua madre e capisco meglio cosa è bene per te. Harvey è qui fuori e vuole farti la proposta. Accetterai, e vi sposerete una volta che attraccheremo, mi hai capito?”

Harley annuì con lentezza. “Sì, madre”, sussurrò.

“Brava ragazza”, disse Ivy, baciandole la fronte. “Ora sorridi. Lo mando dentro”.

Ivy se ne andò, chiudendosi dietro la porta. Harley non sorrise -si girò di nuovo verso lo specchio, cercando di trattenere le lacrime. Qualcuno bussò alla porta.

“Vieni”, disse, forzando un sorriso.

Harvey Dent entrò. “Harley, sei molto bella”, le disse, sorridendole.

“Grazie”, sussurrò lei. “Per favore, ehm... siediti”, disse, indicando la sedia.

“Grazie, ma preferisco stare in piedi”, disse. “Credo di dover stare in piedi per... ehm...” perse il filo. Ci fu uno strano silenzio fino a che Dent non si schiarì la gola. “Ehm, forse conosci, ehm, la ragione per cui sono qui, o puoi almeno averla immaginata...”

“ Me l'ha detto mia madre”, lo interruppe Harley, girandosi di nuovo a guardare lo specchio.

“Oh, bene”, disse. “Che cosa mi dici a questo proposito, allora?”

“Questa è la tua proposta di matrimonio?” sussurrò Harley. “Che cosa mi dici a questo proposito, allora?

“Guarda, Harley, non sono bravo con tutta queste stupide cavolate romantiche”, replicò Dent. “E tu sei una ragazza furba -non dovresti avere bisogno di quella robaccia affettuosa. Credo che tu sia una donna incredibilmente bella, ti ammiro molto, e voglio sposarti. Penso di essere in un momento appropriato della mia vita per prendere una moglie, e ho molto da offrirle -sicurezza finanziaria, e una posizione in società. E... beh... non penso di essere l'uomo più brutto del mondo...”

“Sei molto bello, Harvey”, mormorò Harley.

“Sono felice che la pensi così”, disse, sorridendole. “Quindi non hai obiezioni al nostro matrimonio?”

“Nessuna obiezione”, mormorò Harley.

“Meraviglioso!” esclamò lui. “Speravo che fosse la tua risposta, e ti ho comprato un piccolo regalo di fidanzamento prima di lasciare Gotham”, disse, prendendo qualcosa nella sua tasca. “Ho pensato di deviare un po' dall'anello tradizionale, e penso che sarai molto felice del risultato”.

Aprì una scatola, dentro alla quale si rivelò una splendida collana in argento con un enorme diamante blu intagliato a forma di cuore. “Le Coeur de la Mer”, disse, aprendo la chiusura e mettendoglielo attorno al collo. “Il cuore dell'oceano. È appartenuto originalmente a Luigi XVI, ma l'ha perso durante la Rivoluzione Francese”.

“Assieme alla sua testa, che sono sicura fosse molto più preziosa per lui”, mormorò Harley, toccando il diamante. “Ma grazie, Harley, è molto bello”.

“Sono felice che ti piaccia -non hai idea di quanto l'ho pagato!” disse Dent, sogghignando. “Mi è costato un occhio nella testa. Ma ne vale la pena per la mia futura moglie”, disse, prendendola tra le braccia e unendo le sua labbra con quelle di lei.

Harley provò a ricambiare il bacio, ma le lacrime scivolarono dai suoi occhi chiusi, e all'improvviso si ritrasse. “Perdonami, Harvey, mi sento solo un po'... emozionata”, mormorò, asciugandosi gli occhi.

“Certo, capisco”, disse, prendendole la mano. “Ho sentito che le donne piangono spesso alla loro proposta di matrimonio. E ai loro matrimoni. Ma non mi importa se sei un po' sensibile -è molto appropriato in una donna”, disse, sorridendo. “Ti lascerò ai tuoi pianti e ci vedremo a cena”.

Le baciò la mano e lasciò la stanza. Harley tornò a guardarsi nello specchio, studiando la collana e realizzando lentamente cosa significava. Era una catena intorno al suo collo che la legava in un matrimonio con un uomo che non amava. Era lei che abbandonava ogni speranza o sogno d'amore, e che si rassegnava a una noiosa, tediosa esistenza come moglie di un uomo d'affari di successo. E quella realizzazione le faceva venire voglia di strapparsi la collana dalla gola e di buttarla nell'oceano.

La stanza improvvisamente sembrò senz'aria. Harley ansimò, affrettandosi verso la porta ed aprendola. Corse per i corridoi, alla fine salì sul ponte e si diresse verso la prua, il suo cuore che batteva. In quel momento, la morte sembrava più preferibile di un futuro come quello.

Raggiunse la prua alla fine, dando una veloce occhiata intorno per essere sicura che nessuno stesse guardando. La notte era buia, ma un po' di lampade illuminavano il ponte, che sembrava vuoto siccome tutti erano a cena o a prepararsi per essa, di una luce gentile. Lentamente, Harley salì sulla ringhiera con qualche difficoltà, guardando in basso le onde dell'acqua che sembravano quasi accoglienti. Le fissò per un momento, preparandosi a saltare.

“Cadrai e ti romperai il collo se non stai attenta”, disse improvvisamente una voce. Lei si girò, per vedere un uomo che se ne stava seduto su una delle panchine, fumando una sigaretta. Non l'aveva notato prima -era fuso con l'oscurità-, e ora la studiava con i suoi luminosi, curiosi occhi verdi.

“Non sono affari ruoi, giusto?” scattò, furiosa per essere stata interrotta.

Lui scrollò le spalle. “No, se ti soddisfa”, disse. “Se stai cercando di romperti il collo, ci sono modi più veloci per farlo che saltare da una nave o affogare. L'affogamento è lunghissimo, e siccome la caduta probabilmente non ti ucciderebbe, è più facile che tu ti frantumi contro la nave o che sia fatta a pezzetti dalla sua elica. Brutti modi per morire, poco piacevoli”.

“Ripeto, non sono affari tuoi!” scattò Harley. “Vai via!”

“C'ero prima io”, replicò. “Vai via tu”.

“È esattamente quello che sto cercando di fare!” replicò lei. “Sto cercando di... andare via da tutto...”

Soffocò un singhiozzo, guardando di nuovo l'acqua. “Se non ti secca la domanda, cosa potrebbe esserci per una ricca ragazza carina come te di così terribile da spingerti al suicidio?” chiese lui.

“Come sai che sono ricca?” domandò lei.

“Dal modo in cui parli”, replicò. “E da quella pietra gigante che hai intorno al collo. Deve essere costata un bel po' di soldi”.

Harley si guardò la collana, prendendo il diamante e strappandoselo dalla gola. “Ecco!” scattò, buttandola ai suoi piedi. “È tua se la smetti di tormentarmi con queste domande e mi lasci semplicemente ai miei affari!”

“Wow, che scambio fantastico!” esclamò lui, raccogliendola e mettendosela in tasca. “Ci hai preso, piccolina! Niente più domande!”

Lui continuò a fissarla, fumando in silenzio. “Credevo di averti chiesto di lasciarmi ai miei affari...” disse Harley, infastidita.

“Sì, non sto mica interferendo”, replicò, annuendo. “Sono semplicemente qui che fumo. Continua pure. Dai, vai avanti e salta. Magari potresti sbrigarti, sai?”

“Io... non posso farlo mentre ci sei tu che mi guardi!” scattò lei.

Lui scrollò di nuovo le spalle, tornando a sdraiarsi e guardando le stelle mentre fumava con calma. “Sto aspettando un tuffo”, disse.

Harley guardò di nuovo l'acqua, il suo desiderio di suicidarsi che scompariva improvvisamente quando pensò all'essere frantumata dalla nave o fatta a pezzetti dall'elica. Lentamente, scese dalla ringhiera, scendendo per andare a sedersi vicino al misterioso uomo.

Lui ghignò. “Niente tuffo?” chiese.

“Non essere impertinente”, scattò lei. “Dammi solo la mia collana indietro”.

“Quale collana?” chiese innocentemente lui.

“Stai cercando di essere divertente?” domandò lei. “La collana che ti ho appena lanciato! Il Cuore dell'Oceano!”

Lui scosse la testa. “Non mi ricordo di te che mi lanci una collana, zuccherino. Ma francamente, se l'hai fatto, chi trova tiene. Un affare è un affare, dopo tutto, e non ho interferito nel tuo tentativo di suicidio”.

Harley si alzò arrabbiata. “Dammela subito indietro o andrò a chiamare il capitano!” scattò lei. “E il mio fidanzato, e lui ti picchierà fino a che non sarai mezzo morto, comune ladruncolo!”

“Comune ladruncolo?” ripeté lui, alzando le sopracciglia. “Sono offeso, tesoro! Posso essere un ladro, ma non ho nulla di comune!”

Si infilò una mano in tasca e le tese indietro la sua collana. “Ecco. Ora calmati. Sei chiaramente piuttosto nevrotica, con i tuoi tentativi di suicidio per attirare l'attenzione e gli attacchi di quasi isteria. Mi sento male per il tuo povero fidanzato”.

“Come... osi?” scattò Harley. “Non stavo cercando attenzioni! Io.. volevo veramente.. suicidarmi...”

Si ritrasse, nascondendosi la faccia tra le mani e piangendo. “Ehi, ehi, ehi”, le disse lui gentilmente, circondandola con un braccio e porgendole un fazzoletto. “Dai, asciugati questi occhi. La vita non può essere così brutta, no? Non per una ragazza come te, con la tua bellezza ed i tuoi soldi...”

“Queste cose non ti comprano la felicità”, sussurro lei. “E io sono... davvero infelice”.

“Già, lo vedo”, disse lui, annuendo. “Non mi sorprende che volessi suicidarti. È un destino più triste della morte, il non essere felici. Io lo dovrei sapere -sono un ragazzo sempre felice!” rise lui. Le porse la mano. “Jack Napier”, disse.

“Harleen Quinzel”, mormorò lei, scuotendogli la mano. “Sono felice di conoscerla, Signor Napier. Grazie per... avermi convinta a scendere dalla ringhiera”.

“Oh, non ho fatto niente a parte dire la verità”, disse, scrollando le spalle. “Sarebbe stato un modo abbastanza brutto per morire. È la cosa brutta dei suicidi nei quali si salta giù da qualche parte -a metà strada te ne penti, probabilmente!” ridacchiò.

“Scherzi sempre riguardo alla morte?” mormorò lei.

“Io scherzo su tutto”, replicò lui. “Che cos'altro puoi fare in questa barzelletta che è la vita, cara?”

Aspirò la sigaretta. “Scusa, dove sono finite le mie buone maniere?” disse, prendendo qualcosa dalla sua tasca. “Vuoi fumare?”

“Ehm... no, grazie”, balbettò Harley.

“A te niente”, replicò lui, riponendo la sigaretta. “E di più per me!”

Harley si rimise la collana attorno al collo. “Devo ammetterlo, è una pietra abbastanza sorprendente”, disse lui, fischiettando.

“Il mio... fidanzato me l'ha data”, mormorò. “Come regalo di fidanzamento”.

“Capisco perché te lo sposi!” ridacchiò lui. “Quel ragazzo deve essere ben ricco!”

“Già”, fu d'accordo lei. “Per questo lo sposerò”.

I suoi occhi si riempirono di lacrime. “Io.. non lo amo”, sospirò lei. “Per questo sono infelice. Non voglio sposare un uomo che non amo”.

“Già, sarebbe abbastanza stupido”, disse lui, annuendo. “Voglio dire, cosa c'è di buono nei soldi se sprechi la tua vita ad odiare l'uomo con cui la condividi, e provando risentimento nei suoi confronti perché ti tiene prigioniera del vostro matrimonio?”

“Beh, mia... madre pensa che sia importante per me avere un futuro sicuro”, mormorò Harley.

“Niente cose del genere”, replicò Jack. “Nessuno ha un futuro sicuro. I piccoli incidenti vanno sempre di mezzo in tutto quello che pianifichi. Prendi questa nave, per esempio”, disse, indicandola. “Potrebbe urtare un iceberg e affondare improvvisamente, o qualcosa del genere”.

“Impossibile”, replicò Harley. “È inaffondabile”.

Jack fece un'alzata di spalle. “C'è sempre una prima volta”, replicò. “Diciamo che la nave è affondata, e tu sei morta. O diciamo che ti sposi questo tipo, e il giorno dopo il vostro matrimonio una macchina ti investe e ti uccide. Sposarlo per avere un futuro sicuro ti sembrerebbe furbo, allora? O ti sembrerà di aver buttato la tua vita facendo qualcosa che non avresti voluto fare?”

“Hai un modo molto persuasivo di vedere le cose, Signor Napier”, mormorò Harley.

“Oh, chiamami Jack”, disse. “Una donna come te non ha bisogno di essere formale con uno come me, Miss Quinzel”.

“Harley”, sussurrò lei. “Il mio nome è Harley”.

“Un nome carino”, disse lui. “Per una ragazza carina”.

Harley sorrise. “Ecco, vedi?” disse lui, sorridendole. “La vita non è poi così male”.

Harley aprì la bocca per rispondere, quando un grido: “Harley!” spostò la sua attenzione da Jack. Si girò per vedere Dent e sua madre correre verso di lei.

“Sei qui!” ansimò Ivy. “Cosa diamine stai facendo di fuori con quest'aria notturna? Morirai di freddo!”

“Sto bene, madre”, mormorò Harley. “Non ho freddo...”

Dent la ignorò, togliendosi la giacca e mettendogliela addosso. “Cosa stai facendo qui fuori, Harley? La cena è servita”.

“Io... volevo solo fare una passeggiata all'aria aperta e... ho perso il senso del tempo”, balbettò Harley. “Sono semplicemente stata a parlare con... il Signor Napier”.

Sia Ivy che Dent si girarono per guardare Jack, e un'espressione di disprezzo e di diffidenza raggiunse i loro volti quando diedero un'occhiata ai suoi vestiti. “Quindi?” disse Ivy. “E cosa ti ho detto riguardo al parlare con gli sconosciuti, Harley?”

“Io... lui... lui mi ha salvato dal... dal cadere dal bordo della nave”, balbettò Harley. “Stavo dando un'occhiata in basso, ho avuto un momento di debolezza e... lui mi ha preso”.

“Oh, Harley, dovresti stare più attenta!” boccheggiò Dent, abbracciandola. “Non andare più fuori da sola! Sono sempre felice di camminare assieme a te”.

“Penso che invece di sgridarmi dovresti ringraziare il Signor Napier”, scattò Harley.

“Ehi, non si preoccupi”, disse Jack, con un'alzata di spalle.

“No, lascia che gli dia qualche soldo”, le disse Dent, infilandosi una mano in tasca.

“E che prezzo avrebbe esattamente la mia vita?” scattò Harley.

“Beh, in che altro modo si ringrazia un... uomo come lui?” domandò Dent.

Harley fissò Dent, e poi guardò di nuovo Jack. “Invitalo a cena”, scattò. “Domani sera”.

“A cena?” ripeté Dent. “Con... con noi? Ma... ma Harley, è un passeggero di terza classe”.

“Sì, e sapete! Ho lasciato il mio vestito migliore a Gotham!” ridacchiò Jack. “Una giacca viola e tutto quanto: avrei proprio fatto una bella impressione!”

“Invitalo a cena”, ripeté Harley. “Non si preoccupi, Signor Napier, troveremo qualcosa di adatto a lei per vestirsi. Giusto, Harvey?”

Dent lanciò un'occhiata in cerca di aiuto ad Ivy, che era quasi inorridita dall'essere vista anche solo parlare con un passeggero di terza classe. “Sì, va bene”, mormorò alla fine. “Alle sei nel salone delle cerimonie, Signor Napier. Sono sicuro che un membro della ciurma gliela potrà indicare. Buona sera”, disse, afferrando fermamente il braccio di Harley.

Harley si staccò da lui, tornando da Jack e porgendogli la mano. “Grazie ancora, Signor Napier”, sussurrò. “Di tutto”.

“Non è stato niente”, replicò con sincerità. “Chiunque avrebbe fatto lo stesso nella mia posizione. La morte di.. qualcuno come te sarebbe stato uno spreco, cara. Davvero un terribile spreco”.

Harley sorrise di nuovo mentre lui si abbassava e le baciava la mano. “Ci vediamo domani”, mormorò lei. “Buona sera, Signor Napier”.

Dent le prese di nuovo il braccio e la portò via. “Onestamente, dovrebbero tenere quei delinquenti nei ponti inferiori”, mormorò Ivy. “Non dovrebbe essergli permesso di girare su tutta la nave in quel modo”.

“Come sai che è un delinquente, madre?” scattò Harley.

Lei sbuffò. “Basta guardarlo! Quell'uomo è di certo un criminale”.

“Già, dirò ai camerieri di tenerlo d'occhio alla cena, o magari potrebbero accorgersi che qualche pezzo dell'argenteria è stato rubato!” rise Dent. Ivy rise con lui, ma Harley non lo fece, girandosi di nuovo per dare un'occhiata a Jack e sorridendogli.

 

   
 
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