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Autore: Mary P_Stark    20/10/2014    1 recensioni
Cecily Fairchild è l'insegnante di Inglese nel piccolo paesino costiero di Falmouth, Cornovaglia. Sbrigativa, spigliata, sincera e per nulla vanitosa, è amata dai suoi studenti e apprezzata dai suoi colleghi. Ma, cosa più importante, è Fenrir del Clan di Cornovaglia, la licantropa più forte dell'intero branco. Licantropa che, però, si ritroverà ad affrontare qualcosa per lei del tutto nuovo e inaspettato, e un uomo che la lascerà senza parole per la prima volta in vita sua. Un uomo che, tra l'altro, sembra nascondere una marea di segreti, sotto la sua eleganza e le sue buone maniere. Amore e mistero li accompagneranno verso un'avventura ai limiti del mondo... e forse anche oltre. SPIN-OFF "TRILOGIA DELLA LUNA" - 4° RACCONTO (riferimenti alla storia presenti nei 3 racconti precedenti)
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'TRILOGIA DELLA LUNA'
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3.
 
 
 

 
Il viaggio nelle terre elfiche di Alfheimr, a conti fatti, era durato quattro giorni quando, per loro, aveva coperto l'arco di pochissime ore.

Nessuno di loro osò aprire bocca, di fronte a una simile scoperta.

Forse, tra le tante, era quella meno scioccante.

Vedere Avya, poterla scorgere per la prima volta, e ammirarla assieme al suo amato di sempre, aveva sconvolto – e reso infelice – più di un cuore.

I due diretti interessati, però, sembravano i meno afflitti, tra i presenti.

Quando infine raggiunsero le loro auto – dopo aver ripreso sembianze e abiti umani – il gruppo decise di comune accordo di raggiungere la casa di Cordelia.

Parlare degli eventi di cui si erano resi protagonisti, nel bel mezzo della campagna inglese, non era proprio il caso.
Cecily si accomodò sul sedile anteriore dell'auto di William, mentre Syldar, Puck e Cordelia presero posto sui sedili posteriori.

Non vi furono scambi di parole, tra loro, e Cecily ne fu lieta.

Era ancora troppo turbata da quello che era successo, per riuscire a sostenere un dialogo costruttivo.

O anche semplicemente rispondere a monosillabi a qualsiasi domanda.

Aveva smesso di piangere non appena avevano rimesso piede su Midghard, quando aveva recuperato i suoi poteri, ma il dolore covava ancora dentro il suo cuore.

Dolore per ciò che aveva messo in piedi, e solo per il suo egoistico desiderio.

Dolore per ciò che aveva visto, e di cui si riteneva unica responsabile.

Dolore per ciò che provava in quel momento, perché cosciente di non essere minimamente pentita di aver smosso mari e monti per William.

Il sole era alto, quando raggiunsero il cottage di Cordelia.

L'auto si spense, interrompendo di fatto l'unico rumore che aveva spezzato il silenzio attorno a loro e Cordelia, nel lanciare uno sguardo al figlio – attraverso lo specchietto retrovisivo – mormorò: “Immagino avrete fame. Ma temo che in casa ci sia ben poco, al momento.”

“Ordina la pizza, mamma. E' sbrigativa, e la possiamo mangiare anche senza piatti” le consigliò bonario il figlio, scendendo dall'auto per affrettarsi a raggiungere il lato di Cecily.

Prima ancora che lei potesse aprire lo sportello, William la precedette e, sorprendendola un po', la tirò a sé per abbracciarla.

“Antipatico. Sai che mi farai piangere di nuovo, così” brontolò la donna, pur accettando l'abbraccio consolatorio.

“Se vuoi farlo, fallo pure, ma sfoga tutta la rabbia che hai dentro, o ti divorerà lentamente, un giorno alla volta” replicò l'uomo, continuando a tenerla contro il suo petto, protettivo e amorevole.

“William ha ragione, Ceel. Sfogati, se ne senti il bisogno, ma non essere triste per ciò che hai visto” chiosò a quel punto Brianna, raggiungendola con poche, rapide falcate.

“Cucciolotta...” mormorò la donna, scostandosi da Darcy per abbracciare con foga l'amica.

Brianna si lagnò per quella stretta violenta, ma ne comprese i motivi.

Non faticava a comprendere il senso di contrizione dell'amica perché, a suo tempo, l'aveva provato, e in maniera maggiore, quando era morto Leon.

Solo la presenza della sua famiglia e degli amici più cari, l'aveva salvata dall'annientamento.

Anche se, fortunatamente, nessuno era morto in quella strana avventura, i rimorsi potevano assumere più forme, nell'animo delle persone.

E potevano divorare in modi subdoli e crudeli.

Sorridendo, disse poi a tutti: “Andate pure dentro e ordinate pizza in quantità industriale. Ho idea che non andrà sprecata. Io e Cecily dobbiamo dirci un paio di cose.”

Duncan fu il primo ad annuire e, nel tirarsi dietro Magnus e gli altri, sparì in silenzio all'interno del cottage di Cordelia.

Rimaste a quel punto sole, Brianna attirò l'amica verso una panchina, sistemata sotto le fronde ricurve di un salice piangente.

Una brezza leggera soffiava sulla spianata di Glastonbury, portando con sé i profumi del bosco in rinascita, la vita e la morte in esso contenute e il lento progredire del tempo.

Nulla era cambiato, attorno a loro, tutto fluiva con regolarità, eppure Brianna sapeva bene che, gli eventi di Alfheimr, l'avevano scossa più del pensabile.

Cecily si era mossa per un unico scopo: proteggere il suo uomo, difenderlo dalle mire di Oberon.

Aveva messo in campo le sue forze migliori, ma ora pagava lo scotto di quel peso emotivo.

Brianna ci era già passata, e sapeva bene quanto, quel dolore sordido, potesse creare demoni di immensa forza.

Perciò era indispensabile bloccarli prima che prendessero il sopravvento.

Accomodatasi, la wicca disse sommessamente, rivolta all'amica: “Ora dimmi, per filo e per segno, che cosa ti rode. Non voglio leggerti nella mente ma, se non mi accontenterai, dovrò farlo.”

“Prevaricatrice che non sei altro” brontolò Cecily, sorridendole a mezzo.

“Come hai potuto vedere, ho i miei metodi per azzittire la gente... o farla parlare. Quindi, Ceel, che c'è?”

Sbuffando, la donna si piegò in avanti, poggiando gli avambracci sulle cosce, il capo reclinato in avanti.

Poteva percepire senza sforzo la sua energia vibrare nelle fibre del suo corpo, la potenza del licantropo incendiare il suo cuore.

Era tornata ad essere la mannara di sempre, eppure non si sentiva a posto, come se qualcosa si fosse spezzato, dentro di lei.

Come se, quel viaggio ad Alfheimr, avesse destabilizzato il suo equilibrio interiore.

“Mi sento un mostro...” ammise a un certo punto, scrutando l'amica da dietro un velo di fulvi capelli.

“E perché mai, scusa?” le domandò per contro Brianna, incuriosita dal suo dire.

“Me lo chiedi anche?! Per i miei interessi, ho costretto Fenrir e Avya a esporsi in prima persona, per non parlare di Odino e Tyr! Non abbiamo subito perdite solo perché tu ti sei messa in pericolo in prima persona, e tutto perché io mi sono innamorata di William! E ti chiedi perché mi sento così?!”

Brianna si limitò a sorriderle, scrollando le spalle.

“Hai fatto, né più né meno, quello che avrei fatto io. O quello che fece Duncan a suo tempo, quando passò sopra alla sua diatriba con Alec, pur di venire a salvarmi. Non badò alle eventuali perdite, né alla propria vita, e venne a salvarmi, abbattendosi sulle Svalbard come una tempesta in piena regola.”

Lanciò uno sguardo verso la casa, un sorriso le si dipinse sul viso e infine proseguì.

“Certo, passò un certo periodo di tempo in cui si sentì un verme, all'idea di essere passato sopra ai suoi principi di pace a quel modo. Quel che più gli pesò, fu l'aver goduto della battaglia contro i berserkir, l'aver liberato pienamente il suo lato ferino. Ma ciò dipese in gran parte dalla presenza di Avya dentro di lui, che mal comprese i suoi sentimenti di lupo.”

Brianna sorrise, diede una pacca sulla spalla all'amica e terminò di dire: “Capisco che tu possa sentirti in colpa, ma credimi, non hai fatto nulla di male. Io e Duncan ne abbiamo parlato a lungo, prima di decidere di domandare il parere della quercia sacra, ma ci è parsa la soluzione più semplice, che poteva darci maggiori possibilità di successo.”

Cecily, a quel punto, le domandò: “Come avete potuto camminare sullo stesso pianeta? Non era vietato?”

Brianna allora sorrise sibillina, asserendo: “E' vietato su Midghard. Fenrir prese accordi con Yggdrasil, a suo tempo, ma solo per il regno degli umani. Non si parlò mai degli altri Nove Regni.”

“Oh. Immagino che Madre non abbia apprezzato la sottigliezza” ironizzò Ceel, riuscendo in qualche modo a raffazzonare un sorriso.

“Per nulla. Ha mugugnato parecchio ma, alla fine, ha accettato la deroga... a patto che non esagerassimo coi tempi.”

“Ed ecco spiegato il perché del terremoto su Alfheimr” assentì Cecily, rammentando un evento in particolare.

Brianna annuì a sua volta.

“Pensammo che, se si fosse arrivati a uno scontro diretto, il modo migliore per evitare perdite fosse far intervenire il potere di Fenrir. Questo, avrebbe tenuto impegnati gli elfi tutti, e nessuno avrebbe potuto brandire armi contro di noi. Avya, invece, avrebbe chetato Fenrir, permettendogli di non scatenare il Crepuscolo degli Dèi. Cosa che neppure Odino avrebbe potuto fare, per quanto potente.”

“Lui ti serviva solo da barriera contenitiva, giusto?” iniziò a comprendere Cecily, sospirando sorpresa.

“Esatto. Doveva contenere i poteri di Fenrir entro il raggio del castello, e così è stato.”

“Ma perché infuriarsi tanto per l'ingiuria di Oberon?”

La ragazza rise sommessamente, e replicò con candore: “Fenrir non ci ha fatto neppure caso, ma è parso evidente a entrambi che, ben presto, Oberon avrebbe attaccato, così gli abbiamo tarpato le ali prima che desse il via a tutto.”

“Sì, ha senso” annuì l'amica, rigirandosi distrattamente le mani. “Quanto a Titania?”

Brianna la fissò dubbiosa per un attimo, prima di illuminarsi in viso, comprendendo cosa volesse chiederle.

Si volse a mezzo un attimo dopo, vedendo comparire Duncan dalla porta di casa e Cecily, mordendosi il labbro inferiore, si levò in piedi per abbracciarlo.

“Ehi, Ceel... va tutto bene” mormorò l'uomo, deponendo un bacio sulla fronte dell'amica, prima di accomodarsi assieme a loro sulla panchina.

“Mi scuserò ancora per qualche decina d'anni, se non vi spiace” precisò Cecily, mettendo il broncio. “Penso sia il minimo.”

“Non ti ascolterò, così farò prima” replicò allora Duncan, facendo spallucce.

“Scorbutico” mugugnò l'amica, pur apprezzando il suo gesto.

“Ceel voleva sapere del comportamento di Avya, e sarebbe meglio glielo spiegassi tu, che dici?” intervenne Brianna, poggiando il capo contro la spalla del marito.

Duncan le avvolse le spalle con un braccio e, annuendo, disse: “Avya ha osservato l'intera scena dal bosco, e si è resa conto che il comportamento di Titania era sospettoso. Per una donna tradita, oltre che regina, aveva un po' troppo desiderio di mettere in piazza la verità, e proprio dinanzi all'esercito schierato. Gli elfi non sono così desiderosi di sbandierare il loro lato oscuro e, tendenzialmente, non litigano mai in pubblico. Titania, invece, si è comportata in modo fin troppo sfrontato, come se volesse scatenare qualcosa. Così, Avya ha ipotizzato che aizzare Odino, Fenrir e Tyr fosse nei suoi scopi. Perché non approfittare di tanto testosterone, quando è lì a disposizione?”

Cecily annuì, sorridendo divertita, e aggiunse: “E quale modo migliore, se non fare leva sui sentimenti protettivi di tutti questi maschioni dall'animo nobile?”

Ghignò all'indirizzo di Brianna, che rispose con una linguaccia.

“C'è un'altra cosa. Non so quanto tu conosca i poteri degli elfi della luce, ma i più potenti tra essi possiedono una sorta di glamour, come quello delle fate dei boschi di Midghard. E, quando esso viene utilizzato, induce le vittime a fare quello che l'elfo vuole. Nel caso specifico, difendere Titania dall'onta subita” aggiunse Duncan, con naturalezza.

“Li ha... drogati col suo potere?” esalò Cecily, sgomenta.

“In qualche modo, sì e, a dirla tutta, anche Avya ci ha messo un poco per rendersene conto. Ma, poiché tornava a nostro vantaggio, gliel'ha lasciato fare per un po'. Almeno, finché non è diventato rischioso per tutti lasciar agire il potere di Fenrir. A quel punto, è intervenuta, interrompendo la malia con i suoi poteri, e placando le tenebre oscure di Fenrir.”

“Porca... miseria. Avya possiede tutto questo potere?” gracchiò Cecily, facendo tanto d'occhi.

“Fu beneficiata del potere stesso di Fenrir. La Cerimonia del Sangue nacque da questo. Fenrir concesse ad Avya il suo sangue divino, facendola diventare la più potente wicca della storia, la prima della stirpe” assentì Duncan, dando un bacetto sulla tempia della moglie. “E ora, Brie ha i suoi stessi poteri.”

Cecily fischiò per la sorpresa, temporaneamente dimentica del suo malumore.

“Alla fine dei conti, è stato un buon sistema per testare la mia resistenza, oltre che la capacità di Avya di fermare Fenrir. Qui, non avremmo mai potuto farlo” sentenziò Brianna, lanciando un sorriso all'amica.

Ceel, però, non si fece pienamente convincere.

“Siete del tutto certi che Avya e Fenrir siano d'accordo con voi?”

Entrambi annuirono e Duncan, nel risollevarsi con una mossa rapida, attirò in piedi Cecily, la sospinse verso casa e disse perentorio: “Se non vai dal tuo uomo nei prossimi due minuti, giuro che ti sollevo su una spalla e ti sculaccio.”

“Duncan!” esalò la donna, scoppiando a ridere.

Lui la imitò per un attimo, prima di aggiungere più seriamente: “Ricorda una cosa, Cecily. Sei nostra amica, prima di essere una Fenrir degna di rispetto. E, per amicizia, noi siamo disposti a tutto.”

La donna assentì, non arrischiandosi a dire nulla per paura di scoppiare in pianto e, con un ultimo sorriso alla coppia, corse in casa.

Lì, William la accolse sulla soglia, avvolgendole le spalle con un braccio e, consolatorio, le domandò: “Tutto bene?”

“Va un po' meglio” annuì lei, avviandosi con lui nel salottino di casa.

Sorrise, nel vedere Syldar e Cordelia seduti vicini, mentre Hugh, Tempest, Magnus e Puck chiacchieravano amabilmente tra loro.

Pareva passato così tanto tempo, da quando avevano liberato il padre di William dalle segrete, eppure erano tornati su Midghard da poche ore.

Era proprio vero che, eventi simili, cambiavano l'ordine delle cose, e mostravano il mondo sotto un'altra ottica.
Syldar li vide, sorrise loro e, levata una mano, – dove le bruciature da acciaio erano già sparite – li invitò ad accomodarsi accanto a loro.

Cecily sorrise, trascinando con sé un allegro William e, una volta raggiunta la coppia, domandò: “Avete ordinato la pizza? Ho una fame da lupi. Letteralmente.

La coppia rise, e annuì.

“Duncan e Brianna?” si informò a quel punto Cordelia, guardandosi intorno.

“Eccoci!” esclamò la custode di Fenrir, entrando per prima.

Duncan, più pacifico, entrò per secondo e Puck, rivoltosi a quest'ultimo, asserì: “Mai vista una cosa simile! Il potere della tua anima è talmente puro, che quasi non riuscivo a reggere lo sguardo. Lady Avya è davvero potentissima!”

“Avya può fare questo effetto, sì” assentì lui, accomodandosi su una sedia, l'aria rilassata e tranquilla. “In special modo quando gioca con i poteri di Fenrir.”

Cecily lo guardò ancora per una volta, ma il suo volto tranquillo la fece sentire meglio.

Forse, dopotutto, non aveva combinato un disastro, con quella missione strampalata, e non aveva fatto soffrire i suoi migliori amici.

 
§§§
 
Dopo aver salutato Brianna e gli altri, Cecily rientrò nella casa di Cordelia, dove Puck era in piedi accanto allo zio.
Hugh, più defilato, se ne stava pensoso su una panca, lo sguardo perso verso il bosco adiacente.

Salutare Tempest era stato difficile, per lui, ma contava che, nel giro di qualche anno al massimo, avrebbe potuto liberarlo dal suo scomodo ruolo di Hati.

Il training di addestramento del suo successore era già iniziato e, vista la bravura di Peter, immaginava senza fatica che, ben presto, avrebbe potuto togliere dalle spalle di Hugh quel peso.

E spedirlo al Nord, tra le braccia di Heimdallr.

William la accolse con un sorriso, al suo rientro e Puck, nell'avvicinarsi a lei, la abbracciò delicatamente, deponendole un bacio sulla guancia.

“Penso che andrò anch'io, Lady Lupo... qui la situazione mi sembra più o meno a posto, e Syldar, William e Cordelia sono al sicuro. Per lo meno, io sono soddisfatto di come sono andate le cose.”

Il suo tono amaro non sorprese Cecily. Immaginava senza sforzo quanto, il giovane elfo, si sentisse in imbarazzo nei confronti dei genitori.

La licantropa gli diede una pacca sul braccio, asserendo comprensiva: “Non puoi sentirti responsabile di quello che hanno fatto i tuoi genitori. Si può essere responsabili solo per sé stessi.”

“Già... peccato che speravo che, almeno mia madre, fosse sana di mente. Invece, ha pensato solo a se stessa, quando ha visto che, grazie a voi, avrebbe potuto ottenere una vendetta con i fiocchi.”

“Va detto, però che, quando è giunta qui, non sapeva che avrebbe trovato alleati così potenti” replicai con gentilezza.

“Ma non ci ha pensato un attimo, ad approfittarne.” Scosse il capo e le sorrise mesto. “Non indorarmi la pillola, Lady Lupo, so chi sono i miei genitori. E' difficile accettarlo, ma so che sono degli egoisti di prima categoria.”

Si volse poi a mezzo, ghignò all'indirizzo dello zio, e celiò: “Sicuro di essere fratello di Oberon?”

“Abbastanza certo. Ma ammetto che le tue parole dicono il vero. Non posso negare che mio fratello, come mia cognata, siano ciò che tu dici.”

Puck si esibì allora in un inchino fanciullesco, sorrise a tutti e disse: “Vi lascio con la promessa di tornare. So già che, a casa, troverò solo male parole e insulti. Un commiato sorridente vi regalo, a parziale pagamento per i soprusi subiti.”

Ciò detto, uscì di gran carriera, come la primadonna di uno spettacolo al suo termine e William, nel sorridere al padre, chiosò: “E' sempre stato così teatrale?”

“Non è un caso che amasse passare tanto tempo con il tuo omonimo scrittore” ironizzò lui, scrollando le spalle.

 
§§§
 
Cecily sorrise, nell'osservare la bruma levarsi nel tardo pomeriggio.

I contorni del bosco presero tinte candide, tutto si fece sfumato e l'aria si riempì di profumi intensi, terrei.

Il sole stava calando verso ovest, e gli accadimenti di quelle ore erano ormai stati accantonati alle loro spalle.

Fuori, nel piccolo giardino, William e Syldar stavano dialogando tra di loro amabilmente, gesticolando entrambi ed entrambi guardandosi con aspettativa e sorpresa.

Al fianco della licantropa, Cordelia mormorò: “Non riesco ancora a credere che possano passare del tempo insieme. Parlarsi, confrontarsi.”

“Di sicuro, nessuno dei due se lo sarebbe mai aspettato” assentì Cecily, ammiccando all'indirizzo della donna.
“Posso solo ringraziare te, se sono riusciti a incontrarsi” asserì a quel punto l'altra.

Ceel, però, scosse il capo. “Non ho fatto nulla di importante, davvero.”

“Gli hai ridato il padre, e hai riempito la sua vita di bellezza e gioia. Non penso siano cose da poco, ti pare?”

“Forse... ma ora, sarà costretto a mantenere per tutta la vita il più stretto riserbo, su me e sul mio branco. Neppure so se, essendo un mezz'elfo, possa mutare in lupo, se mai un giorno volesse tentare la mutazione.”

Sospirò, lanciò un'occhiata a Cordelia e poi aggiunse: “A lei starebbe bene se, un domani, glielo proponessi? Di diventare un lupo, intendo.”

La donna, allora, le diede una pacca sulla spalla, e assentì.

“Cecily cara, pensi davvero che la cosa mi turbi? Amo un elfo di un altro mondo, e a lui ho fatto dono di un figlio. Penso di conoscere bene le stranezze di cui possiamo godere su questo pianeta.”

La licantropa annuì, non trovando nulla da eccepire nel suo discorso.

In effetti, chi meglio di lei poteva comprendere la situazione?

Aveva dovuto convivere per anni, decenni, con quello scomodo segreto.

Aveva dovuto mentire al figlio sulle sue origini, crescendo da sola quel gioiello di inestimabile valore che era William.

E aveva dovuto affrontare il pericolo di perdere il suo unico amore, per mano della sua stessa famiglia.

Sì, Cordelia Darcy sapeva quanto e come fosse strano il mondo in cui vivevano.

“Vorrei che veniste a Falmouth, ma so quanto possa essere difficile abbandonare un luogo così denso di ricordi” asserì Cecily, stringendole una mano con affetto.

Il suo sguardo, poi, sfiorò le travi in legno del soffitto, il mobilio ben tenuto, le foto di William da bambino, e sorrise.

Quella casa era intrisa di ricordi, di belle sensazioni e di gradevoli pensieri, e Cecily non dubitò neppure per un attimo che, abbandonarla, avrebbe significato molto, per Cordelia.

Ma, fortunatamente, per questo c'era tempo.

“Ci penseremo. Visto che Syldar ha deciso di rimanere, almeno per un  po', penso di dover prendere questa decisione assieme a lui.”

Rise un attimo dopo, esclamando: “Oddio! Non sono davvero abituata a prendere le decisioni in due!”

Cecily sorrise divertita, e assentì. “Neppure io.”

“Ci abitueremo assieme, allora” concordò la donna, sorridendo a quella che, presto o tardi, sarebbe diventata sua nuora.



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N.d.A: Siamo quasi arrivati alla fine di questa avventura. Mancano solo giusto un paio di cosette, per completare il quadro. :-)
 
 
 
  
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