Anime & Manga > I cinque samurai
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Autore: SoltantoUnaFenice    21/10/2014    2 recensioni
Non tutto ciò che è accaduto ne "Il giorno dell'incertezza" ha trovato soluzione: una serie di storie, ognuna dedicata ad un personaggio, per chiudere un po' di discorsi rimasti in sospeso.
Nota: anche se inizialmente avevo pensato questa storia come una serie di drabble autoconclusive, alla fine il tutto è in ordine cronologico e parzialmente collegato, così ho deciso di non classificarla come "raccolta".
Genere: Angst, Avventura, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Cye Mouri, Kento Rei Faun, Rowen Hashiba, Ryo Sanada, Sage Date
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il tavolo dello scotch era rimasto allestito più a lungo del solito. L'ispettore Nishimura aveva impiegato parecchio tempo per scrivere il rapporto finale dell'indagine, leggendo e e rileggendo gli appunti, allontanandosi spesso per andare a telefonare a qualcuno e rimuginando un po' su tutto.
Più di una volta Fujita era stata tentata di chiedergli spiegazioni su tutte le stranezze emerse durante quella indagine; un paio di volte ci aveva anche provato, ma lui aveva fatto il finto tonto, lasciando intendere che per lui non era successo niente di diverso dal solito.
Eppure di cose strane ce ne erano parecchie, lei ne era convinta: era comparsa una tigre albina, ad esempio. Era piombata davanti ad un'auto della polizia per poi scomparire nella città, e il suo collega si era comportato come se non fosse successo nulla di insolito.
E gli interrogatori a cui aveva assistito, celata dal vetro riflettente che affacciava sulla saletta, le erano sembrati in qualche modo diversi. Era come se Nishimura avesse cambiato “stile”, evitando domande che a lei sembravano ovvie, e girando attorno agli argomenti quasi come se avesse voluto spingere Kimura e la sua banda a dare certe risposte invece di altre.
Fosse stato chiunque altro, avrebbe pensato che il suo collega avesse qualcosa da nascondere, che potesse addirittura essere corrotto. Ma di Nishimura si fidava, e l'unica spiegazione plausibile a cui era giunta era che lui stesse cercando di proteggere qualcuno.
Alzò lo sguardo dal proprio lavoro, e osservò di nuovo la scrivania dell'ispettore, finalmente sgombra. Si era deciso a svuotarla il giorno prima, dopo aver passato la mattinata fuori Tokyo.
Da quel che Fujita aveva capito, era andato a trovare uno dei ragazzi che erano stati rapiti. Al suo ritorno le era sembrato di umore decisamente migliore: dovevano essersi detti qualcosa che lo aveva portato a considerare chiusa tutta quella faccenda.
Avrebbe dovuto fare altrettanto anche lei: smettere di rimuginarci sopra e passare ad altro, ma non ci riusciva. Un po' era la curiosità – che cos'è un poliziotto senza un po' di sana curiosità? - e un po' era qualcosa che ancora le bruciava dentro e la rendeva nervosa ogni volta che ripensava a quell'indagine.
Non poteva smettere di rammaricarsi di come erano andate le cose alla lavanderia. L'ispettore era inspiegabilmente sparito per diverso tempo, e lei si era trovata a fronteggiare una situazione nella quale non aveva saputo agire nel modo giusto.
Avrebbe preferito poter incolpare lui dell'averla lasciata da sola in quel casino, ma la sua onestà le impediva di scaricare in quel modo le proprie responsabilità.
La verità - e questo non poteva evitare di ripeterselo – era che non era stata all'altezza.
Aveva aspettato troppo, nell'inutile speranza che lui si facesse vivo, e così nel frattempo era arrivato anche quel pazzo di Kimura. E lei non aveva avuto la prontezza di cambiare piano, dando per scontato che si sarebbero arresi entrambi.
Era finita che lui aveva preso in ostaggio il bambino, e la cosa si era conclusa bene per puro miracolo, e di certo non per merito suo.
Sospirò, chinando il capo. Aveva già notato come la guardavano i colleghi più anziani: non le avevano detto nulla, ma sapeva cosa pensavano.
Poggiò la testa sulle braccia conserte, abbattuta. Tanti anni di impegno e serietà, tanta fatica per avanzare di carriera e farsi accettare anche se era una donna... ed ora si sentiva come se dovesse ricominciare tutto da capo. Sospirò di nuovo, più pesantemente. Era sera inoltrata e in centrale c'erano pochi colleghi, così si concesse di cedere un po' allo sconforto, rimanendo immobile con il viso nascosto.
“Va tutto bene?”
Fujita sollevò il capo di scatto: non si era accorta che fosse entrato qualcuno.
“Ispettore! - Cercò di darsi rapidamente un contegno. - Sì, grazie. E' per via del turno di notte, sono un po' stanca.”
“Ne sei sicura?”
“Certo! Perché me lo chiedi?”
“Sembri parecchio assente, ultimamente. E sei diventata molto formale, Vice Ispettore. Non dico che tu debba riprendere a chiamarmi Capitan Scotch, ma... ”
Lei arrossì. La verità era che ultimamente non era per nulla in vena di fare dell'umorismo: era come se non se ne sentisse in diritto.
“Non è niente. Sarà un periodo storto.”
Nishimura si sedette sulla scrivania, mettendosi praticamente di fronte a lei e costringendola ad arretrare un po' con la sedia.
“Perché invece di queste banalità non mi dici qual'è il vero problema?”
Lei fu tentata di negare ancora, poi si decise a vuotare il sacco. In fondo non aveva mai avuto segreti per Nishimura, e lui le aveva sempre dato buoni consigli.
Gli raccontò tutto, e dalla sua espressione indovinò che l'ispettore doveva aver già capito da solo come lei si sentisse. In fondo la conosceva piuttosto bene.
Quando finì di sfogarsi, lui scrollò le spalle, guardando fuori dalla finestra.
“E quindi? Cosa vorresti dire, che improvvisamente non sei più un buon poliziotto?”
“Dico che ho fatto un errore.”
“Pensi che tutti quelli che ti guardano dall'alto in basso non abbiano mai sbagliato? Che abbiano collezionato solo successi?”
“Beh, no.”
“Perché credi che fossero tutti lì ad aspettare che tu facessi qualcosa di poco brillante?”
“Perché sono degli antiquati maschilisti?”
“Sì. E perché l'idea che una donna possa essere più brava di loro non li faceva dormire tranquilli. Ti preoccupa la qualità del loro sonno?”
Lei ridacchiò.
“No, non molto.”
“Bene.”
“Rimane il fatto che per colpa mia un bambino si è trovato con una pistola alla tempia.”
“Fujita, forse c'era un modo migliore di guidare quell'azione. Forse qualcun altro avrebbe agito diversamente. - Nishimura si sporse in avanti, poggiando un gomito sulla gamba piegata. - Ma non esiste qualcosa che ti garantisca il successo in queste situazioni. Facciamo il meglio che possiamo: a volte funziona, a volte succedono guai come questo. Non ha senso parlare di colpa.”
Avrebbe voluto aggiungere che una buona fetta di responsabilità spettava anche a lui, che l'aveva lasciata da sola in quel modo, ma evitò: non voleva esporsi alle domande che lei era riuscita a non fargli fino a quel momento.
Lei sospirò una terza volta.
“Uhm.”
“Niente mugugni. Finisci il turno, dormici sopra, e domattina vedrai con i tuoi occhi che è così.”
Fujita annuì, le labbra ancora serrate in una piega sottile e nervosa.
“D'accordo.”
“Nessuno si aspetta che tu non cada mai. - Allungò una mano, facendole alzare il viso. - Ma io mi aspetto che tu ti rialzi, quando succede.”
Lei arrossì leggermente, poi finalmente sorrise.
“Ci proverò. Grazie, Capitan Scotch...”
"Vice Ispettore Fujita Ryoko!"
Lei scoppiò a ridere, e a lui parve un'ottima cosa.

  
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